LEND INDICAZIONI
NAZIONALI PER I PIANI DI STUDIO PERSONALIZZATI L’INSEGNAMENTO DELLE LINGUE NELLA SCUOLA DELLA RIFORMA
Abilità disciplinari – Le Indicazioni relative alla scuola primaria introducono il termine in questo contesto: “Al termine della classe prima, la scuola ha organizzato per lo studente attività educative e didattiche unitarie che hanno avuto lo scopo di aiutarlo a trasformare in competenze personali le seguenti conoscenze e abilità disciplinari”. Sembrerebbe dunque che, disciplina per disciplina, nella progressiva declinazione degli obiettivi specifici, le abilità siano da individuare nella colonna di destra. Per la lingua inglese, troviamo formule del tipo “Presentarsi”, “Rispondere a un saluto”, che sembrano riferirsi piuttosto a funzioni, “Identificare colori”, che allude a nozioni, peraltro abbinata con una attività, “abbinare colori”. Nella didattica delle lingue, si intende con il termine di abilità l’insieme delle prestazioni legate agli usi ricettivi e produttivi della lingua. Alle tradizionali quattro abilità linguistiche (di ricezione: comprensione alla lettura e all’ascolto; di produzione: scrivere, parlare) il Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue ha affiancato le abilità di interazione e di mediazione. Questa accezione del termine ‘abilità’ rimane, nel migliore dei casi, implicita nelle Indicazioni. Metodologie di indagine – Ci sembra di poter intendere qui le abilità metodologiche di indagine come componenti del ‘saper apprendere’; resta da chiedersi perché non si faccia esplicito riferimento a uno dei quattro saperi ai quali si richiama continuamente il Quadro Europeo di Riferimento. Le Indicazioni parlano inoltre di “capacità di studio individuale”: anche qui il riferimento alle abilità di studio, a un curricolo del saper apprendere, non è esplicitato. Saper fare – Il Quadro Europeo di Riferimento presenta spesso il binomio “abilità e saper fare”, sottolineandone la dipendenza più da capacità procedurali che da conoscenze dichiarative. A questo proposito, è apprezzabile il ruolo attribuito all’esperienza nelle Indicazioni. Nelle Raccomandazioni il collegamento tra abilità e saper fare diventa esplicito: “Le abilità sono la condizione e il prodotto della razionalità tecnica dell’uomo. Si riferiscono, quindi, al saper fare: non solo al fare, ma appunto anche al sapere le ragioni e le procedure di questo fare. In altre parole, anche al sapere perché operando in un certo modo e rispettando determinate procedure si ottengono certi risultati piuttosto di altri.” Resta da chiedersi ancora una volta perché il riferimento ai quattro saperi non sia a fondamento dell’intero impianto concettuale e metodologico. Acquisizione e apprendimento – Laddove il Quadro Europeo di Riferimento avverte sulla possibile diversa accezione dei due termini (acquisizione: capacità linguistiche come conseguenza di esposizione diretta a testi, di partecipazione a eventi comunicativi; apprendimento: capacità linguistiche come risultato di un processo pianificato in un contesto istituzionale), le Indicazioni usano entrambi i termini, in più occasioni e in differenti contesti, senza mai soffermarsi sul pericolo di eventuali confusioni terminologiche. Ambiente di apprendimento – La Scuola Primaria è definita a pag. 2 come “ambiente educativo di apprendimento, nel quale ogni fanciullo trova le occasioni per maturare progressivamente le proprie capacità di autonomia, di azione diretta, di relazioni umane, di progettazione e verifica, di esplorazione, di riflessione logico-critica e di studio individuale”. L’espressione “ambiente di apprendimento” indica solitamente gli spazi nei quali avviene l’apprendimento, il clima che caratterizza lo stesso, o ancora le strutture e i materiali didattici in quanto elementi qualificanti del processo di apprendimento. Il termine è da alcuni anni coniugato prevalentemente con gli aggettivi informatico e telematico, sorprende dunque il fatto che esso non appaia in questa accezione ‘tecnica né nelle Indicazioni, né nelle Raccomandazioni, anche quando si parla di “elaboratore informatico”. Attività
didattiche – La loro importanza viene messa in evidenza
nelle Raccomandazioni, che ne parlano come di “attività motivanti
che facilitino l’acquisizione e l’uso del lessico con una
