Al Sig. Ministro

dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Viale di Trastevere, 76/A

153                R O M A

Oggetto: Documenti di lavoro riguardanti la scuola dell’infanzia ed il Primo Ciclo di Istruzione. Osservazioni dell’ANDIS.

         L’A.N.DI.S. (Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici) ha apprezzato la Sua richiesta di collaborazione e, nonostante il periodo semifestivo, ha promosso un sereno e franco dibattito in tutte le sue sedi, organizzando anche un seminario nazionale di studi specifico per i contenuti da Lei proposti.

         Tali iniziative proseguiranno anche nelle prossime settimane attraverso iniziative locali in attesa di uno specifico convegno nazionale sui temi della riforma, che stiamo organizzando per il prossimo autunno.

         Nell’inviarLe il nostro contributo sui documenti che ci sono pervenuti, ci auguriamo un maggiore coinvolgimento dei dirigenti scolastici nelle innovazioni in atto ed anche qualche attenzione in più, che sicuramente non guasterebbe.

         L’occasione è gradita per salutarLa distintamente.

Roma, 30 aprile 2003 

             IL PRESIDENTE NAZIONALE

            Gregorio Iannaccone


CONSIDERAZIONI PRELIMINARI

Tematiche di sfondo alle osservazioni e suggerimenti in merito ai documenti di lavoro, proposti dal Ministro dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca, riguardanti la Scuola dell’Infanzia e quella del I Ciclo di Istruzione

Dirigenti scolastici

  • Dallo scenario delle Indicazioni la figura del Dirigente Scolastico appare completamente assente.

Ora, posto che la sua “specificità” si configura nei tratti di un’autentica leadership educativa - valore aggiunto per la realizzazione di una scuola di qualità - occorre  riservare al suo ruolo uno spazio significativo nell’attuazione di qualunque progetto di riforma nella scuola.

Formazione

  • Presupposto indispensabile ad ogni intervento di riforma non può essere che un serio coinvolgimento culturale e professionale dei docenti.

Va ricordato l’esito insoddisfacente della riforma della Scuola Media, nel ’62, e dei relativi Programmi, nel ’79, a causa della mancanza di un piano organico di formazione diretto al personale docente. Per contro, migliore fortuna ha avuto la legge 148/90 (scuola elementare) preceduta da anni di sperimentazione dei Nuovi Programmi (’85) e da un piano nazionale di aggiornamento/formazione. Anche la recente riforma dell’esame di Stato ha prodotto esiti soddisfacenti in quanto sostenuta da iniziative di formazione “a distanza” e di aggiornamento “in presenza” che hanno coinvolto tutti gli operatori degli Istituti Superiori.

Oltre la formazione in servizio, ancor più decisivo appare il sistema di formazione professionale iniziale, poggiante su “sapere” e “saper fare”, su un solido corpus di teoria e su organiche esperienze di tirocinio, da compiersi contemporaneamente nelle aule universitarie e in quelle scolastiche.

In mancanza, qualunque riforma – a parere di questa Associazione – è destinata a naufragare nel finto ossequio e nel sostanziale rifiuto da parte degli operatori.

Discipline e Educazione

·        Appare discutibile sul piano teorico la scelta operata dalle Indicazioni di separare le Discipline dalle Educazioni.

 Ciò equivale a sottrarre alle discipline stesse la loro intrinseca valenza educativa consistente nella “messa in gioco” continua del sistema di valori propri del soggetto che apprende: in ragione di tutti i “come” e i “perché” che ogni sapere codificato lancia al suo mondo interiore confermandone, sintonizzandone, ristrutturandone gli schemi.

Quanto ai temi specifici che il documento assegna alle Educazioni, si ritiene opportuno segnalare alcune significative “assenze”, oggetto dell’attuale dibattito culturale:

Ÿ il tema dell’etica, intesa come etica pubblica orientata al bene comune, tema centrale in materia di Educazione alla Cittadinanza;

Ÿ il tema dell’identità di genere connesso a quello delle pari opportunità donna-uomo;

Ÿ il tema della conoscenza dei fatti religiosi, come insegnamento da garantire a tutti gli alunni, indipendentemente dalla scelta di avvalersi o meno dell’insegnamento della Religione Cattolica;

Ÿ il tema dell’intercultura, in presenza di classi sempre più etnicamente miste e quindi sempre più attraversate dalla necessità di una cultura del confronto, dell’accoglienza, del riconoscimento dell’altro da sé.

