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Orientamento e immigrazione

Milano, Bocconi 9 Novembre 1998

 

 

L'INSUCCESSO SCOLASTICO COME SITUAZIONE DI

                           RISCHIO PERSONALE E SOCIALE. PREVISIONI ED

INTERVENTI PRECOCI (CON I BAMBINI IMMIGRATI)

 

 

1. INTRODUZIONE: Previsione e predizione dell'insuccesso scolastico

 

 

  Nella realtà scolastica attuale l'insuccesso scolastico è stato apparentemente rimosso, grazie ad una serie d’interventi di maquillage che hanno ridotto molto il peso della valutazione formale, percepita dagli studenti come rischio di essere rimandato o bocciato. Due parametri sono comunque segnalati da un gran numero di docenti: lo scarso impegno con cui gli studenti affrontano lo studio e la crescente difficoltà con cui s’imbattono i docenti per motivare gli studenti. Allo scarso impegno nello studio corrisponde un capovolgimento delle categorie cognitive a cui i giovani attingono per acquisire un bagaglio culturale di base: la sistematicità è stata sostituita dall'occasionalità, la razionalità dall'emotività, il senso critico dal consenso di gruppo, la tradizione dalla moda. Sono i mezzi di comunicazione sociale, le associazioni giovanili, il mondo della musica, dello sport, dello spettacolo, ecc. ..i modelli culturali di riferimento. L'impatto sulla personalità dei giovani è fortemente impregnato di una dimensione emotiva, che stenta a strutturarsi secondo categorie logiche di tipo razionale e consequenziale. I giovani oggi razionalizzano e legittimano il loro rifiuto ad impegnarsi nello studio di realtà in cui non si sentono coinvolti emotivamente o interessati direttamente. Il loro approccio allo studio è carico di un forte soggettivismo, che obbliga i docenti più motivati a spendere la parte più cospicua del loro tempo nello sforzo di motivare gli studenti stessi. Ottenere che lo studente voglia studiare non solo ciò che gli piace ma ciò che si innesta in un percorso razionale completo di formazione e quindi alla lunga offra anche ai suoi interessi un fondamento più solido ed articolato.

   Nascono così studenti a rischio, perché corrono il rischio di essere sopraffatti in un universo che non possiede punti cardinali chiari. Ci sono molteplici definizioni ed interpretazioni dello "studente a rischio", ognuna con una propria ottica e con specifici criteri validi in determinati contesti ma non in altri. Gli studenti a rischio sono studenti che "rischiano" di non ottenere successo nella scuola e nella vita e di non raggiungere il diploma scolastico (Kagan, 1988). Paradossalmente, si può affermare che ogni studente è a rischio, eccetto forse quelle poche eccezioni di studenti fortunati dotati di ottime capacità e di un ambiente ideale di supporto.

   Fino a pochi decenni fa i punti cardinali dell'universo scuola potevano essere identificati in questi parametri:

q       Rapporto con i docenti, la cui autorità era riconosciuta dai genitori, anche in casi di errori possibili

q       Rispetto dei programmi, fissati dal Ministero, ma noti e condivisi a livello nazionale

q       Necessità d’impegno da parte degli studenti per raggiungere determinati standard educativi

q       Criteri di valutazione limitati alla sfera cognitiva, ma definiti e conosciuti

 

La crisi di valori come autorità, cultura, responsabilità personale e legittima meritocrazia, ha invalidato questo sistema, per altro non esente da errori, senza sostituirvene un altro capace di correggerne i limiti, senza sacrificarne le qualità.

  Sono diventate operative proposte pedagogiche che enfatizzano il valore della spontaneità, della democrazia, degli interessi personali, delle pari opportunità, del rispetto per i ritmi di crescita e di sviluppo degli studenti, ecc... Tutte proposte valide, se assunte come fattori di correzione agli standard educativi precedenti, che potevano peccare di rigidezza, autoritarismo, sclerosi curricolare, competitività, ecc... Ma alla resa dei conti le proposte attuali hanno rilevato altri non piccoli difetti, come quello di uno spontaneismo senza regole, di una perdita di autorevolezza dei docenti, di un livellamento verso il basso delle quote di impegno personale, di un conformismo valutativo che ha perso la sua dimensione di motivazione e di premio nello stesso tempo.

Si è creato un universo non orientato in cui le fragilità individuali non trovano un supporto adeguato nel contesto socio-scolastico e si accentuano le sacche di conflittualità familiare, caratterizzate da vincoli fragili in tutta la gamma dei rapporti.

 

1. IDENTIFICARE LO STUDENTE A RISCHIO

 

Non è facile definire in questo clima culturale chi è lo studente a rischio, intendendo per rischio non solo l'insuccesso scolastico nel senso restrittivo della valutazione finale, ma in quello più ampio di mancato o limitato sviluppo delle sue risorse personali. Non è facile, anche se investe un’importanza notevole rispetto ai successivi sforzi per un inserimento professionale nel mondo del lavoro o per un contenimento del rischio di devianza (abbandono, suicidio, droga, violenza, ecc...).

McCann (1991a) in riferimento al lavoro della RBS (Research for a Better School) ha individuato quattro dimensioni del rischio:

 

SOCIO-FAMILIARE

include le situazioni familiari, scolastiche, del gruppo dei pari: i microgruppi più o meno integrati

 

SOCIO-PEDAGOGICO

include la capacità di raggiungere determinati standard educativi identificati come modelli referenziali

 

INDIVIDUALE E FISIOLOGICO

include le variabili biologiche e neuro-fisiologiche (per es. B.

iperattivi, dislessici, handicap)

 

INDIVIDUALE PSICO­PATOLOGICO

include disagio, assenteismo

scolastico, uso di droghe,

comportamenti devianti

 

LE QUATTRO DIMENSIONI

DEL RISCHIO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


    Nel caso dei bambini immigrati, e ancor più avviene nell'età dell’adolescenza, la condizione di rischio si accresce notevolmente, perché ognuna delle quattro dimensioni indicate rivela un appesantimento significativo, che può essere così sintetizzato:

 

 

 

LE QUATTRO DIMENSIONI  DEL RISCHIO

 

     INDIVIDUALE E                                                               SOCIO-FAMILIARE

       FISIOLOGICO                                                               difficoltà professionali ed

     difficoltà di lingua,                                                                economiche, tendenza a

    alimentazione, alloggio,                                                         creare microgruppi segregati.

     condizioni di salute                                                               Quadro di valori diversi

 

    INDIVIDUALE PSICO                                                      ­SOCIO-PEDAGOGICO

       PATOLOGICO                                                               difficoltà di apprendimento

    difficoltà a creare una rete                                                     legate alla lingua, alla cultura:

     relazionale di coetanei.                                                         storia, geografia, diversità

    Difficoltà a farsi accettare                                                      metodologiche.Testi di studio

 

 

  Comunque si muova il bambino immigrato rispetto al suo apprendimento trova un surplus di difficoltà che impegnano come risposta non quella delle pari opportunità, ma quella delle azioni positive che creino il microclima idoneo a superare l'handicap. Anche in bambini adottati da famiglie di buona condizione socio-economica, capaci di esprimere un'accettazione affettiva ed effettiva soddisfacente, si notano interessanti peculiarità nell'apprendimento, se provengono da culture e paesi diversi dall'Italia. A volte si configurano dei veri e propri gap cognitivi, che in realtà sono degli pseudo-gap e derivano proprio dagli strumenti di apprezzamento­-valutazione che i docenti utilizzano.

