(Il saper parlare)
Silvio Passaro
Classe: 1 anno Biennio Istituto Tecnico Commerciale – Igea
Il “saper parlare” è un'abilità che, oltre allo scrivere, al saper leggere, al saper ascoltare, è alla base dell'azione didattica del docente di italiano.
La classe di riferimento è una classe di primo anno del Biennio dell'Istituto Tecnico Commerciale Statale Igea formato da 26 elementi di cui 20 maschi e 6 femmine.
Il risconto fatto attraverso il test di partenza a carattere socio-linguistico ha messo in luce particolari problemi di socializzazione, mancanza di senso di giustizia e soprattutto difficoltà morfo-linguistiche in quanto la maggior parte degli alunni ama esprimersi in espressioni dialettali.
La mia azione, nel primo momento didattico, tenderà nei riguardi dei miei alunni ad abilitarsi prima a “saper ascoltare” in modo partecipe, attento e creativo e a “saper parlare”, saper conversare in maniera corretta cioè imparare a produrre testi orali, corretti nella forma, adeguati alla situazione e allo scopo.
Questa funzione sia fisica che intellettuale è ciò che caratterizza l'uomo e lo distingue dagli altri esseri viventi.
Noi normalmente usiamo esprimerci attraverso la parola per ampliare e per migliorare la nostra capacità di conoscenza e di comunicazione riuscendo ad esprimere tutti i registri delle nostre esigenze in termini di bisogni, di desideri, di ricerca e di gioco.
Per saper parlare occorre che si conosca lo scopo di chi ascolta e di chi parla (emittente e ricevente in un contesto comunicativo significativo).
In termini di prerequisiti gli alunni dovrebbero già sapere che si parla per:
§ esprimere le proprie idee;
§ per raccontare, cercare di descrivere, di dare informazioni;
§ per dare istruzioni, spiegazioni, ordini;
§ per protestare, litigare, discutere, insultare, adulare, elogiare;
§ per sostenere una tesi, argomentare, esprimere giudizi;
§ per esprimere il proprio mondo interiore in termini di emozioni, affetti, sentimenti;
§ per esprimere e sintetizzare quanto si è studiato in termini di scoperta, di ricerca e di ipotesi
§ per spiegare la lingua, un concetto un'opinione;
§ per descrivere le regole di un gioco;
§ per raccontare una barzelletta…….;
Gli obiettivo proposti sono:
§ saper organizzare la comunicazione orale nei suoi aspetti verbali e non verbali
§ migliorare e potenziare la capacità di relazione e di esposizione all'interno del gruppo classe.
Al termine dell'azione educativa gli alunni dovranno conoscere le regole della comunicazione orale strutturata e pianificata e non; essere in grado di saper ascoltare, saper prendere appunti; saper impostare una scaletta, saper scrivere una relazione sentita e saperla esporre in maniera possibilmente chiara e corretta.
All'uopo saranno predisposte le seguenti attività:
Si analizzerà una comunicazione televisiva facendo notare gli aspetti verbali e non (la televisione comunica per immagini).
Si procederà all'analisi di un fatto di cronaca preso dal giornale, a scelta dagli studenti, facendo notare come sia differente la relazione verbale da quella scritta.
Si presenterà un'analisi testuale dei primi 11 capitoli della Genesi sottolineando come prima del testo scritto c'è la segmentazione di una tradizione orale che sceglie materiali in vista di scopi comunicativi.
Si passerà poi a registrare riflessioni personali dialogate degli studenti facendo scaturire le proprietà del linguaggio verbale e le regole del saper ben parlare.
