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Diesse

Didattica e Innovazione Scolastica
Centro per la formazione e l'aggiornamento

Sede centrale

[19/4/2007]
Audizione Diesse al MPI nel corso del processo di revisione delle Indicazioni nazionali

L'associazione Diesse (Didattica e Innovazione Scolastica) e il processo di revisione in corso delle Indicazioni nazionali

Riflessioni sui documenti provvisori "Cultura, educazione, scuola" e "Il curricolo nella scuola dell'autonomia" proposte in occasione delle audizioni presso il Ministero della Pubblica Istruzione riservate alle associazioni professionali dei docenti (17 aprile 2007)

Premessa

Le Indicazioni nazionali per la scuola dell'infanzia, per la scuola primaria e per la scuola secondaria di I grado, insieme al "Profilo educativo, culturale e professionale dello studente" (Pecup), allegati al DL 19 febbraio 2004, n.59, hanno inteso fornire in via transitoria la base regolamentare di questi livelli di scuola. L'entrata in vigore del decreto 59/2004 ha comportato la graduale cessazione degli Orientamenti educativi del 1991 (scuola materna), dei programmi didattici per la scuola elementare del 1985, dei programmi didattici di insegnamento per la scuola media del 1979.

Cessazione e superamento in qualche modo legittimi, nella misura in cui la fase riformistica della scuola italiana avviata dall'introduzione dell'autonomia scolastica (legge 59/1997, art. 21 e sua successiva regolamentazione con DPR 275/1999), e poi proseguita con le leggi 30/200 e 53/2003 (non sempre tra di loro conflittuali come una certa pubblicistica ha inteso mostrare), ha sottolineato l'importanza del passaggio dalla scuola del programma alla scuola della progettazione.

Se il termine "programma" nella sua accezione più negativa è indicativo di una serie di prescrizioni calate dall'alto sulla testa di scuole e docenti, la nuova prospettiva che si è aperta con la metodologia della progettazione curricolare (vedi DPR 275/99, in particolare il capo III: "Curricolo dell'autonomia") deve essere sviluppata e approfondita senza cedimenti rispetto alla logica forse più tranquillizzante del programma. Anche perché oggi "programma" potrebbe significare (e una certa pedagogia spinge perché lo sia) non solo un insieme di contenuti attribuiti rigidamente ai vari contesti disciplinari, ma anche un insieme di prestazioni da ottenere in maniera altrettanto rigida dagli alunni. Sarebbe infatti sufficiente (ipotesi da scongiurare) che i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) di cui parla anzitutto la Costituzione (art.117), e quindi gli obiettivi specifici di apprendimento, anziché standard di prestazione di servizio, che le scuole della Repubblica sono tenute ad assicurare ai cittadini, venissero intesi come nozioni da apprendere da parte degli studenti riferite a determinati tempi scolastici.

Ecco perché, nel momento in cui riemerge il curricolo, ci sembra importante non ricadere nella logica del programma e nemmeno in quella delle prestazioni uguali per tutti.

Lo si può fare nella misura in cui, al di là delle terminologie, facendo leva sulla autonomia sostanziale delle scuole e sulla libertà di insegnamento dei docenti, si perviene, tramite le Indicazioni, ad una concezione agile di curricolo scolastico, mediante il quale si realizza, per il bene degli alunni, l'effettivo incontro tra norme generali sull'istruzione indicate dal livello centrale e pratica attiva dell'atto educativo che è di competenza della scuola e del docente.

In questo senso sono importanti non solo le coordinate generali che indicano le finalità assegnate alla scuola nell'attuale momento storico e culturale (a questa esigenza cerca di rispondere il documento "Cultura, scuola, persona"), ma anche la scelta relativa alla tipologia di curricolo che si intende adottare per realizzarle.

Documento "Cultura, educazione, scuola"

Il documento nel complesso è apprezzabile, pur con qualche svista di un certo significato.