  Certe forme di ritardo nell'apprendimento o di pseudo-insufficienza vanno inquadrate in un profilo socio-culturale e non solo in una logica individuale. Circa cinquanta anni fa in Italia, davanti a forti fenomeni di immigrazione interna, si mobilitarono risorse notevoli per ridurre il disagio degli studenti nella scuola dell'obbligo. Si cercò di valorizzare forme di cultura locale, di porre l'accento sulla ricchezza dei contenuti espressivi, senza irrigidirli  precocemente  nella  correttezza  delle  strutture  sintattico-grammaticali, che pure andavano gradatamente recuperate, per consentire un inserimento effettivamente alla pari ai ragazzi. Furono battaglie di ampio respiro, che in qualche modo ora vanno riproposte, con i correttivi necessari. Ma se si accetta il fenomeno immigrazione, con le coordinate previste dalla recente legge, allora occorre mettere a disposizione di questi ragazzi tutte le risorse adeguate a garantire un effettivo processo d’adattamento al contesto e di sviluppo di risorse personali. Altrimenti la condizione di rischio resta e da rischio personale può tradursi in rischio sociale, con tutti i fenomeni di devianza, che sempre accompagnano l'abbandono scolastico, i bassi livelli di cultura, la percezione della diversità, ecc.

 

1.1. Oggettivare il Rischio

 

   Nel passato, per indicare gli "studenti a rischio" erano state utilizzate definizioni che sottolineavano alcuni aspetti, come ad esempio le difficoltà di apprendimento (Learning disability), la deprivazione culturale legata al basso reddito (low-income), l'abbandono scolastico (drop-out), l'emarginazione (disenfranchised), lo scarso impegno (low-performing), lo scarso rendimento (Jow-achieving), il bisogno di cure speciali (remediai), il deficit linguistico ­comunicativo (language-impaired), ecc."(Rumberger, 1987, citato in Presseisen, 1988c, p.l9). Per approfondire l'identità dello " studente a rischio" si può solo marginalmente far riferimento ad un parametro classico, il quoziente intellettivo, purchè si passi da una dimensione meramente quantitativa a una di tipo quali-quantitativo. In realtà è necessario attivare misure di tipo orientativo che fissino standard educativi on line con le effettive capacità dello studente, senza trasformare un soggetto con deficit di apprendimento in una personalità a rischio globale. D'altra parte appare sempre più evidente che il rischio in cui Io studente si imbatte e che può porre il termine fine alla sua carriera di studi, è più legato alla struttura della sua personalità che non al suo Q.I. Nasce dalla forza intrinseca delle sue motivazioni, dal suo gradiente di tolleranza alle frustrazioni, dalla sua capacità di rimandare una soddisfazione, dalla sua tenuta allo sforzo, dalla disponibilità ad interiorizzare obiettivi proposti dall'esterno come se fossero propri e infine dalla possibilità di trasformare le diverse esperienze in fonti di apprendimento e non in sacche di deludente autodisistima. Appare evidente come per il ragazzo immigrato tutto ciò necessiti di costanti meccanismi di rinforzo positivo, per rafforzare la sua autostima, la sua motivazione, la sua capacità progettuale, in altri termini la sua speranza di qualità di vita.

E’ possibile quindi distinguere gli studenti in quattro gruppi:

q       studenti con tendenza alla fuga dal contesto scolastico (drop out)

q       studenti con difficoltà di apprendimento

q       studenti  pseudo-insufficienti:  risultati  inferiori  alle  capacità (underachievers)

q       studenti superdotati

 

1.2.      La "mortalità" scolastica, come forma di selezione occulta

 

L’abbandono della scuola, senza conseguimento del relativo titolo costituisce certamente una condizione di rischio. E' possibile evidenziare una tendenza al drop-out anche in quegli studenti che pur rimanendo iscritti regolarmente negli anni previsti dal loro curriculum scolastico, pur tuttavia collezionano una serie di cambiamenti d’Istituti e di indirizzi, che rivelano una naturale irrequietudine, una strisciante difficoltà di adattamento e una tendenza alla fuga davanti alle difficoltà. Anche in questi ragazzi esiste una condizione di rischio latente. Nel caso dei bambini immigrati i costanti cambiamenti possono essere determinati da spostamenti delle famiglie per motivi di lavoro, di visto, di precarietà economica, dalle difficoltà burocratiche, accentuate da delle insufficienti capacità d’orientamento delle famiglie, dalla percezione d’altri problemi legati alla sopravvivenza, e quindi considerati come più urgenti.

   Nella definizione del drop-out è importante chiarire le motivazioni, che possono essere legate a momenti di emergenza (conflittualità con un docente, lutti familiari, difficoltà economiche o di salute, ecc.), e determinano crisi transitorie. E' diverso lo studente che abbandona la scuola con un rendimento scolastico insufficiente, con difficoltà di comunicazione con il gruppo dei coetanei, con una certa intolleranza per gli aspetti normativi dell’istituzione, con una evidente intolleranza alle frustrazioni, ecc. La maturità intellettuale e relazionale che caratterizzano il ragazzo prima dell’abbandono influenzano notevolmente il livello di rischio in cui si imbatte lo studente. E’ facile pensare che un drop-out sia stato uno studente a rischio, e che uno studente a rischio possa essere un probabile drop-out. Quello che li contraddistingue è il fatto che ad uno può essere attribuita la caratteristica di probabilità e di possibilità di recupero, mentre all'altro queste caratteristiche non si addicono più. Tutti i droup-out sono stati a rischio, ma non tutti quelli a rischio devono necessariamente diventare drop-out.

 

 

 

Attività a rischio: devianza

 

 


Inserimento in un’attività

lavorativa precaria

Non ritorno

(stay-out)

                                                                                                    

 

 

STUDENTE

DROP-OUT

Abbandono

sistema scol.

