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Contributi, approfondimenti, strumenti per la formazione delle funzioni obiettivo/strumentali e dei docenti |
La cultura organizzativa: tra dirigente e staff
In una organizzazione attenta alle esigenze e alle potenzialità delle risorse umane le decisioni, le responsabilità, la valutazione interna non sono compito esclusivo del dirigente/leader formale. Risultano determinanti il coinvolgimento, la partecipazione, la motivazione, le competenze e la capacità di decidere di tutti i soggetti dell'organizzazione. Nella fase di assunzione delle scelte decisionali più importanti (oltre che nella fase di attuazione e nella fase di controllo/autovalutazione) è indispensabile l'apporto di un particolare gruppo di membri dell'organizzazione (collaboratori del dirigente, staff, "figure di sistema"), che oggi trova una sua prima regolamentazione nell'ambito dell'attuazione del Contratto Nazionale di Lavoro del 1999, che introduce la formula delle "funzioni-obiettivo", cioè di ruoli temporanei all'interno dell'istituto, che possono essere assunti da alcuni insegnanti designati dal Collegio dei docenti.
Quali funzioni - per quali obiettivi In questa prospettiva l'articolo 28 del CCNL/99 individua, per la realizzazione delle finalità istituzionali della scuola in regime di autonomia, quattro aree di competenza. All'interno delle quattro aree vengono collocate specifiche funzioni da assegnare a docenti disponibili e capaci che devono finalizzare alcune azioni professionali al raggiungimento dell'obiettivo inerente la funzione richiesta. Nel rispetto delle specifiche responsabilità del dirigente scolastico, si tratta di occuparsi:
All'interno di ogni area funzionale sono stati indicati, e riportati nell'allegato 3 al CCNI/99, a titolo esemplificativo alcuni settori specifici di intervento.
Aree e funzioni - Quadro sinottico
(Ai sensi dell'art. 28 del CCNI del 26/5/99 e dell'allegato n. 3 del CCNI del 31/8/99)
Queste indicazioni del contratto non vanno intese come una rigida schematizzazione della vita di ogni istituzione scolastica, sarebbe in contraddizione con le logiche decentrate dell'autonomia, ma vanno lette solo come suggerimenti. E' importante che all'interno di ogni area scelta si enucleino gli obiettivi, le azioni specifiche, le conoscenze di base che ogni funzione implica per poter essere efficace, ma soprattutto che si indichino le capacità e le competenze che i docenti designati devono possedere o acquisire, anche mediante le apposite attività di formazione che sono previste dal Contratto.
E' opportuno che la presenza di queste nuove figure non sia vissuta come un restringimento delle forme di lavoro collegiale e collaborativo all'interno della scuola. A tal fine è opportuno mantenere (anzi, rafforzare) l'intelaiatura dei gruppi di progettazione e di sviluppo organizzativo, utilizzando le risorse finanziarie disponibili nel fondo dell'istituzione scolastica. Infatti, tale fondo (introdotto dal Contratto integrativo del 31-8-1999) è "finalizzato a retribuire le prestazioni.del personale.per sostenere il processo di autonomia scolastica, con particolare riferimento alle esigenze che emergono dalla realizzazione del POF e dalle sue ricadute sull'organizzazione complessiva del lavoro (art. 26). Il processo dell'autonomia, dunque, richiede l'emergere di più precise responsabilità (del dirigente scolastico e dello staff interno), ma nella prospettiva di una valorizzazione di tutte le professionalità operanti nella scuola. Il nuovo equilibrio dei poteri e delle funzioni non è però scontato, stante anche la mancanza di una riforma degli organi collegiali.
Ad esempio, il D.l.vo n. 59 del 6-3-1998 sulle funzioni dei dirigenti scolastici prevede che il Capo di Istituto, nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative ed amministrative, possa avvalersi di docenti da lui individuati, ai quali affidare specifici compiti. Si fa strada però l'idea che le funzioni di coordinamento didattico debbano vedere un più diretto coinvolgimento e consenso della componente docente. Questa scelta è stata alla base della istituzione delle cosiddette "funzioni-obiettivo".
