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IL CURRICOLO NELLA SCUOLA DELL’AUTONOMIA

Maurizio Tiriticco

 

1. La tradizione italiana dei Programmi per la scuola
La tradizione italiana di orientamenti e programmi, lunga e diversificata, ha negli anni segnato l’evoluzione del pensiero pedagogico e della storia della scuola. Per la scuola dell’infanzia i primi Orientamenti delle attività educative del 1969 sono stati seguiti dagli Orientamenti del 1991. Per la scuola primaria i programmi didattici del 1955 sono stati sostituiti dai nuovi Programmi didattici del 1985. Per la scuola secondaria di I Grado i programmi del 1963 sono stati seguiti da quelli del 1979. Tutti questi Orientamenti e Programmi sono rimasti in vigore fino alla emanazione delle Indicazioni nazionali del 2004. Come si vede, cambiare Programmi ha richiesto tempi lunghi e si è sempre trattato di riforme settoriali.
L’asincronia degli interventi e la mancanza di raccordo tra i programmi dei diversi ordini di scuola rappresentano evidenti limiti, per di più aggravati dall’assenza di un effettivo collegamento ai programmi della scuola secondaria di II grado, nella quale - in attesa di una organica riforma di struttura - si andava intanto sviluppando, a partire dagli anni Novanta, una complessa e articolata sperimentazione, che ha inciso nei diversi ordini e indirizzi soprattutto sul piano curricolare.
A cavallo degli anni 2000 si è aperta una fase nuova contraddistinta:

a) dall’avvio dell’autonomia scolastica (l. 59/1997, art. 21) e dalla sua successiva regolamentazione (DPR 275/1999), che hanno condotto a una attenuazione del tradizionale centralismo dei programmi e a una loro rivisitazione in più duttili termini curricolari;

b) dai tentativi che - nell’ambito del più ampio concerto europeo dei Libri Bianchi e di Lisbona 2000 - hanno teso ad avviare una riforma di sistema della scuola mirata a investire l’intero ordinamento degli studi, i contenuti dell’insegnamento, le metodologie didattiche e organizzative (l. 30/2000 e l. 53/2003).
Nei primi anni 2000 l’iniziativa ha portato:

a) in connessione con la “riforma dei cicli” (legge 30/2000), alla predisposizione, seppur provvisoria, degli Indirizzi curricolari nazionali per la scuola dell’infanzia e per la scuola di base del 2001;

b) in connessione con la legge 53/2003, alle Indicazioni nazionali del 2004 rispettivamente per la scuola dell’infanzia e per la scuola secondaria di 1 grado (D.lgs 19-2-2004 n. 59), anche queste da considerarsi provvisorie.

2. Dare alla scuola un quadro di riferimento definito
Superare la provvisorietà delle attuali Indicazioni è necessario, se si vuol offrire alla scuola dell’infanzia e a quella del primo ciclo di istruzione un quadro di riferimento definito, portando a compimento quanto richiesto dal Regolamento sull’autonomia. Il processo di predisposizione delle Indicazioni richiede che
• si tenga presente il nuovo quadro normativo che nel frattempo si è andato definendo;
• si faccia riferimento alle linee di indirizzo che caratterizzano l’azione di Governo nel settore della scuola;
• si assumano parametri e criteri condivisi per le nuove Indicazioni nazionali del curricolo di scuola, tenendo in attenta considerazione quanto è emerso dall’esperienza degli insegnanti e dalla riflessione culturale che si è sviluppata.

