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Competenze: come, quali e perché
Prosdocimo Ranocchietti mi ha scritto
Gentile Ispettore, che emozione vedere su tutti i siti che si occupano di scuola il mio nome accanto al Suo! Allora, in quel convegno di RomaTre non ho detto tante sciocchezze! Ma gli interrogativi restano tutti, mi creda! Ne ho parlato con i colleghi ed anche loro nutrono seri dubbi sulla possibilità di elevare l'obbligo di istruzione con successi immediati. Mia moglie insegna nella scuola media e certamente non mi incoraggia! Mi dice che, se un ragazzo non vuole studiare, non c'è niente da fare… che le distrazioni sono tante, che fuori della scuola trovano risposte a tutte le loro curiosità, che i genitori sono i primi a non essere convinti della necessità dello studio. In effetti, non è più come una volta! La scuola promuoveva culturalmente ed anche socialmente e la famiglia povera si adoperava perché il figlio studiasse! Anche se spesso un titolo veniva percepito come un pezzo di carta, comunque garantiva un futuro! Se il ragazzo non studiava, sapeva in un certo qual modo di essere in colpa. Insomma, la scuola e lo studio erano pur sempre un valore! Oggi la scuola – non so bene perché – non costituisce più un valore agli occhi dei più, ma una grande perdita di tempo! Perché impegnarsi in studi severi, se poi è difficile trovare lavoro nei settori che contano? E perché i nostri migliori cervelli fuggono all'estero? Al limite, è meglio fare la cubista o lo spogliarellista! Nel migliore dei casi, la velina o il digei… che non so neanche come si scrive! Guadagno facile e poi si vedrà. Anche perché una generazione senza passato, schiacciata su una identità fragilissima, è anche imprevidente per il futuro. Certamente, lo so anch'io che la società della conoscenza, come dite voi, cammina, appunto, sulle conoscenze e che queste viaggiano nella testa delle persone. Ma… siamo convinti che le persone, che i giovani, questa conoscenze le vogliano acquisire? Da qualche parte ho letto che le cose vanno diversamente! Che le conoscenze saranno sempre più privilegio di pochi cervelloni e che alle masse verranno elargite a iosa i panem e i circenses – questo lo so scrivere! – dei telefonini, delle tv spazzatura, e via dicendo! I nuovi proletari non saranno i diseredati di un tempo, ma gli spensierati consumatori dei fast food e delle informazioni più trash … e di cose ancora peggiori! Ho tanti dubbi, ispettore! Se la scuola media già produce più dispersione che promozione, non ci sarà il grosso rischio che il nuovo biennio dovrà limitarsi a legittimare la dispersione già nota, se non addirittura ad amplificarla? Ed io, in particolare, se dovrò occuparmi prioritariamente delle competenze linguistiche dei miei alunni, dovrò essere meno rigoroso per ciò che riguarda il mio insegnamento primario del latino e del greco? Mi aiuti a capire come dovrò comportarmi e dia una mano anche a mia moglie la quale, letterata anche lei, finora mi ha considerato un privilegiato perché insegno a ragazzi non obbligati ed ora non fa altro che dirmi… vedrai, vedraii, vedraiii!!! Insomma, mi illumini! Queste competenze, insomma: come, quali e perché! In pillole! Con viva cordialità, Suo Prosdocimo Ranocchietti
Ed io ho risposto
Caro Professore! Non penserà che io non condivida tutti i suoi dubbi. Certamente, elevare l'obbligo di istruzione di due anni non è e non sarà un'impresa facile, per molti motivi. Uno me lo ricorda Lei: il fatto che la scuola oggi non costituisce un valore, almeno agli occhi dei più ed anche agli occhi dei nostri giovani! Il bullismo di cui si parla tanto – e che poi è qualcosa di più del bullismo – ha radici profonde, in un disagio che è dei giovani e della società nel suo insieme. Ma non voglio tirarla lunga! Un'altra ragione è che la nostra scuola dall'inizio del nuovo millennio ha conosciuto più sofferenze che promozioni! Si doveva avviare un serio processo innovatore, partendo dal basso, dalle scuole e dai docenti, si dovevano interpretare i nuovi bisogni dell'utenza, e soprattutto reperire ed impiegare tutte le risorse necessarie. Oggi le “fabbriche” dove si producono conoscenze sono più importanti