L'autonomia tra responsabilità e partecipazione Il processo di autonomia richiede una parallela revisione delle funzioni e dei compiti degli organi collegiali, sia interni agli istituti, sia di carattere territoriale, istituiti con il Decreto delegato n. 416 del 31-5-1974. Una delle critiche che sono state mosse al Regolamento dell'autonomia organizzativa e didattica è stato proprio il silenzio sugli organi collegiali, cioè sulle modalità di partecipazione alla gestione della scuola autonoma da parte dei diversi soggetti. In particolare dovrà essere meglio precisato il rapporto tra il Collegio dei docenti, il Consiglio di Istituto/Circolo e la rinnovata figura del Capo di Istituto, di cui sembrano aumentate le prerogative, cioè gli autonomia compiti di direzione e gestione (v. d.l.vo 59/98). In tale ottica, i Decreti Delegati del 1974 appaiono non più sufficienti a "descrivere" e regolamentare la nuova situazione. Ma, mentre per la riforma degli organi collegiali territoriali (distretti, consigli scolastici provinciali, ecc.) si è già provveduto con un apposito Regolamento attuativo (Dpr 233/99), per gli organi interni alla scuola è necessario uno specifico provvedimento legislativo, ancora in fase di elaborazione. I principi ispiratori della riforma tendono ad individuare e distinguere funzioni e ruoli all'interno della scuola dell'autonomia: di indirizzo (da affidare al Consiglio di Istituto), di gestione (da affidare al Dirigente scolastico), di elaborazione culturale (da affidare al Collegio dei docenti), di controllo (da affidare, in parte, ad un Nucleo interno di valutazione). L'elemento di maggiore novità della proposta è rappresentato dalla costituzione di un nucleo di valutazione "interno" con il compito di procedere ad una sistematica valutazione della produttività della scuola. In questa ottica la scuola rappresenta una formidabile occasione di sviluppo culturale e professionale. E' però necessario che sappia trasformarsi un ambiente pienamente "professionale", anche attraverso un diverso sistema di relazioni interne.
Le relazioni all'interno della scuola Il previsto affievolimento del ruolo istituzionale dell'amministrazione scolastica (in periferia, al posto dei Provveditorati avremo strutture di supporto e consulenza) sposta decisamente sulle unità scolastiche la responsabilità di rispondere in modo adeguato alla domanda educativa dei singoli e delle comunità. Non a caso l'art. 21 della Legge 59/97 fa obbligo ad ogni istituzione scolastica autonoma di "adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione della produttività scolastica e del raggiungimento degli obiettivi". Un impegno che si è sviluppato solo embrionalmente, come segnalano i primi esiti del monitoraggio dell'autonomia. Nelle indicazioni fornite in occasione della sperimentazione dell'autonomia (dal DM 251/98 e segg.) lo spazio riservato alle strategie di valutazione o autovalutazione è stato alquanto limitato, non risultando tra i temi prioritari indicati dai decreti. Anche i primi orientamenti del Sistema nazionale di Valutazione (affidato al CEDE), pur impostati sul piano concettuale e metodologico sui dettami dell'autoanalisi di istituto, non sembrano aver raggiunto ancora un livello esteso di diffusione e di incidenza sui comportamenti delle scuole. Si sono intensificate, anche grazie ai finanziamenti erogati dalla legge 440/97 le azioni di monitoraggio, da intendersi come "controllo dei processi" con ri-orientamento in tempo reale dei medesimi, meglio se con l'aiuto di un "analizzatore" esterno (il cosiddetto "amico critico"), tramite programmi predisposti dagli Irrsae, dalla BDP e dal Ministero. Le scuole, così, sembrano oscillare tra pratiche "fai da te" di autovalutazione, con la produzione di una miriade di griglie e check-list non sempre di eccelsa qualità, o l'agognato raggiungimento di una certificazione di qualità (magari sugli standard europei) rilasciata da apposite agenzie esterne.