3. ‘Indicazioni’ e curricolo
Nel rispetto e nella valorizzazione dell’autonomia delle Istituzioni Scolastiche, le Indicazioni Nazionali costituiscono il quadro di riferimento delle scelte affidate alla progettazione delle scuole. In questo senso sono un testo volutamente aperto che la comunità professionale è chiamata ad assumere e a contestualizzare tenendo conto dei bisogni di sviluppo degli alunni, delle aspettative della società, delle risorse disponibili all’interno delle scuole e nel territorio. Con il riconoscimento dell’autonomia alle istituzioni scolastiche il posto che era dei programmi nazionali viene preso dal Piano dell’Offerta Formativa che, come è affermato nella vigente normativa, è “il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche”. Il cuore didattico del Piano dell’Offerta Formativa è il curricolo, che viene predisposto dalla comunità professionale nel rispetto degli orientamenti e dei vincoli posti dalle ‘Indicazioni’ e la sua elaborazione è il terreno su cui si misura concretamente la capacità progettuale di ogni scuola. Una conseguenza dell'introduzione dell'autonomia è che il luogo delle decisioni si sposta, almeno in parte, dal centro alla singola istituzione scolastica ed è per questa ragione che il curricolo si afferma come principale strumento della progettualità didattica.
La nozione di curricolo consente di guardare all’educazione a scuola come un processo complesso di trasmissione culturale e di orientamento personale e al tempo stesso di focalizzarne le diverse componenti.
Si impara in un contesto sociale che è tale non soltanto perché avviene in una specifica situazione storica e culturale, ma anche perché si impara con gli altri, che sono gli adulti insegnanti responsabili dei processi educativi che innescano e i pari che con le loro diverse caratteristiche contribuiscono alla presa d’atto progressiva delle proprie e delle altrui specificità.
Si impara inoltre mediante l’ausilio di strumenti, materiali (libri, quaderni, computer…) e simbolici (i diversi alfabeti della conoscenza) che consentono la progressiva appropriazione del patrimonio culturale della società in cui si vive.
Mediante l’acquisizione di contenuti e di abilità a scuola si attivano e si promuovono processi di elaborazione che rappresentano l’aspetto più specifico della complessa attività scolastica.
La scuola è un ambiente particolare di apprendimento, che, molto più di altri ambienti, offre non solo continue occasioni di imparare, ma anche di sbagliare, analizzare i propri errori, emendarli e continuare o riprendere ad imparare. Ciò rappresenta una specificità propria della scuola che costituisce perciò un luogo salvo, al riparo dai ritmi, dalle urgenze e dalle pressioni esterne e in cui tutto questo può avvenire con il monitoraggio e l’accompagnamento di un adulto competente.
Nella società della conoscenza, che sembrerebbe rendere marginale la funzione educativa della scuola, per la concomitante presenza di un numero progressivamente maggiore di altre agenzie educative, va, invece, riconosciuta una funzione fondamentale a questa istituzione delegata alla acquisizione di processi di elaborazione, difficilmente acquisibili altrove, ove insegnanti ed alunni riconoscono pienamente il senso del loro trovarsi quotidianamente insieme.
Il curricolo organizza e descrive l’intero percorso formativo che uno studente compie, dalla scuola dell'infanzia alla scuola secondaria, nel quale si intrecciano e si fondono i processi cognitivi e quelli relazionali. L’unitarietà del percorso non dimentica la peculiarità dei diversi momenti evolutivi nei quali l’avventura dell’ apprendimento si svolge, che vedono un progressivo passaggio dall’imparare facendo, alla capacità sempre maggiore di riflettere e formalizzare l’esperienza, attraverso la ri-costruzione degli strumenti culturali e la capacità di utilizzarli consapevolmente come chiavi di lettura della realtà.
Gli itinerari dell’istruzione, che sono finalizzati all’alfabetizzazione linguistico-letteraria, storico-geografica-sociale, matematico-scientifica-tecnologica, artistico-creativa), sono inscindibilmente intrecciati con quelli della relazione, che riguardano l’interazione emotivo-affettiva, la comunicazione sociale ed i vissuti valoriali che si generano nella vita della scuola.