certa libertà di variazione all’interno di facili strutture
fisse”. Autonomia come finalità educativa – Le Indicazioni sottolineano come compito della Scuola Primaria sia quello di fornire le occasioni per maturare progressivamente la capacità di autonomia. Non sembrano peraltro sufficientemente sviluppate, al proposito, le riflessioni attinenti le fasi di sviluppo cognitivo ed emotivo degli apprendenti, nella cornice delle quali il concetto di autonomia avrebbe potuto assumere maggiore evidenza e concretezza. Autonomia delle istituzioni scolastiche – Nella scelta dei Piani di Studio Personalizzati e nell’organizzazione delle attività educative anche per Laboratori, l’autonomia delle istituzioni scolastiche assume un ruolo determinante nelle Indicazioni. Nelle Raccomandazioni si ritorna a ribadirne il ruolo propositivo nel paragrafo relativo ai Piani di Studio Personalizzati. “Con i Piani di Studio Personalizzati, invece, almeno nei propositi, la strada dell’abbandono dell’uniformità delle prestazioni progettate a priori, già inaugurata con la stagione della Programmazione Curricolare, si dovrebbe completare in tutti i sensi, e rovesciarsi. Sul piano della professionalità, ai docenti è richiesto non più di transitare «dal generale culturale al particolare personale», ma di operare «dal particolare personale al generale culturale»”(pag. 6). Capacità – Le Raccomandazioni forniscono questa spiegazione del termine: “Per capacità si intende una potenzialità e una propensione dell’essere umano, nel nostro caso del fanciullo, a fare, pensare, agire in un certo modo. Riguarda ciò che una persona può fare, pensare e agire, senza per questo aver già trasformato questa sua possibilità (poter essere) in una sua realtà (essere)” (pag. 7). Si insinua a questo punto il dubbio che non solo si voglia evitare il riferimento diretto ai documenti del Consiglio d’Europa e di parlare, dunque, molto semplicemente, di saper essere, ma anche che si confonda ‘capacità’ con ‘attitudine’, ovvero la predisposizione innata rispetto all’acquisizione di una particolare conoscenza o abilità. Comparazione – Se il concetto, centrale nel Quadro Comune Europeo di Riferimento, di “competenza plurilingue e pluriculturale” sembra volutamente ignorato, non ci sembra appaia neanche il termine “educazione linguistica integrata”. Si pone l’accento, è vero, sulla “unità dell’educazione”, ma tutto ciò resta vago e comunque insufficiente a sostenere concettualmente e a declinare dal punto di vista metodologico-didattico la scelta, che ci trova ovviamente d’accordo, dell’inserimento della lingua straniera sin dal primo anno della scuola primaria e di una seconda lingua comunitaria nella secondaria di primo grado. Resta comunque la nostra perplessità riguardo alla scelta dell’inglese come unica opzione per la Scuola Primaria. Competenza – Le Raccomandazioni recitano: “Le competenze sono l’insieme delle buone capacità potenziali di ciascuno portate effettivamente al miglior compimento nelle particolari situazioni date: ovvero indicano quello che siamo effettivamente in grado di fare, pensare e agire, adesso, nell’unità della nostra persona, dinanzi all’unità complessa dei problemi e delle situazioni di un certo tipo (professionali e non professionali) che siamo chiamati ad affrontare e risolvere in un determinato contesto” (pag. 7). Anche in questo caso, è doveroso chiedersi perché non si sia voluto usare il termine ‘europeo’ saper fare. Quando, nelle Raccomandazioni, ci si sofferma sulla lingua inglese, appare il termine “competenza comunicativa in generale” alla cui struttura portante sono da ricondurre le “strategie”. Più avanti, sempre a pag. 36, si parla di “competenze relazionali, riflessive e metariflessive”, elencate senza che i concetti vengano esaurientemente approfonditi. Rimane, infine, una domanda che allude ad alcuni tra i più importanti ‘grandi assenti’ nei documenti presi in considerazione: perché bisogna arrivare alla lettura della pag. 38 delle Raccomandazioni, per poter leggere: “Al termine della Scuola Primaria si può prevedere il raggiungimento di una competenza comunicativa grosso modo corrispondente al livello introduttivo/elementare A1, definito dal Consiglio d’Europa”. Perché ci si ostina a non voler menzionare