La negoziazione


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Di negozio, negoziato, negoziazione si parla in più ambiti, soprattutto in quello economico commerciale. Ma il concetto ha risvolti ed implicazioni tali che può tranquillamente essere usato in quello più generale delle relazioni umane e più specificamente in quelle educative e scolastiche. Quando trattiamo con gli alunni, con i colleghi, col dirigente scolastico ecc.
In questi ultimi anni in ambito pedagogico e didattico si è voluto dare risalto alla natura pattizia delle relazioni tra studenti e docenti per cui dall'aspetto educativo (patto educativo) a quello cognitivo (negoziare significati) il termine sta via via entrando nel comune lessico.
Ma, come di solito accade, non sempre l'uso e la generica comprensione si fondano su una necessaria padronanza concettuale, nè viene colta la specificità dell'accezione quando si parla di negoziazione in ambito educativo, permanendo l'interferenza proveniente dall'ambito economico-commerciale. Solo la padronanza della specifica accezione, che va anche costruita in relazione al campo semantico pedagogico-didattico, si ritiene possa comportare la piena consapevolezza di come i paradigmi cognitivi (costruttivismo, apprendimento cooperativo) e quelli didattici di conseguenza (didattica per concetti, cooperative learning ecc.) stiano cambiando sempre più nelle scuole italiane.
Per questo motivo proponiamo un approfondimento della voce. Per l'importanza che essa assume e per la possibilità di rivedere, alla luce delle sue implicazioni, la prassi didattica quotidiana, traendo spunti di revisioni e conferme dei comportamenti nel gioco relazionale tra docente e discente.
(Si ringraziano gli autori dei lavori proposti all'attenzione ed i loro siti, gli uni e gli altri ben citati di seguito)

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Vivere insieme, da un certo punto di vista, significa negoziare anche quando non ce ne accorgiamo.

La negoziazione è uno strumento fondamentale che, per riuscire ad ottenere dagli altri ciò che ci aspettiamo, ci mette in relazione con essi in forme che possono essere le più diverse. Negoziare non è un modo per vincere o perdere, ma affinché il negozio abbia successo si richiede la conoscenza di come la pensano gli altri e quindi sono richiesti il rispetto e la comprensione dei loro punti di vista. Bisogna superare la convinzione per cui un negoziatore abile è una persona priva di scrupolo e di etica: difatti nella nostra cultura la negoziazione è spesso associata all'inganno ed all'astuzia.

Abbiamo due tipi di negoziazione, quella in cui le parti competono nella distribuzione di un valore che viene considerato fisso ed immutabile, per cui il successo di una parte avviene a discapito dell'altra.
Poi vi è quella in cui le parti collaborano per ottenere i massimi benefici possibili, attraverso l'integrazione dei rispettivi interessi, in un accordo soddisfacente per tutte le parti, avendo come scopo quello di creare un valore aggiunto destinato ad essere ridistribuito per soddisfare pienamente le parti. In questo caso il valore viene aumentato attraverso la condivisione delle informazioni a differenza del primo caso dove si tende a nasconderle.

Il presupposto sta nell' atteggiamento mentale che su assume verso le persone con cui si è in relazione.

Vi è una strategia tipica di un rapporto conflittuale e competitivo che ha come scopo quello di sconfiggere l'avversario. L'interlocutore viene considerato un antagonista e difficilmente il negoziato va in porto con la piena soddisfazione di entrambe le parti.
(Quando si tratta di individui che hanno grossi conflitti interiori spesso la strategia usata è basata sul voler far perdere gli altri a tutti i costi, anche a costo di avere meno per sé.)
C'è poi la strategia di chi cerca sinergie con gli altri allo scopo di perseguire la reciproca soddisfazione: è l'atteggiamento ottimale in ogni rapporto di comunicazione sia in campo personale che professionale (soprattutto in ambito scolastico).

Ogni negoziato si fonda su due livelli, sulla sostanza e sulla procedura per raggiungere l'accordo. Determinante è il modo con cui si negozia.
Appare necessario far leva sugli interessi reali delle parti , anziché sulle posizioni e partire dal presupposto che si sta trattando con esseri umani e quindi bisogna tenere in considerazione quelle che sono le loro emozioni, interessi e bisogni.