Quadri orari e organizzazione degli insegnamenti e delle attività

·        Il decremento del tempo scuola da dedicare agli insegnamenti curricolari consente l’esercizio della flessibilità, riconosciuta alla scuola dell’autonomia, per la realizzazione di interventi sul piano del rinforzo e dell’ arricchimento formativo. Non sembra però che il tempo-scuola riservato dai documenti all’obbligo curricolare sia tale da comprendere adeguatamente le discipline (per altro incrementate), le educazioni, la quota disciplinare riservata all’istituto, quella riservata alla regione.

 Occorre garantire tempi congrui alle diverse tipologie di intervento: nel campo dell’ obbliga-torietà, dell’opzionalità, della facoltatività

Continuità

·        La continuità tra scuola dell’infanzia, scuola primaria e scuola secondaria di I grado sembra perseguita nei documenti di riforma da alcune idee portanti, quali: personalizzazione dell’insegnamento, portfolio delle competenze, profilo in uscita, flessibilità nella costituzione dei gruppi di alunni ecc. Non sembra però che il tempo-scuola riservato dai documenti all’obbligo curricolare sia tale da comprendere adeguatamente le discipline (per altro incrementate), le educazioni, la quota disciplinare riservata all’istituto, quella riservata alla regione.

 Mancano riferimenti alla valorizzazione delle esperienze sulla continuità praticata negli Istituti Comprensivi dei quali non vi è traccia nei documenti di riforma anzi viene rimarcata e quasi enfatizzata la separazione tra scuola primaria e scuola secondaria di I grado.

Sistema di Valutazione interna ed esterna

  • La prefigurazione di un sistema costituito da prove strutturate basate unicamente su test a scelta multipla o su quesiti a risposta chiusa è una strada veloce, ma rischiosa.

In un sistema come il nostro, nel quale è pressoché assente una cultura della valutazione, il rischio è quello di determinare una omogeneizzazione verso il basso, con uno schiacciamento dei curricoli reali sulle prestazioni essenziali e con un progressivo impoverimento delle strategie didattiche verso prospettive tecniche e strumentali.

L’indicazione di livelli essenziali, di standard nazionali è comunque necessaria per superare l’autoreferenzialità delle scuole e puntare all’omogeneità dei risultati sul territorio nazionale.

In ogni caso, l’ANDIS dichiara la propria contrarietà a qualunque forma di pubblicizzazione dei risultati degli alunni attraverso inutili comparazioni. Le risultanze a seguito di valutazioni esterne sugli apprendimenti devono essere restituite alle scuole stesse perché ne facciano oggetto di analisi in sede di autovalutazione di istituto. Per altro verso, la pubblicizzazione dei dati da parte dell’Invalsi non potrà che essere globale, di sistema, promotrice di politiche formative istituzionali. Infine, i “risultati di eccellenza” riscontrati devono essere indagati nei loro presupposti, nei loro dati anamnestici, per una diffusione tra le scuole delle “buone pratiche” ad essi connesse.

La valutazione esterna dovrebbe avere come funzione prioritaria quella di consentire alle scuole di valutare l’efficacia delle proprie scelte con riferimento agli standard conseguiti, e soprattutto in base al percorso effettuato tra i punti di partenza della propria utenza e quelli di arrivo. Anche una scuola lontana dagli standard potrebbe essere una buona scuola se i suoi alunni – rispetto a quelli di altre istituzioni scolastiche di un medesimo contesto socio-ambientale - hanno percorso molta strada verso il pieno sviluppo delle loro potenzialità.

SCUOLA DELL’INFANZIA: problemi aperti

  • La definizione di scuola dell’infanzia è articolata e interessante, soprattutto laddove viene definita “luogo di incontro, partecipazione, cooperazione delle famiglie, spazio educativo per la comunità…”.