Le parti condivisibili attengono ai seguenti punti:

- l'insistenza circa le finalità della scuola, rintracciate all'interno dell'orizzonte della trasmissione del sapere ("la scuola dovrà insegnare a ricomporre i grandi oggetti della conoscenza.", p. 12), piuttosto che in quello della sua funzione sociale di trasmissione di comportamenti (evidente in altri documenti ministeriali);

- la necessità che la scuola, come ambito di apprendimento, aiuti gli studenti a leggere unitariamente le loro esperienze attraverso una proposta di senso ("dare senso alla varietà delle loro esperienze, al fine di ridurre la frammentazione e il carattere episodico che rischiano di caratterizzare la vita dei bambini e degli adolescenti" p. 3);

- l'idea della personalizzazione degli apprendimenti ("la scuola può e deve realizzare percorsi formativi sempre più rispondenti alle inclinazioni personali degli studenti", p. 4; e ancora: "è importante che i docenti definiscano le loro proposte in una relazione costante con i bisogni fondamentali e i desideri dei bambini e degli adolescenti", p. 6);

- la centralità del tema dell'apprendimento inteso come "apprendere ad apprendere" (p.7);

- l'accenno alla importanza dei saperi disciplinari visti come singole metodologie e ambiti dalle molteplici connessioni (p.12);

- il ripetuto accenno alla collaborazione scuola-famiglia (cfr. tutto il paragrafo "Per una nuova cittadinanza");

- l'importanza della "conoscenza e trasmissione delle nostre tradizioni e memorie nazionali" (p.10).

Posto, in sintesi, che i punti di forza del documento si possano racchiudere entro due grandi tematiche: la centralità della persona e l'attività didattica intesa come organizzazione e rielaborazione dei saperi, appare in controluce il principale motivo della sua debolezza nella quasi assoluta assenza di riferimenti al ruolo e alla funzione dei docenti nel processo di attuazione delle nuove coordinate di apprendimento dell'alunno.

Al docente vengono assegnati direttamente e indirettamente dei doveri, senza che si accenni alla opportunità di rivedere il suo statuto culturale e professionale. Non ci si aspettava certo che il documento si inoltrasse a definire nel dettaglio i termini di un nuovo statuto giuridico dell'insegnante italiano, argomento sul quale nel recente passato si sono articolate e contrapposte varie interpretazioni politiche, ma una puntualizzazione sulla identità del docente alla luce delle prospettive indicate andava fatta. Quantomeno sui seguenti punti:

- esigenza, ormai largamente condivisa, di passare da una immagine del docente come funzionario ad una idea di docente come professionista;

- rivalutazione del docente quale parte fondamentale del dialogo educativo e dell'azione di trasmissione del sapere disciplinare, nonché più ampiamente della ricerca dei nessi interdisciplinari (e questo aspetto a sua volta implica una attenzione particolare alla formazione dei docenti);

- sollecitazione rivolta alle istituzioni e ai soggetti che si muovono nel campo della scuola affinché i docenti siano aiutati ad approfondire il significato della didattica per competenze, più volte richiamata nel documento come strumento per una formazione più completa degli alunni.

Parere sul documento provvisorio: "Il curricolo nella scuola dell'autonomia"

Il documento sul curricolo si propone di mettere in atto gli orientamenti delineati nel documento base "Cultura, scuola, persona".

La scelta della prospettiva curricolare è posta in stretta dipendenza dal regolamento sull'autonomia degli istituti scolastici. Centrale in questo senso è l'affermazione secondo la quale "con il riconoscimento dell'autonomia alle istituzioni scolastiche il posto che era dei programmi nazionali viene preso dal Piano dell'Offerta Formativa che, come è affermato nella vigente normativa, è il documento fondamentale costitutivo dell'identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche. Il cuore didattico del Piano dell'Offerta formativa è il curricolo che viene predisposto dalla comunità professionale nel rispetto degli orientamenti e dei vincoli posti dalle Indicazioni" (la citazione è tratta dal terzo paragrafo, "Indicazioni e curricolo").

Inutile nascondersi che l'orientamento curricolare implica non appena una tecnica, ma anche una impostazione pedagogica. Nel documento questo passaggio è evidente soprattutto dove si dice: "Il curricolo organizza e descrive l'intero percorso formativo che uno studente compie, dalla scuola dell'infanzia alla scuola secondaria, nel quale si intrecciano e si fondono i processi cognitivi e quelli relazionali. L'unitarietà del percorso non dimentica la peculiarità dei diversi momenti evolutivi nei quali l'avventura dell'apprendimento si svolge, che vedono un progressivo passaggio dall'imparare facendo, alla capacità sempre maggiore di riflettere e formalizzare l'esperienza." (parte finale del terzo paragrafo).