4. Tra istanze nazionali e istanze della comunità scolastica
Il curricolo che ogni singola scuola elabora, pur nella originalità che lo contraddistingue, deve tenere conto delle richieste che il centro fa attraverso le Indicazioni, ma questo non significa che il progetto della scuola sia altra cosa, che si giustappone alle richieste del centro senza integrarsi. In realtà, Indicazioni nazionali e scelte della scuola si fondono in un unico progetto. Così inteso, il curricolo costituisce un mosaico dal disegno unitario eppure articolato, risultato dell’ integrazione delle esigenze che ogni scuola ha saputo far emergere nel dialogo con la propria realtà di appartenenza e le richieste che, attraverso le Indicazioni, la comunità nazionale esprime.
Indicare i processi di alfabetizzazione culturale comuni all’intero sistema scolastico italiano - in termini di conoscenze e di competenze - è compito del centro, cui compete stabilire i principali assi culturali del curricolo, le discipline che ad essi si riferiscono, le competenze da sviluppare. Spetta poi ad ogni istituzione scolastica meglio specificare gli obiettivi da raggiungere, eventualmente integrando la gamma degli insegnamenti proposti agli studenti, prestando particolare attenzione alle specificità del contesto di riferimento, alle attese e ai problemi che lo caratterizzano, alle risorse che si possono utilizzare.. Questo, comporta il possibile arricchimento del monte-ore di alcuni insegnamenti già previsti a livello centrale, l’utilizzazione della flessibilità oraria consentita, l’introduzione di modalità organizzative che si ritengono più rispondenti agli scopi. La scuola dell’autonomia viene così a realizzare un curricolo che si costruisce in un rapporto di reciprocità culturale e didattica con l’ambiente, fino a considerarlo aula didattica decentrata nella quale è possibile, contestualmente, imparare, imparare ad imparare e imparare a inventare.
E’ evidente la differenza che la logica del curricolo introduce rispetto ai programmi nazionali anche per quanto riguarda la considerazione della professionalità dei docenti e dei dirigenti scolastici. Il programma prescrive una lista di obiettivi e di contenuti definiti centralmente ed a prescindere da ogni riferimento alle realtà locali: ad essi il docente deve riferirsi ed applicarli nel suo insegnamento. Anche il curricolo propone obiettivi e contenuti, compresi quelli definiti dal centro e prescrittivi, che garantiscono l’unitarietà del sistema nazionale, ma in essi trova spazio l’attenzione alla realtà sociale nella quale la scuola è inserita, la sua cultura, le specifiche esigenze rilevate nell’ascolto dei bisogni degli alunni e nel confronto con le richieste e le attese delle famiglie e del territorio. Se, nel caso del programma, agli insegnanti si richiedeva di essere dei buoni esecutori di un testo elaborato altrove, nel caso invece del curricolo si chiede loro di essere co-elaboratori, protagonisti e responsabili delle scelte effettuate. La professionalità è dunque fortemente valorizzata e responsabilizzata, poiché la comunità professionale è chiamata ad assumersi significative responsabilità progettuali, nel quadro di un pieno riconoscimento della libertà culturale di ciascuno, all’interno di una dimensione sociale di collaborazione, negoziazione delle scelte, condivisione di una peculiare idea di scuola. Attraverso il lavorare insieme, al di là di modalità burocratiche e formali, si costruisce una comunità professionale ed educativa nella quale la libertà culturale di ciascuno è rispettata e valorizzata, in un confronto responsabile, finalizzato alla delineazione di un progetto alto di scuola, impegnativo per tutti, per tutti significativo. Il processo di costruzione del curricolo non si conclude una volta per tutte, ma si configura come ricerca continua, grazie all’azione dei docenti, professionisti riflessivi impegnati in un costante lavoro di analisi e di rielaborazione delle loro pratiche didattiche.