Quando si discute secondo le posizioni le parti tendono a rinchiudersi, facendone quasi una questione personale. Il risultato può essere tanto un accordo che la rottura dei rapporti; la trattativa diventa uno scontro di volontà cercando di far cambiare opinione al nostro interlocutore.
L'aspetto negativo è che si danneggiano i rapporti fino a litigare ed a interromperli.

Errata appare anche la trattativa morbida, quando si vuole mantenere ad ogni costo buono il rapporto anche stipulando un accordo non soddisfacente. Questa rende vulnerabili verso coloro che praticano la trattativa dura per cui si è costretti continuamente a fare delle concessioni.

Ognuno di noi vede il mondo secondo la propria prospettiva ed in base al suo vantaggio personale. L'errore che spesso viene commesso è di confondere il nostro punto di vista con la realtà oggettiva: questo è causa di malintesi e di pregiudizi.
Ogni parte è interessata a raggiungere un accordo per soddisfare i propri interessi concreti, ma anche a mantenere i buoni rapporti con la controparte specie se si tratta di un relazione che si protrae da tempo e per la quale vi è la necessità di proseguirla in futuro. In questo caso la prosecuzione del rapporto è addirittura più importante della trattativa stessa.
Il problema è che il rapporto tra le persone tende ad intrecciarsi con le discussioni sulla sostanza.

Occorre tener presente che il conflitto non sta nella realtà oggettiva, ma nella testa della gente; la diversità di per sé non esiste ma risiede solo nel modo di pensare.
Il modo in cui vediamo il mondo dipende da dove ci rapportiamo, dalla prospettiva da cui guardiamo la realtà.
L'arma vincente consiste nel riuscire a vedere la situazione, così come la vede il nostro interlocutore. Sapendo bene che comprendere il punto di vista dell'altro non vuol dire condividerlo.

In ogni negoziazione vi sono presenti tre elementi: gli interessi , le questioni e le posizioni e bisogna saperli riconoscere ed individuare.
Le questioni sono l'oggetto stesso della negoziazione. Le posizioni sono i comportamenti che le parti della trattativa hanno deciso di tenere in merito alle singole questioni.
L'errore più comune è di confondere la posizione con gli interessi e quindi si assumono delle posizioni inamovibili: ma è proprio modificando le posizioni che riusciamo il più delle volte a soddisfare gli interessi che abbiamo di mira con la trattativa e ne costituiscono la componente più importante.
Gli interessi sono ciò che abbiamo di mira con la negoziazione a prescindere dalla posizione che abbiamo assunto.
Può benissimo capitare che due negoziatori abbiamo posizioni diverse, ma che sono determinate da interessi comuni. E' importante capire quale sia la posizione della controparte perché influenza ed orienta la trattativa, ma è ancora più importante conoscere i relativi interessi.
Se si lavora solo sulle posizioni si rischia di non raggiungere un accordo se le parti sono determinate a mantenerle e per questo bisogna far emergere i relativi interessi.

Negoziare riguarda la materia della comunicazione, ma non è un puro e semplice invio di un messaggio perché ne comprende l'elaborazione. La comunicazione è lo strumento attraverso cui si svolge la negoziazione e quindi una cattiva comunicazione può vanificare la buona riuscita di una trattativa. Comunicare vuol dire mettere in comune sia informazioni che stati d'animo, attraverso l'utilizzo di uno o più canali di trasmissione. La comunicazione, come ogni processo umano, non può esistere senza che vi sia un obiettivo ben preciso. Pertanto il significato della comunicazione risiede esclusivamente nel responso che si ottiene dal nostro interlocutore.