Inserimento in un’attività

lavorativa stabile

 

 


Diploma alternativo

                                                                                                  

Ritorno nel Sistema

 


Diploma conseguito in

alternanza studio-lavoro

                                                                                                                                               

                                 

 

 

 

1.3. Le difficoltà d’apprendimento" (learning disabilities)

 

  Gli studenti a rischio a volte sono poco distinguibili da quelli che hanno un ritardo mentale o delle difficoltà d’apprendimento. Spesso, con una diagnosi generica, li si ingloba tutti nella stessa categoria, ma appare evidente che bambini in cui si sia diagnosticato precocemente un quadro di dislessia, se vengono trattati congruentemente, cessano di essere studenti a rischio. E comunque non sono studenti che presentino un ritardo. Se invece non sono trattati metodologicamente in modo opportuno accumulano un distress sotto il profilo cognitivo, che li espone ad una frustrazione crescente. Il ritardo non costituisce di per sé una condizione di rischio, se genitori e insegnanti accettano questi bambini senza esporli a frustrazioni innecessarie, ma strutturano per ciascuno di loro un piano specifico. Il rischio nasce dall'esposizione a richieste non congruenti sia per il livello a cui si pongono, sia per il linguaggio con cui vengono formulate, che per i tempi in cui occorre soddisfare le richieste stesse.

  Nel caso dei bambini immigrati l'analisi delle difficoltà d’apprendimento è realmente difficile da effettuare, anche proprio per le diversità culturali con cui noi ci rapportiamo al processo d’apprendimento e alla sua valutazione. E' facile confondere le difficoltà nella redazione di un testo, nella lettura di un brano, nell'analisi di fatti storici, ecc. con disabilities, quando ci si trova davanti a problemi di tecnica, di motivazione, di tradizione... I tests a disposizione con i bambini, quando si superano le batterie elementari, che valutano le attitudini mentali primarie (AMPE), immediatamente richiedono una conoscenza della lingua, che è difficilmente circuitabile.

  Le difficoltà d’apprendimento nei bambini e negli adolescenti sono spesso strozzate in una forbice diagnostica che si riconosce in due punti: mancanza di capacità o mancanza di volontà. La superficialità di questa descrizione del problema che si arresta al sintomo: il mancato apprendimento, è evidente. Non indaga sulle difficoltà di processo, non si sofferma sulle procedure metodologiche con cui il ragazzo affronta le tappe della memorizzazione. Non si chiede come si strutturino i processi analitici dello studente, quando le coordinate da tener presente sono molteplici: non basta una tabella a doppia entrata! e gli sforzi classificatori sono costantemente soggetti a reciproca revisione che minaccia di invalidare risultati già acquisiti. Non s’interroga sul perché lo studente non sia capace di quelle sintesi vigorose, che per analogia o per astrazione, consentono comunque di stabilire una gerarchizzazione di concetti, legati in una rete efficace e significativa, che renda possibili successivi apprendimenti.

 

 

 

1.4.      La difficile diagnosi dei quadri di pseudo-insufficienza

 

  Appaiono a rischio anche quegli studenti che pur avendo capacità intellettuali nella norma non riescono a fornire delle prestazioni adeguate. Si definisce come pseudo-insufficiente lo studente che opera al di sotto delle sue possibili prestazioni, in riferimento a due tipi di misure standardizzate: la capacità intellettuale (ad es., il QI) e il rendimento scolastico. In questo secondo caso è importante valutare la differenza tra il rendimento scolastico passato e quello presente in base ai punteggi medi (grade average points = GPA). E' evidente la difficoltà di fare confronti di questo tipo con ragazzi immigrati di cui si ignora il curriculum scolastico precedente e non se ne sa valutare l'impatto formativo, perchè strutturato secondo parametri diversi dai nostri. La cosa fondamentale è che questo tipo di studente non riesce mai ad adattarsi pienamente alla vita scolastica, non partecipa alle sue manifestazioni e non ne interiorizza i valori propri. Edwards fa riferimento a quest’aspetto di marginalità dello studente "underachiever" quando dice che lo stato del pseudo-insufficiente è paragonabile al drop-out nel senso di "drop-out di tipo menta1e”. L"'underachievernent" appare come uno stato larvato d’abbandono scolastico un quanto la presenza fisica a scuola da parte dello studente non corrisponde ad una presenza attiva, ma rivela un atteggiamento di passività e marginalità nei confronti della vita scolastica e delle esperienze d’apprendimento. Questi studenti, secondo Lehe ed Harris (1988), hanno un modo di elaborare le conoscenze e le informazioni diverso rispetto a ciò che richiede la scuola. Proprio in questo scollamento spesso si evidenziano prestazioni di alto profilo, impossibili da ottenere con gli standard metodologici del contesto scolastico. Queste prestazioni-punta fanno da rivelatore di una ricchezza potenziale che la scuola tout court non riesce nè a mettere in evidenza né a valorizzare, rafforzando il rischio in cui questo tipo di studenti si imbatte. Al bambino immigrato deve essere offerta la possibilità di mostrare le sue competenze in attività appositamente strutturate sia sul piano dei contenuti, per valorizzare le sue radici culturali, che sul piano d’attività extrascolastiche, in cui le sue competenze possano essere davvero valorizzate.

 

1.4. L'imprevedibile rischio dei superdotati

 

  Tra gli studenti immigrati c'è una categoria di studenti che sorprende, fino ad un determinato momento avevano dato prestazioni brillanti ma al primo insuccesso perdono di fiducia in sé stessi. Non sono necessariamente superdotati, ma tali vengono considerati nel contesto familiare e scolastico, ad un certo punto rallentano il loro trand di studi, compressi dall'ansia, che impedisce loro di cimentarsi con prove di cui non hanno la certezza assoluta del risultato brillante. Il ritardo che si accumula gradatamente diventa una sorta di muraglia invalicabile, fino al punto da farne dei drop-out di lusso. Ragazzi che potrebbero.. ma che di fatto non ce la fanno. Nella loro storia personale si trova l'eco di un curriculum, affrontato spesso senza difficoltà apparente, con una famiglia esigente alle spalle. Una famiglia, spesso di livello socio-economico medio-alto nel paese di origine, a volte con uno o entrambi i genitori laureati, che chiedono risultati di qualità. Questi studenti considerati più dotati degli altri, sembrano immuni dal rischio d’insuccesso scolastico. Finché la realtà non mostra il contrario. In una recente inchiesta si è visto come il rischio in questi studenti ha caratteristiche di tipo critico: compare in modo apparentemente improvviso, sempre legato ad un insuccesso, di cui il soggetto non sa assumersi la responsabilità, con una reazione di profondo disorientamento, in cui si mescolano elementi di tipo persecutorio, accanto al timore di aver compromesso definitivamente la propria immagine, di aver deluso genitori e docenti, ecc. La reazione di avvolgimento su di sé (come una spirale che si raggomitola in modo sempre più stretto e irreversibile) costituisce la sindrome di autosoffocamento, che impedisce a questi ragazzi di venir fuori dalla situazione e poter ricominciare a lavorare serenamente.

