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CIDI
(Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti)

Audizione del 17 aprile 2007 presso il Ministero della Pubblica Istruzione

Premessa

Una questione di metodo

Quello di dare alla scuola un quadro di riferimento certo per superare le Indicazioni nazionali della precedente legislatura (rigettate dalla gran parte degli insegnanti), completando così quanto richiesto dal comma 1 dell’art. 8 del Dpr 275/99, è un obiettivo condiviso dal Cidi.

A tale scopo sono stati prodotti dal Ministero documenti di premessa o cornice alle nuove Indicazioni, ma il metodo di lavoro scelto per acquisire i pareri - su documenti che trattano temi di grande rilievo sociale e culturale - potrebbe rischiare di far trascurare aspetti significativi che sarebbero potuti meglio emergere in un confronto più approfondito.

La scuola ha vissuto due stagioni di riforme non realizzate; in particolare la scuola di base ha ancora una volta pagato lo scotto dell’incapacità del Paese di riformare la scuola superiore. Ora attende un messaggio di fiducia, un nuovo slancio, la garanzia di risorse adeguate, di serenità istituzionale: non le giova il peso di nuove impegnative responsabilità senza un quadro di riferimento culturale e condizioni professionali utili a fronteggiarle.

Il documento del 3 Aprile

Due lacune

Il documento, proprio in quanto cornice alle nuove Indicazioni nazionali, presenta due lacune:

- Manca un richiamo concreto alla Costituzione, in particolare all’art. 3 e conseguentemente alla scuola istituzione fondamentale della Repubblica che dalla Repubblica riceve un preciso mandato di inclusione sociale. Si tratta di una mancanza grave poiché in continuità con l’analogo vulnus inferto dalla precedente legislatura alla storia della scuola del nostro Paese;

- È evidente l’assenza di un qualsivoglia cenno agli insegnanti (e alla loro professionalità), che in questo complesso quadro non sono mai evocati come i principali artefici del cambiamento; la scuola non vi scorge riferimenti alla sua storia, alle sue caratteristiche attuali, ai limiti antichi in cui si dibatte, ai risultati storicamente accertati che ha saputo conseguire, ai problemi nuovi che deve affrontare.

Tre corollari

Il dover essere

L’insistito riferimento a un “dover essere” della scuola non favorisce il confronto con gli insegnanti; ciò appare tanto più evidente in quanto i giusti richiami alle responsabilità non sono accompagnati da un altrettanto forte impegno del Paese a sostenere l’onere, le difficoltà e anche i costi di progetti educativi all’altezza dei tempi: evocare la complessità del compito senza farsi carico della difficoltà di governarla, può essere controproducente.

La specificità dell’apprendimento scolastico

Non si condivide - pur comprendendo l’intenzione dell’estensore - l’espressione: l’apprendimento scolastico è solo una delle tante esperienze di formazione che i bambini e gli adolescenti vivono. Collocata all’inizio del documento, senza essere sufficientemente argomentata e senza alcun riferimento al ruolo e alla specificità del mandato educativo della scuola, l’espressione fa percepire la scuola come uno tra i tanti luogo dell’apprendimento. La scuola ha molte difficoltà e ha grandi problemi, che infatti dovrebbero essere risolti coerentemente al più presto; ma rimane pur sempre il 2 luogo istituzionalmente preposto all’educazione e alla crescita dei bambini e degli adolescenti (così come pure si dice successivamente nello stesso documento).

La centralità della persona

Le finalità della scuola devono essere definite a partire dalla persona che apprende, con l’originalità del suo percorso individuale e con l’unicità della rete di relazioni che la legano alla famiglia e agli ambienti sociali.

