Globalizzazione


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GLOBALIZZAZIONE

 

Umberto Cerroni  "Insegnare" 8/9, 2001

 

Quale globalizzazione?

La variante interpretativa più diffusa della globalizzazione è quella economica. Ma in realtà la globalizzazione è un fenomeno assai complesso che dall'economia risale alla politica, al diritto, alla comunicazione alla cultura.

C'è il pericolo che l'attenzione prevalente portata alla globalizzazione economica attenui quella che meritano le sue altre forme. In tal caso la prima conseguenza è un'interpretazione negativa, pessimistica, persino ossessiva della globalizzazione. Ma non c'è forse una tendenza crescente al costituirsi di una sorta di Costituzione politica mondiale, che fu avviata nel 1948 con la Dichiarazione universale dei diritti umani? Da allora le carte dei diritti si sono moltiplicate, così come gli enti internazionali e metanazionali che ne curano il rispetto e ne propagandano l'importanza. Insieme allo Statuto dell'ONU questa carte costituiscono ormai un complesso corpus normativo di grande importanza. A esso sempre più spesso individui, movimenti, Stati si richiamano per denunciare violazioni e invocare interventi riparatori. Naturalmente l'efficacia di queste norme è limitata alla disponibilità di mezzi di intervento concreto. E questa ridotta disponibilità è connessa con la lentezza che caratterizza la dilatazione della coscienza culturale e politico-giuridica mondiale. Qui, semmai, dobbiamo lamentare una troppo scarsa globalizzazione.

Dislivelli storici

Un freno, in questo processo di dilatazione, è dato dal fatto che Stati e Nazioni si trovano per cause storiche a differenti gradi di sviluppo. In Europa occidentale, per esempio, siamo da tempo entrati in un processo di integrazione metanazionale. Ma altre nazioni europee - per esempio quelle che facevano parte della ex Jugoslavia - stanno invece cercando di costruire propri Stati nazionali. Non molto più lontano, sulle altre sponde del Mediterraneo, il processo di consolidamento degli Stati nazionali è ancora difficile e viene spesso trainato da culture politiche ispirate da fondamentalismi ed esclusivismi religiosi. Nel Vicino Oriente è in corso da decenni il contrasto tra lo Stato di Israele e la nazione arabo-palestinese. In Africa la costruzione dello Stato si scontra ancora assai spesso con le formazioni tribali premoderne. Nell'America meridionale è appena terminata la fase del pendolo politico che spingeva da una democrazia incerta e notabiliare ad una dittatura militare.

Potremmo continuare l'esemplificazione con riferimento alle divisioni tra India e Pakistan e alla debole struttura politica di molti Stati asiatici. Ma le cose accennate sono sufficienti a sottolineare che un processo di integrazione politica si sta bensì sviluppando, grazie all'azione dell'ONU, ma in forme differenziate e condizionate dai differenti livelli di cultura.

Diffidenza e incultura

Anche da questa diversità storica discendono le diffidenze e le ostilità che caratterizzano l'attitudine di strati non piccola della stessa popolazione europea nei confronti dell'immigrazione. Si tratta di un'attitudine che deve essere orientata con argomentazioni razionali e con la promozione di un'educazione democratica. In Italia bisogna riscoprire la nostra grande (ma lontana) tradizione umanistica che da Dante in poi ha sospinto verso un'apertura al mondo. Tuttavia questa riscoperta - purtroppo - urta contro un livello di conoscenza e di consapevolezza molto basso. Ciò determina chiusure e lacerazioni molto pericolose nella comunità. Mai come oggi avremmo bisogno di rinvigorire la coscienza umanistica italiana per favorire la crescita di un'apertura europea e mondiale dello spirito pubblico. Ma l'isolamento in cui la politica per secoli ha ridotto la cultura italiana rischia oggi di essere pagato con un isolamento della politica dalla nostra cultura. E' necessario ripetere,pertanto, che al centro di un'integrazione politica deve stare un rilancio della nostra cultura. Il basso livello di diffusione della cultura italiana tra gli italiani costituisce, infatti, il più grave pericolo per la nostra posizione nel mondo. Troppo sentiamo parlare di "colonizzazione" americana o di "invasione musulmana", troppo poco invece della bassa fruizione della cultura italiana tra gli italiani. Basti un esempio. Una recente inchiesta dell'"Economist"  sulla diffusione dei compact-disc musicali ha stabilito che tra le 24 principali nazioni l'Italia occupa il terzultimo posto. La patria del rigo musicale, della musica polifonica, di Monteverdi, Pergolesi, Rossini, Verdi e tanti altri.

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