Corpo, cervello e linguaggio |
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Corpo, cervello e linguaggioAnna Oliverio Ferraris e Alberto Oliverio Università di Roma "La Sapienza" Traccia delle relazione svolta al X Congresso nazionale GISCEL, Ischia Marzo 2000L'apprendimento infantile è inizialmente sincretico, nel senso che i bambini quanto più sono piccoli tanto più imparano per "immersione" e quasi nulla per pura riflessione o ragionamento. E' significativa, per l'apprendimento, l'immersione in una sorta di bagno sensoriale dove i gesti, le posture, i movimenti, le emozioni rendono motivanti e significativi gli apprendimenti. Se consideriamo il linguaggio vediamo che non lo si acquisisce per semplice ripetizione o attraverso un freddo meccanismo di tentativi ed errori. La capacità di comprendere e di esprimere per mezzo della parola si acquisisce in realtà al seguito di altre funzioni. La cosiddetta "sincronia interattiva" nei neonati è il primo segno: bambini di poche settimane di vita producono col corpo una serie di micromovimenti in risposta al linguaggio umano; una specie di "danza" attivata dalla voce umana, dal ritmo della lingua (qualunque lingua). La stessa "danza" non compare quando il bambino sente altri suoni, il che, da un lato, depone a favore di una sensibilità innata alla voce umana e dall'altro indica come il linguaggio non sia un fatto puramente mentale o astratto, ma coinvolga anche il corpo. Anche colui che parla accompagna il linguaggio con dei micromovimenti (mimici e del corpo) che rendono le sue verbalizzazioni significative, "calde", tali da motivare l'ascoltatore a partecipare alla "danza". Il linguaggio, dunque, può essere considerato nel contesto più generale del corpo che ha un peso talmente fondamentale nel contesto della nostra mente che si potrebbe quasi invertire l'usuale rappresentazione della mente che pianifica i movimenti del corpo in un'immagine della mente formata dai movimenti. L'agire sull'ambiente perturba la mente che, percependo l'effetto di tale alterazione, invia istruzioni per un'ulteriore azione. Il ruolo dell'attività motoria nella costruzione della mente è evidente dal punto di vista dello sviluppo: i movimenti innati dell'embrione e quelli sempre più perfezionati del lattante sono i mattoni costitutivi del comportamento motorio e di un conseguente numero di attività "sequenziali", linguaggio incluso. Azioni e movimenti hanno un ruolo centrale nei processi di rappresentazione mentale a partire dalle fasi più precoci: l'embrione è anzitutto un organismo motorio, prima ancora di essere un organismo sensoriale: l'azione precede la sensazione e non il contrario come siamo portati a concettualizzare nella maggior parte delle rappresentazioni schematiche della mente, a partire da quelle dei filosofi empiristi inglesi, John Stuart Mill e Alexander Bain. In questi schemi si passa da un iniziale input sensoriale alla sua analisi (la percezione) e infine all'output motorio: eppure potremo rappresentare questa sequenza in modo inverso attraverso uno schema non lineare ma ciclico: si può partire dal passo iniziale, il movimento, alle conseguenze che questo esercita sull'ambiente circostante, alla percezione di queste conseguenze e alle modifiche che questa percezione esercita su movimenti successivi. Nell'ambito di questa concettualizzazione la coscienza non è altro che un meccanismo attraverso cui un organismo dà inizio a movimenti che consentano di acquisire informazioni sull'ambiente presente e passato. Pensare, quindi, non sarebbe altro che decidere quale movimento realizzare successivamente. Il movimento, in quest'ottica, non è il mezzo per soddisfare le necessità dei centri cerebrali superiori, la mente appunto: è invece l'attività mentale ad essere il mezzo per eseguire le azioni… Questo modo di guardare alla realtà mentale può apparire paradossale e provocatorio: in genere le funzioni motorie vengono considerate di basso livello, subordinate a quelle strutture che sono alla base delle più elevate attività cognitive, della razionalità del pensiero "puro". Il corpo viene così considerato nella maggior parte delle culture come un'entità inferiore a quella mentale. In realtà il pensiero cosciente è strettamente correlato con l'attività di aree della corteccia responsabili di movimenti reali o "immaginati": in altre parole, la stessa area del cervello entra in funzione quando immagino un movimento e quando questo viene pianificato. Parlare, cioè articolare una sequenza di sillabe, rassomiglia, in termini di eventi muscolari sequenziali, a scheggiare una selce o a scagliare una lancia. In modo analogo, esperienze cenestetiche come in alto e in basso, destra e sinistra, dentro e fuori, hanno man mano fornito la base fisica e concreta per lo sviluppo di simboli e metafore utilizzate nel linguaggio. Esiste insomma uno stretto intreccio tra motricità e pensiero, sia