La valutazione è figlia del tempo 


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La valutazione è figlia del tempo
(Benedetto Vertecchi)

Riprendo e adatto alla valutazione ciò che Francesco Bacone diceva della verità, e cioè che è figlia del tempo. Credo che un simile adattamento possa essere esteso all’insieme delle attività umane, tutte in misura maggiore o minore soggette a cambiamenti. Ciò non vuol dire che non possa riconoscersi il permanere di una struttura, ma che il presentarsi dei fenomeni risente necessariamente del contesto in cui essi si manifestano. Così è per l’educazione: il modus operandi è variabile, la funzione è la medesima che spingeva i nostri progenitori, non ancora discesi dagli alberi, ad occuparsi dei piccoli. Sono trascorsi migliaia di anni, ma l’attenzione verso i nuovi membri della specie obbedisce alla medesima esigenza delle origini, quella di assicurare la continuità della vita. La varietà delle soluzioni che sono state date a tale esigenza è da porre in relazione con i contesti ambientali e con un’attività che completa e dà conto della soluzione che si vuole adottare: si vuol dare risposta alla domanda: “questa soluzione è adeguata all’esigenza che si vuol soddisfare? Lo è del tutto o almeno in parte? Non presenta rischi che potrebbero contraddire l’intento che si vuol perseguire?”. In breve, rispondere a simili domande richiede che si effettui una valutazione, ossia che si esprima un giudizio su ciò che è stato (se se ne fosse del tutto appagati non si cercherebbero nuove soluzioni), sulle condizioni in cui si è reso possibile ciò che in precedenza è stato ottenuto, alla permanenza di tali soluzioni, alla rilevanza delle variazioni intervenute, all’effetto di trazione esercitato dalle attese di chi fruisce dell’educazione e degli adulti che ne hanno la responsabilità, sulla disponibilità di risorse materiali e immateriali. Vale la pena di osservare che qualunque attività, se compiuta da soggetti intelligenti, comporta una valutazione: l’alternativa non è una rinuncia a valutare, ma accontentarsi di apprezzamenti impliciti, inespressi o identificabili per le conseguenze che assumono sul piano dei comportamenti. L’assenza di valutazione è ipotizzabile solo nei termini di comportamenti del tutto condizionati: ma anche in questo caso avremmo una valutazione ab origine, che un automa potrebbe riprodurre ogni volta che si ripetano le condizioni inizialmente previste. Il richiamo alle origini della specie per porre in evidenza la componente valutativa presente nelle attività assume rilevanza soprattutto se riferito ai comportamenti collettivi, di insiemi più o meno numerosi di soggetti che presentino tratti comuni. Dai comportamenti collettivi si ricavano infatti le generalizzazioni che formano una prima base categoriale per l’espressione di giudizi. È su questa base che si fondano i processi di naturalizzazione che fanno considerare necessari giudizi che invece sono pertinenti solo per una parte dei soggetti presi in considerazione. Se, con un salto nel tempo che corrisponde grosso modo al percorso evolutivo della specie, a un certo punto osserviamo che l’alfabetizzazione di ampi strati delle popolazioni europee ha corrisposto al miglioramento delle condizioni di vita, e che a tale miglioramento, che si è avuto in parallelo con lo sviluppo dell’educazione, si è accompagnata una diversa distribuzione della popolazione sul territorio e una forte riduzione dei nuclei famigliari, non vogliamo intendere che ciò riguardi tutti i soggetti che in un tempo e in un luogo determinati sono in qualche misura coinvolti nei fenomeni, ma quella parte, generalmente maggioritaria, che avendo interiorizzato l’intento a partire dal quale si esprime il giudizio ne rappresenta la manifestazione prevalente. Non c’è dubbio che nella valutazione praticata alle origini prevalesse l’intento di favorire l’adattamento alla vita: la caccia, la pastorizia, la coltivazione del terreno erano modi per acquisire beni necessari per la sopravvivenza. Nel tempo la spinta all’acquisizione di beni materiali si è unita alla ricerca e alla crescita di rilevanza di beni immateriali. La grande scolarizzazione che si è verificata a partire dalla metà del millennio trascorso ha visto gradualmente accrescersi l’importanza dei repertori