QUALITA' TOTALE
Definizione
I
principi della Qualità Totale
Definizione
"Il controllo della qualità è un sistema di mezzi per
produrre economicamente un bene o un servizio che soddisfi le richieste
del cliente. L'implementazione di un controllo efficace della qualità
necessità della collaborazione di tutto il personale dell'azienda,
coinvolgendo l'alta direzione, i direttori, i supervisori ed i lavoratori
di tutte le aree di attività del gruppo aziendale, quali la ricerca
di mercato, la ricerca e sviluppo, la pianificazione, gli acquisti, la
direzione delle vendite, la produzione le ispezioni, le vendite ed i servizi
del personale, comprese pure il controllo finanziario, l'amministrazione
del personale, le attività di istruzione ed educazione. Un controllo
della qualità in questo modo è chiamato Company Wide Quality
Control."
(Japan Industrial Standard Z8101-1981)
Storia
Nato
negli Stati Uniti d'America, sottoforma di Controllo Statistico della
Qualità, negli anni '30 ebbe un impiego limitato al secondo conflitto
mondiale nel quale fu impiegato con successo nella produzione bellica.
Introdotto in Giappone nel 1950 da William Edwards Deming fu studiato
e sviluppato sotto più punti di vista fino a produrre l'attuale
sistema, concepito come insieme di più funzioni nella qualità
totale.
Personaggi
Negli Stati
Uniti:
· William Edwards Deming
· J. M. Juran
· P. Druker
In Giappone:
· Ishikawa Kaoru
· Taguchi Genichi
Citazioni
"La
qualità di un prodotto è la (minima) perdita impartita alla
società dal momento che il prodotto stesso lascia la fabbrica."
(Dr. Taguchi Genichi)
"Praticare
il controllo della qualità significa sviluppare, progettare, produrre
e fornire prodotti e servizi di qualità che siano i più
economici, i più utili e sempre soddisfacenti per il consumatore."
(Dr. Ishikawa Kaoru)
Bibliografia
Cerreti,
G. 1988. La gestione globale del fattore qualità. Pirola, Milano.
Collard, Ron. 1992. La qualità totale. Guida alla progettazione,
avviamento e sviluppo di un sistema di gestione della qualità totale.
Franco Angeli, Milano.
Coriat, B. 1990. L'atelier ed le robot. Ed. G. Bourois, Paris.
Costa, G. e Nacamulli, R. 1996. Manuale di organizzazione aziendale Vol.
I. UTET, Torino.
Fontana, F. 1995. Il sistema organizzativo aziendale. Angeli, Milano.
Galgano, A. 1990. La Qualità Totale. Il Sole 24 Ore, Milano.
Kobayashi, I. 1992. Le venti chiavi del Kaizen. Isedi, Torino.
Merli, G. 1985. I circoli di qualità. Edizioni Lavoro, Roma.
Merli, G. e Saccani, C. 1994. L'azienda olonico-virtualevirtuale: Un'opportunità
storica per la piccola e media impresa. Il Sole 24 Ore, Milano.
Porter, Michael E. 1987. Il vantaggio competitivo. Edizioni di Comunità,
Milano.
Taguchi, G. 1991. Introduzione alle tecniche per la qualità totale.
Franco Angeli, Milano.
I principi della Qualità Totale
di Paolo Blasi
5
ottobre 2000. La ricostruzione dell'economia giapponese in seguito al
secondo conflitto mondiale segna contemporaneamente l'inizio dello sviluppo
industriale del paese.
Fu questo il momento in cui il popolo giapponese, dopo una sconfitta storica
che ne mortificò l'orgoglio e la vocazione imperiale, vide nella
sfida economica una possibilità di rivalsa.
Nonostante la voglia di rivalsa le condizioni in cui versava lo stato
nipponico erano pessime: sistemi di comunicazione, come la maggior parte
delle industrie nonché alcune città, erano distrutti; la
produzione limitata a pochi beni e di scarsa qualità.
In queste condizioni era difficile parlare di rilancio dell'economia.
Uno
dei pochi punti di forza riscontrabile è costituito dalla presenza
di tecnologia americana sul territorio nipponico; questo diede l'opportunità
di osservare da vicino una serie di comportamenti e metodologie lavorative
tipiche di un paese industrialmente avanzato.
Conciliante con la cultura nipponica, il primo passo che fu compiuto per
il ripristino dello stato fu quello di "imitare" i sistemi di
produzione americani in maniera sistematica e puntuale.
Le analisi condotte su questi modelli conferirono la maggior parte delle
basi teoriche dalle quali maturò, dopo un periodo di assimilazione
ed adattamento, quello che oggi è definito come "modello giapponese".