di quelle dove si producono tecnologie, beni e servizi! Se la materia prima dello sviluppo, oggi, è la conoscenza, come ieri era il carbone o l'acciaio, questa materia prima va incentivata! La scelta di una classe dirigente lungimirante oggi in una società complessa non può che essere questa. In un mondo difficile occorre seminare oggi per il domani Le scelte di breve termine non pagano più, se non in termini di cabotaggio elettorale di bassa lega! Detta in soldoni, l'autonomia è in sofferenza, l'attuazione del Titolo V ha tempi più lunghi del previsto, l'attivismo morattiano ha provocato più guasti che riforme reali, e il cacciavite è stato adottato proprio per evitare che sulle scuole cadesse un'ulteriore valanga controriformatrice… o riformatrice che sia. E' in tale contesto che l'elevamento dell'obbligo appare, comunque, una operazione prioritaria, difficile quanto si vuole, ma assolutamente necessaria. Ce lo chiede l'Europa, ce lo chiede il mondo del lavoro, in effetti ce lo chiedono anche i nostri giovani, per via indiretta, se vuole, sbattendo in faccia a noi adulti tutto il loro disagio, tutte le loro esplosioni di violenza. E l'obbligo vuole essere la misura prima proprio per cominciare a battere questo disagio e ricostruire un tessuto di credibilità verso questa società difficile quanto si vuole, ma pur sempre tuttora fondata su quei valori che la nostra Costituzione ha affermato sessant'anni fa e che la Costituzione europea – me lo lasci dire – ha recepiti e per certi versi aggiornati ed amplificati. Tuttavia, non voglio assolutamente scivolare nella retorica di maniera e vengo a rispondere al Suo domandone finale. In primo luogo rovescerei quel “come, quali e perché” in “perché, quali e come”.
Le competenze perché – Tutte le ricerche sulle competenze alfabetiche funzionali (quelle parole difficili di literacy , numeracy e problem solving ) degli adulti nelle società avanzate indicano con chiarezza che, invece di aumentare in numerosità e consistenza, invece restano al palo. E il nostro Paese si trova ad uno degli ultimi posti. Grosso modo, possiamo dire che solo un italiano su tre sa leggere e comprendere un testo in lingua comune di un certo livello di difficoltà. Un altro italiano su tre ha notevoli difficoltà e l'altro terzo abbondante della nostra popolazione adulta è completamente escluso dalla comprensione di un testo in lingua comune. Non dobbiamo quindi meravigliarci se migliaia di nostri connazionali si lasciano abbindolare dagli oroscopari di turno o si nutrono, letteralmente, di isole dei famosi, grandi fratelli, tifo sfrenato e di tutte quelle diavolerie alienanti di cui la nostra società avanzata è più che prodiga. Altro discorso andrebbe fatto per le lingue settoriali. Io stesso avrei difficoltà a fronte di un testo di alta matematica o di una relazione scientifica sui neutrini o di una ricetta medica… e non è che un bugiardino mi aiuti molto! Per queste lingue entrano in gioco anche considerazioni di carattere semantico/lessicale più che di carattere sintattico e pragmatico, che andrebbero trattate in altra sede. Non saper leggere/comprendere pregiudica l'acquisizione di nuove conoscenze e costringe i soggetti ad avvitarsi – se si può usare questa espressione – sempre più su se stessi e sui loro disagi, con grave danno sia per l'impegno lavorativo che per le stesse dinamiche interpersonali che difficilmente i più riescono a comprendere e a governare. Non voglio fare la figura del moralista bacchettone, ma è evidente che, se riusciamo a dare ai nostri giovani competenze forti a livello di lettura funzionale – quella strumentale mi preoccupa di meno, perché tutti sanno leggere il nome di una via o la testata di un quotidiano – forse una qualche diga a fronte delle nuove forme di analfabetismo trionfante riusciremo ad innalzarla. E questo è un compito essenzialmente dell'istruzione di base, anche della Sua scuola! Deve sempre pensare che, se riesce ad appassionare un alunno ai verbi difettivi latini, c'è sempre il rischio che ne perda molti altri, incapaci anche di leggere Topolino. Ed io latinista – si fa per dire – un pensierino sui molti altri predestinati all'esclusione me lo farei!!!