Trattandosi di una definizione importante e relativamente nuova, merita di essere ulteriormente approfondita anche alla luce dei nuovi compiti legislativi di comuni e regioni.

  • Non è stato tracciato il Profilo per la fascia 3-6, mentre è indicato da più parti che quello 6-14 si riferisce in qualche modo (..”nella prospettiva della maturazione del PECP…”) anche alla scuola dell’infanzia.

Occorre chiarire qual è il rapporto tra scuola dell’infanzia e Profilo.

  • Gli obiettivi specifici di apprendimento sono indicati in modo chiaro ed essenziale. Gli obiettivi formativi, giustamente, si dice che “ non possono essere mai formulati in maniera atomizzata e previsti in corrispondenza di performance analitiche..”.

Tuttavia occorre precisare qual è la loro incidenza sul piano della verifica, per altro prevista a proposito delle Unità di Apprendimento, alle quali danno vita.

  • I docenti sono tenuti a costruire il Piano Personalizzato, che resta a disposizione delle famiglie.

Problema: bisogna evitare di  frammentare e individualizzare troppo i percorsi didattici  in questa fascia di età perché un bisogno importante dei piccolissimi  all’interno della “prima” scuola è quello di far parte di un gruppo con il quale dividere e condividere.

  • Il Portfolio rappresenta un interessante strumento nella scuola italiana dove, in particolare nella materna, da anni si realizzano “cartelle” varie (valigia didattica, quadernone, cartella dei capolavori…) che raccolgono, documentano e spiegano i percorsi didattici realizzati dagli alunni.
  • La presenza nelle sezioni di bambini di due anni e mezzo rappresenta, oggi, con le attuali strutture, un problema.

Sono necessari investimenti precisi per rendere gli ambienti adeguati e per garantire la presenza di un insegnante ogni 8/10 alunni, come previsto, a livello di singola istituzione.

  • Il docente coordinatore dell’équipe pedagogica è una figura molto importante e nuova per la scuola statale, sulla quale bisogna assolutamente investire. Esiste, a tempo pieno, il pedagogista nella scuola comunale e spesso anche nella privata e da sempre i docenti delle statali lamentano una sostanziale “solitudine” all’interno degli istituti di cui fanno parte.

Occorre prevedere tempi specifici per tale coordinamento (esoneri parziali?) al fine di farne davvero uno degli elementi di forza e qualità che hanno fatto storia nelle scuole comunali contribuendo a costruire identità che il mondo intero ci invidia.

  • L’orario annuale previsto va da 875 a 1700 ore l’anno.

Alle scuole che realizzano un orario lungo (45-50 ore settimanali) vanno assegnati docenti aggiunti.

  • Non si parla di Sistema Nazionale di Valutazione. Eppure la scuola materna ha da tempo avviato processi di ricerca sul tema dell’autovalutazione. Inoltre, proprio perché “scuola”, questo elemento -  valorizzato per gli altri gradi scolastici - merita la massima attenzione.

Si propone pertanto di prevedere una specifica attività interna ed esterna di valutazione.

Interna: sugli elementi di sistema (efficacia progettazione, qualità insegnamento, grado di soddisfazione delle famiglie e del territorio…) e sulle competenze raggiunte dagli alunni (vedasi Portfolio e iscrizione anticipata alla prima classe…).

Esterna: la raccolta di elementi a livello nazionale che consentano di confrontare e di indirizzare le scelte politiche.

SCUOLA PRIMARIA: problemi aperti

PIANI DI STUDIO PERSONALIZZATI

  • E’ positiva l’introduzione dei Piani Personalizzati che potrebbero diventare utili strumenti per il riconoscimento degli stili cognitivi, delle attitudini e degli orientamenti degli studenti.

Occorre evitare il rischio che gli OSA (obiettivi specifici di apprendimento) diventino gli unici riferimenti sia per il Sistema di Valutazione esterna, sia per quello di Valutazione interna.