Criteri per l’elaborazione del curricolo
Il Regolamento sull’autonomia fissa i criteri che le istituzioni scolastiche devono osservare per l’elaborazione del curricolo. In particolare stabilisce quali siano i riferimenti prescrittivi che il centro deve fornire e che riguardano, in particolare, i seguenti aspetti:
a) gli obiettivi generali del processo formativo;
b) gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni;
c) le discipline e attività costituenti la quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore annuale.

a) Per quanto riguarda gli obiettivi generali, il richiamo centrale è dato dalla piena valorizzazione della persona umana, le cui capacità vanno potenziate in modo armonico ed integrale grazie all’apporto degli strumenti culturali propri della scuola e della qualità dell’esperienza che tale ambiente è chiamato a coltivare. Il riferimento alla persona, non va inteso astrattamente, ma va visto nella concretezza della situazione evolutiva, sociale, culturale in cui si trova. Inoltre, il processo educativo che la formazione scolastica promuove va oltre la dimensione del sapere e del saper fare aprendosi anche agli alfabeti dell’imparare a vivere ed a convivere in una società della quale si è parte e del cui miglioramento ci si sente responsabili. La competenza alla quale la scuola di base mira è, prima di tutto, generale e riferita all’essere persona e cittadino responsabile, nei confronti di se stesso, degli altri, della città (polis) e dell’ambiente in cui si vive. Non è solo alla scuola che compete la responsabilità educativa né solo nella scuola avvengono i percorsi dell’apprendimento, ma essa concorre con gli strumenti che le sono propri e che sono gli strumenti della cultura. Le attività e le discipline di cui la scuola si avvale, mentre forniscono strumenti metodologici, mappe concettuali e chiavi di comprensione specifiche della realtà, rappresentano esse stesse potenti mezzi di educazione.

b) Gli obiettivi di apprendimento che la scuola persegue sono finalizzati allo sviluppo delle competenze. Il Regolamento dell’Autonomia li chiama ‘specifici’ con un duplice accezione. Sono specifici della scuola, e quindi si riferiscono alle attività e alle discipline che in ambito scolastico vengono utilizzati; sono specificamente collegati alle competenze di cui la scuola deve promuovere lo sviluppo.

c) Un ulteriore elemento di prescrittività riguarda le discipline e le attività obbligatorie. Spetta al centro indicare quali insegnamenti debbano essere impartiti da tutte le istituzioni scolastiche, pur nel rispetto della loro autonomia didattica. E’ questa una condizione indispensabile per la tenuta unitaria del sistema nazionale di istruzione, che prevede che il curricolo integri i contenuti culturali prescritti a livello nazionale e quelli scelti da ogni singola scuola, che può decidere di dedicare loro un maggior spazio di approfondimento o di integrarli con altri ritenuti opportuni in relazione alle peculiarità del contesto.
La progettazione curricolare è una operazione complessa che coinvolge tutti i fattori connessi con il processo educativo, dai contenuti agli esiti formativi, dalla modalità di realizzazione ai condizionamenti dovuti alle situazioni socioambientali. Il processo di costruzione del curricolo non può prescindere da una riconsiderazione critica degli elementi essenziali del rapporto educativo.
In conclusione:
a) il curricolo va costruito nella scuola, non viene emanato dal centro per essere applicato;
b) tale costruzione deve permettere l’accordo tra istanza centrale, normativa e unitaria, ed istanza locale, pragmatica e flessibile;
c) la costruzione del curricolo implica una considerazione della scuola come luogo di ricerca, in rapporto dialettico con le istanze provenienti dalla comunità scientifica, le istanze provenienti dalla comunità sociale e quelle etiche e che caratterizzano l'orizzonte dei valori condivisi rappresentati sia a livello centrale sia a livello locale;
f) la problematica curricolare è il terreno su cui si muove l’innovazione educativa.

