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New media

(Alberto Abruzzese e Davide Borrelli)

Generalmente si attribuisce all'avvento del digitale e quindi agli spazi che esso apre all'interattività l'elemento di discrimine tra tecnologie tradizionali e nuove tecnologie (vedi, a questo proposito, il capitolo 1 di Granfranco Bettetini e Fausto Colombo, Le nuove tecnologie della comunicazione, Milano, Bompiani, 1993). Ma, come tutti gli schemi, anche questo che contrappone new a old media andrebbe preso con infinite cautele, e soprattutto ne andrebbe ridimensionato l'implicito giudizio di valore: vecchio/ nuovo = male/bene. Di fatto siamo oggi tutti partecipi di un confronto/conflitto fra diverse forme di esperire, più che fra "macchine". Le macchine non fanno che agire da specchi (e da elementi rinforzanti) di movimenti che sono prima di tutto degli individui, dei gruppi, delle collettività ed è lì, nelle soggettività che vanno individuati i germi e gli impulsi del rapporto conflittuale tra conservazione e innovazione. "L'avvento del digitale si annuncia […] come il rilancio delle utopie comunicative della tarda modernità o come risposta ad una soggettività nuova che emerge dagli strati di pubblico e dai livelli di interiorità personale che più sono stati mortificati e inibiti dai linguaggi della scrittura e infine dalle forme della comunicazione di massa. Si tratta di scegliere, di negoziare per una soluzione, quella collaborativi, o per l'altra, quella che non sta al gioco del deterrente catastrofico, della paura dei mutamenti. Ciò che i mass media - nel tempo giusto delle loro forme espressive - hanno contribuito a realizzare certamente non può sopravvivere alla crisi del soggetto collettivo su cui il moderno ha edificato la propria fortuna, il proprio destino, il proprio privilegio. I linguaggi generalisti sono destinati a defluire - a liquidarsi - in sistemi relazioni più complessi. I corpi del personal computer sono l'incarnazione di una soggettività che si esprime sempre più ai margini della soggettività moderna, sempre più nell'esperienza diretta invece che nelle sue mediazioni collettive, sempre più nello spazio psicosomatico delle emozioni invece che nello spazio cognitivo degli apparati tradizionali del sapere. Un passaggio epocale: ma davvero un mondo nuovo […] solo a patto di lasciarlo abitare da attori e linguaggi sociali diversi da quelli della tradizione, di accettare i nuovi media nella loro natura di moltiplicatori delle identità"

 (Alberto Abruzzese e Davide Borrelli, L'industria culturale. Tracce e immagini di un privilegio, Roma, Carocci, 2000, pp. 250-1).

 

 

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