dal punto di vista della storia naturale dell'uomo, sia dal punto di vista ontogenetico, sia dal punto di vista del modo in cui la nostra mente funziona oggi: ad esempio, concentrarsi su un problema, vale a dire pensare, implica un aumento della tensione muscolare del collo come d'altronde rilassare i muscoli facciali o atteggiare il volto a un sorriso può modificare le nostre sensazioni ed emozioni. Il nostro cervello è un enorme archivio di repertori motori, complessi schemi che lo psicologo russo Alexander Lurija ha definito "melodie cinetiche" per indicarne la complessa fluidità che ognuno di noi mette in opera nei diversi atti della vita quotidiana. Le tecniche di visualizzazione cerebrale (il cosiddetto Brain imaging, che, a partire dalla TAC ha portato alla PET e alla risonanza magnetica) hanno contribuito alla conoscenza degli schemi motori: se si chiede a una persona di pensare di muovere la mano, come se volesse afferrare un oggetto, la sua corteccia premotoria, situata anteriormente alla corteccia motoria, nel lobo frontale, diviene attiva, il che ha indicato come vi siano aree del cervello che predispongono il movimento e aree che lo realizzano. Questo parallelismo tra anticipazione e azione vale anche per l'immaginazione e la sensazione: così, il solo immaginare un oggetto, ad esempio una rosa, porta all'attivazione delle aree della corteccia visiva che vengono attivate quando quell'oggetto viene effettivamente visto. Un ulteriore livello dei rapporti che esistono tra sensazione, anticipazione e azione riguarda l'esistenza di neuroni "mirror" (che rispecchiano): questi sono localizzati nella corteccia premotoria dei primati e si attivano quando un animale osserva un altro animale compiere un movimento. Ad esempio, se una scimmia afferra un oggetto, nella scimmia osservatrice si attivano quei neuroni che, nella corteccia premotoria, potrebbero preparare i neuroni della corteccia motoria a realizzare una simile azione: questi neuroni, che stabiliscono una sorta di ponte tra l'osservatore e l'attore, sono attivi anche nella nostra specie e sono quindi al centro di comportamenti di mimesi, imitativi, che giocano un ruolo fondamentale nell'intelligenza linguistica. I complessi schemi motori da cui dipende la sequenza temporale dell'attivazione dei muscoli di un arto non sono altro che una memoria procedurale: è una memoria distribuita tra i circuiti che formano il cervello e che parte da un "semplice" circuito iniziale, quello costituito dai nervi motori che dal cervello discendono nel midollo spinale e dai nervi sensoriali che servono per correggere eventuali errori e per inviare al centro informazioni sullo stato di implementazione del movimento. Per prove ed errori, il movimento verrà corretto, affinato e infine consegnato a una memoria che codifica lo schema del movimento e ne consente la realizzazione in forma stereotipata, fluida. Il controllo motorio dipende da un complesso sistema gerarchico costituito da strutture corticali e sottocorticali: tra queste occupano un posto importante i cosiddetti gangli della base (nucleo striato, accumbens) che controllano attività cognitive come le memorie spaziali, l'esecuzione di azioni motorie in un determinato contesto, componenti motivazionali dell'apprendimento. Corteccia e gangli della base sono strettamente allacciati tra di loro e controllano sia gli aspetti motivazionali di un movimento (la preparazione all'azione), sia gli aspetti contestuali (l'esecuzione del movimento) sia il suo stato di esecuzione, anche attraverso la partecipazione del cervelletto. Gangli della base e cervelletto intervengono anche nel linguaggio, il che aumenta i punti di contatto tra motricità e linguaggio. Gli studi sui rapporti tra aree cerebrali e linguaggio indicano sempre più che questo dipende dalle nostre immediate percezioni ed azioni e dalle memorie di oggetti ed azioni: perciò le aree della corteccia cerebrale che elaborano le informazioni sensoriali e controllano i movimenti sono anche coinvolte in diversi aspetti delle memorie linguistiche: ad esempio, profferire parole indicative di un colore (rosso, blu, giallo) attiva quelle aree della corteccia temporale ventrale che sono responsabili della percezione dei colori, profferire parole relative ai movimenti (correre, battere, avvitare) attiva aree situate anteriormente a quelle coinvolte nella percezione dei movimenti nonché le aree motorie della corteccia frontale. Anziché essere un sistema estremamente specifico ed autonomo, quello del linguaggio fa capo a complessi coordinamenti con altri sistemi ed aree del cervello legate alla rappresentazione di oggetti, alla percezione, alla motricità: esistono insomma interazioni tra le aree prettamente linguistiche e quelle che si riferiscono al corpo, all'ambiente e al contesto in cui esso opera. Per rendersi conto delle interazioni tra strutture linguistiche e