Dall'esperienza maturata ho dedotto che il saper parlare si presta ad una utilizzazione didattica molto utile ed interessante:
§ l'insegnante può creare situazioni di riflessione sulla lingua a partire dagli atti linguistici degli allievi stessi e quindi partendo dalle loro competenze previe;
§ è possibile far “manipolare” scientificamente la lingua, facendo notare come ne muti l'uso al variare di uno o più elementi contestuali;
§ è possibile fare raccolte, con il sussidio del registratore, di atti linguistici e delle loro diverse verbalizzazioni, introducendo così la “verbalizzazione differenziale”, cioè la possibilità di dire in più modi la stessa cosa;
§ è utile per avviare riflessioni pragmatiche su lingue diverse a confronto (dialetto, italiano, lingua straniera), guidando gli allievi ad individuare le differenti, o analoghe, realizzazioni degli atti linguistici nelle singole lingue.
La tematica delle presupposizioni e delle possibili inferenze introduce a feconde attività di carattere logico-semantico, che possono essere anche svolte in ambito interdisciplinare. La riflessione su atti non letterali e indiretti può costituire un utile avvio al linguaggio metaforico, e in particolare quello letterario.
Infine gli alunni, conosciute le regole conversazionali di Grice, non eccessivamente “tecniche” nella loro formulazione, potranno usufruire di un'interessante griglia per l'analisi di discussioni e conversazioni e per l'individuazione di meccanismi messi in atto e della “felicità” degli atti linguistici compiuti.
C'è da osservare che per riflesso tale esperienza risulta molto utile per l'insegnante perché diventa stimolo a rivedere il suo insegnamento in un'ottica nuova e più pragmatica dando un maggiore spazio alle situazioni comunicative in classe, accentuando l'attenzione sugli elementi contestuali e sugli scopi della comunicazione, in quanto portatori di significato, sostituendo il concetto di correttezza con quello, più ampio, di appropriatezza e “felicità” pragmatica, e a ripensare ai propri obiettivi non solo in termini di abilità, ma di capacità comunicative.
Passo ora a raccogliere le idee generali che si terranno presenti nella trattazione di simile unità didattica adattandola alla situazione complessiva della classe.
La comunicazione orale non differisce molto da quella della comunicazione in genere: una volta precisato a se stesso lo scopo che uno vuole raggiungere, il parlante da al suo messaggio una certa forma, adattando il linguaggio ai fattori che lo condizionano e avendo ben presenti le diverse funzioni della lingua (funzione referenziale, funzione fatica, di cui potrà fare un uso proprio o strumentale). Tutte operazioni che nella comunicazione orale non pianificata vengono compiute quasi automaticamente. Inoltre, tanto chi parla quanto chi scrive produce testi che pertanto devono avere, per essere realmente comunicativi, le caratteristiche della testualità, ovvero:
§ confini chiaramente individuabili;
§ scopo e tema centrale;
§ unità;
§ completezza;
§ coerenza logica, semantica e stilistica;
§ coesione formale, cioè rispetto delle regole della lingua;
ma all'interno di questo quadro di riferimento generale, sappiamo già che produrre e ricevere un messaggio scritto o uno orale non è affatto la stessa cosa. Il primo punto da sottolineare nel mettere a fuoco il saper parlare è che non si può scrivere come si parla né parlare come si scrive: le due cose avvengono in contesti situazionali del tutto diversi e pertanto ben differente è il peso che sull'una e sull'altra hanno i fattori condizionanti.
Il parlato avviene in una situazione di “faccia a faccia” e quindi prevede l'alternanza dei ruoli e l'interazione tra emittente e ricevente. È inoltre caratterizzato dall'uso di un linguaggio informale o mediamente formale.
Il secondo aspetto su cui occorre soffermarsi è la distinzione fra parlato pianificato e non pianificato. Il parlato non pianificato è costituito da tutti quei tipi di comunicazione in cui gli interlocutori non devono ubbidire a regole precise nell'organizzare il loro messaggio (dialogo, conversazione, discussione) e da quelli in cui l'emittente deve in qualche modo improvvisare (per esempio le risposte a domande impreviste). Il parlato pianificato invece è preceduto da una fase più o meno lunga e dettagliata di preparazione di ciò che si vuol dire.