Le competenze quali – Se poi vogliamo entrare nel merito delle “quali”, di certo non mi avventuro in campi che non sono miei, come quello matematico-scientifico, e mi limiterei a ciò che è di mia… competenza!!! Ma una premessa mi sembra opportuna. Lei insegna latino e greco e, ovviamente, si augura che i suoi alunni non solo imparino ad apprezzare le due lingue e le culture che esprimono, ma che affinino sensibilità e gusti in fatto di letteratura e di manifestazione artistica, e che magari intraprendano anch'essi gli studi che Lei ha compiuti e che indubbiamente prosegue… in forza delle tre Elle! Sarebbe per Lei un successo se così fosse, ed in gran parte ciò dipenderebbe da Lei, nella misura in cui riuscirà a far sentire la “bellezza” di questo ambito disciplinare… ma non voglio scadere nella retorica! Ma sarà proprio così, quando nella sua classe sarà presente anche un certo numero di obbligati? Ricorro ad un caso limite: ci sarà l'alunno “bravo”, un piccolo Leopardi, un Pierino che il latino e il greco se li beve come una CocaCola; e ci sarà il “forzato”, finito nel Suo liceo perché… è il più vicino a casa sua, con una di quelle licenze medie “sufficienti” che è meglio non dire… per cui… motivazione zero, atteggiamenti… appena posso, lo faccio fuori questo professore di m… ! Sarà dura, mi creda! Per Pierino dovrà, e potrà, mettere in campo tutte le Sue offerte formative migliori, e sarà lui stesso, e mamma e papà, a pretenderle! Per Gianni il discorso è diverso! Però, attenzione! C'è un qualcosa che li accomuna! Ambedue necessitano degli strumenti culturali essenziali per entrare a pieno diritto in una società difficile e che metterà ambedue dinanzi a imprevedibili prove. Si tratta di quegli strumenti cognitivo-operativi di cui abbiamo parlato nel convegno di RomaTre. Verso un traguardo di questo tipo Pierino e Gianni potranno correre insieme; può anche darsi che nel biennio Gianni si innamori dell'aoristo debole e Pierino di non so che cosa! Ne consegue che la durezza del percorso allora non sarà tanto dei soggetti che apprendono, quanto dei soggetti che insegnano. Se Lei e i Suoi colleghi con un lavoro collegiale ben calibrato riuscirete a tracciare dei percorsi personalizzati, le competenze di cui alle quattro aree a cui abbiamo accennato a RomaTre non dovrebbero non essere raggiunte. Emergerà una sorta di parola d'ordine: personalizzare i percorsi perché siano raggiunte le medesime competenze culturali, ovviamente quelle essenziali, che possano garantire a tutti i Pierini e i Gianni nati qui o qui arrivati da non so dove, di godere degli elementari diritti della cittadinanza attiva: cioè, chi sono, dove sono, cosa voglio, cosa posso fare, cosa scelgo, cosa debbo dare e cosa debbo chiedere. So che Lei vorrebbe qualcosa di più preciso. La butto lì a mo' di esempio. Una competenza per l'area linguistica potrebbe essere la seguente: nella lettura di un testo, l'alunno individua a) la tipologia, b) l'emittente e il destinatario, c) il contesto, i referenti, i codici, gli scopi, d) gli elementi essenziali e gli elementi accessori, e) le funzioni linguistiche e gli atti linguistici. Certo, sono cose che non hanno a che fare né con rosa rosae né con thàlatta thalàttes ! Sono un'altra cosa, né di meno né di più, ma una cosa che serve a tutti i nostri cittadini. Ovviamente, non le ho indicato nulla di definitivo e di esauriente. Ne dovremmo individuare altre ancora di competenze linguistiche, ma solo a livello della essenzialità. Non saprei dirle molto a proposito dell'area matematica. So per certo che quel quattroterzipigrecoerretre che da sempre mi frulla nella testa non mi serve per il mio quotidiano matematizzare. So regolarmi quando devo cucinare gli spaghetti: tanta acqua, tanto sale, tanta pasta, tanto tempo di cottura. So regolarmi nello spendere al supermercato. So leggere il mio estratto conto e – mirabile dictu (questa citazione le piacerà) – so compilare il mio modello Unicooo!!! Non è da tutti! Quindi, sulle competenze altre, ne discuta con i colleghi specialisti delle materie. Comunque, è bene attendere insieme le indicazioni del Ministero per evitare quella nota “sindrome di Letizia”, per cui ogni scuola… fa da sé e… va a parare dove le pare! Ed è proprio questa Torre di Babele che insieme dobbiamo liquidare! E' ovvio che, a fronte di una scelta strategica così distribuita – le norme generali affidate al Ministero e la realizzazione dei curricoli affidata all'autonomia delle istituzioni scolastiche – la formula della classe, della lezione oraria e della campanella è solo ostativa. Il Suo Consiglio di classe dovrà individuare momenti e forme diversi per interventi ora differenziati ora unitari. Pierino ha diritto alla sua quota di saperi per proseguire i suoi studi classici, Gianni alla sua quota per operare scelte oculate alla fine del biennio. Con Pierino Lei procederà spedito, forse; con Gianni dovrà maggiormente insistere insieme agli insegnanti di italiano e di lingua straniera. Discorsi analoghi valgono per gli altri insegnanti di classe. Sta solo all'autonomia delle scuole e all'intelligenza dei docenti procedere in queste scelte, per le quali sarà necessario anche ricercare e sollecitare aiuti esterni, purché qualificati. L'istituzione scolastica – nel Suo caso il Suo liceo – progetterà le forme e i modi con cui avvalersi di questi supporti, in forza del fatto che ha la piena titolarità dei percorsi obbligatori. Il nuovo hard coore dell'insegnamento obbligatorio consisterà essenzialmente in una serie di attività laboratoriali, coordinate e gestite con criteri modulari. Con il biennio unitario abbiamo scelto in primo luogo di istruire , di educare e di orientare , o meglio di aiutare nell'orientarsi . La formazione professionale a tutto tondo, quando liberamente scelta, viene dopo!