PORTFOLIO DELLE COMPETENZE

  • Le Indicazioni Nazionali delineano il ruolo del docente tutor, assegnandogli il compito di stendere il Piano Personalizzato prima e il Portfolio poi, e di coordinare l’équipe pedagogica.

Secondo l’ANDIS il rischio è che un unico docente diventi responsabile dell’elaborazione di detti documenti, appiattendo la rilevazione delle differenze individuali in base alle proprie inclinazioni. Potrebbero, quindi, non essere colte le possibili attitudini, i processi, gli stili dell’alunno, in quella condivisibile ricerca di personalizzazione del percorso educativo.

La collaborazione con la famiglia è necessaria soprattutto nel campo della valutazione e dell’orientamento, ma è importante mantenere una distinzione di ruoli, che peraltro sembra non essere considerata in alcuna parte del documento.

Meglio sarebbe indicare momenti di confronto e di coinvolgimento della famiglia con l’obiettivo di aumentare la conoscenza dell’alunno quando è figlio e viceversa, lasciando alla scuola la responsabilità di scegliere modalità condivise a livello collegiale su come costruire i documenti. Positivo potrebbe essere il coinvolgimento dell’alunno che diventerebbe protagonista e, quindi, costruttore consapevole del proprio percorso. 

DOCENTE TUTOR

  • I docenti della scuola elementare, in questi anni, si sono costruiti bagagli di competenze professionali sugli ambiti disciplinari e hanno trovato soluzioni funzionali ai percorsi progettati: un patrimonio di esperienze che andrebbe sprecato con il ritorno al maestro “ tuttologo” e la conseguente gerarchizzazione delle figure docenti.

L’idea del tutor, presente nelle scuole di altri paesi, con indubbi risultati di valore, potrebbe non essere praticabile se, come sembra, l’insegnante  con questo ruolo dovrà:

  • Insegnare per 18\21 ore le discipline principali;
  • Elaborare i Piani Personalizzati per 25-28 alunni;
  • Costruire il Portfolio per 25-28 alunni curando anche la continuità;
  • Coordinare l’équipe pedagogica;
  • Collaborare con le famiglie di tutti gli alunni della classe per la elaborazione dei Piani Personalizzati e del Portfolio.

LABORATORI

  • Sono riconosciuti come luogo di elaborazione culturale, spazio fisico e mentale per la scoperta e per la costruzione della conoscenza.  Nella maggior parte delle scuole elementari,

soprattutto nel tempo pieno, i laboratori a classi aperte con la costituzione di gruppi di livello, di interesse, su compito, tra alunni di classi parallele o in verticale sono una realtà consolidata da anni.

Un monitoraggio sull’andamento dei laboratori esistenti potrebbe dare utili indicazioni per la diffusione delle buone pratiche sperimentate in molte scuole.

A nostro avviso le condizioni essenziali per il funzionamento dei laboratori possono essere:

- Articolazione degli stessi in piccoli gruppi;

- Presenza di risorse professionali, strumentali e strutturali adeguate.

TEMPO SCUOLA

  • In astratto potrebbe essere condivisibile l’idea di diminuire il tempo scuola in quanto la variabile quantitativa del tempo non è in relazione causale con la qualità dell’apprendimento. Tale diminuzione potrebbe trovare giustificazione nel consentire ai bambini di riappropriarsi di quegli spazi di vita fuori dalla scuola, nel gruppo dei pari, in cortile, per le attività scelte dalle famiglie o più semplicemente per stare in casa con i propri genitori.

Tale idea, però, sembra non tenere conto delle realtà che i nostri bambini vivono, soprattutto in città.

Può non piacere ma la scuola ricopre uno spazio sociale diventato sempre più indispensabile, in modo particolare per i genitori che lavorano.

 Il mantenimento di un tempo scuola più lungo solo su richiesta delle famiglie potrebbe determinare condizioni emarginanti se la scelta non fosse legata ad un ampliamento dell’offerta formativa progettata dalla scuola. La contrazione del tempo scuola potrebbe non garantire tempi distesi di apprendimento anche in considerazione dell’aumento del numero delle discipline e delle educazioni previste dalle Indicazioni nazionali.