Da tempi non sospetti rivendichiamo la centralità del soggetto che apprende, a maggior ragione del bambino e dei suoi diritti: tuttavia l’enfasi posta, nel corso degli ultimi anni, sul soggetto in quanto persona una e irripetibile, ha rischiato e rischia di farci accettare una visione ologrammatica del mondo e di farci assumere come unico punto di riferimento il bambino per quello che è: “il bambino va sempre considerato per quel che è, ma va educato per quello che sarà”. Anche per questo, le finalità della scuola pubblica dovrebbero più utilmente essere ricondotte, attraverso gli obiettivi ritenuti irrinunciabili per la cittadinanza, al mandato costituzionale e culturale che il Paese le affida. Enfatizzare la centralità della persona rischia perciò di ricondurre la scuola – al di là delle intenzioni - ai percorsi personalizzati della Moratti, cioè al rischio di introdurre obiettivi differenziati per livelli e capacità all’interno della medesima classe.

Nel merito

Positiva la scelta di far emergere sia la vocazione autenticamente inclusiva della scuola, che sembra volere liberare le riflessioni sulla persona dalle secche dell’individualismo e della competitività, sia la volontà di affrontare globalmente una revisione profonda delle filosofie educative. Dall’altra parte però emerge la carenza di prospettive praticabili e di un’idea forte di scuola capace di fronteggiare il cambiamento in atto. È sotto gli occhi di tutti la complessità del mondo, la rapida evoluzione dei saperi e delle tecniche, la necessità di rinnovare l’orizzonte culturale con cui l’umanità dovrà affrontare il problema della propria sopravvivenza. Ciò che lascia disorientati è la mancanza di un legame tra questo scenario e l’inevitabile gradualità, seppur rinnovata e ciclica, di un progetto educativo. Resta cioè privo di risposta l’interrogativo che più direttamente interessa alla scuola: che cosa insegnare ai bambini e agli adolescenti, quale idea e pratica di scuola siano compatibili e coerenti con i nuovi orizzonti di senso. È convinzione comune, da decenni, la necessità di superare una concezione e una pratica rigide, compartimentali, museificate e nozionistiche delle discipline; ma siamo altrettanto consapevoli di quanto sia difficile - a volte rischiosa - la strada che porta a un generico e astratto superamento dei contenuti disciplinari e delle conoscenze irrinunciabili.

Il curricolo nella scuola dell’autonomia

Il documento è condivisibile nella sua impostazione di fondo: potrebbe diventare più efficace se snellito di alcune ridondanze. La parte meno approfondita - benché implicita in tutto il documento - è quella che si riferisce alla necessità di individuare i saperi irrinunciabili. Il superamento della scuola del programma è indubbiamente un’operazione complessa, che si può realizzare solo se la scuola abbandona l’idea che si debba insegnare tutto secondo un vecchio modello di enciclopedismo nozionistico, conseguenza di una concezione specialistica e non educativa delle discipline. Se non si selezionano le conoscenze, attraverso una riorganizzazione complessiva del sapere scolastico, non è possibile realizzare alcun rinnovamento metodologico-relazionale, e cioè curricolare. Il passaggio dalla scuola del programma alla scuola del curricolo sta nell’equilibrio, da ricercare costantemente, tra conoscenze disciplinari, metodologie didattiche, modalità relazionali, strumenti e ambienti di apprendimento. È condivisibile, peraltro, che si affermi con chiarezza l’idea di un curricolo come elemento centrale del Pof , soprattutto rispetto a una prassi - molto diffusa in questi ultimi anni – che ha portato le scuole a privilegiare, attraverso vari progetti, questioni, pur importanti, in modo del tutto avulso dal curricolo. Una parte molto importante e innovativa del documento è quella che mette in evidenza il nesso tra scuola del curricolo e attività di ricerca e progettazione degli insegnanti.

Sul formato delle nuove Indicazioni

L’articolo 8 del Regolamento dell’autonomia (Dpr 275/1999) prevede che centralmente siano definiti:

1. gli obiettivi generali del processo formativo,

2. gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni, ma anche:

3. le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore annuale.

Obiettivi generali. Si ritiene che gli obiettivi generali del processo formativo non possano che radicarsi nei nostri valori costituzionali: valori sociali, civili, umanitari, rispetto dell’altro, dell’ambiente, attenzione alla persona ecc.