immateriali. È un processo che si è espresso, e continua ad esprimersi in modi sempre più rapidi, ponendo problemi valutativi che in precedenza non erano conosciuti o non erano considerati per la loro effettiva rilevanza. Nelle categorie in base alle quali si esprime il giudizio la natura deve integrarsi con la cultura: quando ciò non avviene, si assiste ai guasti che i comportamenti scorretti hanno provocato e continuano a provocare negli equilibri ambientali. Se la valutazione investe prevalentemente i soggetti le cui caratteristiche possono essere considerate dipendenti in un quadro determinato di pratiche e di eventi, è improbabile che il vantaggio in termini di adattamento che si consegue attraverso l’educazione appaia equamente distribuito. Più probabile è che si creino all’interno delle popolazioni, e degli strati di popolazione, intervalli che corrispondono a condizioni di favore o di deprivazione. Entro questi intervalli si annidano i fattori di separazione delle condizioni di esistenza (di classe, culturali, economiche): chi non è affogato nelle sabbie mobili del tessuto sociale, consegue un successo glorificato in termini ideologici (per esempio, ponendo la maggior enfasi sul merito individuale). Molto del dibattito sulla valutazione che si è sviluppato, non solo in Italia, negli ultimi decenni, ha avuto come centro l’apprezzamento del vantaggio, o dello svantaggio, conseguito individualmente. C’è stato quindi uno scostamento rispetto al significato originario della valutazione, che investiva prima di tutto i comportamenti collettivi. Del resto, se riandiamo agli inizi dello sviluppo della riflessione e della ricerca valutativa nella prima metà dell’Ottocento, ci rendiamo conto che la valutazione assumeva rilevanza per la sua capacità di analizzare le tendenze, positive o negative, dell’educazione scolastica rivolto ad aggregazioni rilevanti di popolazione nell’età dello sviluppo. Al dibattito che si svolgeva in Europa, che aveva assunto maggiore vivacità dove la crescita della popolazione scolarizzata era già stata rilevante al livello secondario (per esempio in Francia), si incominciava ad integrare quello sorto negli Stati Uniti. Vale la pena di ricordare l’impegno del Segretario per l’educazione dello Stato del Massachusetts fra il terzo e il quarto decennio dell’Ottocento, Horace Mann. Di origini modeste, Mann si impegnò nello studio, fino ad acquisire una rilevante cultura classica. Era sensibile ai problemi dello sviluppo sociale, e si proponeva il superamento dei pregiudizi e l’affermazione di una nuova morale, fondata su principi di libertà (era parente di Nathaniel Hawthorne l’autore di La lettera scarlatta). A Mann si deve la prima importante ricerca avente per oggetto la valutazione: quel che è importante è che non si soffermava tanto sul profitto dei singoli allievi, quanto su aspetti che oggi definiremmo di sistema. Ne riparleremo. Sintesi 2 Nell’articolo si riflette sulla valutazione come processo intrinseco alle attività umane, assimilando l'idea di Francesco Bacone che la verità è figlia del tempo. Sottolinea che, sebbene possa esistere una struttura di base, i fenomeni sono influenzati dal contesto. Nell'ambito dell'educazione, la varietà delle soluzioni proposte nel corso del tempo riflette l'adattamento alle esigenze della vita. Per questo è importante valutare il passato, le condizioni attuali, le variazioni e l'effetto che ne deriva sulle aspettative degli educatori e degli educandi. Sottolinea che ogni attività, se compiuta da individui intelligenti, comporta una valutazione implicita. Il richiamo alle origini della specie evidenzia la componente valutativa nei comportamenti collettivi, che forma la base per giudizi generalizzati. Il testo suggerisce che la valutazione originaria mirava a favorire l'adattamento alla vita attraverso la caccia, la pastorizia e la coltivazione. Nel corso del tempo, l'acquisizione di beni immateriali ha assunto importanza. La valutazione, se incentrata sugli individui, non può che produrre disparità socioculturali. Infine, si sottolinea l'evoluzione del dibattito sulla valutazione, inizialmente incentrato su comportamenti collettivi, ora spostato a valutazioni individuali, discostandosi dal suo significato originario.

 
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