Occorre scongiurare il ritorno ad una scuola prevalentemente trasmissiva e non formativa.

SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO

Il I capitolo delle Indicazioni dal titolo “La scuola secondaria di I grado” sviluppa riflessioni decisamente interessanti attorno al passaggio di scuola e di età degli alunni, al punto da costituire un vero strumento di confronto di tutte le innovazioni pedagogiche contenute nel documento.

Vi si dice che, al termine della visione “ingenua” della realtà propria della fanciullezza, viene affidato proprio alle discipline il compito – nella scuola – di accompagnare il preadolescente

attraverso la “complessità”, di cominciare a fargli acquisire consapevolezza di un percorso di conoscenza infinito, senza altre risorse che non siano i modelli culturali, appunto disciplinari, di rappresentazione della realtà.

Allo stesso tempo – vi si dice – esplorando la complessità attraverso continue acquisizioni di “sapere” e “saper fare” il preadolescente costruisce la propria identità, il proprio “saper essere”, grazie a un processo ininterrotto di lettura ragionata dei fatti, di interlocuzione con il proprio mondo interiore, di revisione dei propri schemi mentali: le discipline come “educazione”.

Alla luce di questa premessa, assolutamente condivisa, si avanzano alcune obiezioni in merito ai seguenti punti.

Separazione della scuola primaria da quella secondaria di I grado.

·        Sostiene il documento che il valore simbolico di questa rottura, la ritualità del passaggio dalla fase “ingenua” alla fase “complessa” debba realizzarsi tra due scuole istituzionalmente diverse, pur facenti capo a uno stesso ciclo. A noi sembra, invece, che realizzare questo passaggio all’interno di un medesimo “Istituto Comprensivo”, nella consapevolezza, nella partecipazione e nella collaborazione di tutti gli insegnanti sarebbe molto più proficuo nei suoi esiti, senza per ciò togliere nulla alla sua carica rituale.

Non è questa, per altro, l’unica ragione a sostegno di un’idea e un’esperienza di “comprensività” del I ciclo di studi:

· Esigenza di “continuità”: concetto solo apparentemente antitetico a quello precedente di “rottura”, da intendere come presenza in istituto degli insegnanti di una precedente fase di vita e di studio: soggetti di rassicurazione nei confronti degli alunni e fonte di collaborazione e informazione costante nei confronti dei docenti affidatari.

· Opportunità di arricchimento della funzione dirigente: riscontrabile nella promozione, organizzazione e controllo di un compiuto piano di formazione attraverso età, stadi evolutivi, didattiche, normative diverse eppure riconducibili tutte ad una comune “ispirazione culturale-pedagogica” e ad un  medesimo “profilo educativo, culturale e professionale dello studente” in uscita dal  I ciclo.

· Opportunità di arricchimento della funzione docente: riscontrabile nello scambio professionale all’interno del medesimo istituto e in vista di procedure di formazione/reclutamento tese ad una maggiore fungibilità di ruoli e funzioni.

Ordinamento del piano di studio in Discipline e Educazioni.

·        Nonostante la precisazione contenuta nella “seconda consapevolezza” resta tutt’intera la perplessità da esprimere nei confronti di tale dualismo concettuale. Avvalorata proprio dalla premessa del documento, lì dove si argomenta della valenza  educativa delle discipline nel proporre continui interrogativi alla coscienza e nel contribuire quindi – parallelamente all’accrescimento dei saperi – a progressive ristrutturazioni dell’identità personale.

Forse si educa al rispetto delle piante molto di più lo studio della funzione clorofilliana nell’ora ordinaria di Scienze che una lezione curricolare di Educazione all’ambiente.

Di conseguenza, pur condividendo l’opportunità di introdurre contenuti e obiettivi di “convivenza civile” nel piano ordinario di studi del preadolescente, si reputa che essi non possano monopolizzare la funzione educativa facendo retrocedere le discipline al solo ambito delle conoscenze e delle abilità.

Suggeriamo allora che il piano di studi si caratterizzi unicamente per discipline, pur articolandosi al proprio interno anche sulle predette tematiche.