  Classificare uno studente  come  "superdotato"  può  produrre conseguenze negative quanto il classificarlo come "lento. Secondo Eby (1989) un giudizio ipervalutante determina un meccanismo dannoso, per cui lo studente può crearsi delle aspettative non realistiche superiori alle effettive, ed entrare in un loop ansiogeno che agisce come un blocco, non solo sul piano emotivo: paura di cimentarsi, ma anche sul piano cognitivo: reale difficoltà di apprendimento. Ci sono tra i ragazzi immigrati di provenienza da paesi in cui lo studio delle materie scientifiche è più precoce, intenso e profondo del nostro, risultati di questo tipo: ragazzi con performances brillanti in matematica, scienze, chimica.... che successivamente non riescono a mantenere la posizione di prestigio e si espongono ad un’amara delusione che inquina tutto il clima di apprendimento: dalla relazione con docenti e colleghi, alle prestazioni considerate in se stesse.

 

2. LA CONDIZIONE DI RISCHIO

 

Ogni studente può diventare uno studente a rischio se si creano alcune circostanze che turbano la intrinseca fragilità dei processi di crescita e di sviluppo. Per la rilevazione e la diagnosi della condizione di rischio Frymier (1992) ha individuato le correlazioni tra cinque aree di rischio e ha trovato che l'esposizione anche ad una sola di queste aree aumenta gravemente il rischio nelle altre. Le cinque aree identificate sono: sofferenza personale, insuccesso scolastico, situazione socio-economica familiare, instabilità familiare, tragedie familiari. In questa classificazione si mette ancor più in evidenza l’intrinseca fragilità a cui sono esposti i ragazzi immigrati, a prescindere dalle loro risorse individuali.

 

A    Area del disagio personale:

  Considera fattori di rischio i comportamenti devianti sia da parte dello studente sia dei suoi familiari:

    ·     isolamento rispetto al gruppo

     ·     rifiuto della responsabilità di crescere

     ·     appartenenza bande giovanili extrem.

     ·     anoressia o tentatativi di suicidio

     ·     uso personale di alcool o di droga

     ·     apatia, astenia, distimia,

     ·    abusi vario genere (sport, sesso, violenza)

 

 

B.   Area dell'insuccesso scolastico:

Nella seconda area riporta i fattori di rischio del contesto scolastico vero e proprio:

   ·  mancata integrazione coi compagni

   ·  voti scolastici bassi

   ·   insuccesso nei corsi

   ·   età superiore alla media della classe

   ·   assenze eccessive

   ·   bassa stima di sé

   ·   bassi punteggi nelle varie materie

 

 C.   Area della situazione socio-economica familiare:

  La terza area prende in considerazione fattori di rischio quali lo stato professionale, il livello d'istruzione  dei genitori  ed  il  loro atteggiamento verso l'educazione.

    ·     occupazione e istruzione del padre

    ·     occupazione e istruzione della madre

    ·     atteggiamento  dei  genitori  verso l'educazione

    ·     stili educativi e comunicazione familiare

 

 

D.  Area delle tragedie familiari:

La quarta area, le tragedie familiari, si riferisce a situazioni di malattia o perdita di una familiare o di un amico, perdita del lavoro da parte di un genitore oppure di malattia dello studente stesso.

    ·   malattie grave o lunga di un genitore

    ·   morte di un genitore o di familiari

    ·   morte  di  un  amico:  malattia, incidente

    ·   malattia studente: + o - invalidante

    ·   perdita del lavoro di un genitore

 

 

   E.   Area dell’instabilità familiare:

La quinta area. l'instabilità familiare, comprende fattori di rischio quali la mobilità  familiare  o  situazioni  di separazione odi divorzio.

    ·      disgregazione familiare

    ·      frequenti spostamenti

    ·      frequenti cambi di scuola

    ·      divorzio dei genitori

 

 

   Nell'analisi di questi criteri per la definizione dei fattori di rischio occorre soffermarsi su due elementi importanti: il concetto di probabilità e quello di dinamismo:

·    alla categoria di studenti a rischio si associa quasi sempre una valutazione di tipo probabilistico. Non è sempre facile poter prevedere l'insuccesso e l'abbandono scolastico, la caratteristica del “rischio" assume solo il valore di probabilità che potrà manifestarsi in combinazione di determinati eventi e condizioni Dryfoos, 1990); Vacca & Padak, 1990).

·    lo stato di rischio di un ragazzo in età evolutiva va considerato in modo dinamico, tende ad evolvere e a variare nel tempo, sia in senso negativo che positivo. Questa fluidità rende le ipotesi suggestive, ma le sgancia da ogni possibile determinismo. che leghi con una relazione di causa ed effetto gli eventi etiopatogenetici e gli effetti relativi.

 

   Il rischio nell'età infantile è sensibile all'effetto età, alle condizioni dello sviluppo, alla gravità delle difficoltà e al mutamento delle condizioni contestuali. La situazione di rischio può apparire improvvisamente per un'esperienza traumatica (separazione dei genitori, disoccupazione, crisi economica, emigrazione, un radicale cambiamento di status sociale, ecc). Anche il tipo di assistenza e di aiuto ricevuto possono essere fattori decisivi di precarietà. Un intervento efficace, immediato può far scomparire il rischio, mentre un intervento ritardato, non diretto sulle cause che determinano il rischio può aggravarlo. In classe, lo stato di rischio può variare non solo da insegnante a insegnante, ma anche nel corso dello stesso periodo (Richardson, 1989).

In definitiva è legato ad un’eziologia multifattoriale, che può apparire in modo strisciante o improvviso e che muta anche in funzione dei rimedi che si applicano.

 

 

 

 

3.   METODI PER L’IDENTIFICAZIONE DEI FATTORI DI RISCHIO

 

   Considerata l’estrema variabilità della condizione di rischio, è possibile identificarne le "cause", soprattutto in un momento precoce, quando c'è anche solo la presunzione fondata di un’eventuale difficoltà? Esistono metodi e strumenti adeguati? Il pericolo è quello di accontentarsi di un approccio diagnostico, che si limiti a sottolineare il disagio dello studente, senza attivare contestualmente una serie di iniziative di recupero. L'ostacolo si può superare con un tipo di identificazione improntata non alla classificazione fine a se stessa, ma alla rilevazione dinamica dei processi di apprendimento e dei bisogni, in vista di un intervento preventivo (James, 1989, Lewis, 1989; O'Sullivan & Tennant, 1993). Ossia non separando il momento diagnostico da quello terapeutico, perché la sola rilevazione del problema, se non accompagnata contestualmente da un intervento adeguato, trasforma la situazione di rischio annunciato in un danno attualizzato.