Da capo di istituto a dirigente scolastico Ma qual è il sistema delle responsabilità all'interno di ogni scuola autonoma ? L'attribuzione della dirigenza ai capi di istituto (D.lvo 59/98) fa risaltare la possibile "solitudine" del dirigente scolastico, ma sarebbe riduttivo (e contradittorio con lo spirito dell'autonomia) attribuire ad una sola figura la responsabilità dei "risultati" dell'intero istituto. La stessa dottrina condivide l'ipotesi che l'evoluzione in atto nella pubblica amministrazione da ormai un decennio (a partire dalla Legge 29/93) vada a configurare la dirigenza non più come semplice qualifica professionale (per la quale basterebbe una declaratoria di mansioni), ma come una vera e propria funzione o figura organizzatoria, per la quale invece va precisato "in quale modo, con quali poteri, con quali mezzi o strumenti, la figura si inserisce e.agisce nell'organizzazione" (S. Auriemma, Dirigenza scolastica: da "qualifica professionale" a "figura organizzatoria" nell'autonomia, in "Notizie della Scuola", n. 18, 16-31 maggio 1998). Fin dove si spingerà la responsabilità del dirigente ? Come saranno interpretati quegli "autonomi poteri di direzione e coordinamento", per altro già previsti nel contratto nazionale del 1999 ? Quale sarà il rapporto tra il dirigente e le diverse figure dei collaboratori ? Come contenere i possibili conflitti di competenza tra il responsabile della gestione dell'istituzione scolastica (il dirigente) e l'organo di indirizzo politico (il consiglio di circolo/istituto), in merito -ad esempio- all'impiego dei mezzi finanziari ? E quale ruolo sarà effettivamente attribuito al nuovo responsabile amministrativo, la cui qualificazione in termini di "direttore dei servizi generali ed amministrativi" sembra evocare un'ampia sfera di nuove responsabilità ? La complessità del profilo del dirigente scolastico è dovuta all'esigenza di assicurare -seguiamo ancora S. Auriemma- il rispetto delle responsabilità istituzionali (in merito a: qualità del servizio, trasparenza, economicità, efficienza, efficacia, legittimità) in presenza di numerosi vincoli (in fatto di: risorse umane e finanziarie, procedure, regole amministrative, tempistica, ecc.), con una strumentazione non sempre adeguata e, comunque, dovendo interagire con numerosi altri soggetti (dagli organi collegiali ai singoli docenti, titolari -tra l'altro- di una libertà di insegnamento costituzionalmente tutelata). Il "puzzle" dei poteri interni all'istituto dovrà essere ricomposto con molta pazienza, con molto equlibrio e saggezza, tenendo conto che non tutte le tessere sono al loro posto. Dal 1-9-2000 il dirigente può già scegliere i propri collaboratori (a prescindere dalla precedente elezione del Collegio dei docenti), mentre le funzioni-obiettivo -per la loro valenza tecnico-didattica- continueranno ad essere designate dal Collegio. Più incerta è la posizione del "vicario", per il quale è ormai urgente definire un profilo adeguato. Se si pensa che la legge sugli organi collegiali (non ancora approvata) prevede la figura dei coordinatori (referenti delle articolazioni interne del collegio dei docenti, come i dipartimenti disciplinari), l'organigramma che ne potrebbe scaturire è assai articolato, ma con una sua logica interna: le figure ad alto tasso "didattico" dovranno trovare la loro legittimazione e rispondere ai colleghi docenti; le figure responsabili di aspetti gestionali-organizzativi dovranno godere della fiducia esplicita e quindi della delega del dirigente.
Giancarlo Cerini |
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