Ipotesi di modulo
Maria Rosaria Pomo
Il compito educativo nella società complessa si sostanzia nel delicato ruolo di mediazione fra le diverse culture di cui sono portatori i singoli: mediazione non riduttiva degli apporti culturali diversi, bensì animatrice di un continuo, produttivo confronto fra diversi modelli.
La finalità precipua dell'educazione interculturale è quella di favorire l'integrazione e il dialogo fra etnie e culture diverse.
Infatti l'uso della parola intercultura implica necessariamente, se al prefisso "inter" viene attribuito il suo pieno significato, interazione, scambio, eliminazione delle barriere e reciprocità.
Se alla parola cultura viene conferita tutta la sua valenza, essa implica anche il riconoscimento dei valori, dei modi di vita e delle rappresentazioni simboliche a cui gli esseri umani si riferiscono nelle relazioni con gli altri, oltre che l'importanza delle interazioni tra le varie culture nello spazio e nel tempo.
Nonostante la complessità dei problemi che emergono per la difficoltà di comunicazione tra uomini di diversa cultura e tradizione, per la diversità etnica e religiosa, si auspica la formazione di un'identità dialogale in grado di creare ponti, di favorire innesti, di comunicare con gli altri, con i diversi, in ambiti culturali molteplici e differenti dal proprio.
E' fondamentale inoltre educare alla differenza vivendola come risorsa, come dono prezioso e come valore da custodire.
Occorre in altre parole una presa di coscienza che permetta di gestire il cambiamento per il succedersi degli eventi storici.
Riteniamo che tale consapevolezza possa essere acquisita anche attraverso un progetto educativo condiviso.
Non si tratta di acquisire conoscenze, ma di maturare apertura, capacità dinamica e critica, crescita e cambiamento, rivelando se stessi all'altro da sè, andando alla scoperta dell'alterità come rapporto, della diversità come possibilità di arricchimento reciproco.
L'esperienza interculturale radicata nell'essere in contatto, nell'essere in relazione favorisce sicuramente la transizione da un'identità culturale ad un'identità interculturale.
Chi possiede un'identità equilibrata e aperta all'altro, ma ferma nel suo nucleo centrale, è molto vicino al traguardo dell'interculturalità, perchè riconosce non solo il diritto alla diversità e alla specificità di ciascuno, ma anche la ricchezza di questi "mondi differenti"; è disponibile al confronto e allo scambio, non mostra intolleranza verso le altre culture.
L'uomo interculturale è colui che ha messo in atto un cambiamento di mentalità, che ha accolto la sfida globale di crescita nella molteplicità. Incontrare l'altro significa mettersi alla prova, mettersi di fronte a noi stessi, ai nostri limiti e alla nostra unicità, muoversi su un terreno sconosciuto, ma fertile in una "pluralità di mondi della vita", all'interno della società moderna, complessa e globale.
Per favorire il processo di socializzazione interculturale si invitano tutti i protagonisti del sistema formativo alla collaborazione: il sistema formale (la scuola), il sistema non formale (la famiglia e le agenzie extrascolastiche intenzionalmente formative) e il sistema informale (il cosiddetto "mercato self service dei consumi culturali") al fine di ottenere una rete sistemica delle varie agenzie educative, cioè un sistema formativo integrato.
La strada da percorrere è sicuramente quella di un progetto educativo condiviso, accompagnato da una rilettura sistemica di alcuni valori: identità, appartenenza, condivisione, dialogo (vale a dire intercultura).
Compito della scuola è aprirsi alla diversità delle culture e attivarsi per la convivenza tra le culture, superando il monoculturalismo.
La pedagogia interculturale non ha contenuti particolari, è una pedagogia dell'interazione che significa accettazione e scambio, volontà di comunicare con l'altro e disponibilità al cambiamento.
Ciascuna disciplina può offrire un apporto specifico a un progetto di educazione interculturale basato sulla metodologia attiva.
Secondo lo psicologo Rogers diventa fondamentale nell'apprendimento non tanto il contenuto culturale, quanto l'acquisizione di specifiche abilità che si identificano nell'imparare ad imparare.