strutture motorie è sufficiente fare questo semplicissimo esperimento. Chiedete a un amico di parlare e ripetete ciò che sta dicendo mentre lui parla, come se foste la sua "ombra". A questo punto, mentre parlate, cominciate a tamburellare col dito medio della mano destra seguendo un ritmo regolare; provate ora, sempre mentre state parlando, col dito medio della mano sinistra. Per la maggior parte delle persone è più difficile tamburellare col dito medio della mano destra (controllato dalla corteccia motoria dell'emisfero sinistro) in quanto si verifica una competizione tra risorse linguistiche e motorie dell'emisfero sinistro. La stessa situazione si verifica quando un sordomuto imita il linguaggio dei segni di un'altra persona mentre tamburella con la mano destra. La logica del corpo e dei suoi movimenti nel contesto in cui viviamo (su, giù, di lato, dentro, rotazione ecc.) potrebbe costituire il fondamento su è costruita la logica operazionale del linguaggio: in base a questa ipotesi, molte delle operazioni motorie sono talmente importanti in termini di esperienze corporee che esse si traducono in classi di percezioni, comportamenti e convenzioni linguistiche abbastanza universali. Così, lo schema di "verticalità", emerge dall'uso che noi facciamo di aspetti dell'esperienza (alzarsi, raggiungere, salire ecc.) che danno forma a concetti e strutture del linguaggio: metafore del tipo sale la tensione, crollano i prezzi, raggiungere il vertice e via dicendo, emergono da esperienze corporee connaturate alle nostre esperienze motorie e percettive. In termini evolutivi il linguaggio sarebbe perciò il prodotto dell'affinamento e potenziamento di una serie di attività cognitive già coinvolte nelle funzioni sensoriali, motorie, nella memoria, nella comunicazione. In genere, sia nella psicologia evolutiva che in quella generale, siamo portati a scindere tra di loro i vari aspetti delle funzioni mentali ritenendo che essi siano dei moduli dotati di una loro autonomia: in realtà la mente, si tratti di linguaggio come di altre funzioni cognitive e percettive, ha una sua unitarietà e risente di una componente, quella motoria, che è la più antica dal punto di vista evolutivo e che dipende da sistemi (corteccia, gangli della base e cervelletto) che assommano in loro componenti motorie, motivazionali e cognitive. A rafforzare il ruolo e la compartecipazione della motricità nei processi astratti contribuiscono studi recenti sull'apprendimento del calcolo matematico: anche il pensiero matematico, infatti, fa capo a due tipi di intelligenza, una visivo-spaziale e una linguistica, la prima più concreta, la seconda più astratta e simbolica; la prima più antica, la seconda più recente in termini evolutivi; la prima soggetta a uno sviluppo più precoce, la seconda a uno sviluppo più tradivo nel corso dell'ontogenesi. Visualizzando le aree del cervello attraverso tecniche di Brain Imaging, S. Dehaene e collaboratori hanno dimostrato che il pensiero matematico può seguire due strade, una più antica e indipendente dal linguaggio, evidente nei bambini piccoli e persino negli animali che, pur non essendo in grado di contare sono in grado di valutare le quantità e tenerne conto sul piano operativo nel fare valutazioni (ad esempio accorgersi della mancanza di piccoli dal nido); l'altra va di pari passo con l'apprendimento del linguaggio e consente di fare calcoli e valutazioni sofisticate. Il dato interessante è che diverse aree del cervello sono coinvolte nell'uno e nell'altro caso: le valutazioni per approssimazione coinvolgono le aree parietali del cervello (che controllano movimenti delle dita utilizzati dai bambini per fare i primi calcoli o l'uso del pallottoliere), i calcoli esatti coinvolgono invece le aree frontali dell'emisfero sinistro implicate anche nel linguaggio. Il linguaggio, quando non è la pura astrazione dei logici, dei filosofi o degli scienziati, è parte di un continuum che dai gesti, risale alle situazioni, fino ai ritmi iniziali che creano le situazioni. Il linguaggio verbale si situa al vertice di una catena di acquisizioni fondate su dei momenti relazioni, dove gestualità e sensi garantiscono il contatto con la realtà, la significatività delle parole e anche la memorizzazione delle stesse. Questo sincretismo, tipico dell'apprendimento infantile è alla base dell'interiorizzazione progressiva del linguaggio. Ecco perché non bisogna eccedere con l'uso di tv e computer in tenera età: i bambini imparano meglio se possono toccare, manipolare, vivere delle sensazioni fisiche. L'interiorizzazione passa attraverso questo tipo di esperienza a più livelli. Il loro cervello cresce in relazione alla qualità degli stimoli che arrivano loro dai sensi. Tv e computer forniscono degli input, ma non promuovono l'abilità di pensare le cose nella propria mente. dal sito: http://w3.uniroma1.it/psicobiologia/identita2_file/giscel.htm |