ANP associazione nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola
ADERENTE ALL’ESHA EUROPEAN SCHOOL HEADS ASSOCIATION
Roma, 17 aprile 2007
NOTA SUI DOCUMENTI “CULTURA, SCUOLA, PERSONA” e “IL CURRICOLO NELLA SCUOLA DELL’AUTONOMIA”
I due documenti sottoposti all’attenzione delle scuole e dei soggetti istituzionali e associativi, in
merito alle revisione delle Indicazioni nazionali allegate al D.Lgs 59/04, appaiono
sostanzialmente condivisibili per le scelte di fondo che vi sono contenute, in quanto si rivelano
anche in linea con ciò che sta avvenendo nei sistemi scolastici di altri paesi che, come il nostro,
sono chiamati ad affrontare nuove problematiche, nuovi bisogni di alfabetismo, nuove
tecnologie e processi rapidi di cambiamento sociale ed economico.
E’ tuttavia necessario fare alcune precisazioni, visto il breve periodo intercorso tra
l’emanazione delle Indicazioni medesime e l’invito ad una loro revisione che coinvolgerà
inevitabilmente, a breve, tutte le scuole del 1° ciclo in un ulteriore lavoro di verifica della loro
progettazione, soprattutto per ciò che attiene alla riscrittura degli obiettivi formativi: I tempi: l’operazione è di non poco conto e le scuole hanno senz’altro bisogno di tempo, per
studiare ed approfondire le indicazioni che saranno elaborate. Su queste infatti dovranno
costruire le nuove offerte formative.
Negli ultimi anni sono state coinvolte in numerose attività di rielaborazione, a causa delle
disposizioni emanate in attuazione della Legge 53/03; se non ci saranno tempi adeguati, si
profila un duplice rischio: - quello dell’accumulo di stress, con pericolo di calo della tensione propositiva, di elaborazione
e di ricerca metodologica e didattica;
-quello di un’adesione meramente formale, che non modifichi niente nella realtà delle pratiche
didattiche.
Sono ambedue fenomeni conosciuti che hanno portato talvolta al fallimento di importanti
processi di innovazione.
La formazione: il tempo è necessario anche per una seria formazione di tutto il personale: non
si può infatti proporre un nuovo impianto di scuola senza un coinvolgimento reale e non solo
formale dei dirigenti e dei docenti. Soprattutto quando si tratta di scelte che riguardano il
modo di intendere la scuola e di fare scuola.
Nonostante le diffuse buone pratiche, il nostro sistema scolastico è ancora permeato dall’idea
della supremazia dell’apprendimento teorico rispetto ad altri approcci cognitivi, mentre la
nuova proposta, riprendendo un filone ormai affermato in molti paesi dell’OCSE, tende ad
affermare una pluralità di approcci sui quali è necessario attirare l’attenzione consapevole del
personale educativo. Allora, se vogliamo che l’intero sistema accolga tale proposta, è tanto più
importante un’azione di formazione da studiare nei tre aspetti principali:
-iniziale, per cui appare urgente la ridiscussione con tutti i soggetti interessati, a partire dalle
Università, dell’impianto formativo necessario ai futuri docenti, secondo l’idea di scuola che si
vuole e si intende affermare;
-in servizio, attraverso una riformulazione del senso del fare scuola, con un coinvolgimento di
tutti i docenti e non solo dei volenterosi; il rischio è infatti quello di riprodurre lo stato attuale
per cui si forma e si aggiorna chi ne ha meno bisogno perché già vocato all’innovazione (qui si
aprono altri versanti di confronto che riguardano lo stato giuridico degli insegnanti ed il loro
contratto di lavoro);
- di aggiornamento disciplinare, per aprire la strada all’ operazione necessaria di sfrondamento
dei contenuti e di ricerca dei nuclei essenziali delle discipline, contro la logica imperante
dell’accumulo come mera somma delle conoscenze.