Le analisi condotte sui modelli americani diedero presto una certezza.
Fu infatti chiaro che il sistema occidentale, di stampo razionalista e
ispirato da una divisione del lavoro sempre più spinta, seguiva
una rotta di collisione con le esigenze delle nuove tecnologie, dell'automazione,
dell'informatica e della telematica e con le esigenze di una produttività
maggiormente rispondente alla variabilità della domanda, che presto
si instaurerà nell'economia dell'Estremo Oriente.
Diretta
conseguenza di questo ragionamento, pur considerando fondamentali le previsioni
di bilancio a lungo termine e le tipiche tecniche del management americano
ed europeo, i giapponesi iniziarono a mutare la propria filosofia aziendale
spostando il baricentro d'interesse sul lato delle vendite e delle quote
di mercato.
Risultato a lungo periodo, oggi riscontrabile e tangibile, è costituito
da corsi di laurea e diploma ispirati ai modelli "Just In Time"
(JIT) e "Total Quality" (TQ).
Entrambe queste filosofie si sono sviluppate per creare un'alternativa
ai relativi modelli occidentali. In merito a questi, appare importante
porre l'accento in particolare sull'aspetto della qualità totale
e come questo abbia assunto un aspetto preponderante nei mercati attuali.
Si tratta di un approccio di marketing nel quale prevale l'orientamento
della produzione verso la ricerca e il soddisfacimento dei bisogni dei
clienti.
La
derivazione del modello di Total Quality è riconducibile a studi
americani sul Controllo Statistico della Qualità (CSQ), esportati
in Giappone da William Edwards Deming nel 1950.
Deming riprese quello che era stato già sperimentato in patria,
senza tanto successo, presso i Bell Laboratories tramite l'applicazione
delle carte di controllo a livello industriale, le quali in Giappone successivamente
prenderanno forma con il modello "kanban".
Il kanban, come molte altre metodiche di lavoro, racchiude una serie di
perfezionamenti dettati dalla cultura tradizionale giapponese nonché
aspetti per lo più dimenticati dai concorrenti occidentali, tra
cui:
· valorizzazione del know-how incorporato nelle combinazioni tecnologiche
dei molteplici gangli derivanti dai mestieri artigianali;
· l'orgoglio d'essere membri di un'azienda concepita come famiglia
adottiva;
· l'attitudine al lavoro d'équipe
· l'emulazione nel perfezionamento.
Approcci culturali differenti da quelli occidentali o più spesso
trascurati e relegati solo per ignoranza o pregiudizio etnocentrico. Questi
caratteri sviluppati nel corso del tempo hanno prodotto svariati processi
attuati in più parti; l'applicazione delle teorie sul Controllo
Statistico della Qualità, da parte di Kaoru Ishikawa, è
solo uno di questi.
L'approccio seguito da Ishikawa prevede l'impiego di precise metodiche
lavorative che si esprimono nel lavoro congiunto e solidale di tutte le
figure aziendali puntando l'accento sulle metodologie qualitative e sugli
aspetti tecnologici ed innovativi.
Parte integrante del controllo qualitativo risiede nelle iniziative di
monitoraggio dell'alta direzione, che provocano la diffusione della politica
dell'azienda attraverso tutte le attività e tutte le funzioni.
Lo sono i circoli della qualità e lo sono anche gli strumenti per
la risoluzione di problemi e metodi statistici avanzati.
Quel
che accaduto per il Giappone può essere definito più propriamente
come un processo includente il diverso fine, inteso come il differente
esito, di un identico processo di "distruzione" di metodiche
operative nell'insieme di un unico processo generale di "razionalizzazione
del lavoro".
Mentre la "via americana" ha sminuzzato le mansioni di lavoro,
cronometrandone i tempi, la "via giapponese" ha seguito un processo
di despecializzazione con conseguente formazione di operatori generici
sulle linee di montaggio.
Questo processo non si limita unicamente alle mansioni operaie interne
all'industria ma si è riversato su tutto il sistema di lavoro,
raggiungendo in tal modo un livello di coesione generale denominato "spirito
del Toyotismo" (dal nome del fondatore di una delle più grandi
aziende automobilistiche).
La
qualità totale è quindi un'ordine di idee ben diverso, nel
quale "fare bene" è un dovere morale, nel quale la ricerca
dell' "equilibrio sociale" nel macrocosmo afferente la produzione
ricalca lo spirito confuciano nell'ordine naturale delle cose.
