Strategie e percorso di riflessione
di Antonio Bruno Vincenzi
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Lo sviluppo di competenze strategiche ( 1 )
In termini generali, lo sviluppo di “competenze strategiche” ( 2 ) dovrebbe essere uno degli obiettivi di un sistema educativo globale. Si tratta di una dotazione essenziale per far fronte ai momenti critici di transizione della vita, molti dei quali avvengono negli anni di scuola. Quando tali passaggi vengono superati in modo efficace, il repertorio di strategie disponibili si espande, l'autostima cresce e i benefici si mantengono nel tempo (Frydenberg, 2000).
Le competenze strategiche hanno la natura delle conoscenze tacite, degli atteggiamenti, dei modi di guardare alle cose, che si acquisiscono per lo più attraverso l'esperienza diretta o mediata da altri. Il riferimento principale è l'apprendistato, ma anche a scuola se ne promuove lo sviluppo: si pensi alle occasioni offerte con la pratica del cooperative learning e della peer education .
L'ipotesi di lavoro per sviluppare competenze strategiche è che sia possibile creare le condizioni affinché sia rinforzata la convinzione di autoefficacia nei confronti di una data situazione problematica rientrante in ambiti e contesti circoscritti. Il semplice fatto di sapere che esistono strategie efficaci può infatti orientare verso una diversa inquadratura della situazione e della conseguente intenzione di affrontarla. D'altra parte, affinché le informazioni relative ad una strategia siano percepite come stimoli, la persona interessata deve riuscire a vedere nella situazione dei problemi per lei rilevanti e percepire la possibilità di risolverli, cioè li deve considerare controllabili. Deve quindi percorrrere un itinerario di consapevolezza fino al punto di essere sensibile alla potenzialità di una strategia, di sentirsi capace di acquisirla e di voler provare a metterla in pratica. Sono questi percorsi che contribuiscono allo sviluppo di una persona.
Proviamo a schematizzare l'idea “microgenetica” di sviluppo di competenze strategiche con:
a) lo sforzo cognitivo che un inquadramento coerente dei problemi comporta
b) la ricerca delle strategie adatte a situazioni e persone
c) i tentativi di raggiungere un obiettivo
d) l'autovalutazione del lavoro compiuto
e) il conseguente potenziamento del senso di efficacia personale.
Sarebbero quindi le difficoltà percepite, affrontate e risolte che favoriscono lo sviluppo; la mancata percezione delle difficoltà insite in una data esperienza, impedendo di conquistare la sensazione di poterle affrontare, verrebbe allora a rallentarlo (Levine, 2005; Bonino, 2005). L'ostacolo principale potrebbe trovarsi negli stessi schemi mentali dell'individuo interessato allo sviluppo, nelle sue credenze e nelle sue convinzioni, nelle ragioni che adotta per spiegarsi i fatti e nelle emozioni che vi si accompagnano. Le ragioni sono il frutto di considerazioni personali, consistenti in pensieri spesso “automatici", cioè spontanei e di cui si è poco consapevoli, derivati da convinzioni e credenze personali emotivamente attive. Tali pensieri sfuggono di solito ad un esame critico: difficilmente sono individuati e quindi non sono messi in discussione; tanto meno vengono intraviste delle spiegazioni alternative che possano cambiarli.
Competenza e struttura di personalità
Per cercare di mettere a fuoco il ruolo delle strategie può servire lo schema seguente, che evidenzia la loro appartenenza all'area conativa (comprendente gli stili cognitivi e di apprendimento), a sua volta connessa ad altre due aree fondamentali della struttura di personalità: quella affettiva e quella cognitiva (Corno e Snow, 1986, citati da Polacek, 2003).
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Rappresentazione delle tre aree fondamentali della struttura di personalità in cui si evidenzia la collocazione delle strategie
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La struttura di personalità è in continua evoluzione ed è tutt'altro che un'entità data una volta per tutte: le sue tre “aree” sono in continua trasformazione, interagendo tra loro in una dinamica continua di revisione ed aggiornamento. L'area conativa è quella più soggetta a cambiamenti: più facilmente osservabili dall'esterno nelle preferenze e strategie di apprendimento, richiedendo tra l'altro tempi brevi; un po' meno osservabili negli stili cognitivi, dove avvengono in tempi lunghi. Le strategie di apprendimento, in particolare, sembrerebbero giocare un ruolo chiave nei processi di revisione e aggiornamento degli schemi mentali (stili cognitivi e di apprendimento) coinvolgendo importanti aspetti delle altre due “aree”, come le convinzioni, gli atteggiamenti e le motivazioni.
