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Andando per masserie...

Riforma agraria

La riforma agraria è quella riforma che investe l’insieme delle strutture agrarie e incide perciò non solo sulla distribuzione delle terre, ma anche sui tipi aziendali, sui contratti agrari, sul lavoro agricolo e così via.

In Italia non si è mai avuta una vera e propria riforma agraria, bensì fondiaria.

Nel 1950, di fronte alle pressanti richieste dei braccianti e dei lavoratori della terra, stanchi di vivere di stenti e in povertà, il governo De Gasperi vara la riforma che si basò sulla distribuzione della terra, indirizzandosi contro il latifondismo, cioè quelle grandi estensioni appartenenti ad un unico proprietario, e caratterizzate da colture estensive o addirittura da terre in abbandono.

La prima riforma fondiaria ha interessato solo i territori dell’altopiano silano e i territori ionici (Legge Sila del 12-5-1950, n° 230); poi con una "legge stralcio" (del 21-10-1950, n° 841), furono interessati anche i territori del delta padano, della maremma toscana, laziale, del Fucino, della Campania, Puglia, Lucania, Calabria e Sardegna.

Nel Sud vengono distribuiti 700.000 ettari di terra a 100.000 famiglie di braccianti;

anche se tale riforma non ha migliorato in modo sensibile le condizioni precarie del Meridione.