Ambiti, discipline, unitarietà del sapere
L’itinerario formativo che dalla scuola dell’infanzia si sviluppa fino al termine del primo ciclo è caratterizzato dal progressivo passaggio dagli ambiti e campi dell’esperienza all’emergere e definirsi delle aree disciplinari e delle singole discipline, in una prospettiva che deve sempre tendere all’unitarietà del sapere. Nella scuola dell’infanzia e nei primi anni della scuola primaria le esperienze e le scoperte che i bambini compiono, pure nella loro profonda unitarietà, portano progressivamente all’emergere di alcuni ambiti che via via assumono una sempre maggiore riconoscibilità. Il termine ‘ambito’ serve a designare queste prime forme di aggregazione che, senza fare ancora esplicito riferimento agli statuti delle diverse discipline, consentono tuttavia agli insegnanti di promuovere esperienze ed attività significative ed orientate alla scoperta dei sistemi simbolico culturali.
Nella scuola dell’infanzia l’azione educativa colloca in una prospettiva evolutiva i vissuti e le esperienze dei bambini, mediandoli culturalmente all’interno di un contesto sociale ed educativo intenzionalmente orientato alla progressiva costruzione delle conoscenze e allo sviluppo della competenza. Gli obiettivi di apprendimento della scuola dell’infanzia vanno visti come traguardi relativi a dimensioni di sviluppo irrinunciabili e per meglio consentire di identificarli il curricolo si struttura in ambiti e campi di esperienza che possono essere considerati la mappa del percorso formativo da promuovere e consolidare nel passaggio che conduce alla scuola primaria.
Nei primi anni della scuola primaria l’iniziale organizzazione degli apprendimenti si struttura in maniera più esplicitamente orientata ai saperi disciplinari, raggruppandosi in tre grandi ambiti:
a) linguistico-espressivo;
b) antropologico;
c) matematico-scientifico.

Progressivamente, attraverso attività di ricerca e di riflessione a partire dalle esperienze condotte, emergerà sempre più consapevolmente la nozione di disciplina, intesa non semplicemente come ‘materia scolastica’ (insieme di nozioni), ma come strumento di indagine, che dispone di metodi, linguaggi, concetti specifici e caratterizzanti. Il possesso di un buon livello di padronanza disciplinare è non ostacolo, ma condizione indispensabile per il raggiungimento di una visione unitaria del sapere, frutto del dialogo e dell’integrazione dei diversi punti di vista disciplinari. In prospettiva formativa, l’insegnamento mira a favorire un apprendimento unitario, cioè capace di dare senso alla molteplicità delle informazioni e delle esperienze. Unità, in questo caso, significa unità del sapere, superamento delle conoscenze frammentate, dell’enciclopedismo nozionistico, capacità di comporre in un quadro organico e dotato di senso le conoscenze acquisite. Questo processo avviene tanto a livello disciplinare che interdisciplinare. A livello disciplinare si tratta di conquistare modelli di spiegazione dei fenomeni particolari, quadri di idee capaci di conferire alle singole informazioni un senso, all’interno di campi di indagine ben identificati. A livello pluridisciplinare vanno colte le interazioni reciproche che le discipline hanno ed il valore dell’integrazione di diversi apporti scientifici. L’interdisciplinarità, infine, si configura come sapere di sintesi, modalità di soluzione di problemi complessi. Ma quando ci si riferisce all’unitarietà non è in gioco solo una prospettiva o un metodo di insegnamento. In termini ancora più profondi, sotto il profilo educativo, l’unitarietà riguarda il processo di personale costruzione di significato che ogni alunno è chiamato a compiere. L’accompagnamento culturale della scuola ha successo quando aiuta l’alunno a fare personale sintesi di quanto gli viene proposto, a trovare il nesso tra la sua esperienza, i suoi bisogni e quanto la cultura gli offre, a dare senso all’esperienza di apprendimento realizzata e farne risorsa per la costruzione del suo progetto di vita.