Il Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue, che a questo punto sembra assumere il ruolo un po’ inquietante di un vero e proprio ‘convitato di pietra’? Conoscenza – “Le conoscenze sono il prodotto dell’attività teoretica dell’uomo. Nella scuola, sono soprattutto ricavate dai risultati della ricerca scientifica. Riguardano, quindi, il sapere: quello teoretico, ma anche quello pratico. In questo secondo senso, sono anche i principi, le regole, i concetti dell’etica individuale e collettiva (valori civili costituzionali, nazionali o sovranazionali) che, nelle Indicazioni Nazionali, costituiscono gli «obiettivi specifici di apprendimento» della Convivenza civile” (Raccomandazioni, pag. 8). Indubbiamente suggestiva l’allusione agli obiettivi specifici della Convivenza civile per quanto riguarda il “sapere pratico”, forse, tuttavia, un po’ precipitosa, a fronte di un termine, sapere (sì, ancora un sapere) che andava urgentemente chiarito e non annegato in un accumulo eccessivo di stimoli concettuali. Convivenza
civile – Le Raccomandazioni rivendicano orgogliosamente
il fatto di aver, per così dire, varato questo termine in un ambito
nel quale esso non era finora apparso: “Nelle Indicazioni Nazionali
per i Piani di Studio Personalizzati della Scuola Primaria viene utilizzata
per la prima volta l’espressione «Convivenza civile».
Essa è ripresa dal disegno di legge-delega n° 1306 ed è
assunta sia come sintesi delle «educazioni» alla cittadinanza,
ambientale, stradale, alla salute, alimentare, all’affettività,
sia, aspetto non meno importante, come risultato dell’apprendimento
delle conoscenze e delle abilità che caratterizzano le differenti
discipline di studio” (pag. 9). Relativamente all’insegnamento
della lingua inglese, laddove, come avviene per gli obiettivi di apprendimento
per le classi quarta e quinta, si comincia a parlare di cultura e civiltà,
mancano tuttavia indicazioni relative a un reale intreccio con il curriculum
di “convivenza civile”. Curriculum
– Le Raccomandazioni prestano ampia voce, dilungandosi nell’argomentare,
alla preoccupazione che sia stato cancellato dalle coscienze il ricordo
dell’origine latina del termine. Maggiore concretezza assumono i
toni nel paragrafo dedicato alla programmazione curricolare: “La
logica dei Curricoli ha avuto modo di rafforzarsi, nel nostro Paese, a
partire da una constatazione: l’astrattezza dei Programmi. Voler
trasferire senza mediazioni e modellamenti il «nazionale»
nel «locale» e il «generale» nel «particolare»,
infatti, significa per forza di cose sacrificare uno dei due elementi.
Si è, dunque, costretti ad essere trasgressivi o verso l’alto,
disobbedendo alle indicazioni dei Programmi ministeriali, o verso il basso,
ovvero alle esigenze e alle specifiche situazioni di apprendimento degli
allievi. Decondizionamento – Il termine appare nelle Indicazioni a pag. 2: “Senza quest’opera di decondizionamento che la Scuola Primaria è chiamata a svolgere sarebbero largamente pregiudicati i traguardi della giustizia e dell’integrazione sociale”. Si allude dunque a una funzione sociale di primaria importanza: ma, ancora una volta, si ha l’impressione che si siano voluti accuratamente evitare termini più familiari, sicuramente meno neutrali di quello scelto. Ipertesti – Avvertiamo la mancanza di riflessioni più approfondite sulla natura dell’ipertesto e di suggerimenti per utili attività di comparazione con altri tipi di testo (per esempio, quello narrativo o quello didattico, testi che gli apprendenti conoscono bene proprio dalla quotidianità scolastica). Occorreva, proprio nelle Raccomandazioni rivolte ai docenti, attirare l’attenzione sull’emergere di nuove forme di sapere, alle quali gli apprendenti accedono parallelamente all’esperienza scolastica e sulla cui natura vale la pena di promuovere, proprio a scuola, riflessioni critiche e confronti. Fa sorridere inoltre, lo sfoggio del termine overview a fronte dell’orgogliosa tirata – sempre nelle Raccomandazioni - sull’origine latina del termine curriculum, di cui “si sono appropriati gli Inglesi” (pag. 5). Laboratori
– Già nelle Indicazioni, si specifica come le attività
possano essere svolte in maniera frontale e in Laboratori. Sul Laboratorio
di Lingue, le Raccomandazioni riportano, in due passi differenti, importanti