Il documento si presta ad ulteriori osservazioni alcune delle quali riteniamo utile e opportuno rappresentare.

.Abbandono del metodo della Programmazione.

·        E’ evidente, anche se non esplicitato, il distacco del documento dalla logica della Programmazione, perno metodologico dei Programmi del ’79. Non possiamo che condividere tale scelta poiché è effettivamente apparso inefficace e velleitario il tentativo di “spezzettare” insegnamenti complessi nell’illusione di assicurarne così l’apprendimento.

Peraltro, nelle aule scolastiche agiscono variabili individuali e sociali talmente incontrollate da spingere fino all’imprevedibilità gli esiti di qualunque intervento didattico.

Un tale clima probabilistico, connotato da legami deboli nei rapporti di causa-effetto, determina legittimi ripensamenti di metodo orientando verso l’adozione di procedimenti di tipo progettuale, caratterizzati dai paradigmi di ricerca-azione.

Quadro orario settimanale delle lezioni.

·        Già nel Regolamento sull’Autonomia delle scuole si leggeva l’intendimento di ritagliare quote orario dal curricolo nazionale obbligatorio da destinare al recupero e/o arricchimento dell’offerta formativa, anche mediante la facoltà offerta alle scuole di ridurre l’ora di 60’ ad unità oraria inferiore di lezione.

In questo documento programmatico, medesimo restando l’intendimento, la strada scelta appare diversa: si riducono le ore settimanali obbligatorie di lezione da 30 a 27 affidandone la quota oraria residua all’autonomia delle scuole (oltre a h.3 ulteriori ed eventuali).

Quali le conseguenze? Che all’interno delle 27 h. del curricolo nazionale obbligatorio devono potersi effettuare i seguenti interventi:

·  elevamento a 12 discipline delle 9 attuali;

·  inserimento di 6 educazioni;

·  ritaglio della quota imprecisata di curricolo riservata alle Regioni;

·  ritaglio della quota imprecisata di curricolo riservata alle Scuole

Appare netto il rischio, se non sopravvengano criteri regolatori, di veder precipitare sotto ogni soglia di accettabilità la consistenza oraria del curricolo nazionale obbligatorio.

Valutazione esterna sugli apprendimenti degli alunni.

·        Si prevede una doppia valutazione da parte dell’INVALSI: una all’inizio e una alla fine del triennio.

Si prevede altresì che i risultati dell’accertamento siano resi pubblici.

La procedura descritta solleva forti preoccupazioni in ambedue le ipotesi seguenti:

- se gli esiti non saranno previamente “depurati” dai dati di contesto socio-ambientale, si tratterà di un’operazione insignificante e certamente disorientante per gli operatori interni alla scuola, le famiglie e l’opinione pubblica;

- nel caso in cui si dovesse, invece, procedere previamente alla “decontestualizzazione” dei dati, la decisione di rendere pubblici gli stessi risponderebbe a una logica “ispettiva” e non – come si sostiene nel documento – ad una “di supporto” alle scuole, tesa a “qualificare ulteriormente la valutazione di scuola o interna”

Se ad una valutazione degli apprendimenti si dovrà procedere, riteniamo che essa debba essere pubblicizzata solo nei suoi esiti complessivi, di sistema; che gli esiti delle singole scuole debbano essere restituiti alle scuole stesse decontestualizzati e, quindi, leggibili nelle rispettive quote di “valore aggiunto”; che i risultati di eccellenza riscontrati debbano essere indagati nei loro presupposti, nei loro dati anamnestici, per una diffusione tra le scuole delle “buone pratiche” ad essi connesse.

PROFILO EDUCATIVO, CULTURALE E PROFESSIONALE DELLO STUDENTE ALLA FINE DEL CICLO DI ISTRUZIONE

Il profilo appare articolato nell’esplicitazione di ciò che uno studente  di 14 anni dovrebbe sapere e saper fare per essere uomo e cittadino, nelle prospettive di una formazione continua per tutta la vita. Il sapere e il saper fare sono scanditi in conoscenze, comportamenti e atteggiamenti che riguardano l’identità, l’autonomia, l’orientamento, la convivenza civile e gli strumenti culturali.