Anche quando è pianificato il discorso orale mantiene comunque, a livello sintattico e lessicale, un maggior grado di informalità. Ciò naturalmente non vuol dire che quando si parla ci si deve sentire autorizzati a violare sistematicamente e arbitrariamente le regole della lingua o a usare un lessico povero, sciatto, ripetitivo, ma piuttosto che bisogna trovare un giusto equilibrio tra la lingua dell'uso, che si modifica e si rinnova a ritmi sempre più veloci, e quella codificata dalle leggi della grammatica.
Cominciamo la nostra analisi del testo orale non pianificato che esamineremo:
A. nella sua globalità;
B. nella sua tessitura.
A. Il testo orale non pianificato nella sua globalità
1. I confini di un testo orale sono segnati semplicemente dal fatto che l'emittente inizia o finisce di parlare; in situazioni formali mediamente formali il discorso orale può essere delimitato da espressioni di contatto o conclusive.
2. Un testo orale - che non sia una conferenza o una tavola rotonda – non ha titolo.
3. Ha invece, di norma, uno scopo e un tema centrale: devo sempre sapere perché e di che cosa voglio parlare, anche se, come si è detto, la conversazione non può rispondere a regole troppo rigorose.
4. Il contesto in cui è prodotto di norma il parlato richiede una particolare velocità nell'adattare lo scopo e il tema del proprio discorso alle circostanze, alle reazioni dell'interlocutore, alla situazione. Mentre chi scrive può seguire i propri tempi, chi parla non può avere un ritmo di produzione autonomo, ma dev'essere condizionato dal contesto. Anche il conferenziere, che si è magari preparato accuratamente il proprio testo, se tiene conto del feed-back e perciò delle reazioni del pubblico, può trovarsi nella necessità di apportare modifiche al proprio intervento
5. Il parlante ha dunque immediato riscontro dei bisogni del ricevente, in quanto questi è presente nel momento stesso della produzione, il che può dare all'emittente, che ne tenga adeguatamente conto, la possibilità di capire se la sua comunicazione è stata completa e di aggiungere, nel caso non lo fosse, ulteriori informazioni.
Ma lo stesso contesto può produrre anche una certa frammentarietà del parlato: la presenza dell'interlocutore e la possibilità di operare continuamente sul proprio testo interventi esplicativi e correttivi può portare infatti a interruzioni, esitazioni, frasi lasciate incompiute.
B. Il testo orale non pianificato nella sua tessitura
Ancora maggiori sono le differenze tra un teso scritto e uno orale a livello di struttura, non tanto per ciò che riguarda la coerenza che, pur nella diversa e minore pianificazione, va sempre rispettata, quanto sul piano della coesione formale.
1. A livello sintattico i fenomeni più frequenti sono:
§ la prevalenza della coordinazione sulla subordinazione (paratassi in luogo di ipotassi i periodi, in genere, possono presentarsi più brevi e spezzati, meno complessi; l'uso della congiunzione e diviene più frequente, e la stessa pertanto può assumere valori semantici diversi;
§ la ridondanza, ovvero la ripetizione sia di sostantivi o di espressioni dal significato analogo, sia di pronomi che si riferiscono a un termine già presente nel testo (in questo caso si ha il fenomeno del pleonasmo, per esempio: Di questo ne parleremo dopo);
§ l'ellissi, cioè l'omissione di elementi che possono essere dedotti dall'espressione precedente o successiva (per esempio: Sei uscito con Gianni con Michele? Con Gianni);
§ l'uso frequente di deittici di luogo (qui, là ecc.) e dimostrativi, che trovano precisazioni nei gesti, nello sguardo, nella mimica dell'emittente;
§ il ricorso al che cosiddetto polivalente (cioè “buono per molti usi”), sia in veste di pronome sia di congiunzione subordinate (per esempio:Era una notte che c'erano tante stelle oppure Svegliami presto domattina che devo partire col primo treno);
§ la frequenza degli anacoluti, cioè di costrutti in cui l'ordine regolare degli elementi sintattici viene alterato, a volte con particolari effetti espressivi (per esempio: Quelli della nostra squadra, bisogna fare il tifo per loro);
§ l'uso meno rigoroso di tempi e modi verbali:la comunicazione orale privilegia l'indicativo in luogo del condizionale e del congiuntivo e il presente nel luogo del futuro.