Promuovere le competenze essenziali
La scuola dell’autonomia ha il compito di favorire la conquista dell’autonomia dell’alunno. Autonomo è chi sa fronteggiare le situazioni problematiche, possiede strategie di soluzione dei problemi, sa vivere con gli altri cooperando, difendere con argomentazioni il proprio punto di vista, ma anche ascoltare il punto di vista degli altri e, se è il caso, modificare il proprio convincimento. Autonomo è anche chi sa chiedere aiuto, avendo la consapevolezza del proprio limite e sa offrire aiuto competente. Autonomo è, in definitiva, chi di fronte ai problemi che incontra sa fronteggiarli facendo ricorso e mobilizzando tutte le proprie risorse interiori: conoscenze e abilità, emozioni e impegno personale. L’autonomia riguarda tutte le dimensioni della persona e il grado di autonomia è in relazione al livello di competenza posseduta.
La scuola che è orientata a promuovere l’imparare ad apprendere, più che a trasmettere conoscenze da memorizzare o insegnare automatismi da applicare meccanicamente, finalizza il proprio curricolo allo sviluppo delle competenze fondamentali. In un curricolo centrato sulle competenze le conoscenze hanno un peso importante, ma non sono fine a se stesse, sapere inerte, spendibile solo nei confini di un’aula scolastica, ma non significativo per la vita. Una concezione non nozionistica del sapere è interessata non tanto a ciò che un alunno sa, ma a quello che sa fare e sa diventare con quello che sa 1).
Nel curricolo conoscenze e competenze sono tra loro in stretta relazione. Ogni ambiente educativo contribuisce a sviluppare competenza, ma la scuola lo fa secondo la propria natura e si serve degli strumenti cultuali che le sono propri. Le competenze che si sviluppano grazie all’apprendimento scolastico sono, certamente, legate alla specificità dei saperi che vengono fatti incontrare all’alunno e sono, perciò intimamente intessute di contenuti culturali. In questo senso, le discipline sono potenti mezzi formativi, per i metodi che forniscono e per i sistemi concettuali che consentono di costruire. Ancora di più lo sono per la loro capacità di introdurre, attraverso lo stupore che nasce dal misurarsi con le grandi domande, alla dimensione della scoperta. La scuola che mira allo sviluppo delle competenze è un vero laboratorio del pensiero, centro di ricerca e spazio di sperimentazione, di cooperazione, di relazioni significative che impegna gli insegnanti ad essere ‘maestri’, cioè adulti competenti che testimoniano con la loro passione l’autenticità delle richieste che fanno ai loro alunni.