Il ruolo del docente è quello di mediatore culturale al fine di stabilire un efficace rapporto interpersonale con gli allievi e nel gruppo-classe.
Nello specifico, assumono un ruolo fondamentale quelle attività tendenti a favorire le esperienze socio-relazionali ( percezione del proprio essere persona in relazione ai rapporti con gli altri).
A tale scopo si propone per il primo anno della scuola media inferiore il seguente modulo, strutturato in unità didattiche (pensato come itinerario di educazione linguistica in chiave interculturale).
Titolo
Identità interculturale sulle ali della fantasia
Motivazione
Un'educazione linguistica in chiave interculturale comporta anche il trovare modi e modelli didattici per avvicinare individui di culture diverse e farli pacificamente convivere in uno stesso spazio-tempo.
Nell'affrontare il tema delle relazioni tra culture si ritiene necessario partire dal quotidiano e ancorare il "viaggio" all'esperienza, al vissuto e al visibile.
Premesso che le attività di ogni singolo alunno (in quanto persona) sono sempre il risultato di una interazione globale delle sue possibilità operative e che non esiste conoscenza che non implichi un comportamento globale con relativi atteggiamenti, si ritiene utile coinvolgere, quali aree della comunicazione umana:
- l'area emotivo- affettiva;
- l'area collaborativo-sociale;
- l'area cognitiva.
Finalità educative
La fiaba può essere veicolo per incontrarsi, conoscersi, scambiare idee e informazioni. Il passaggio dalla favola alla vita, ricorrendo all'archetipo del racconto, alla fabulazione come arte del narrare ci consente di incontrare culture, linguaggi per raggiungere l'altro da noi così diverso e nel contempo così uguale in quanto uomo.
Aprire alla dimensione dell'alterità, attraverso l'incontro ed il confronto con altre culture: riconoscere, accettare e assumere la "diversità" come valore arricchente;
appropriarsi del concetto di "relatività" culturale;
educare alla formazione di "cittadino del mondo" e far maturare atteggiamenti positivi per interagire nella società.
Obiettivi disciplinari:
Saper leggere favole tradizionali del mondo occidentale e del mondo islamico;
imparare a conoscerne le caratteristiche e a rilevarne somiglianze o differenze;
riflettere sul comportamento dei protagonisti per trarne consigli e regole di vita;
capire che la favola, pur muovendosi nel mondo magico della fantasia, è uno strumento educativo a forte valenza interculturale;
Obiettivi formativi
Conoscere se stessi e gli altri attraverso la consapevolezza delle reciproche culture di appartenenza;
nella conoscenza di popoli e culture diversi, essere consapevoli dei propri pregiudizi ed essere disponibili a modificare le proprie capacità di giudizio e di interpretazione dei fatti storici e sociali e quindi sviluppare la capacità di "sapersi decentrare" e di guardare le situazioni da punti di vista diversi;
ricercare all'interno delle diverse culture con cui ci confrontiamo "temi" e "valori" comuni, i quali possono diventare patrimonio comune e garanzia dei diritti di tutti;
sviluppare la capacità di pensare a se stessi come parte integrante di "un'umanità di eguali";
riconoscere l'esistenza, paritaria con la nostra, di culture diverse con cui ci confrontiamo e considerare che ogni cultura ha caratteri specifici, che lo sviluppo storico è multilineare e che società diverse sono compresenti nello stesso tempo (contestualizzare, storicizzare le culture prese in esame).
Prima fase
Mappa cognitiva e affettiva iniziale
Domanda guida:
Quali favole del mondo occidentale conoscete?
Conoscete qualche favola che, secondo voi, non appartiene alla nostra cultura ?
La favola è un genere letterario molto antico. Probabilmente la sua origine è da ricercare in Oriente, nella tradizione letteraria assiro-babilonese ed egizia.Solo con il greco Esopo si ebbe la prima raccolta scritta di favole.Cominciamo con le favole di Esopo, scrittore greco vissuto probabilmente nel VI secolo a.c.; i giovani greci attraverso queste favole imparavano un complesso di norme e di regole utili al vivere comune.