2 A livello lessicale si registra:
§ la tendenza a una maggiore genericità, col privilegiare parole “tuttofare” come cosa, fatto ecc.;
§ una certa povertà nella scelta dei termini, in rapporto con l'abuso della ripetizione
§ il ricorso a espressioni idiomatiche in cui non tutte gli elementi trovano una regolare collocazione sintattica (per esempio: A me non la si fa ecc.).
Esaminiamo adesso le caratteristiche del testo orale pianificato.
Nell'ambito di questo tipo di comunicazione occorre distinguere tra la resa orale di un testo scritto e la costruzione di un testo che si affida esclusivamente all'oralità. Nel primo caso, infatti, chi parla ha già alle spalle una struttura organizzata, o quanto meno una scaletta che ha avuto il tempo di preparare, e non deve far altro che seguirne l'ordine. Diversa è invece la situazione di chi deve prendere la parola, per esempio in un dibattito o in un'assemblea, senza aver potuto predisporre il suo intervento. In situazioni di questo genere una rapida pianificazione è indispensabile, se non si vuole che il discorso risulti confuso e disordinato.
Occorre pertanto:
§ raccogliere velocemente le idee che si vogliono esprimere;
§ stabilire tra esse un ordine di importanza che ne determini la successione nel corso dell'esposizione;
§ prepararsi mentalmente l'avvio, che è sempre il momento più difficile quando si parla in pubblico, scegliendo espressioni semplici e dirette;
§ se c'è il tempo, fissare velocemente per iscritto i punti fondamentali del discorso in modo da poter seguire una traccia nel corso dell'esposizione.
Ancora diversa è la pianificazione di un discorso orale che richiede una specifica preparazione su determinati argomenti, come per esempio una verifica scolastica o un esame.
Obiettivi didattici specifici
Produrre testi orali, corretti nelle forma e adeguati all'argomento, alla situazione, al destinatario e allo scopo.
Obiettivi operativi
- Esprimersi oralmente in modo documentato, corretto e chiaro.
- Interessare e coinvolgere l'ascoltatore e soddisfarne i bisogni.
- Adeguare i contenuti e il registro linguistico al destinatario.
- Preparare ed esporre una relazione su un argomento dato.
- Partecipare a un dibattito o a una discussione facendo interventi pertinenti.
Contenuti
Tecniche e strategie per comunicare oralmente: prima di parlare, mentre si parla, dopo aver parlato.
I testi della produzione orale: il dibattito.
Verifiche
- Conversazioni spontanee e guidate.
- Discussioni spontanee e guidate.
- Relazioni orali su fatti accaduti.
- Verifiche incrociate di parlato e ascolto.
Motivazione
La motivazione più forte e implicita nell'obiettivo stesso dei moduli: saper parlare, cioè imparare a produrre testi orali, corretti nella forma, adeguati alla situazione, al destinatario e allo scopo.
Indicazioni di lavoro
Un percorso possibile può prendere spunto da uno degli esercizi proposti nel modulo da un'occasione reale di parlato per affrontare i problemi connessi con le varie tecniche che facilitano e rendono produttiva l'esposizione orale.
Fondamentali, naturalmente, per il successo del lavoro sul parlato, sono la sollecitazione costante nei confronti degli studenti a intervenire in conversazioni e discussioni, la presentazione di adeguati modelli e l'invito all'autocorrezione. Di grande utilità sono, in proposito, il registratore e il videoregistratore per registrare produzioni orali altrui, da usare come modelli, o proprie, da usare per l'autoverifica e l'autocorrezione.
Passo a semplificare dando due esempi: uno discorsivo descrittivo, l'altro sintetico.
Esempio A
Modulo: La conversazione
Prerequisiti:
§ sapere che la conversazione è mezzo per:
- partecipare alla vita del gruppo;
- migliorare la capacità di comunicare oralmente;
§ sentire l'importanza della conversazione nella vita quotidiana;
§ capire che la conversazione è meta educativa e che essa esige preparazione e apprendimento.