Le strategie sono protagoniste anche nella descrizione di una competenza. Per evocare il concetto di competenza spesso si ricorre all'immagine dell'iceberg. Per es., nella figura seguente (Mariani, 2004) si mostrano i diversi elementi che insieme compongono il concetto di competenza. Le prestazioni di un soggetto sono quello che si vede, la parte emersa dell'iceberg, mentre le caratteristiche del soggetto che non si vedono vanno a costituire strati più o meno profondi dello stesso; in ordine di profondità crescente: strategie, processi di apprendimento, stili, intelligenze, attitudini, convinzioni, atteggiamenti, motivazioni .
Le strategie si trovano collocate immediatamente sotto le prestazioni e sopra i processi di apprendimento e nell'iceberg corrispondono alla parte sulla linea dell'acqua, un po' emersa e un po' immersa. Esse hanno il ruolo di fare da ponte tra le prestazioni , che si vedono, e i processi di apprendimento , che non si vedono.
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L'iceberg della competenza
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Ma sono tutti gli strati ad essere tra di loro in un rapporto di collegamento e di scambio, come allude la doppia freccia verticale: le caratteristiche personali non sono fisse e non restano invariate, ma subiscono continui mutamenti e si influenzano reciprocamente. Per es., la convinzione di autoefficacia viene sicuramente rafforzata da una prestazione positiva e, a sua volta, contribuisce significativamente alla buona riuscita della prestazione.
Data la loro natura cognitiva e metacognitiva, le strategie di apprendimento e di studio possono anche essere insegnate, sia con modalità di addestramento sia attraverso procedure euristiche di scoperta (Mariani, 1990 e 2000; Cornoldi, De Beni e Gruppo MT, 1993). Sicuramente è possibile “incrementare la soglia di consapevolezza delle strategie usate (o non usate!), realizzando quindi un'integrazione più sistematica tra livello cognitivo e livello metacognitivo ” (Mariani e Pozzo, 2002, p. 72). Ma se si esaminano alcuni principali caratteri delle strategie, come quelli definiti nello specchietto seguente, si capisce che non sia facile trasferirle da una persona ad un'altra.
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Quattro caratteri delle strategie
INTENZIONALE – è guidata da un'idea di soluzione ad una situazione/problema ed è saorretta dall'intenzione di raggiungerla |
SPECIFICO – adatta ad un particolare compito/problema, in una data situazione e alla persona che la mette in atto |
ESPLORATIVO – viene adattata alla situazione con modifiche e aggiustamenti in funzione della sua efficacia |
OPERATIVO – può avere una descrizione chiara e concreta tale da consentire a chiunque lo volesse di metterla alla prova |
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Solo il carattere “operativo” si presta alla trasferibilità, mentre gli altri tre sono chiaramente marcati dai legami dell'area conativa con le altre due aree della struttura della personalità. Di qui il limite all'insegnamento delle strategie. Per il loro apprendimento è infatti necessario non restare sulla parte dell'iceberg a pelo d'acqua ( le strategie ), ma movimentare tutti gli strati sottostanti, dai processi di apprendimento (area conativa ), alle convinzioni (area cognitiva ) e alle motivazioni (area affettiva ).
Si osservi che le strategie discendono direttamente da congetture, spiegazioni e ragionamenti, sotto forma di pensieri “automatici”, appartenenti all'area conativa ma connessi strettamente a importanti aspetti delle altre due aree della struttura di personalità. La sfida è scovare tali pensieri e riconoscerne le radici cognitive, come le credenze, su cui è possibile esercitare un certo controllo. Si intravede così un'altra via per imparare strategie, che richiede un percorso di riflessione dell'individuo interessato.