   Nei decenni scorsi si è fatto un gran ricorso ai test d'intelligenza e di competenza, ai metodi sociometrici, ma gli sviluppi della ricerca dell'ultimo decennio hanno rilevato una loro scarsa predittività. Non si può attribuire nessuna pretesa di definitività agli indici di rischio, spesso variabili (Brozo, 1990). Attualmente a quelli tradizionali si stanno sostituendo nuovi tipi di indicatori che fanno riferimento:

 


     ·    all’intelligenza creativa                                                 )che caratterizzano

     ·    alla capacità di problem solving,                                  )il pensiero di tipo

     ·    ad una serie di skills di tipo comunicativo,                  )anticipatorio

     ·    alle attitudini a lavorare in rete (networking),             )rispetto a quello

     ·     alle capacità di collegamento e di deduzione               )conservativo

 

 

   Accanto a metodi e strumenti dì tipo quantitativo, infine, non si deve dimenticare che esiste un tipo di ricerca qualitativa che, sebbene, non possa offrire risultati generalizzabili, può essere occasione di stimoli interessanti e significativi (Ferrelì, 1990; Richardson, Casanova, Placier, & Guilfoyle, 1989).

   In ogni caso si rende sempre più necessario che la ricerca si occupi non solo di costruire e formulare metodi e strumenti, ma che questi vengano effettivamente verificati sul campo, in modo da valutarne la relativa validità ed efficacia. Questo evidenzia l'esigenza che a studi e rielaborazioni teoriche seguano studi e ricerche empiriche.

   Le ricerche su bambini immigrati e sullo specifico delle loro difficoltà ha generalmente sottolineato soprattutto gli aspetti socio-familiari, con una chiara attenzione per quella che chiamiamo l'intelligenza emotiva e che se da un lato fa registrare degli insuccessi, dall'altro mostra una plasticità intellettuale notevole, se si pensa agli sforzi di adattamento che questi bambini debbono fare sotto il profilo adattativo. E' stato sottolineato come spesso quanto più i bambini riescono ad adattarsi al gruppo dei coetanei, alle consuetudini locali, tanto più si allarga il gap con la cultura e le tradizioni familiari, creando uno spazio di sofferenza emotiva ampio e profondo.

  Il vero rischio che i bambini immigrati corrono può essere così sottolineato:

·  conservare il senso delle radici e delle tradizioni, attraverso il rafforzamento dei vincoli familiari e la creazione di una comunità differenziata

·  aprirsi alla nuova cultura, integrarsi con i coetanei e aumentare il divario generazionale con la famiglia, fino a scavare un vallo difficilmente sormontabile

Il rischio quindi è un rischio intrapsichico di spaccatura tra le diverse tappe della propria esistenza, che marcano ritmi diversi e procedono su binari diversi; mantenere comunque un equilibrio richiede un notevole dispendio di energia ed è possibile solo per un grosso impegno della propria intelligenza emozionale.

 

4. ALCUNE IPOTESI INTERPRETATIVE

 

   L'interpretazione dei fattori di rischio ha subito nel corso del tempo un'evoluzione che, partita inizialmente da una prospettiva focalizzata sui singoli fattori, è giunta oggi ad una prospettiva integrata di tipo sistemico. Nell'identificare i fattori che possono essere determinanti per un certo evento o comportamento umano, in passato il problema è stato posto soprattutto in termini di influssi ereditari o ambientali. Negli ultimi decenni si è sviluppata invece una prospettiva più vasta secondo la quale è difficile attribuire la responsabilità solo all'uno o all'altro aspetto, o stabilire l'effettivo peso di ogni fattore. Al contrario si è assunta una posizione che propende per un'interazione continua tra diversi fattori, ad. es., lo stato di rischio dello studente è spiegato attraverso una molteplicità di fattori interrelati ed interagenti, la cui combinazione ha un influsso singolare su ogni soggetto.

   Negli ultimi decenni si sono sviluppati tre orientamenti teorici nei riguardi degli studenti a rischio. Questi tre approcci offrono una spiegazione diversa dello stato di rischio, facendo riferimento a fattori diversi:.

 

·  Approccio di tipo genetico (Mind centered):

La causa principale dell'insuccesso degli studenti a rischio è il deficit cognitivo considerato prevalentemente un fatto d'ereditarietà.

 

·   Approccio familiare (Family centered)

   Secondo questa prospettiva il basso profilo del livello scolastico è determinato dal disordine presente nella famiglia, dalla mancanza di mezzi, dalla povertà di stimoli intellettuali e culturali e dalla mancanza di attività e iniziative, riscontrabili invece nelle comunità culturalmente più elevate e sviluppate.

 

·  Approccio istituzionale (School centered)

Prende in considerazione la diversità culturale della scuola e degli studenti per cui problemi degli svantaggiati vengono attribuiti all’incomprensione della scuola e alla sua incapacità di far fronte a questa diversità (Presseisen, 1988c).

 

RISK

Prima tappa

MIND

 

 

 

 

 

                                  FAMILY                                                         SCHOOL

 

 

 

 

  Recentemente alcuni autori hanno proposto nuove modalità interpretative che tengono conto della realtà in modo più ampio ed articolato:

 

a)      Il modello centrato sul sintomo, inteso come effetto principale (deficit model), indicato da Waxman (1992b) come "modello per deficienza" e da Richardson, (1989) come "modello epidemiologico". Questo modello applica alla realtà dello "studente a rischio" le modalità di diagnosi-intervento proprie della medicina: il mancato apprendimento, o il disagio minorile sono considerati il sintomo guida e sono letti in una prospettiva epidemiologica, che valuta la frequenza, la gravità, ecc... prendendo in considerazione sia fattori di tipo biologico, interni al soggetto sia fattori ambientali, come ad esempio un basso livello socio-economico, l'appartenenza ad una minoranza etnica o di lingua diversa da quella ufficiale.

 

b)   Il modello multifattoriale prende come criterio di base la presenza di molteplici variabili. Non è il fattore singolo che determina conseguenze negative, ma un insieme molteplice di fattori. Il ruolo predittivo di singoli e specifici indici di rischio viene mantenuto solo nel caso di alcuni tipi di problematiche gravi. Accanto alle variabili individuali si collocano così anche quelle socio-ambientali.