Obiettivi:
§ acquisire la capacità di parlare in maniera funzionale agli scopi;
§ acquisire la capacità di comprendere gli scopi della conversazione e i suoi ambiti.
Attività:
§ INDIVIDUALI:
- conversazioni razionali per comunicare (resoconto orale su ricerche, discussioni su progetti, dialoghi);
- conversazioni emotive per esprimere stati d'animo soggettivi.
§ DI GRUPPO:
- esercitazioni pratiche di conversazioni preordinate.
Mezzi:
Contenuti della conversazione, uso del registratore e del videoregistratore.
Verifica:
Controllo del grado di partecipazione alla conversazione, come forma di comunicazione con gli altri e come segno della capacità di comprendere ed essere compresi.
Esempio B
Prerequisiti
Conversare è molto efficace di partecipazione alla vita del gruppo e presuppone la capacità di ascoltare: ascoltare un breve comunicazione e saperla riprodurre con fedeltà, capirne lo scopo, saperla sintetizzare, tenerne conto interloquendo. Saper ascoltare comporta anche comprendere la natura del discorso altrui: è un ordine, un rimprovero, una spiegazione, una descrizione, una richiesta…?
Obiettivi
Gli obiettivi sono sostanzialmente costituiti dalla esigenza di migliorare le capacità linguistiche di produrre, cioè di parlare e di scrivere, nonché quella di fruire: ascoltare e leggere. Infatti nelle situazioni comunicative reali la dimensione produttiva (parlare e scrivere) si integra nel modo del tutto naturale con quella fruitiva del leggere e dell'ascoltare. Questo non toglie che gli obiettivi specifici della conversazione siano l'affinamento dell'abilità della partecipazione al dialogo, come tipico strumento di comunicazione interpersonale.
Attività
Conviene attuare esperienze di conversazione, occasionali o predisposte, in cui ciascun alunno possa aver parte. Ho dato esempi più in alto.
Come secondo momento si passerà all'analisi dell'esperienza, discutendo sulle conversazioni tenute, in diverse occasioni, con il proposito di rispondere ad alcune idee-problema:
§ Nella conversazione si è liberi? Spontanei?
§ Si impara a stare insieme? A tener conto di quanto dicono e fanno gli altri?
§ Vengono soddisfatti desideri e bisogni? Quali?
Potrebbero gli alunni essere guidati a pervenire a queste conclusioni:
La conversazione può servire per:
§ verificare una situazione;
§ discutere su un'esperienza fatta;
§ mettere a confronto opinioni e atteggiamenti;
§ concretare un progetto;
§ risolvere un problema pratico;
§ accertare cosa si sa realmente su un argomento;
§ prendere una decisione;
§ organizzare dei dati informativi su un argomento;
§ stimolare una ricerca;
§ far parlare tutti gli alunni;
§ dar vita ad una lezione dialogica;
§ tirare le somme di ricerche personali e di attività di gruppo.
Tempo previsto:
15 ore (tre settimane circa)
Verifica
Il controllo deve mettere in luce se l'esercizio della conversazione abbia migliorato la capacità dei singoli alunni a parteciparvi attivamente e consapevolmente, anche in relazione alle situazioni vissute, rilevate dall'analisi dell'esperienza condotta con la serie di domande sopra elencate.
Da ciò un duplice impegno:
a) dell'insegnante, chiamato a individuare correttivi a situazioni di carenza di partecipazione;
b) degli alunni, che dovranno responsabilmente tentare di modificare i comportamenti personali negativi.
Biografia:
BERTOCCHI-BRASCA-LUGARINI-RAVIZZA, “L'italiano a scuola” ED. La nuova Italia
A.MARIOTTI-M.C.SCLAFANI-A.STANCANELLI “Laboratorio della lingua del testo” G.D'Anna. 1998
M. SENSINI, “La Lingua italiana” Arnoldo Mondatori Scuola.1998