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I dirigenti del Piemonte per il "bambino della ragione"

Molti dei 51 dirigenti scolastici presenti all'assemblea Andis del Piemonte, che hanno vissuto in prima persona gli anni fra l' '85 e il '90 che videro il prendere forma della Legge n. 148 fra diffuse e ripetute sperimentazioni, ricordano come l'introduzione dei tre insegnanti su due classi e l'incremento generalizzato del tempo scuola, discendessero in modo diretto e quasi "naturale" dall'entrata in vigore dei Nuovi Programmi per la scuola elementare del 1985 ispirati, sul piano pedagogico e didattico, alle teorie "cognitiviste". Fu la necessità di offrire stimoli e opportunità adeguati alle modalità di apprendimento del "bambino della ragione", nonché ai "nuovi saperi" che si profilavano con prepotenza alla fine del secolo, che condussero al superamento del "maestro unico" e a un tempo scuola fermo a 24 ore settimanali.
Fra Indicazioni Nazionali del ministro Moratti mai definitivamente adottate e Nuove Indicazioni curricolari del ministro Fioroni ancora in fase di
( peraltro sempre più nebulosa) sperimentazione, i Programmi dell' '85 continuano ancora oggi a rappresentare un forte ed apprezzato punto di riferimento nelle nostre scuole.

Dagli interventi espressi in assemblea emergono, come riferito in apertura, alcune significative condivisioni:
- la pluralità delle docenze appare ormai come un modello insostituibile: nuovi saperi, interdisciplinarità, didattica laboratoriale, corresponsabilità del progetto educativo e della sua realizzazione, sono condizioni ormai consolidate e irrinunciabili del rapporto formativo nella scuola primaria;
- la realizzazione di una progettazione educativa e didattica attenta alle nuove acquisizioni della conoscenza e in ogni caso conseguente alle Indicazioni Nazionali (siano esse quelle morattiane o curricolari o, ancora, i Programmi dell'85) richiede un tempo scuola effettivo non inferiore alle 30 ore settimanali;
- il tempo pieno di 40 ore settimanali, mensa compresa, con due insegnanti per classe, appare il modello di gran lunga preferito da genitori e insegnanti, non solo, anche se in modo particolare, nell' area metropolitana torinese per quel che concerne la nostra regione. Da molti anni (con l'eccezione del 2006) le richieste delle scuole e delle famiglie di nuove sezioni a tempo pieno vengono sistematicamente disattese, mentre si registra la meccanica riconferma di quelle già funzionanti; ciò ha portato nel tempo a situazioni fortemente disomogenee sul territorio e in non pochi casi si fanno funzionare, con soluzioni di alta ingegneria, classi a tempo pieno ( di 36 o addirittura 40 ore) con l'organico del modulo, sottraendo compresenze al tempo pieno e all'intera organizzazione scolastica. Rimane inoltre la non secondaria considerazione che il tempo pieno risponde, in molte realtà, a importanti esigenze di carattere sociale;
- l'esperienza dei moduli appare quanto mai variegata: ad esperienze di indubbio valore didattico e di ottimale o quasi utilizzazione del personale, si affiancano improbabili organizzazioni ( si pensi al 4 su 3 in verticale) che obiettivamente rendono problematico il rapporto formativo fra team docente e alunni. In alcune realtà nella nostra regione, ma in modo ben più diffuso in altre zone del Paese, il modulo viene realizzato su un orario settimanale ridotto al solo mattino o con un unico ritorno pomeridiano. In tali casi si ha, contrariamente a quanto riportato nel punto precedente, una grave e ingiustificata sottoutilizzazione del personale disponibile.

Come si vede l'insieme dell'offerta formativa si presenta nella scuola primaria con caratteristiche anche di forte differenziazione, così come fortemente (e inaccettabilmente) differenziati appaiono, nei diversi contesti territoriali, gli esiti dei processi di apprendimento verificati su scala internazionale.
Si pone pertanto, verosimilmente, un problema di maggiore omogeneizzazione e non di ulteriore differenziazione nell'ambito del sistema ( come potrebbe accadere aumentando il tempo pieno da un lato e ritornando al docente unico, con meno tempo scuola, dall'altro).
Le stesse verifiche di cui disponiamo, pongono, peraltro, la scuola primaria italiana nel suo complesso in una posizione apprezzabile, unica fra i vari ordini di scuola, a livello internazionale.

Fra alcune criticità e numerosi riscontri positivi, a 18 anni di distanza dalla Legge 148 istitutiva dei moduli e ad oltre 30 dalla 820 istitutiva del tempo pieno, può pertanto apparire opportuna una approfondita riflessione su ordinamenti e modalità organizzative della scuola primaria.
Si ritiene, d'altro canto, che ciò non possa avvenire senza averne prima definito il nuovo quadro di riferimento culturale, pedagogico e didattico (le Nuove Indicazioni per il curricolo, al termine della fase di sperimentazione?) e soprattutto senza prima essersi adeguatamente interrogati sul senso di un'esperienza, ormai ventennale, sulla quale si sono impegnati con intelligenza e passione centinaia di migliaia di insegnanti e migliaia di dirigenti scolastici. Costituisce tale esperienza un patrimonio prezioso e insostituibile che sarebbe grave, al limite dell'autolesionismo, non considerare.
La scuola, quella primaria in questo caso, è un bene troppo prezioso per il Paese per farne oggetto di soluzioni frettolose, dettate prevalentemente dalle urgenze dell'agenda politica ( come ormai da troppo tempo accade) o da esigenze di ordine meramente finanziario ( in uno scenario, peraltro, in cui l'incidenza della spesa per l'istruzione sulla spesa pubblica già è scesa dal 10,3% del 1990 all'8% del 2006, dati ISTAT).
Il suo futuro deve essere deciso in modo partecipato, con attenzione e ponderazione estreme.


Per l'Assemblea ANDiS Piemonte
Il Presidente Nicola Puttilli

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