 

b)      Il modello sistemico sottolinea non solo la presenza di molteplici fattori, ma anche la loro interazione e quindi lo stato di rischio considerato come il prodotto piuttosto che la somma di fattori individuali" (Keogh & Weisner, 1993, p. 7), con un effetto di potenziamento di certi fattori nei confronti di altri. Lo stato di rischio è il risultato dell'interazione tra fattori personali e ambientali del soggetto, fattori del contesto scolastico e della classe e l'azione del soggetto in esso. In base a questa visione interattiva il concetto di rischio nasce e si costruisce non solo in base a previe condizioni del soggetto ma in un determinato contesto (la classe, gli insegnanti, i compagni ed il materiale didattico utilizzato, l'organizzazione scolastica e distrettuale). Il rischio scolastico è quindi il risultato di un'interazione inadeguata tra l'individuo e l'ambiente (Johnson, 1994). Il modello complessivo è rappresentato da quattro sistemi inseriti l'uno dentro l'altro. Se le interazioni risultano discordanti, ne-derivano quattro tipi di rischio scolastico: il micro­rischio (interazioni incongruenti tra studente-insegnante, studente-studente e studente-ambiente fisico), il meso-rischio (componenti interattive conflittuali bambino-casa, casa-classe e casa-scuola), 1'eso-rischio (rappresenta  la conseguenza di tre tipi di interazione incongruenti, ossia comunità-bambino, comunità-casa, comunità-scuola) ed il macro-rischio (rappresenta una sorta di conflittualità globale, Johnson, 1994).

 

d)   Il modello compensativo, secondo Keogh e Weisner (1993) evidenzia un aspetto nuovo: i fattori protettivi di rischio. La loro azione consiste in una specie di compensazione delle eventuali conseguenze negative dei fattori di rischio. La valutazione finale del rischio quindi è data dalla somma algebrica dei fattori di rischio e dei fattori protettivi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Seconda tappa interpretativa: un modello integrato

Deficit model (A):

symptom centered

 


MIND

 

 

 

 

 

                        FAMILY                                                                SCHOOL

Modello multifattoriale (B)

 

 

Modello (D)

compensativo

 

 

 

   I bambini immigrati obbligano a completare questo schema che si rivela insufficiente ed insoddisfacente se letto nella loro prospettiva. Risorse personali, famiglia e scuola non danno ragione di un disagio che ha le sue radici nella mancanza di radici. Lungi dall'essere un gioco di parole, si può dire che il bambino immigrato avendo smarrito la strada di casa non sa mai esattamente verso quale direzione deve dirigersi e ogni qualvolta ne trova una che potrebbe essere buona, teme di smarrirla e quindi la gestisce in modo possessivo e disorganizzato.

   Non so dove andare perché non so da dove vengo.... oppure non riesco a ritrovare la strada di casa e tutte le altre mi sembrano uguali. Il suo rischio è collegato a questa intrinseca difficoltà ad orientarsi, per mancanza di coordinate strutturate nella sua stessa memoria genetica.

   L'esame dei fattori di rischio nel quadro di una prospettiva integrata ha lo scopo di presentare i vari elementi di rischio contestualmente nella loro singolarità e alla luce della loro interrelazione. La relazione tra i fattori di rischio va pensata come una rete di relazioni molto complessa nella quale le correlazioni non sono da considerarsi in un rapporto biunivoco, ma come un processo dinamico in cui la forza espressiva di un fattore viene incrementata oppure vanificata dai fattori limitrofi. L'impossibilità di ipotizzare un sistema lineare di tipo meccanistico, in cui data una causa segue un effetto...., dà ragione della indeterminatezza del sistema e della libertà di ognuna delle parti in gioco. Gli interventi sul contesto però sono difficili e complessi, richiedono un impegno sociale che sfugge alla attuazione propositiva dei singoli e dei loro gruppi di appartenenza, per cui comunque gli interventi a breve e medio termine vanno calati sul singolo, sulla famiglia e sulla scuola.

   Perché ognuna: il soggetto nella sua singolarità> la famiglia nella sua integrità, la scuola nella sua istituzionalità, può modificare la visione complessiva, sia in senso compensatorio se interviene in modo opportuno, sia in modo deteriore, se aumenta il livello di destabilizzazione.

   Saranno dunque considerate quattro principali categorie di fattori di rischio:

biologici, socio-ambientali, psicologici e cognitivi.

 

4.1.   La dimension biologica

 

   I fattori biologici generalmente presi in considerazione nella letteratura sono raggruppati in prenatali, penna tali, postnatali e neonatali. Gli effetti sembrano variare notevolmente da bambino a bambino con la presenza di altri fattori di rischio (Griffith, 1992). Come anche gli stessi Stevens e Price (1992) affermano, non si deve dimenticare l'interazione di vari fattori, quali il grado d’esposizione, il momento specifico, la durata e altri fattori concomitanti. Da questo punto di vista le conseguenze negative sono da considerarsi come il risultato dell'interazione di vari fattori e possono assumere un'ampia gamma di manifestazioni (Stevens & Price, 1992).

   Griffith (1992) riferisce di fattori prenatali di rischio, correlati con l'iponutrizione, con le malattie infettive precoci, con i disagi fisici gravi subiti nelle tappe di trasmigrazione, la carenza di cure e di nutrimento, la nascita prematura e un peso al di sotto della media. Tra i fattori postnatali viene citato l'uso cronico di sostanze da parte dei genitori, che è spesso correlato con una maggiore tendenza allo stress legato a diverse abitudini alimentari, alla povertà, al freddo, alla mancanza di igiene, ecc.. alla trascuratezza e all'abbandono. Dalla stessa ricerca emergono altri dati:

·  questi bambini cadono più facilmente in stati depressivi;

·  dall'età di tre anni circa il 35% di essi ha presentato un ritardo nello sviluppo del

    linguaggio, nell'attenzione e nella capacità di autoregolazione;

·  questi problemi possono essere aggravati da fattori concomitanti quali l'uso continuato

   di sostanze da parte dei genitori o il trasferimento frequente presso altri parenti;

·  tutte queste difficoltà possono però essere affrontate con interventi di recupero e con

   l'eliminazione dei principali fattori di rischio supplementari, in modo da far emergere le

   risorse positive del  bambino (Griffith, 1992).

 

   Il livello reale a cui rimangono fissate le abilità mentali di questi bambini può non essere evidente o comunque non ancora motivo di preoccupazione nei primi anni di scuola, ma diventa un ostacolo grave allorché si richiede l'uso di un livello più astratto delle attività mentali.