Bisogna sempre verificare l'esito della comunicazione, attraverso la reazione degli altri e quando è opportuno porre delle domande, se sorgono delle situazioni di dubbio. Uno dei principi fondamentali della comunicazione sostiene che “ chi domanda comanda …” perché in tal modo siamo noi che scegliamo quelle che ne saranno le tematiche, al contrario di uno stereotipo diffuso per il quale gli abili conversatori sono quelli che sanno parlare per ore….(da soli?).
In ogni comunicazione c'e' sempre un feedback o messaggio di ritorno, quale risposta del nostro interlocutore e può essere di tipo verbale, oppure non verbale.
Possiamo sostenere che esistono tre livelli di comunicazione:

  1. La comunicazione non verbale: riguarda il linguaggio del corpo quali l'espressione del viso, la postura, l'abbigliamento e la gestualità.
  2. Poi vi è la comunicazione paraverbale , che comprende il tono della voce, il volume ed il ritmo con sui si parla.
  3. La comunicazione verbale riguarda l'aspetto contenutistico di ciò che diciamo e per essere convincente deve essere sostenuto dalla logicità e possibilmente da riferimenti oggetti ed inopinabili!

Per condurre con successo una trattativa è di fondamentale importanza riuscire a conquistare la fiducia del nostro interlocutore. Il miglior modo di rapportarsi alle persone durante un processo di comunicazione è quello di porre in rilievo le somiglianze e ciò che abbiamo in comune, valorizzando l'armonia. Esaltare l'antagonismo e la competitività, sul lungo periodo, non produce risultati positivi.

Per ottenere una varietà di comportamenti e di scelte bisogna fondamentalmente possedere due elementi: la consapevolezza e la flessibilità.
La consapevolezza ci permette di verificare se quello che stiamo comunicando è accettato o rifiutato dai nostri interlocutori, attraverso l'analisi del feed-back.
Bisogna fare ricorso alla flessibilità quando ciò che si sta facendo non è funzionale ai nostri obiettivi e ci viene rivelato dai segnali di resistenza che ci provengono dai nostri interlocutori.

Possiamo adeguarci alle persone con cui comunichiamo in base al loro stato d'animo, alla velocità ed al tono della parlata, alle opinioni e convinzioni altrui. In termini tecnici viene chiamato sistema di ricalco.
Si tratta di una forma di comunicazione non verbale con la quale riusciamo inconsapevolmente a stabilire un clima di fiducia ed armonia, difficilmente ripetibile con gli strumenti della comunicazione verbale a causa della sua maggiore forza persuasiva.
Occorre, tuttavia, ricordare che può rivelarsi controproducente assecondare le opinioni e le convinzioni altrui quando sono profondamente diverse dalle nostre. La comunicazione non verbale potrebbe tradirci e sarebbero guai!
Però non bisogna mai ricalcare quelli che sono i comportamenti deviati e cioè quando il nostro interlocutore non si trova a suo agio o non accetta la situazione. Il sistema di ricalco può essere applicato anche nel campo della comunicazione scritta, secondo quelle che sono le convinzioni, le opinioni, il tono e le espressioni usate.
Il ricalco può essere di tipo:

  • formale e riguarda la forma della comunicazione non verbale quale la fisiologia, gli atteggiamenti corporei, la postura;
  • culturale , quando vengono utilizzate particolari terminologie, stili espositivi ed argomentazioni specifiche;
  • emotivo , quando cerchiamo di vivere le medesime emozioni del nostro interlocutore, in particolar modo nel caso in cui ci viene raccontato un episodio.
  • verbale che riguarda l'utilizzo delle medesime espressioni: difatti ciascuno di noi utilizza con maggiore frequenza determinati fraseggi o terminologie, che stanno a testimoniare quali sono i nostri interessi e le nostre convinzioni.

Questi tipi di ricalco sono molto rilevanti perché ci forniscono importanti informazioni sulla personalità del nostro interlocutore: si tratta del cosiddetto ricalco profondo , che concerne gli aspetti più rilevanti di una persona.
(Bisogna fare attenzione e tener presente che la prima cosa da farsi per entrare in sintonia con gli altri è di evitare un dialogo interiore negativo, perché è uno degli strumenti per impedire il rapporto con se stessi e per autosabotarsi.)