Orientamenti per l’azione didattica
Le modalità attraverso le quali promuovere lo sviluppo delle competenze rientrano nella autonomia delle scuole e dei docenti, soprattutto per quanto riguarda le scelte di ordine didattico e organizzativo. Spetta, infatti, alla comunità professionale stabilire la concreta organizzazione degli ambiti di insegnamento, individuando le soluzioni che, nello specifico contesto della situazione in cui si opera, delle risorse disponibili e del progetto pedagogico elaborato appaiano le più efficaci, salvaguardando in ogni caso il principio della collegialità e corresponsabilità del gruppo docente. Funzioni quali quelle della progettazione, organizzazione, gestione delle attività didattiche, valutazione, orientamento, rapporti con i genitori, sono di pertinenza di tutti i docenti che operano collegialmente all'interno della comunità professionale e del gruppo docente, (compresi gli insegnanti specializzati sul sostegno) in un quadro di pari responsabilità tra i docenti contitolari, senza dar luogo ad alcuna figura docente gerarchicamente distinta o sovraordinata e la responsabilità è condivisa, quale che siano le modalità stabilite per assicurarla. L'organizzazione dell'orario scolastico e della suddivisione dei relativi compiti didattici va ricondotta ad una coerenza ed unitarietà di impianto, evitando la frammentazione in una miriade di attività di scarso significato culturale. In ogni caso l’attribuzione del monte ore per le diverse attività didattiche, l’articolazione dei tempi dedicati ai laboratori o ad altre attività progettate, i tipi e i modi delle corresponsabilità previste in relazione alla conduzione delle attività didattiche di aula e di laboratorio, con il gruppo classe o con gruppi diversamente formati, tutto questo attiene all’autonomia progettuale della scuola e trova i suoi criteri esplicitati nel Piano dell’Offerta Formativa.
Non spetta al Ministero prescrivere come organizzare la didattica e come distribuire le responsabilità all’interno della scuola, nei rapporti tra docenti, con gli alunni o con i genitori. Prescrittivo, invece, né potrebbe essere diversamente, è che sia garantito il coordinamento didattico nel gruppo docente, sia assicurata una funzione di accompagnamento e di orientamento nei confronti di ciascun alunno e venga curato un rapporto costante e non burocratizzato con le famiglie, riconoscendo nei genitori degli alunni, senza che vi sia alcuna confusione di ruolo, degli importanti partner nell’educazione e delle risorse per la comunità scolastica.
Il restituire all’autonomia della scuola la piena responsabilità didattica non significa legittimare qualsiasi impostazione pedagogica, metodologica, organizzativa, valutativa. Le finalità del processo formativo, le competenze da sviluppare, gli obiettivi di apprendimento da garantire sono definiti con chiarezza nelle Indicazioni nazionali ed hanno piena forza prescrittiva, il che implica che le autonome scelte curricolari delle istituzioni scolastiche devono essere coerenti con tali prioritari riferimenti. Le impostazioni metodologiche e didattiche non possono essere prescritte centralisticamente, ma è evidente che le diverse scelte possibili, e che attengono al campo della libertà didattica e della ricerca, devono essere orientate a rispondere ai bisogni fondamentali di apprendimento e di senso degli alunni. Non è, pertanto, vincolante l’adozione di una particolare forma progettuale rispetto ad altre possibili e diverse, ma è vincolante che le progettazioni dei percorsi didattici siano orientate a sviluppare le competenze fondamentali, a garantire il raggiungimento degli standard stabiliti, siano attente a promuovere il protagonismo dell’alunno, chiamato ad “apprendere ad apprendere”, siano sufficientemente flessibili per consentire un insegnamento individualizzato negli obiettivi da raggiungere ed un apprendimento personalizzato nei modi per conseguirli.
In questa ottica, la responsabilità della valutazione e la cura della documentazione educativa appartengono a tutti i docenti e rappresentano tratti essenziali della funzione docente. La valutazione, nella scuola di base, assume una preminente funzione formativa, di accompagnamento dei processi di apprendimento e di stimolo al miglioramento continuo. Ogni forma di documentazione dei processi formativi di supporto ai processi di apprendimento degli allievi (dossier, cartelle, portfolio, ecc.) sono rimesse alla piena autonomia delle scuole. Non si vuole svalutare la preziosa esperienza di ricerca e sperimentazione che molti docenti hanno avviato, ma riconsegnare tali pratiche alla dimensione pedagogica, sottraendole a quella burocratica ed amministrativa, nella quale in troppi casi è stata utilizzata.

Crescere in una comunità di apprendimento
L’alunno cresce e sviluppa le proprie competenze in un ambiente culturalmente caratterizzato, altamente simbolico, e nell’interazione continua con gli altri apprende a muoversi nelle diverse situazioni di vita grazie all’uso di strumenti culturali. Se nessuno può sostituirsi al compito evolutivo del quale ogni persona è portatrice, tale compito può essere opportunamente sostenuto grazie a molteplici forme di mediazione. Già i materiali, gli ambienti, lo spazio fisico fungono da mediatori, ma la principale, insostituibile mediazione è data dall’interazione sociale, da cui si possono sviluppare varie forme di apprendimento collaborativo, nelle quali la qualità della relazione educativa è centrale. E’ in questo clima che si costruisce la comunità scolastica, che si configura come:
a) Comunità di pratiche: gli alunni imparano l’uno dall’altro, quando sono insieme impegnati in un compito comune, come possono essere quelle della ricerca, o della progettazione e realizzazione di un prodotto. Il lavorare insieme promuove diverse forme di collaborazione, consente di mettere in comune conoscenze tacite altrimenti non svelate, fa emergere ruoli, evidenzia la mutua rilevanza perché tutti concorrono all’obiettivo condiviso.