  

4.2.La dimensione psicologico-motivazionale

 

   L'ansia può essere considerata come una condizione associata allo stato di rischio dello studente. Per definire a rischio uno studente ansioso, si devono tenere presenti vari criteri: frequenza, intensità e durata dell'ansia, tipologia delle manifestazioni e disagio che creano, in rapporto alla situazione e all'età del soggetto, conseguenze problematiche nel comportamento. Huberty (1990) considera segnali di rischio le seguenti situazioni:

 

SFERA AFFETTIVA

Eccessiva timidezza

Mancanza di amici

Paura sproporzionata d’oggetti          e situazioni. 

Relazioni interpersonali disturbate.

SFERA COGNITIVA

Distrazione, disattenzione e impulsività.

Stress scolastico.

Assenze e ritardi a scuola.

Problemi di concentrazione e memoria.

Scarso rendimento scolastico, oppure non rispondente alle proprie capacità.

SFERA BIOLOGICA

Presenza di condizioni di handicap.

Malattie o sintomi fisici.

Difficoltà di linguaggio.

Tendenza a somatizzare difficoltà e problemi.

 

Uroff o Greene (1991) inoltre riconoscono nella bassa stima di sè una tipica caratteristica degli studenti a rischio. La correlazione tra la stima di sè e la prestazione scolastica è documentata da numerosi studi condotti negli ultimi 35 anni. Nonostante le numorose ricerche rimane però aperto il problema di individuare la relazione causa-effetto tra stima di sè e risultati scolastici. La percezione della diversità, unita ad una possibile non accettazione dei coetanei, va ad intaccare l'autostima dei bambini immigrati, facendoli sentire inadempienti, incapaci di prestazioni confrontabili con quelle dei coetanei.

   Mealey (1990) propone un modello in cui gli studenti a rischio sono caratterizzati da un basso rendimento, da una scarsa stima di sè, da motivazioni scolastiche  inefficaci.  Tutto ciò crea delle strategie d’apprendimento inefficaci, che inducono a peggiorare la situazione, creando una sempre più probabile situazione d’abbandono scolastico.

 

4.3. La dimensione cognitiva

 

   Sono collegabili sia ad un mancato sviluppo delle capacità cognitive del soggetto sia ad un contesto scolastico inadeguato. Sono fattori di rischio importanti un ritardo o un mancato sviluppo nelle capacità di lettura, di scrittura, di comprensione, di ragionamento, di pensiero critico, ecc.. (Means, Chelemer & Knapp, 1991). Sono importanti anche fattori cognitivi di tipo esterno, come il clima della classe o della scuola, il metodo di insegnamento dell'insegnante, la cultura che si respira nella classe, le relazioni tra compagni e l'insegnante, ecc. (Waxman, 1992b). La ricerca cognitivista di questi due decenni ha sottolineato quattro aree correlate:

·   le conoscenze previe: Uno studente può trovarsi in difficoltà a motivo di una grande differenza tra conoscenze richieste e conoscenze personalmente disponibili. Ciò può manifestarsi chiaramente nel momento del cambio di classe o di scuola. La mancanza di conoscenze può far percepire allo studente un senso di inadeguatezza che può allontanarlo dal suo impegno scolastico, considerato superiore alle proprie capacità. (Presseisen 1988a, Shannon & Hakuta, 1991). Questo è uno degli elementi cruciali per i bambini immigrati.

·   le strategie e le abilità cognitive, che permettono una adeguata acquisizione di conoscenze. In questa prospettiva può essere molto significativa l'incapacità di apprendimento da testo scritto (cfr. bambini dislessici). Nel caso dei bambini immigrati l'abilità nella lettura anche quando sul piano tecnico è pari a quella dei coetanei, si trova esposta a risultati più scarsi perché priva dei referenti culturali di significato. Non sono le parole che i bambini non sanno leggere , ma il loro significato che si sottrae all'esperienza che rende più difficile interpretare un testo nel suo giusto significato.

·   le capacità metacognitive, Presseisen, ha rilevato l'importanza della conoscenza di sé stesso come soggetto cognitivo e della capacità di pianificazione, di controllo, di correzione e revisione della propria attività cognitiva. Lo studente che non sa prevedere le difficoltà dei compiti che gli vengono assegnati, che non sa valutare le abilità necessarie per il compito, che non sa trarre vantaggio dall'errore commesso e correggere la sua attività per il futuro, va certamente incontro a difficoltà che possono aumentare nel corso degli anni. Anche questa è una difficoltà che per i piccoli immigrati si presenta più grave, proprio per la diversità del contesto esperienziale, per la difforme capacità di attribuire significato a compiti ed atteggiamenti. A volte per un diverso modo di leggere la gerarchia delle loro responsabilità, nella complessità degli impegni in cui sono inseriti.

·   la motivazione scolastica, ciascuna delle tre difficoltà può in diverso modo influire sulla motivazione scolastica. L'insuccesso scolastico, se non interviene un aiuto opportuno e adeguato, può lentamente corrodere l'impegno e lo sforzo nell'apprendimento e portare lo studente ad una situazione di rischio.

 

 

 

4.4. La dimensione socio-ambientale

 

   I fattori socio-ambientali rivestono un ruolo significativo nello stato di rischio degli studenti. Una attenta considerazione sui fattori di tipo socio­ambientale ha fatto notare che alcuni di essi non possono essere oggetto di cambiamento (ad es. non si può cambiare il sesso, la famiglia o l'appartenenza razziale). Ciò ha contributo a superare un approccio in cui il soggetto era visto come passivo e deresponsabilizzato per puntare maggiormente sulle reali responsabilità di certe situazioni di rischio. Ne è derivata una diminuzione di attenzione alle condizioni di rischio socio-ambientali e una maggior considerazione per le reali responsabilità dello stato di rischio, sia della scuola che della società.

   Possono essere considerati nella categoria dei fattori socio-ambientali gravi:

 

a) La povertà. Kovach (1991), osserva che, dalla letteratura che si occupa della condizione di povertà degli studenti, emerge un profilo di studenti caratterizzati dal dropout e da scarsi risultati, sebbene questo non si possa ritenere una condizione assoluta di rischio. Altrimenti non si spiegherebbe il fatto che si possono riscontrare in tutte le classi sociali studenti che ottengono il successo e viceversa studenti ricchi a rischio di insuccesso e di abbandono scolastico. Ciò può essere spiegato solo con l'introduzione di variabili associate allo stato socio-economico, che Peterson presenta nel ~'circolo vizioso della povertà".

 

b) La violenza familiare. Come lo stesso Craig (1992) osserva, esiste una connessione tra violenza farnillare e rendimento scolastico dei bambini. Lo stile genitoriale improntato alla violenza, sia fisica che verbale, ha infatti un influsso sullo stile cognitivo del bambino. L'insicurezza, l'incoerenza e l'imprevedibilità di uno stile genitoriale violento non permettono al bambino di sviluppare una capacità adeguata di codificare le informazioni, per cui 10 stile di apprendimento del bambino viene a scontrarsi con quello richiesto dall'ambiente scolastico.