Le suggestioni che vengono dall’evoluzione dei saperi nel mondo attuale, così come i
documenti suggeriscono, fanno pensare inoltre ad una formazione centrata sull’intero percorso
curricolare, in modo da procedere verso la costruzione di offerte formative adatte a stimolare
negli alunni l’acquisizione di competenze di lettura e di interpretazione della complessità; ben
aldilà del tradizionale impianto a canne d’organo che ancora caratterizza la realtà delle
discipline nella nostra istruzione di livello secondario e che tende a riflettersi anche
sull’insegnamento primario.
Gli strumenti: la personalizzazione del curricolo più volte evocata nei documenti, implica la
rimozione degli ostacoli strutturali che ne impediscono la piena attuazione, in particolare
appaiono irrinunciabili:
- l’ introduzione di un organico funzionale che consenta non solo la piena esplicazione della
flessibilità e la gestione di spazi di progettazione da parte dei docenti (quando e come si può
altrimenti attuare l’autonomia di ricerca?), ma anche il corretto rapporto tra curricolo nazionale
e locale. E’ necessario infatti che il curricolo nazionale sia determinato solo per la sua quota
(80%) lasciando alle scuole autonome il compito di definire l’altro 20%, in modo da rispettare
la loro capacità di progettare in risposta ai bisogni formativi legati alle istanze territoriali e
personali. In caso contrario, si corre il rischio di utilizzare la quota di flessibilità in modo
residuale, vanificando la portata innovativa della norma;
-risorse da investire nella ricerca didattica in termini non solo di personale e di tempo, ma
anche per nuovi laboratori e nuovi spazi; la scuola italiana è pensata e strutturata secondo
antiquati modelli organizzativi di spazio e di tempo: si tratterà di incentivare la ricerca di
modelli innovativi, coinvolgendo in ciò anche i soggetti responsabili sui territori, in particolare
gli EELL che hanno assunto, con la riforma del Titolo V della Costituzione, diverse possibilità di
interrelazione con le nuove autonomie funzionali;
- possibilità per la scuola autonoma di regolare la propria vita organizzativa, anche mediante
l’utilizzazione di docenti con funzioni di supporto per orientamento, recupero, organizzazione
per livelli di competenza ecc. E’ giunto infatti il momento di definire un’articolazione della
funzione docente (che dovrà trovare altri spazi normativi, ma che può essere indicata in questa
occasione) non più aleatoria o casuale, ma corrispondente a compiti strutturali all’innovazione.
Non si può infatti pensare di far fronte a bisogni formativi che nascono da diversità, così come
viene indicato nei due documenti, con una professionalità docente tuttora considerata come
un unicum indistinto, senza differenziazione di funzioni e senza articolazione per competenze
riconosciute e valutate. I sistemi formativi di altri paesi dell’OCSE, quelli che nelle rilevazioni
internazionali ottengono sistematicamente i primi posti, ci segnalano che l’attribuzione ai
docenti di compiti specifici, presuppone la creazione di figure professionali specializzate come
supporto alla progettazione di percorsi formativi efficaci e come aiuto alla crescita delle
persone e dei cittadini del domani.
- al di là dei testi in discussione, appaiono urgenti inoltre, una riforma degli organi di governo
della scuola ed un sistema moderno ed efficiente di reclutamento, di gestione e di valutazione
del personale, più consono ai profili dell’autonomia ed agli obiettivi del sistema.
I contenuti: Linguaggi, obiettivi generali e specifici, discipline, nodi concettuali,
multidisciplinarità, nuovi alfabeti, modelli, nuovo umanesimo…: tutte queste parole chiave
danno l’idea della volontà di definire nuovi orientamenti del sistema e dell’impianto culturale
della scuola che deve diventare luogo di educazione e non di trasmissione delle conoscenze.
Una lunga strada è stata intrapresa verso questo obiettivo, ma troppi sono stati gli ostacoli
incontrati.