Il percorso di riflessione
Il percorso di riflessione che conduce all'acquisizione di strategie può essere descritto ricorrendo al concetto di svalutazione dell'analisi transazionale: un ignorare inavvertitamente delle informazioni pertinenti alla soluzione di un problema inerente uno dei tre ambiti: la situazione, se stessi e gli altri (Stewart e Joines, 1990). Per es., un allievo può svalutare la scuola dicendosi che non fa per lui o non è quella che si aspettava, oppure può svalutare se stesso, pensando ai deludenti voti del primo quadrimestre, oppure ancora può svalutare gli altri, dicendosi vittima di valutazioni ingiuste da parte degli insegnanti o di ritenere insopportabile il comportamento di certi suoi compagni.
A qualsiasi ambito appartenga un problema, esso può essere analizzato distinguendo la svalutazione in tre tipi ( stimoli, problemi e strategie ) e in quattro modalità o livelli ( esistenza , importanza , possibilità di cambiamento e capacità personali ). Questo è ben rappresentato nella "matrice della consapevolezza", dove compaiono nelle colonne i tre tipi di svalutazione e nelle righe le quattro modalità o livelli. Una sua particolarità consiste nel fatto che due caselle poste in diagonale sono tra loro legate: se una è svalutata lo è anche l'altra; p.e. la svalutazione dell'esistenza dei problemi corrisponde alla svalutazione dell'importanza degli stimoli. Così, all'importanza attribuita ad un problema, corrisponde la percezione della possibilità di cambiare e anche la conoscenza che esistono strategie per farlo.
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Matrice della consapevolezza utilizzabile per descrivere il percorso di riflessione
LIVELLO |
TIPO |
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STIMOLI |
PROBLEMI |
STRATEGIE |
ESISTENZA |
1 Percepire l'esistenza di stimoli |
3 Accorgersi dell'esistenza di problemi |
6 Conoscere l'esistenza di strategie |
IMPORTANZA |
2 Avvertire l'importanza dei stimoli |
5 Accorgersi dell'importanza dei problemi |
9 Riconoscere l'importanza delle strategie |
POSSIBILITA' |
4 Percepire la possibilità di cambiare |
8 Avvertire la possibilità di soluzione |
10 Riconoscere la possibilità di usare strategie |
CAPACITA' |
7 Sentirsi capaci di reagire |
11 Essere capaci di risolvere il problema |
12 Essere capaci di usare strategie |
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Ciascuna tappa del percorso è rappresentata da una casella che è caratterizzata da un tipo di consapevolezza e da un livello di consapevolezza. Il processo inizia con la percezione di stimoli che si riferiscono all'esistenza di dati informativi sul tema in questione (casella 1) e termina con l'acquisizione di un'abilità: la capacità di usare strategie (casella 12). La sequenza delle tappe nel percorso è indicata dai numeri nelle caselle della matrice.
La matrice permette di verificare lo stato di consapevolezza di una data persona rispetto ad un tema/problema; seguendo il percorso indicato si constata se ogni tappa è stata effettivamente raggiunta. Se il processo di riflessione non si è concluso, si può trovare dove si è bloccato: da quel punto in poi tutte le informazioni sono inerti perché inavvertitamente ignorate, quindi svalutate. Qualsiasi intervento riguardante una tappa successiva a quella del blocco rischia di essere svalutato, se prima non viene rimosso il blocco e non vengono fatte percorrere le tappe che lo seguono fino a raggiungere quella su cui si sta intervenendo.
La matrice della consapevolezza costituisce un itinerario di analisi sistematica utile a monitorare il processo di riflessione. Per ciascuno dei tre ambiti (la situazione, se stessi e gli altri) la si percorre cominciando dalle caselle poste più in alto finché non si individua il punto dal quale ha inizio la svalutazione. Quello è il punto su cui occorre soffermarsi, acquisendo le informazioni ignorate e sostituendo la consapevolezza alla svalutazione. Le difficoltà che si incontrano nel percorso di riflessione e, quindi, nello sviluppo di “competenze strategiche” possono essere costituite da “blocchi” simili, che per essere rimossi devono dapprima essere individuati.