In questo modo, se da una parte risulta evidente la differenza tra l'ormai lontana logica dei programmi nazionali e la più recente e incontenibile logica curricolare, l'interpretazione che, di fatto, il documento offre di quest'ultima implica alcune conseguenze per molti versi discutibili sintetizzabili nei seguenti punti:

- il curricolo segue lo sviluppo evolutivo dell'alunno (quindi prescinde da una crescita che può essere attribuita a fattori, come le occasioni educative all'interno della scuola che possono aiutare la maturazione delle identità personali);

- il curricolo è affidato, come è giusto che sia, alla scuola nel rispetto dei livelli essenziali indicati dal centro. Il curricolo, si sottolinea, è anche affidato ai docenti, della cui funzione si marca soprattutto "il principio di collegialità" e la "corresponsabilità del gruppo docente" (cfr. paragrafo "Orientamenti per l'azione educativa"). Vi è tuttavia una significativa incertezza, a questo livello, sulla delineazione delle figure tutoriali (da una parte si dice: "Prescrittivo, invece, né potrebbe essere diversamente, è che sia garantito il coordinamento didattico nel gruppo docente, sia assicurata una funzione di accompagnamento e di orientamento nei confronti di ciascun alunno e venga curato un rapporto costante e non burocratizzato con le famiglie", pag. 7; dall'altra: "senza dar luogo ad alcuna figura docente gerarchicamente distinta o sovrordinata", pag 10);

- il curricolo è strumento di mediazione tra la scuola e la comunità sociale, all'insegna di un tipo di apprendimento inteso come "apprendimento collaborativo", che più di altri favorirebbe l'acquisizione dei saperi nella loro democratica messa in comune.

Riteniamo che possa esistere anche un altro modo di intendere il curricolo e che pertanto i presupposti della didattica curricolare indicati nel documento, che pure trovano in altre sue parti motivi di riequilibrio, debbano essere attentamente ripensati perché non si dia luogo, di fatto a quella didattica di Stato (in questo caso didattica della collettività o didattica sociale) che si attribuisce alle attuali Indicazioni e che si dice di voler scongiurare.

In sintesi proponiamo:

- attento ripensamento del curricolo delle competenze. Tra le varie tipologie di curricolo occorre privilegiare il "curricolo essenziale", che accanto ad un certo numero di ore obbligatorie, e quindi di nuclei essenziali delle discipline, preveda ore opzionali e/o facoltative;

- ripensamento del tema della personalizzazione degli apprendimenti che nel documento sembra di leggere sia data per superata, insieme ai piani di studio personalizzati, sebbene il regolamento in materia di autonomia richiami all'opportunità di attivare "percorsi didattici individualizzati" (DPR 275/99, art.4).

In relazione al tema della personalizzazione osserviamo quanto segue.

Le attuali Indicazioni sono per certi aspetti venate da eccessivo meccanicismo: la modalità didattica indicata per ottenere i Piani di Studio personalizzati, che prevede il passaggio dal Pecup e dagli obiettivi specifici di apprendimento alle Unità di apprendimento attraverso gli obiettivi formativi, non è di facile realizzazione, sebbene in molte scuole (là dove è stata accolta con attenzione allo spirito della normativa, più che alla lettera) sia stata realizzata con profitto. Essa inoltre può ingenerare la convinzione che la personalizzazione si possa raggiungere semplicemente mettendo in essere una procedura didattica ben impostata formalmente.

Ci pare utile precisare tuttavia che la prospettiva della personalizzazione degli apprendimenti è comunque irrinunciabile. Essa, infatti, non è certo una novità in campo didattico e attiene al principio di una scuola predisposta anche in funzione delle caratteristiche degli alunni.

La personalizzazione può essere dunque una scelta intermedia tra i processi individualizzanti, troppo condizionati dal rispetto dei bisogni personali, e la logica curricolare talvolta intrisa di derive funzionaliste.

In questa ottica, il Piano dell'Offerta Formativa dovrebbe proporsi fattivamente di promuovere la personalizzazione degli apprendimenti. In due sensi:

- prevedendo la flessibilità organizzativa dei percorsi formativi che tenga presente sia l'unicità di ogni singolo allievo sia la libertà culturale dei docenti;

- presupponendo la differenziazione didattica, ovvero modalità di insegnamento/apprendimento che si svolgano in forme varie e diverse (lezioni, esercitazioni, attività per gruppi, ecc.).

A cura di Diesse

(Didattica e Innovazione Scolastica)

Via Lunigiana, 24 - 20125 Milano

Aprile 2007

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