La vera comunicazione può aver luogo quando ascoltiamo senza giudicare , sforzandoci di capire il punto di vista altrui : solo successivamente possiamo esprimere la nostra opinione.
Comprendere quale siano i valori del nostro interlocutore è di fondamentale importanza per presentargli una proposta che lo possa interessare.
Lo strumento principale per comprendere i valori altrui è quello di porre domande, che possono essere di tipo generale oppure specifiche. Ricordare sempre che il principio fondamentale in materia di comunicazione è: “ Chi domanda comanda !”.

I valori sono il nostro parametro di riferimento interno che condizionano le scelte della nostra vita, perché rappresentano quello che è importante per noi. Si formano in base alle esperienze che abbiamo avuto e sul significato che gli attribuiamo. Non bisogna identificarsi con i propri valori in quanto sono il risultato delle scelte che abbiamo compiuto e quindi possono cambiare nel corso della nostra vita. Buona regola è rapportarsi ai valori dell'interlocutore prima di tutto rispettandoli, poi mettendo in risalto quelli che condividiamo.

Percepiamo il mondo unicamente mediante le sensazioni che ci giungono ai nostri organi sensoriali, che a loro volta che li trasmettono al cervello, dove si viene a formare la nostra visione personale della realtà. Accade che nel momento in cui comunichiamo all'esterno, quella che è il nostro punto di vista, le nostre precedenti esperienze ne possono risultare modificate a causa delle imprecisioni nel linguaggio.
Attraverso le domande riusciamo a fare emergere queste imprecisioni linguistiche ed aiutare il nostro interlocutore a correggersi dei proprio errori nella esposizione linguistica.
Tali imperfezioni sono state classificate in tre categorie; la soppressione , la generalizzazione e la distorsione. Solitamente durante una negoziazione le parti reagiscono senza pensare alle conseguenze. Difatti quando una parte attacca, la reazione istintiva dell'altro è di contrattaccare: se il nostro interlocutore assume una posizione rigida ed estrema sia portati a fare altrettanto. Difficilmente contrattaccare produce risultati positivi, sia nell'immediato che a lungo termine nel corso di una relazione professionale o personale che sia.
Vi è, poi,anche un altro inconveniente, in quanto, le persone che giocano duro sono abituate a farlo e quindi avrebbero gioco facile a portare la trattativa sul piano dello scontro e della discussione.

L'atteggiamento opposto è quello di essere arrendevoli dove sicuramente si ottiene un risultato insoddisfacente, perché ci si sente presi in trappola; inoltre capitolando ricompensiamo i nostri interlocutori per il loro cattivo comportamento ed inoltre ci facciamo la fama dei deboli, pregiudicando anche le nostre relazioni future, perché gli altri sapranno che avranno gioco facile con noi, se fanno i prepotenti.

Un'altra soluzione, in questi casi, potrebbe essere quella di interrompere i rapporti, ma comporta delle conseguenze negative, come la perdita di un interlocutore professionale o affettivo cui teniamo molto. L'altra parte potrebbe proprio avere come obiettivo quello di avere una nostra reazione incontrollata o negativa per raggiungere i suoi obiettivi. Quando veniamo attaccati quello che è in pericolo è la nostra obiettività che è la facoltà più importante per negoziare e quando i nostri avversari ci fanno reagire, come vorrebbero, acquistano potere su di noi.

Anche se reagendo non commettiamo errori comunque si innesca una relazione di azione/reazione che si trasforma in un ciclo sterile che ci fa diventare parte del problema. Il modo migliore di interrompere il ciclo vizioso di azione e reazione è quello di fermarsi non reagendo. Quindi bisogna fare un passo indietro, interrompendo la catena di azione/reazione.
Non è detto che bisogna ignorare i propri sentimenti ma non li si deve trasformare in azione, in comportamenti positivi, frenando gli impulsi che possono avere una valenza distruttiva.

A volte può tornare utile, secondo le circostanze del caso, rallentare la conversazione . Bisogna darsi la possibilità di pensare e quindi non farsi prendere dalla emotività dell'incontro; allo stesso tempo si dimostrerà anche un sincero interesse e rispetto verso quello che sta dicendo il nostro interlocutore.
Un altro stratagemma per non farsi coinvolgere troppo è quello di prendersi una pausa, quindi è consigliabile sempre fare una pausa prima di decidere .