Dialogare con se stessi e con altri
Allo scopo di individuare i blocchi del percorso di riflessione può essere utile la tecnica ABC proposta da Seligman (1996; 2006) per contrastare i pensieri pessimistici non realistici, unita al confronto/scambio con un/a compagno/a che funga da modello o mentore. Si tratta di partire da un ben circoscritto episodio, provare a descriverlo nel modo più obiettivo possibile, evitando cioè i commenti, le spiegazioni e le emozioni che ad esso si accompagnano. In un secondo momento viene aggiunto che cosa ha provato, sentito e fatto l'interessato in quell'occasione. La scrittura facilita l'esame più ordinato e distaccato.
Se l'interessato riesce a mettere in discussione i suoi pensieri “automatici”, sostituendoli con altri più adatti, acquisisce un nuovo punto di vista, seguito da una sensazione di energia e di efficacia. Il superamento della prima percezione della situazione conduce alla liberazione di energie emotive che altrimenti resterebbero inattive. Egli è allora in grado di trovare una nuova strategia, più opportuna e adatta al caso specifico, migliorando la sua convinzione di saper affrontare certe situazioni e allargando un po' la sua visuale.
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Tecnica A B C
La tecnica A dversity- B elief- C onsequentes suggerisce di seguire questi quattro passi:
1) individuare i pensieri “automatici” evocati dalla situazione problematica
2) riconoscere dove questi pensieri fanno un uso inconsapevole di credenze
3) cercare prove contrarie per metterli in discussione in un dialogo tra sé e sé
4) trovare spiegazioni alternative per sostituirli, fondandoli su elementi nuovi.
Per imparare a dialogare con se stessi di fronte ad una situazione problematica è opportuno discuterla con un'altra persona, con una percezione diversa dell'episodio descritto, capace di criticare serratamente i pensieri "automatici" e di presentare un altro punto di vista. |
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Si noti che qui non si tratta semplicemente di conoscere dei modi di fare, ma di riconoscere il legame che questi hanno con le “credenze” personali accettando di metterle in discussione. Rivedere queste ultime permette di adottare i primi, oppure adottare i primi comporta rivedere le seconde. In ogni caso sembrerebbe importante il ruolo della discussione con un'altra persona il cui stile cognitivo sia diverso da quello del soggetto intenzionato a cambiare strategia. La modalità di cambiamento si avvale quindi di un modello reale da osservare e da imitare, con il quale confrontarsi, scambiarsi opinioni, discutere. Il rimescolamento degli strati più profondi dell'iceberg diviene più sensibile e gli altri tre caratteri della strategia da imparare sono più facilmente compresi. E' così che si spiega la superiorità dell'apprendistato per acquisire competenza.
Quale persona può ascoltare attentamente la descrizione di una situazione considerata problematica per l'interessato e quindi trovare dov'è il blocco nel percorso di riflessione? Dev'essere una persona capace di:
a) seguire i ragionamenti che l'interessato compie in quella situazione
b) individuare i “pensieri automatici” e le sottostanti “credenze”
c) trovare degli altri pensieri più realistici che possano sostituire i “pensieri automatici”
d) criticare, ma anche consigliare come un amico, partendo magari da un punto forte consolidato della persona in questione.
Cioè deve svolgere la funzione di “mèntore” in un “confronto/scambio” che avvenga in condizioni di accettazione reciproca e nello spirito di aiutarsi. Ciò può verificarsi se entrambe le persone in gioco sono interessate al problema, hanno una comune piattaforma comunicativa e possiedono al riguardo della situazione problematica dei punti di vista differenti. Il mèntore deve, inoltre, essere più esperto nella questione specifica, magari avendo curato la sua preparazione al riguardo. In un gruppo (o una classe) che sta partecipando ad un progetto specifico, per es., non è difficile trovare persone che hanno diversi punti di vista su una determinata questione, della quale si ritengono “esperti” perché hanno sviluppato una loro competenza strategica. Utilizzando una modalità di lavoro di gruppo nota nel cooperative learning come “jigsaw” è anche possibile potenziare tale competenza (Comoglio, 2001; Cacciamani e Giannandrea, 2004). Essi possono quindi svolgere il ruolo di mèntori in un'interazione con i pari che si sentono bloccati in un particolare percorso di riflessione. Le seguenti istruzioni (LTE, 2006) danno un'idea dell'interazione.