Obiettivi specifici relativi a competenze. L’articolo 8/275 non chiarisce come porre in relazione questi obiettivi con le competenze degli studenti. Sarebbe auspicabile indicare a livello nazionale, per ogni disciplina, i quadri di competenze attesi, individuati e descritti sulla base di specifici obiettivi, ampi, costitutivi e fondanti (dei “macro obiettivi specifici”). Non si tratta di ridurre il numero degli obiettivi o di inseguire forme improvvisate di essenzialità, quanto di portare a sintesi i risultati auspicabili per la conclusione di ogni ciclo formativo. Le scuole, sorrette dalla ricerca pedagogica e didattica, potrebbero assumersi il compito di contestualizzarli attraverso processi di specificazione in descrittori più analitici, fornendo esempi, e dotandosi di adeguate modalità di osservazione e valutazione. Questo procedimento è di fondamentale importanza, non solo per l’organizzazione delle attività scolastiche, ma anche per migliorare i processi autovalutativi e quindi gli esiti formativi dell’apprendimento. Tale operazione potrebbe riguardare sia il quadro generale delle discipline e dei contenuti suggeriti a livello nazionale (curricolo nazionale), sia tutto ciò che le scuole, autonomamente, decideranno di utilizzare (curricolo di scuola, o locale). Probabilmente si dovrebbero immaginare traguardi articolati per livello scolastico, ma sarebbe anche interessante tenere aperta, in un rapporto costante e interattivo con le scuole, una idea di curricolo finale, almeno come ipotesi di ricerca, magari rinviando, in questa fase, all’autonomia delle scuole il compito di definire i traguardi intermedi.

In sintesi

- Ciò che si decide a livello nazionale deve essere in grado di orientare e stimolare le attività delle scuole.

Gli obiettivi generali dei processi formativi e quelli specifici dovrebbero potersi collegare facilmente con le competenze (relazione tra indicazioni e valutazione). Il tema complessivo della valutazione all’interno della scuola di base va comunque e presto chiarito anche in fase di riscrittura delle Indicazioni.

- Per queste ragioni sarebbe opportuno predisporre a livello nazionale quadri generali di competenze in base ai quali le scuole possano procedere per la necessaria contestualizzazione a livello locale.

- Se si rinuncia a costruire quadri nazionali di competenze, si dovrà fornire alle scuole una serie di indicazioni descrittive (o altri strumenti) in modo che esse possano procedere autonomamente, ma senza rischiare di valutare o certificare saperi e competenze troppo distanti da una realtà a un’altra (c’è bisogno di garantire esiti equivalenti e utili).

- Se si opta per una serie di contenuti relativi al curricolo nazionale (e noi siamo di quest’avviso) la valutazione esterna deve fondarsi su tali contenuti (si può verificare solo ciò che è oggetto di studio). Va comunque ridiscusso il modello Invalsi, senza escludere che siano anche le scuole a scegliere batterie di prove (messe a disposizione) più vicine ai propri stili e modelli educativi.

- Ciò non significa che si debbano evitare valutazioni più complesse, come quelle previste dall’Ocse-Pisa. Per questo è necessario lavorare sulle trasversalità e sulle competenze, ma integrando e facendo interagire responsabilità nazionali e responsabilità delle scuole autonome.

Le attuali Indicazioni

Non si possono condividere gli indirizzi Moratti: il riferimento a valori scissi dal legame con il mandato costituzionale e culturale assegnato alla scuola, i richiami alla formazione morale e spirituale della persona, l’esaltazione di un ruolo improprio della famiglia nei confronti della scuola, non possono trovare spazio e ragione in una scuola pubblica, laica, pluralista, multiculturale.

Gli Indirizzi De Mauro

Gli Indirizzi De Mauro sono una buona base da cui ripartire. Restano importanti i criteri utilizzati per la riorganizzazione dei curricoli: l’essenzialità, la storicità, la problematicità; la progressività e la gradualità. Tali criteri, accompagnati da una attenta riflessione sui saperi contemporanei, sugli statuti epistemologici e formativi delle discipline, sulla dimensione operativa delle stesse, sul nesso tra conoscenze disciplinari e competenze trasversali, hanno dato un buon prodotto che rappresenta ancora oggi un punto alto di mediazione culturale, pedagogica e didattica sui saperi di scuola.


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