Suscita tuttavia forti perplessità l’uso, in termini assoluti, di espressioni quali “dal punto di vista morale”, “il bene e il male”, “moralmente legittimo”, “buone maniere”, ecc. che rimandano a concezioni etiche indefinite eppure dogmatiche, sottratte comunque ad ogni possibilità di confronto e di intesa.

ALLEGATO

PROPOSTE DI MODIFICA AL PROFILO EDUCATIVO, CULTURALE E PROFES-SIONALE DELLO STUDENTE ALLA FINE DEL CICLO DI ISTRUZIONE

Si propongono le seguenti modifiche in seguito alla lettura comparata del Profilo e delle Indicazioni Nazionali.

Tali modifiche si rendono necessarie a tradurre in termini più operativi e in obiettivi misurabili ciò che in modo generico e “assoluto” viene definito  “morale“   e  “bene e male”.

Rispetto all’area dell’identità  appare connotata  negativamente l’espressione “gestire l’irrequietezza emotiva e intellettuale”; si propone di sostituirla con “gestire la vivacità…”

Nel capitolo della sintesi, la capacità di distinguere tra bene e male appare una definizione dal “sapore manicheo” si propone di sostituirla con “avvertire la differenza tra ciò che è rispettoso dei principi e delle regole condivise e ciò che non lo è”.

Emendamenti e integrazioni proposti al Profilo ed alle Indicazioni in seguito alla lettura comparata del primo con le seconde.

“Interagire , utilizzando buone maniere, con persone…“:

“buone maniere” appare generico: se ne propone la sostituzione con “interagire ponendosi in atteggiamento positivo, con persone…    

Il temine atteggiamento ha una connotazione meno generica (vi è un significato cognitivo-affettivo e comportamentale).

“Suddividere incarichi…”, si propone di aggiungere “e saper prendere decisioni”.

Settore: educazione all’affettività

“attivare modalità relazionali positive con compagni e con gli adulti, anche tenendo…”

si propone di inserire: “attivare… adulti, sapendo comunicare con loro efficacemente, tenendo anche conto…”

Dopo questo obiettivo si propone di aggiungerne uno nuovo: saper affrontare  problemi e conflitti nel contesto della vita scolastica e nel gruppo dei pari ricercando possibili soluzioni (vedasi profilo identità comma 3).

“Esercitare modalità socialmente efficaci e moralmente legittime di espressione delle proprie emozioni moralmente”,

appare vago, si propone: saper riflettere su pensieri ed emozioni e saperli comunicare con forme appropriate nei contesti adeguati .

“Esprimere verbalmente e fisicamente nelle forme più adeguate anche dal punto di vista morale, le proprie emotività”

“dal punto di vista morale”, appare vago

si propone:

Esprimere… con atteggiamenti adeguati le proprie emotività.

“In situazione di gioco, di lavoro… esprime la propria emotività… e alla domanda sul bene e sul male”

“sul bene e sul male” appare manicheo si propone“ ... e alle regole condivise in quel contesto.”

Emendamenti proposti agli obiettivi specifici della scuola secondaria di I° grado.

Settore educazione all’affettività.

Si propone di aggiungere all’obiettivo “Essere consapevole delle modalità relazionali ... sforzandosi di correggere le eventuali inadeguatezze” “… assumendo comportamenti amichevoli e collaborativi,”

“Riconoscere il rapporto affettività, sessualità-moralità”:

il termine moralità appare generico si propone: “Riconoscere il rapporto affettività–sessualità, all’interno di un contesto di vita sociale regolato da principi etici condivisi”

Si propone infine di aggiungere: saper risolvere problemi e conflitti legati ai vari contesti di vita e alla riflessione sull’esperienza (esistenziale, intellettuale, sociale) riferimento: profilo identità,

“Saper progettare il proprio futuro avviando la realizzazione del proprio programma di vita”.

In generale, e per quanto riguarda le educazioni, le seguenti, ulteriori osservazioni.