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Istruzioni per il confronto/scambio
a) Il partecipante A ha chiesto ad un/a collega di ascoltarlo e gli dice come ha descritto una situazione problematica nella quale se la cava bene (“punto forte”); il partecipante B ascolta e cerca di capire il punto di vista di A
b) B cerca nel "punto forte" di A un'idea motrice che gli consente di percorrere con successo quel particolare itinerario di riflessione e glielo comunica
c) A espone quindi una situazione problematica nella quale non se la cava bene e da cui vorrebbe uscire (suo “bersaglio”), cercando di tenere distinti: descrizione di un episodio, pensieri che lo spiegano e comportamento da cambiare
d) B cerca nei pensieri che spiegano l'episodio descritto da A un pensiero bloccante che rivela una "credenza" che può ostacolare l'adozione di una nuova strategia da parte di A; cerca dei possibili legami (link) con l'idea motrice allo scopo di spiegare l'episodio come parte di un problema più generale
e) A prova a fare sua la spiegazione che ha dato B, ripetendola con parole sue; cerca di capire i link individuati e prova a immaginare quale potrebbe essere un nuovo percorso di riflessione.
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Non può sfuggire la valenza costruttrice di un'attività dove ogni partecipante è un potenziale “esperto” in un particolare aspetto che ha più sviluppato di una data “competenza strategica”.
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Note
( 1 ) Buona parte di questo testo è tratto da Vincenzi, 2006.
( 2 ) Andando oltre la definizione di competenza come “utilizzazione e padroneggiamento della conoscenza” (Bertonelli, 1999), per “competenze strategiche” qui si intendono quelle atte ad affrontare e superare difficoltà, in ambiti diversi, allo scopo di un adattamento che favorisca la crescita personale (Frydenberg, 2000).
Bibliografia
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Bonino S. (2005), Il “sé massimo” e il no dell'altro , “Psicologia Contemporanea”, n. 6, pp. 192-193.
Comoglio M. (2001), Apprendere attraverso la cooperazione dei compagni , “Orientamenti Pedagogici”, n. 1, pp. 28-48.
Cacciamani S. e Giannandrea L. (2004), La classe come comunità di apprendimento , Roma, Carocci.
Corno L. e Snow R.E. (1986), Adapting teaching to individual differences among learners . In M.C. Wittrock (a cura di), Handbook of research on teaching , New York, Macmillan, pp. 605-629.
Cornoldi C., De Beni R. e Gruppo MT (1993), Imparare a studiare , Trento, Erickson.
De Beni R., Moé A. e Cornoldi C. (2003), AMOS – Abilità e motivazione allo studio: prove di valutazione e orientamento , Trento, Erickson.
Frydenberg E. (2000), Far fronte alle difficoltà , Firenze, Giunti.
Levine M. (2004), A modo loro , Milano, Mondadori.
Levine M. (2006), Preparati, la vita comincia , Milano, Mondadori.
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Mariani L. (1990), Strategie per imparare , Bologna, Zanichelli.
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Mariani L. (2004), Tra portfolio e certificazione: documentare e valutare competenze e processi nel curricolo , “Lingua e Nuova Didattica”, n. 2.
Mariani L. e Pozzo G. (2002), Stili, strategie e strumenti nell'apprendimento linguistico , Firenze, La Nuova Italia.
Polacek K. (2003), Stili di apprendimento di David Kolb: esposizione, misurazione e utilizzazione, “Orientamenti Pedagogici”, n. 3, pp. 407-426.
Seligman M. E.P. (1996), Imparare l'ottimismo. Come cambiare la vita cambiando il pensiero , Firenze, Giunti.
Seligman M.E.P. (2006), Come crescere un bambino ottimista , Milano, Sperling & Kupfer.
Stewart I. e Joines V. (1990), L'analisi transazionale , Milano, Garzanti.
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dal sito: http://www.formare.erickson.it/archivio/dicembre_06/1_VINCENZI_a.html
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