|
Contributi, approfondimenti, strumenti per la formazione delle funzioni obiettivo/strumentali e dei docenti |
Sulle conclusioni del Gruppo di lavoro ministeriale sulla formazione |
---|
La lettura dei temi di matematica per l'abilitazione dei maestri elementari di una trentina di anni fa da la misura di quanto i tempi siano cambiati: oggi un laureato in matematica potrebbe faticare a risolverli. Nel frattempo ci si può laureare maestri frequentando in quattro anni non più di una trentina di ore di matematica (e altrettanto di storia), e in certi casi neppure una - tutto ciò in barba alla retorica sul "team" dei maestri "specializzati". In cambio, il futuro maestro viene assoggettato a un diluvio di materie psico-pedagogiche e di metodologia didattica in un'ottica che è più quella della formazione di un assistente sociale che non quella di un'insegnante. Un tempo gli insegnanti di scienze nelle scuole medie inferiori erano laureati in matematica o in fisica. Oggi, dopo l'apertura degli accessi a una miriade di altre lauree, la maggioranza degli insegnanti di questo ordine di scuole ha una preparazione matematica di modestissimo livello. In queste condizioni, discettare sulle ragioni delle pessime prestazioni matematiche degli studenti italiani è una perdita di tempo, se non un voler nascondere la verità. Quando si dicono queste cose si rischia l'accusa di voler offendere gli insegnanti. È vero il contrario. La scuola italiana galleggia per merito dell'eroismo di tanti di loro, che spesso suppliscono da soli alle carenze di un sistema formativo che fa acqua da tutte le parti. Un'altra accusa è quella di denigrare un sistema scolastico che sarebbe comunque eccellente. Non si capisce allora il perché di tanti verdetti negativi confermati dall'esperienza diffusa e dalle testimonianze raccolte nei tanti libri di insegnanti che descrivono la crisi del sistema dell'istruzione. Né si capirebbe, se tutto andasse per il meglio, perché da anni ci si affanni a tentare di ripensare da cima a fondo il processo di formazione dei docenti. Una premessa fondamentale: non si verrà mai a capo di questa situazione se non si affronterà il nodo dei contenuti invece di divagare soltanto sulle questioni metodologiche o sulle architetture istituzionali: si possono ideare tanti meccanismi, ma nessuno di essi funzionerà se non si porrà mano ai contenuti della formazione. Inoltre, in un sistema scolastico stressato da innumerevoli interventi, occorre procedere con ragionevolezza e prudenza, con operazioni mirate, tanto agili e realistiche sul piano normativo quanto incisive sul piano dei contenuti. È inspirandosi a questi principi che ha operato il Gruppo di lavoro ministeriale sui temi della formazione degli insegnanti che ho avuto l'onore di coordinare. Vediamo in estrema sintesi come si è cercato di tradurre questi principi. In primo luogo, un atteggiamento ragionevole significa che, per quanto si possano rimpiangere i tempi in cui un maestro elementare possedeva un bagaglio di conoscenze assai superiore a quello attuale, sarebbe sbagliato disconoscere l'apporto della pedagogia e della didattica. Se è perfettamente possibile diventare un ottimo insegnante semplicemente insegnando e apprendendo a farlo "a bottega", ovvero seguendo l'esempio dei propri insegnanti di valore, l'accumulazione di conoscenze e riflessioni circa le metodologie d'insegnamento, la psicologia dei bambini e dei ragazzi e le tecniche didattiche ha un indubbio valore, soprattutto in una scuola di massa. Come al solito, i disastri derivano dagli estremismi ideologici. Tale è l'idea che le conoscenze disciplinari siano secondarie o irrilevanti, che l'unica cosa che conta sia "insegnare a insegnare": ovvero considerare secondaria la conoscenza di base e pretendere che qualsiasi concetto venga introdotto subordinatamente alla definizione di come esso deve essere insegnato. L'idea che la pedagogia e la didattica siano "metadiscipline" che stanno al di sopra di tutte le altre e le governano come regine è una delle cause principali degli attuali dissesti. Pertanto, un riequilibrio tra le componenti disciplinari e quelle metodologiche è necessario per formare insegnanti che siano, al contempo, preparati e consapevoli delle problematiche dei metodi d'insegnamento. Non si tratta affatto di tornare al passato, ma di comprendere che non possiamo più permetterci maestri che non sappiano neppure cosa sia l'algoritmo della divisione, che non vadano oltre un'infarinatura di storia moderna e ignorino gli elementi della fisica. Una ragionevolezza analoga deve ispirare la riforma di quello che è da tutti considerato come il buco nero della scuola italiana, ovvero la secondaria di primo grado (o "media inferiore", come si diceva un tempo). Qui il problema maggiore è la matematica, spesso insegnata da laureati in scienze naturali o in altre materie, i quali non hanno avuto modo di studiare seriamente questa disciplina. Possiamo pensare a un ritorno all'indietro che riservi l'insegnamento della matematica ai laureati in matematica o fisica? Sarebbe una prospettiva dirompente sul piano sociale. La soluzione "ragionevole" consiste nel costruire un percorso di laurea che compensi le carenze in matematica e fisica attraverso un meccanismo di crediti accuratamente bilanciato in funzione della preparazione d'ingresso. In generale, la proposta delineata dal Gruppo di lavoro mira a trovare una soluzione all'interno del sistema esistente senza introdurre troppi stress e rivoluzionamenti. Si propone che il percorso di formazione consista in una laurea triennale ordinaria seguita da una laurea magistrale il più possibile pensata in funzione della formazione di insegnanti: difatti, si deve fare in modo che la componente disciplinare e la componente didattico-pedagogica collaborino alla formazione di una figura non generica ma specificamente orientata verso l'insegnamento. Per questo, il percorso dovrà concludersi con un anno di tirocinio nelle scuole secondarie, consistente in una fase di osservazione e in una fase di insegnamento attivo, sotto la guida di un insegnante e accompagnato da altri corsi di didattica disciplinare, di pedagogia e da attività di laboratorio gestite dalle università assieme alle scuole, il tutto sotto la responsabilità di una facoltà universitaria. Anche qui si tratta di recuperare le esperienze positive delle SSIS (Scuole di Specializzazione dell'Insegnamento Secondario) ma di superarne i difetti che si sono manifestati o nella riproposizione meccanica di insegnamenti disciplinari già forniti nel corso di laurea o in uno spazio smisurato conferito alle materie psico-pedagogiche, nonché nella tendenza a operare in modo autoreferenziale. Naturalmente non è questa la sede per entrare nei numerosi dettagli tecnici del progetto. Siamo convinti che esso delinei in modo preciso il quadro per muovere, in modo costruttivo e non ideologico, verso la soluzione di un problema attorno a cui si gira da anni e che non può più attendere. (Il Messaggero, 20 febbraio 2009) (Pubblicato sul blog del prof. Giorgio Israel) |
---|
Cookie per gli annunci di Google e norme sulla privacy |
---|