 Gli errori psicologici che occorre evitare in una negoziazione sono:

  1. l'escalation irrazionale;
  2. le percezioni di parte;
  3. Le aspettative irrazionali;
  4. l'eccesso di fiducia;
  5. le emozioni incontrollate.

 La preparazione è la chiave della riuscita di una negoziazione e comporta, tra l'altro, anche una serie di vantaggi psicologici. In particolare significa comprendere bene quale è la propria posizione ed i relativi interessi, la posizione e gli interessi della controparte e le persone con cui interagiamo. Punto principale della preparazione è quello di individuare la migliore alternativa ad un possibile accordo . Significa conoscere cosa faremo o cosa accadrà se non riusciremmo a raggiungere l'accordo soddisfacente con la negoziazione in corso.

La tattica più efficace per concludere una negoziazione è quella di costruire un ponte d'oro sul quale le parti possono incontrarsi , eliminando le differenze e le distanze. Difatti la chiave del successo di una trattativa dipende dalla partecipazione delle parti. Non arrivare mai frettolosamente e senza che gli altri ti seguono a formulare una proposta conclusiva; non bisogna esprimere subito le nostre teorie, ma prima di tutto capire quale sia il punto di vista del nostro interlocutore facendolo diventare protagonista del processo di negoziazione ed artefice della soluzione, si sentirà anche maggiormente considerato e stimato, anche agli occhi dei suoi collaboratori o superiori. Pertanto in base al principio della coerenza interna si sentirà maggiormente disponibile ad accettare l'accordo raggiunto anche grazie alla sua partecipazione.
Costruire un ponte d'oro significa principalmente partire dagli interessi dei propri interlocutori , coinvolgerli nella negoziazione, farli assumere la piena responsabilità dei risultati.

 


(Sintesi delle riflessioni e delle analisi elaborate da Alessandro Allaria (teambuilding@piuchepuoi.it) sul cui sito ( http://teambuilding.piuchepuoi.it )si possono trovare approfondimenti puntuali.
http://www.piuchepuoi.it - http://www.permigliorare.com - http://www.autostima.eu - http://www.corsi-pnl.com - http://www.autostima.biz.)


Negoziazione del Conflitto:
Elenco delle Abilità

1. Non Contrattare sulle Posizioni

2. Separare la Persona dal Problema

  • Fare attenzione alla relazione
  • Mettersi nei panni degli altri
  • Discutere le percezioni
  • Coinvolgere la persona nel processo
  • Aiutare a salvare la faccia
  • Riconoscere le emozioni
  • Consentire alla persona di sfogarsi
  • Usare gesti simbolici
  • Ascoltare attivamente
  • Parlare di voi
  • Costruire una relazione che funziona
  • Affrontare il problema, non la persona

3. Focalizzarsi sugli Interessi, non sulle Posizioni

  • Chiedere perché? Perché no?
  • Riconoscere i diversi interessi/bisogni umani
  • Rendere vivi i propri interessi
  • Riconoscere gli interessi altrui
  • Mettere il problema davanti alla risposta
  • Guardare avanti, non indietro
  • Essere concreti
  • Essere duri sul problema, morbidi con le persone

4. Inventare Alternative per un Mutuo Guadagno

  • Separare l'invenzione dalla decisione
  • Allargare le vostre opinioni/brainstroming
  • Guardare con gli occhi di diversi esperti
  • Inventare accordi di differente forza
  • Cambiare lo scopo
  • Identificare interessi comuni
  • Chiedere le preferenze personali
  • Rendere facili le decisioni personali. Chi? Cosa?

5. Usare Criteri Oggettivi

  • Giusti standard
  • Giuste procedure
  • Ricerca comune di criteri oggettivi
  • Negoziare standard appropriati
  • Non cedere mai alla pressione, solo ai principi

Traduzione di Daniela Cova , Università degli studi di Brescia , Italia

Dal sito: http://www.studygs.net/italiano/conflitto.htm

 

 

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