Si propone "La volpe con la pancia piena", "Il pavone e la gru" e "Il ragazzo che rubava e sua madre" di Esopo.
Le favole di Esopo servirono da modello a tutti i favolisti che scrissero dopo di lui, come ad esempio Fedro al tempo dei Romani, e La Fontaine nella Francia del Seicento.
Si propone quindi la favola "La cicala e la formica" di Jean de La Fontaine, poeta francese, il quale per mezzo degli animali, offre un quadro della vita e della società del tempo, mettendone in rilievo vizi e virtù.
Attività:
conversazione guidata;
lettura di alcune favole tradizionali ed operare secondo lo schema: comprendere, analizzare, riflettere sulla lingua, produrre.
Mappe concettuali:
caratteristiche della favola tradizionale (vicenda, personaggi, protagonisti, tempo e luogo, morale, linguaggio);
la favola contestualizzata nella civiltà di riferimento.
Seconda fase
Approfondimento delle conoscenze sulle caratteristiche fondamentali della favola nella cultura occidentale ed islamica.
Individuazione delle analogie e delle differenze.
Prima problematizzazione e formulazione di ipotesi.
Domanda guida: le storie raccontano cose che accadono, se mai, una volta sola; le favole raccontano cose che accadono sempre. Secondo voi perchè?
Ci sono differenze nelle culture di riferimento circa la produzione e l'elaborazione delle favole?
Attività:
analisi dossier bibliografico ("Così va il mondo", "Jussif, il narratore di odori a colore", "La bellissima donna", " La creazione dei deserti", "L'astuzia e il potere delle donne", "Alì Babà e i quaranta ladroni");
favole a confronto;
Mappa concettuale:
struttura della favola.
Terza fase
Radici, stratificazioni e persistenze nelle culture di riferimento.
La favola e i suoi significati: analisi storico-antropologica nella cultura occidentale ed islamica.
Correlazioni e significati simbolici.
Domanda guida:
Che funzione riveste la favola nelle culture di riferimento?
Mappa concettuale:
la forma e la struttura della favola suggerisce immagini mentali per mezzo delle quali si può dare una migliore direzione alla propria vita.
Quarta fase
Confronto tra la mappa conoscitiva e affettiva iniziale e quella finale
Domanda guida:
Che cosa abbiamo imparato? Che fare ora?
Attività:
scambi interculturali in rete con studenti stranieri di Paesi industrializzati, di Paesi del Mediterraneo o di Paesi in via di sviluppo per scambiare informazioni e condividere esperienze;
allestimento di una biblioteca interculturale con il materiale usato.
Mappe concettuali:
identità/alterità;
compatibilità/incompatibilità;
differenze/omologazione;
interculturalità/multiculturalità.
Tempi di attuazione
Il modulo si svilupperà nell'arco di un bimestre.
La trasversalità si attuerà attraverso un curricolo linguistico e storico-antropologico di taglio interculturale.
Verifica e valutazione
La verifica avverrà attraverso osservazioni sull'esperienza, conversazione clinica, esercizi di manipolazione del testo narrativo, esercizi di riflessione e analisi sul significato delle espressioni linguistiche.
La valutazione accerterà quali modificazioni comportamentali sono avvenute nell'alunno rispetto ai livelli di partenza relativamente agli obiettivi prefissati.
Lo stesso percorso potrebbe essere fatto con il testo narrativo la fiaba, sottolineandone sempre la valenza interculturale (cfr. Maria Teresa Moscato, Il viaggio come metafora della vita). Nelle fiabe, infatti, è quasi sempre presente la lotta tra il bene e il male, che simboleggia le difficoltà della vita, ma è una lotta a lieto fine: il bene trionfa sul male, il buono viene premiato e il cattivo viene sempre punito.
Come autori troviamo i fratelli Grimm, Charles Perrault e per l'analisi testuale è illuminante il percorso secondo le funzioni di Vladimir Propp, uno studioso dei primi anni del Novecento.