Le competenze come – Qui il discorso si complica! Il “come” implica la questione della certificazione. Nella scuola superiore attuale, salvo rare eccezioni, gli insegnanti lavorano singolarmente e gli insegnamenti disciplinari procedono in parallelo, spesso ignorandosi l'un l'altro. Così si può verificare che un alunno studi in contemporanea Dante in letteratura, Shakespeare in inglese, Kant in filosofia, la rivoluzione industriale in storia e così via. E poi ci lamentiamo se non è capace di operare transfer! I contenuti sono erogati dai docenti e la misura e la qualità – si badi, sono due concetti diversi – degli apprendimenti vengono da loro apprezzati in voti, negativi e positivi, da uno a dieci. Come… non è noto, dovrebbero essere utilizzati solo come interi, ma l'uso incontrollato e non guidato ha condotto a quei pasticci tutti italici dei meno meno, dei mezzi, dei più più e di altre amenità. Una cultura seria della valutazione ancora è estranea alla quasi totalità delle nostre scuole superiori! Pertanto, si dovrebbe assolutamente evitare di fare pasticci analoghi in sede di certificazione, e le indicazioni ministeriali al riguardo dovrebbero essere più che chiare, anche perché certificare sarà per voi docenti una cosa assolutamente nuova. Lei insegna al ginnasio e sa bene che i suoi colleghi del trienno alla fine dell'esame di Stato, quando rivestono la funzione di commissari, dovrebbero per legge certificare le competenze acquisite dai candidati, ma il Ministero in dieci anni non è stato in grado di varare un regolamento che desse indicazioni operative in merito. Avrà saputo che la Moratti ha provato a far certificare competenze alla fine delle scuole primaria e media, ma le relative indicazioni ministeriali erano così impasticciate e docimologicamente scorrette che ha dovuto fare marcia indietro! Occorre evitare che si ricada in analoghe situazioni con la certificazione delle competenze di fine obbligo. A mio vedere, occorrerà tenere ben fermo il principio: che una competenza non si valuta, ma si certifica. Quando dico che “non si valuta”, uso il linguaggio specialistico docimologico, non quello comune: è chiaro che ciascuno di noi valuta se la competenza di un avvocato o di un barbiere è conforme alle nostre attese, ma questo è un altro discorso! La valutazione è quella scolastica che si fa a monte e che riguarda il passo dopo passo degli apprendimenti disciplinari. Altro punto fermo è che una competenza o c'è o non c'è! Per cui non può esistere una competenza da quattro e una da otto! Quando c'è, non è graduabile, a meno che non si adotti una serie di indicatori e descrittori che ci aiutano a individuazioni e definizioni più circostanziate e mirate. Su tale questione la letteratura specialistica non è sempre unanime. A mio avviso, trattandosi di competenze culturali di ampio spessore – e non professionali, che sono altra cosa – pur se afferenti a indicatori che possiamo considerare essenziali, dovremmo limitarci a certificare quelle effettivamente raggiunte dall'alunno. Di fatto saranno proprio queste a guidarlo e ad orientarlo per le sue scelte future. Ed è una questione su cui le linee guida ministeriali dovranno fare chiarezza. Per quanto riguarda la mano che dovrei dare a Sua moglie, La rinvio ad un altro scritto che sto ultimando e che Le farò avere! Distinti saluti ed auguri,
Roma, 8 febbraio 2007 Maurizio Tiriticco |