b) Comunità di dialogo: gli studenti discutono, mettendo a confronto le loro idee e le loro “visioni del mondo”. Scoprono altri punti di vista rispetto al proprio e sperimentano resistenza alle loro convinzioni. L’ altro è il limite contro il quale naufraga l’egocentrismo cognitivo e quello sociale ed è la condizione per il loro superamento. La disputa inevitabile apre la strada alla discussione e questa all’argomentazione. Si impara grazie al dover rendere ragione delle proprie convinzioni e in tal modo si scopre che esistono anche altre ragioni, altri punti di vista, che possono migliorare o arricchire il nostro. Come nella vita democratica adulta, anche nelle prime esperienze di interazione con gli altri, l’opposizione gioca un ruolo fondamentale perché non consente di coltivare l’illusione infantile di avere sempre ragione.

c) Comunità di diversità: in una realtà sempre più multiculturale e caratterizzata da una molteplicità di diverse situazioni individuali, le pratiche didattiche collaborative svolgono una insostituibile funzione sociale. Le personali convinzioni sono legate alla cultura di appartenenza e poterle manifestare e condividerle in un clima favorevole costituisce un’esperienza di valorizzazione che accresce l’autostima e favorisce l’integrazione. Il gruppo è formato da diversità, che non si irrigidiscono o si chiudono nella difensiva. Ma agire come membri di un gruppo collaborativo rappresenta una buona occasione di inclusione per molti alunni con bisogni educativi speciali e con rilevanti difficoltà di apprendimento. Il gruppo stesso funge da sostegno, offrendo la possibilità di partecipare con il proprio peculiare modo di essere. Ognuno può scoprire che tutti siamo differenti, e possiamo dare e ricevere aiuto.

d) Comunità di persone la dimensione sociale dell’esperienza non cancella l’originalità della persona. La scuola intesa come comunità è qualcosa di più di una organizzazione, sia pure efficiente. Se si assume come punto di riferimento quanto è solennemente affermato nella nostra Costituzione, ribadito e posto a fondamento della legge sull’autonomia scolastica e cioè la valorizzazione delle persona umana, vista non come individuo ma come appartenente ad una società , non ci dovrebbero essere dubbi: è all’interno della comunità che la persona è pienamente accolta, riconosciuta, sostenuta nel suo processo di crescita, abilitata a diventare responsabile e autonoma. Al suo interno gli insegnanti e i dirigenti non sono ridotti al ruolo di tecnici dell’istruzione o di manager dell’organizzazione, ma sono riconosciuti e responsabilizzati come educatori e i genitori non sono percepiti, a loro volta, semplicemente come clienti o utenti, ma come partner in una impresa condivisa. E’ dentro la scuola intesa come comunità che i discorsi sulla persona, sulla personalizzazione, sull’inclusione, trovano il loro pieno significato. Ed è, soprattutto, dentro la scuola comunità professionale ed educativa che può essere offerta agli studenti una prospettiva non solo in termini di preparazione alle professioni, ma di sviluppo della propria personale identità e del proprio progetto di vita.


1)“Fronteggiare efficacemente richieste e compiti complessi comporta non solo il possesso di conoscenze e abilità, nonché emozioni e atteggiamenti adeguati a un’efficace gestione di tali componenti. Pertanto la nozione di compentenze include componenti cognitive ma anche componenti motivazionali, etiche, sociali, risultati di apprendimento (conoscenze e abilità), sistemi di valori e credenze, abitudini e altre caratteristiche psicologiche. Da tale punto di vista, leggere, scrivere e far di conto sono abilità che, ai livelli di base, rappresentano le componenti critiche di numerose
competenze. Mentre il concetto di competenza si riferisce alla capacità di far fronte a richieste di un elevato livello di complessità e comporta sistemi di azione complessi, il termine conoscenze è riferito ai fatti o alle idee acquisiti attraverso lo studio, la ricerca, l’osservazione o l’esperienza e designa un insieme di informazioni che sono state comprese. Il termine abilità viene usato per designare la capacità di utilizzare le proprie conoscenze in modo relativamente agevole per l’esecuzione di compiti semplici.” Cfr: OECD, The definition and selection of key competencies (DeSeCo): theorical and conceptual foundations. Strategic paper, 07-Oct.2002.

 

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