 

c) I comportamenfi devianti. Per quanto riguarda i fattori di tipo scolastico che favoriscono la devianza tra i 10 e i 17 anni, Dryfoos (1990) cita: scarse attese nei confronti dell'insegnamento, partecipazione scarsa nelle attività scolastiche, rendimento scarso nei primi anni scolastici, abilità verbali deboli, assenze scolastiche, conduzione inefficace della classe da parte degli insegnanti. Effetti correlati sono: problemi scolastici, sospensioni scolastiche, abbandono scolastico.

   Tutto questo per i ragazzi immigrati aumenta la percezione di instabilità, perché è la stessa povertà che si fa veicolo di violenza e di comportamenti devianti: si pensi ad esempio ai bambini di madri costrette a fare le prostitute o ai bambini di padri violenti, perché inseriti in gruppi emarginati da altre minoranze etniche. Le violenze tra gruppi di immigrati sono una triste realtà, che non si riesce a trasformare in solidarietà.

 

5.         INTERVENTI EDUCATIVI SPECIFICI

 

   Alla considerazione, che non esiste una definizione precisa ed esaustiva di "studente a rischio" e che esistono molteplici fattori di rischio, corrisponde, di conseguenza, il fatto che anche i metodi di intervento non possono considerarsi definitivi, proprio perché gli studenti a rischio rappresentano una problematica in evoluzione. Nella molteplicità di interventi non si può prescindere però da un obiettivo comune quale quello di favorire negli studenti una  capacità  di  flessibilità  e  di  adattamento  nell'acquisizione  e nell'applicazione di conoscenze e di abilità. Gli atteggiamenti pedagogici che si confrontano sono di due tipi:

· quelli che sostengono la necessità di una educazione compensativa (Compensatory education) e speciale (special education), entrambe fondate sul principio della diagnosi-intervento

·  quelli che invece sono partidari di una educazione regolare, convenzionale,

che implica un ambito scolastico convenzionale, diretto a tutti gli studenti.

   In realtà nessuno dei due approcci può essere soddisfacente, mentre la terza via proposta da Fuchs (1993) risponde meglio a criteri di realismo pedagogico. Gli autori espongono il modello del "flusso dei servizi" (cascade of service), che rappresenta un processo dinamico, che va dall'educazione speciale a quella regolare.

 

6.1. Sviluppo delle competenze cognitive degli studenti a rischio

 

   Di fronte all'attuale tipo di insegnamento formale, Albanese, Schmidt, Waterman, propongono di ritornare a prendere in considerazione l'antica tradizione dell'insegnamento tutoriale fondato su un metodo interattivo, caratterizzato dall’approccio tipico del Problem based learnmg e del Problem solving. Il tirocinio previsto oggi come parte integrante nella formazione di molti curricula universitari valorizza il fatto che lo studente, attraverso l'osservazione e la guida progressiva del docente-tutor acquisisca e metta in pratica le conoscenze, i processi e le competenze, che gli vengono proposte. Per ridurre il numero degli studenti a rischio è necessario tenere sempre presenti alcuni principi chiave che consentono di ordinare in sequenza le attività di apprendimento: il principio di complessità crescente, quello di diversità crescente (che prevede una applicazione pratica in situazioni diverse;), il principio della progressione dalle abilità globali a quelle particolari: (che richiede attenzione alla concettualizzazione del compito nel suo complesso prima dell'esecuzione di parti di esso (Top -dawn)

   Il numero degli studenti a rischio diminuisce inoltre se si tiene conto di alcune

caratteristiche tipiche di una buona interazione sociale, come:

· Apprendimento con testualizzato in un’ottica pro{essionallzzante

  · Lavoro di gruppo: esecuzione in équipe di compiti significativi;

· Motivazione intrinseca degli studenti: debbono porsi scopi personali

    · Cooperazione: la relazione di aiuto mutuo facilita i processi di apprendimento

 

6.1.   Sintesi degli interventi con gli studenti a rischio

 

1.   Assunzione di un atteggiamento nuovo verso gli studenti svantaggiati

  · Apprezzare le loro qualità intellettuali;

  · Enfatizzare la costruzione di capacità e non soltanto la riparazione dei deficit;

  · Conoscere il loro tipo di cultura per evitare di scambiare le differenze per deficit;

  2.   Modificazione del curriculum

  · Focalizzare l'attenzione su problemi complessi, ricchi di significato;

  · Centrare l'insegnamento sulle abilità di base in un contesto di compiti globali (puntare sempre su di una visione d’insieme dei problemi);

  · Fare scoprire le relazioni tra i contenuti e le abilità scolastiche e l'esperienza extra­scolastica degli studenti (Ragioni di senso e di significato dello studio per affrontare la vita e viceversa);

    3.   Applicazione di nuove strategie d'insegnamento

    ·  Fornire un modello significativo di strategie di pensiero;

      · Incoraggiare molteplici approcci;

      · Fornire supporto cognitivo per permettere agli studenti di svolgere compiti complessi;

      ·  Rendere il dialogo il mezzo centrale per l'insegnamento e l'apprendimento.

 

 

CONCLUSIONI

 

   Si sono evidenziati alcuni criteri per la definizione del rischio e l'identificazione dei fattori correlati. Corrisponde agli ultimi orientamenti la prospettiva integrata: una serie di categorie, di fattori e di variabili significative, sia di tipo scolastico che extra-scolastico, hanno evidenziato la pervasività della condizione di rischio non più e non solo legata al semplice ambito scolastico. il problema della effettiva causalità o correlazione dei fattori rimane aperto ad approfondimenti futuri. E' necessario individuare delle linee guida in vista di un intervento preventivo più vantaggioso di quello semplicemente diagnostico.

   I bambini immigrati rappresentano una problematica complessa ed in continua evoluzione: sono molteplici i fattori e le variabili di rischio. Di conseguenza anche l'intervento non può che essere diversificato, con particolare riferimento alla dinamica insegnamento-apprendimento, ambito preferenziale per un intervento focalizzato sull'attivazione delle risorse e sulla responsabilizzazione attiva di entrambi i soggetti: studente e docente. Tutto ciò si colloca, dunque, in un approccio che, di fronte all'insorgenza del disagio, fa spazio ad una maggiore consapevolezza dei segnali premonitori e chiama in causa responsabilmente tutte le risorse della professionalità docente, superando la logica degli interventi di emergenza, ma punta ad un coinvolgimento pieno dello studente a rischio chiamato ad una decisione consensuale su di un progetto che lo riguarda e lo coinvolge.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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