precisazioni, che riguardano aspetti pratici e didattico-metodologici
e presentano un’accezione piuttosto ampia del termine: “Una
cura particolare merita il Laboratorio di Lingue. In esso si possono ovviamente
prevedere attività di Gruppo classe riferite all’apprendimento
della lingua italiana, ma diventa indispensabile utilizzarlo per l’apprendimento
della lingua inglese. Il Laboratorio, in questa direzione, potrà
essere affidato alla responsabilità della maestra specialista che,
a seconda dei livelli di maturazione degli allievi e della natura delle
attività a volta a volta proposte, potrà lavorare con profitto
sia, in alcuni momenti, per Gruppi classe, sia, per lo più, per
Gruppi di livello o di compito interclasse” (pag. 17). Più
avanti, nel paragrafo relativo alla lingua inglese, si afferma: “Sicuramente
quando, per la lingua inglese, si usa l’espressione Laboratorio
ci si riferisce, in prima battuta, ad un luogo, il laboratorio linguistico,
particolarmente attrezzato dove gli alunni possono, attraverso apparecchiature
multimediali, sviluppare le abilità di comprensione della lingua,
apprendere correttamente la sua struttura fonologica ed acquisire automatismi. Modulo – Un grande assente, che erompe inaspettatamente a pag. 38 delle Raccomandazioni (si veda la voce ‘Laboratori’ di questo glossario). Molto probabilmente, nella stesura, “la voce dal sen fuggita” sarà stata automaticamente associata al Progetto Lingue 2000. Vale la pena di ricordare, tuttavia, che già il Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue suggerisce un “approccio multidimensionale e modulare”. Alcune parole chiave contenute nelle Indicazioni e nelle Raccomandazioni, inoltre, sono facilmente riconducibili, anche se appaiono talvolta in un’altra veste linguistica, alla didattica per moduli. Ci riferiamo qui, per esempio, a “competenza”, “livelli essenziali di prestazione”, “piani di studio personalizzati”, “unità di apprendimento”. Obiettivi
formativi – Le Indicazioni così si riferiscono agli
obiettivi formativi: “Per questo, nel primo anno e nel primo biennio,
vanno sempre esperiti a partire da problemi ed attività ricavati
dall’esperienza diretta dei fanciulli. Tali problemi ed attività,
per definizione, sono sempre unitarie e sintetiche, quindi mai riducibili
né ad esercizi segmentati ed artificiali, né alla comprensione
assicurata da singole prospettive disciplinari o da singole ‘educazioni’.
Richiedono, piuttosto, sempre, la mobilitazione di sensibilità
e prospettive pluri, inter e transdisciplinari, nonché il continuo
richiamo all’integralità educativa. Inoltre, aspetto ancora
più importante, esigono che siano sempre dotate di senso, e quindi
motivanti, per chi le svolge. Sarà, allo stesso tempo, preoccupazione
dei docenti far scoprire agli allievi la progressiva possibilità
di aggregare i quadri concettuali a mano a mano ricavati dall’esperienza
all’interno di repertori via via più formali, che aprano
all’ordinamento disciplinare e interdisciplinare del sapere […]Nel
secondo biennio, quasi a conclusione di un itinerario formativo che ha
portato i fanciulli a scoprire riflessivamente nella loro unitaria e complessa
esperienza personale e socio-ambientale la funzionalità interpretativa,
sistematicamente ordinatoria e, soprattutto, critica della semantica e
della sintassi disciplinari, è possibile cominciare a coniugare
senso globale dell’esperienza personale e rigore del singolo punto
di vista disciplinare, organicità pluri, inter e transdisciplinare
e svolgimento sistematico delle singole discipline, integralità
dell’educazione e attenzione a singoli e peculiari aspetti di essa”
(pag. 6). Le Raccomandazioni parlano diffusamente degli obiettivi formativi,
così definiti: Piani
di Studio Personalizzati – Le Indicazioni e le Raccomandazioni
attribuiscono una posizione centrale ai Piani di Studio: “Con i
Piani di Studio Personalizzati, invece, almeno nei propositi, la strada
dell’abbandono dell’uniformità delle prestazioni progettate
a priori, già inaugurata con la stagione della Programmazione Curricolare,
si dovrebbe completare in tutti i sensi, e rovesciarsi. Sul piano della
professionalità, ai docenti è richiesto non più di
transitare «dal generale culturale al particolare personale»,
ma di operare «dal particolare personale al generale culturale».
