Bug pedagogico
Usando il linguaggio corrente, mutuato dall’informatica, possiamo parlare di numerosi e “pericolosi bug” (vulnerabilità) contenuti all'interno di componenti teoriche e metodologiche della pedagogia del secondo ‘900.
Per comodità di discorso intendiamo i bug ereditati dalla pedagogia del 900, sul piano descrittivo e funzionale, quali vere e proprie falle, vulnerabilità e minacce per la sicurezza esplicativa dei protocolli, alla base dei metodi educativi classici italiani fin qui seguiti e messi in rapporto con gli effetti registratisi nel corso dell’età evolutiva dei giovani studenti.
I problemi psicopatologici scoperti dai team di ricercatori, impegnati negli istituti di formazione degli psicoterapeuti evidenziano, infatti, correlazioni con le falle piuttosto serie della pedagogia novecentesca.
Tra gli effetti negativi registrati nell’età evolutiva degli studenti, da imputarsi verosimilmente ai bug della pedagogia, vi sono i disturbi psicologici dell’infanzia, disturbi d’ansia, dell’alimentazione, dipendenze da fumo, droghe e alcool, il writing, l’assenteismo, il bullismo, la demotivazione, il morbo di burnout, l’abbandono della lettura.
Ma i bug più grossi e pericolosi, di cui poco si parla, sono correlati alle seguenti questioni scientifiche, lasciate irrisolte, (o “soprascritte” ) dai vari autori della pedagogia del “tardo novecento”:
1)“lancio incondizionato della psicologia di Sigmond Freud” a sostegno di alcune tesi pedagogiche, senza che vi fosse un ragionato approfondimento sulle motivazioni dei giovani, sulla genesi dei fenomeni imitativi e sulla genesi dei fenomeni fantasmatici che presiedono alla fantasie individuali;
2)“errata interpretazione della valenza del gioco infantile” e fraintendimento dei dettami medico-psico-pedagogici di Maria Montessori, (Maria Montessori piuttosto che parlare di gioco, preferiva parlare di lavoro per il bambino) *Nota 1;
3)“impostazione sistemica delle metodologie” operative in ossequio alle tesi “locicistiche” portate alle estreme conseguenze da Bertrand Arthur William Russell, nonostante le incongruenze e le critiche già anticipate dal suo allievo Ludwig Wittgenstein, “in aperto contrasto con i bisogni individuali” dell’alunno ed in evidente contraddizione per la “contestuale avversione alle ricerche sui fenomeni imitativi”.
Un’ipotesi, sui bug pedagogici, che spieghi come mai vi siano state tali negligenze e contraddizioni scientifiche per così lungo tempo nella pedagogia crepuscolare del novecento italiano, si può ricavare ragionando sulla storia del nostro dopoguerra che ha comportato:
1)il radicarsi di interessi fortissimi da parte delle nuove leve dei ricercatori, degli anni settanta, che, - aggrappandosi a vecchi studi sul neo-empirismo logico ed agli indirizzi “recuperati” dal Circolo filosofico di Vienna e dalle “ideologie rilanciate in Italia dalle vicine nazioni dell’est europeo”, a partire dal ’45, - trovano la possibilità di affermazione nella contestuale espansione degli atenei universitari, lievitati con la “crescita eccezionale di iscritti ai corsi di laurea di filosofia e sociologia”, scaturita in tale frangente dalla “facilitazione tendenziale dalle promozioni”, instaurata dopo il ‘68 con il diffondersi dell’aspettativa del “18 per tutti”;
2)la “cesura metodologica”, nello scenario mondiale, della pedagogia italiana di ispirazione sistemica-collettivistica, “da quella americana deweyana” (che segue la strada pragmatistica-strumentalistica),
3)il conseguente respingimento, negli atenei laicisti, delle tesi pedagogiche neotomistiche, spiritualistiche e motivazionali.
(*Nota 1):
I bambini non conoscono, per propria natura, le differenze che esistono tra il gioco ed il lavoro, pertanto risulta del tutto inutile e controproducente dire loro di giocare invece di palesargli la possibilità di agire e socializzare similmente ai grandi, anche se in maniera più limitata, affinché non incorrano negli errori e nei pericoli indicati da J.J. Rousseau nelle sue opere. A chi chiede di sapere, perché nelle vita umana esiste il gioco e perchè sarebbe stato inventato, bastano le risposte brevi e scontate contenute negli scritti di Maria Montessori e di J.J. Rousseau: se avesse ancora dubbi, potrebbe trarre chiarimenti trascorrendo una giornata scolastica nelle scuole d’infanzia, ad osservare che i bambini non si trastullano con passatempi, ma lavorano secondo un programma definito nel piano dell’offerta formativa scolastica. Il bambini, anche in casa, non si trastullano ma lavorano con modalità “giocose” . Il paradigma del gioco-trastullo (concetto adultistico), è stato delineato principalmente dagli adulti, dalla notte dei tempi, per riposarsi, ritemprarsi, esercitarsi e fantasticare onde risolvere problemi più grandi. Risulta invece difficile per i piccini servirsi del gioco-trastullo per riposarsi, ritemprarsi, fantasticare e risolvere problemi conoscitivi e vitali per l’adattamento.
(Voce proposta dallo stesso Prof. Gennaro Iasevoli, docente di Psicologia giuridica - Facoltà di Giurisprudenza - Università di Napoli – Parthenope).
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