Le buone pratiche presenti in tante scuole denotano possibilità e capacità di cambiamento, ma
la realtà dell’intero sistema segnala difficoltà generalizzate ad imboccare la strada di
innovazioni utili a migliorare le prestazioni degli alunni: i dati di rilevazioni nazionali ed
internazionali sono noti, soprattutto per quanto riguarda la dispersione scolastica e i bassi
livelli di risultato nelle discipline fondamentali.
Perché il sistema sia coinvolto in modo generalizzato, è necessario che gli obiettivi da
perseguire siano delineati con chiarezza e, soprattutto, con una distinzione senza equivoci tra
obiettivi (espressi in forma di standard), contenuti e strumenti.
Poiché il curricolo personalizzato nasce dall’intreccio di più elementi e livelli, nel passato si sono
avuti molti fraintendimenti, per cui il richiamo alla chiarezza ed alla semplicità degli enunciati
appare inevitabile.
E’ prioritario dunque:
-definire i compiti di ciascun livello e lasciare ampio spazio alle scuole per l’elaborazione degli
obiettivi formativi, anche attraverso la scelta di contenuti adatti all’acquisizione delle
competenze irrinunciabili per ciascun alunno; - evitare che il richiamo all’individuazione dei nodi concettuali fondamentali delle discipline, si
traduca in lunghe liste di contenuti che, inevitabilment, verrebbero lette come prescrittive (alla
stregua dei vecchi programmi della scuola pre-autonomia).
E necessario inoltre ricordare che è opportuno che l’offerta formativa delle scuole contenga
adeguati spazi di scelta per gli alunni e le famiglie, a garanzia della responsabilità che ciascuno è chiamato ad esercitare in merito alla propria formazione. Nel ripensare alle Indicazioni nazionali del primo ciclo non ci possiamo esimere da due
considerazioni: 1. il ciclo è unitario ed è necessario che gli obiettivi siano rivisti in modo organico per la
scuola primaria e per la secondaria, con la previsione di un’ipotesi di curricolo “verticale”, in modo da evitare sovrapposizioni e ripetitività;
2. è urgente cominciare a pensare ad un II ciclo strettamente connesso agli obiettivi di
uscita dal I (soprattutto per l’obbligo a 16 anni che va in ordinamento dal prossimo
settembre, all’interno degli attuali indirizzi di studio non riformati).
La logica di un sistema fondato sul raggiungimento di competenze, fa pensare a standard di
uscita dal 1° biennio. Sarebbe opportuno iniziare da subito un collegamento tra i due cicli,
onde evitare la singolare caratteristica della storia della nostra scuola, richiamata anche nei
documenti: il pericolo di parcellizzare il sistema con riforme sempre parziali.
In molti Paesi europei l’obbligo è previsto in scuole di tipo comprensivo, con articolazioni
diversificate, ma con obiettivi definiti per l’uscita dai percorsi. Pur nell’autonomia e nella
singolarità della storia di ogni sistema scolastico e formativo e al di là delle diverse
architetture, sembra affermarsi una tendenza che ha del logico: se si punta all’acquisizione di
competenze essenziali, non si possono avere ridondanze e ripetizioni, pena la discrasia dei
sistemi e la perdita di alunni durante il percorso, per stanchezza e per demotivazione. Questo è
stato uno dei difetti più gravi della scuola italiana. Lo si può correggere con un’azione
concertata, uscendo dalla parzialità e, soprattutto, iniziando finalmente quel processo di
revisione del II ciclo che sembra non dover mai andare a buon fine. Tutti sappiamo che la
maggiore perdita di alunni in termini di selezione è proprio allocata nel primo biennio della
scuola secondaria superiore: in questo segmento sta per attuarsi la nuova legge sull’obbligo
scolastico; qui arriveranno a settembre gli alunni in uscita dalla scuola secondaria di primo
grado riformata dalla Legge 53/03. Non è il caso di ritenerlo un punto di massima attenzione?
<<<<<indietro>>>>>
|