Portfolio
delle competenze individuali – Le Indicazioni ne precisano
struttura e funzione. “Il Portfolio delle competenze individuali
comprende una sezione dedicata alla valutazione e un’altra riservata
all’orientamento. La prima è redatta sulla base degli indirizzi
generali circa la valutazione degli alunni e il riconoscimento dei crediti
e debiti formativi (art.8, DPR 275/99)” (pag. 7). Esso conterrà
“annotazioni, sia dei docenti, sia dei genitori, sia, se del caso,
dei fanciulli” e “seleziona in modo accurato: Profilo educativo, culturale e professionale dello studente – Previsto come profilo in uscita alla fine del Primo Ciclo di Istruzione esplicita ciò che ogni studente, alla fine del Primo ciclo deve sapere (le conoscenze disciplinari e interdisciplinari) e fare (le abilità operative) per essere l’uomo e il cittadino che è lecito normalmente attendersi che sia, a 14 anni, mette in luce come il culturale e il professionale siano occasioni e strumenti per l’educativo personale e come le conoscenze disciplinari e interdisciplinari (il sapere) e le abilità operative (il fare) apprese ed esercitate non solo nel sistema formale (la scuola), ma anche in quello non formale (le altre istituzioni formative) e informale (la vita sociale nel suo complesso), siano per il ragazzo, davvero formative nella misura in cui effettivamente diventano sue competenze personali” (Raccomandazioni, pag. 11). Ancora una volta, si fa ricorso, in maniera parziale e senza citare la fonte, a concetti – sapere, saper fare, saper essere, saper apprendere - che costituiscono comune patrimonio europeo. Nel caso specifico del Profilo, inoltre, la mancanza di qualsiasi riferimento al Libro Bianco su Istruzione e Formazione ci pare una grave lacuna. Progettare – Questo verbo è evidenziato in corsivo, alla pag. 5 delle Indicazioni, dove si dice: “non bisogna cadere nell’equivoco di impostare e condurre le attività didattiche con gli allievi quasi fossero in una pretesa corrispondenza biunivoca con ciascun obiettivo specifico di apprendimento. L’insegnamento, in questo caso, infatti, diventerebbe una forzatura non accettabile. Al posto di essere frutto del giudizio e della responsabilità professionale necessari per progettare in situazione gli obiettivi formativi personalizzati e le relative Unità di Apprendimento a partire dagli obiettivi specifici di apprendimento nazionali, ridurrebbe l’attività didattica ad una astratta ed universale esecuzione applicativa degli obiettivi specifici di apprendimento stessi”. Anche nelle Raccomandazioni si parla di “responsabilità progettuale” del docente. Si è preso atto, dunque, del percorso di ricerca didattico-metodologica e della centralità del verbo ‘progettare’ nell’ottica di una reale professionalità docente, senza peraltro, qui come altrove, far riferimento alla pur ampia letteratura in questo campo. Situazioni
di apprendimento – Nelle Raccomandazioni, il termine è
complementare alle “attività strutturate”: “L’insegnante
propone agli allievi situazioni di apprendimento complesse nelle quali
essi sono obbligati a connettere le loro conoscenze ed abilità
per superare gli ostacoli, risolvere i problemi posti e così dimostrare
competenza. Strategie
– Nelle Raccomandazioni, all’interno del paragrafo dedicato
all’inglese, leggiamo: “La lingua inglese, inoltre, al pari
di ogni lingua straniera, permette l'acquisizione di abilità comunicative
tramite l'impiego di strategie che, comparate con quelle attivate nell’uso
della lingua madre, rendono l’allievo consapevole delle proprie
modalità di apprendimento e lo aiutano a progredire verso l’autonomia
e l’integrazione sociale. Unità
di apprendimento – Alla pag. 7 delle Indicazioni, si afferma:
“L’insieme della progettazione di uno o più obiettivi
formativi, nonché delle attività, dei metodi, delle soluzioni
organizzative e delle modalità di verifica necessarie per trasformarli
in competenze dei fanciulli, va a costituire le Unità di Apprendimento,
individuali o di gruppo. |