E' questo uno dei maggiori paradossi giapponesi, che oggi permettono di
spiegarne in larga parte il comportamento: la persistenza della tradizione
culturale, che non trova ostacoli in nessuna forma di razionalizzazione
ideologica e di cambiamento pragmatico.
Per questo motivo non stupisce per nulla la trasposizione e conseguente
adattamento, avvenuto per le "arti tradizionali" fino al raggiungimento
e formulazione delle nuove "arti d'impresa".
Si è passati a perfezionare il lavoro d'impresa, mutandolo in elementi
essenziali assunti poi allo status d'arte. L'addestramento dei nuovi operai
inizia con la stretta osservanza degli aspetti formali definibili "riti
istituzionalizzati".
Questo si suppone faccia sviluppare un'affinità intuitiva senza
far entrare in gioco la razionalizzazione o la proiezione di idee soggettive
sull'azione stessa; mira, cioè, a conferire, nello stesso istante,
fluidità di pensiero e di movimento.
Lo
scopo di tale rigore, tuttavia, non consiste nell'automatizzare i compiti,
ma nello sviluppare, attraverso il tempo, un "supporto intuitivo"
che possa favorire una facoltà percettiva superiore, utilizzabile
ogni qual volta l'attenzione agli elementi formali non fosse più
necessaria. E' possibile in tal modo raggiungere un certo grado di libertà
e spontaneità con una graduale e progressiva armonizzazione delle
procedure.
Il fine ultimo dell'elaborazione dei sistemi formali è quello di
poter autonomamente ricreare scelte normative e tattiche, su basi strategiche,
assecondanti il flusso continuo dei ritmi industriali. La mancanza di
soluzioni di continuità nell'approccio nipponico permette l'estensione
di questo processo alle fasi lavorative di ogni tipologia, consentendo
un'uguale reinterpretazione dei doveri. Per questo motivo, il marketing
in Giappone è definito troppo importante per essere relegato unicamente
ad una stretta classe dirigenziale, ma viene affidato ad ogni singolo.
Tutti
i dipendenti possono, e devono, implementare il livello di qualità
perché questa punta alla soddisfazione del cliente, promosso, come
affermano gli stessi giapponesi nel paragone con il mikoshi (il baldacchino
con la divinità, portato a spalla durante i matsuri, le feste tradizionali),
allo stato di "kamisama", divinità.
La necessità sempre maggiore di formalizzare metodiche puramente
concettuali ha spinto i dirigenti giapponesi verso una schematizzazione
che rendesse lampante l'obiettivo da raggiungere.
Si è approdati ben presto alla formulazione della così detta
"base della qualità" o meglio Quality Function Deployment
formata da quattro elementi:
· preferenze dei clienti;
· classifica dei prodotti competitivi;
· descrizione fisica di questi ultimi;
· correlazione tra le loro caratteristiche e le preferenze dei
clienti.
Il tipico obiettivo di quest'analisi è l'individuazione delle caratteristiche
che definiscono un prodotto nuovo e migliore nel tempo. Si capisce come
la qualità non costituisca soltanto un indice del grado di conformità
all'istante iniziale, ma anche affidabilità, vale a dire capacità
di continuare a fornire le prestazioni richieste per tutto il tempo considerato.
Il livello di qualità considerato fa riferimento non solo alla
qualità richiesta dal cliente, ma anche a quella attesa e latente.
In
Giappone la qualità è strettamente legata al concetto che
i giapponesi hanno della stessa; vengono, infatti, distinti due tipi di
qualità: quella funzionale (atarimae hinshitsu) e quella emozionale
(miryoku teki hinshitsu).
La qualità funzionale riveste una minima importanza visto che si
conferiscono proprietà di funzionamento adeguate ad ogni prodotto
che esca dalla catena di montaggio per tutto il periodo di vita che l'azienda
stima per il prodotto stesso; questo perché la competizione inerente
la produzione fisica è molto serrata e le aziende tendono a diminuire
al massimo la difettosità di produzione, tramite circoli di qualità
e politiche a "difetti zero".
E'
invece molto importante per il consumatore, ma anche per il produttore,
la qualità emozionale che risiede, principalmente, in uno stato
psicologico del cliente stesso.
Per questo motivo il controllo di qualità non può essere
sufficiente, si rende necessario un secondo processo che possa essere
affiancato: l'assicurazione della qualità che ne costituisce l'essenza.
La qualità totale prevede, implicito in ogni prodotto o servizio,
la promessa che il cliente potrà usufruirne in piena fiducia ed
utilizzandolo a lungo, restandone totalmente soddisfatto.
I contenuti di questa pagina sono tratti dal sito Nipponico
www.nipponico.com
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