Adolescenza… un periodo difficile
Esistono intere biblioteche di libri sull'adolescenza; e quasi tutti trattano l'argomento come se questa fase evolutiva fosse caratterizzata da una profonda crisi che potrebbe stravolgere il carattere del giovane. Ci sono molti pericoli nell'adolescenza, ma non è vero che essa può modificare ex novo il carattere: essa mette il fanciullo che cresce di fronte a nuove dinamiche, situazioni, sfide e a nuove prove. Egli sente che si sta avvicinando un momento cruciale della vita e possono rivelarsi, nel suo stile di vita, errori che fino ad allora erano passati inosservati: erano già presenti e un occhio esperto avrebbe potuto vederli da sempre. Ora, però, aumentano di importanza e non possono essere ignorati. Per quasi tutti i fanciulli, l'adolescenza significa soprattutto una cosa: dimostrare che non si è più “piccoli”. L'adolescenza, comunque, è un periodo difficile da definire. Assume significati differenti a seconda dei fanciulli – acne e disperato tentativo di acquisire una coscienza di sé da una parte, o droga, violenza e sesso dall'altra. In termini di tempo è quel periodo tra l'infanzia e l'età adulta, ma quando terminiamo di essere fanciulli e diventiamo adulti? E' difficile definirlo esattamente, ma grosso modo l'adolescenza copre quel periodo di tempo, quei sei frenetici anni, tra i tredici ei diciannove. Esiste una adolescenza biologica, ovvero quel periodo in cui emergono le caratteristiche sessuali secondarie. Nelle ragazze questa fase coincide con il menarca (11 – 12 anni). Nei ragazzi il cambiamento della voce e la crescita della barba si collocano intorno ai 14 anni. Come la prima infanzia, l'adolescenza è un periodo di rapide trasformazioni biologiche, combinate a nuove richieste e aspettative ambientali. Per quei fanciulli che già presentano disturbi del comportamento, le nuove richieste dell'adolescenza possono aggravare le tensioni in cui si dibattono, esacerbando le difficoltà. Anche altri, che da bambini avevano raggiunto un adattamento fragile e precario, possono essere sopraffatti dai grossi cambiamenti che sopravvengono con l'adolescenza e sviluppare allora turbe del comportamento. Ma ci sono anche quelli che hanno avuto un'infanzia relativamente “sana” e hanno maturato un saldo senso di autostima e di fiducia in se stessi: per questi fanciulli l'adolescenza può essere veramente un periodo stimolante, di arricchimento e di crescita psicologica. Tradizionalmente, nella letteratura scientifica e non, questa fase evolutiva è vista come un periodo di grande agitazione e tumulto emotivo, suscitati dai rapidi cambiamenti fisici, dall'insorgere della sessualità, da richieste di maggior responsabilità nell'ambito familiare, combinate con una più accentuata identificazione con i coetanei nel mondo esterno. L'adolescenza psicologica, invece, è quel periodo in cui il fanciullo in crescita sta imparando a rinunciare alla dipendenza protetta dell'infanzia per avviarsi all'indipendenza e alle responsabilità della vita adulta. Uno degli aspetti decisamente più complicati di questo periodo è l'incredibile altalena tra un umore e l'altro e i turbamenti emotivi che l'accompagnano. Ogni cosa che i genitori fanno evoca, il più delle volte (… se non sempre), una reazione ostile. Questo comportamento non può essere definito altrimenti come modalità reattiva imprevedibile. E' un periodo evolutivo in cui il fanciullo sta tentando di crearsi una identità personale. Da bambini prendiamo la nostra identità dai genitori. In realtà, essi ci dicono chi siamo, dicendoci a chi apparteniamo, e dicendoci cosa si aspettano che diventeremo crescendo. Questa identità, per ovvie ragioni, ci viene imposta dall'ambiente in cui siamo inseriti: un'identità esterna che “funziona” finché siamo in una posizione dipendente. Ma, man mano che cresciamo e ci distacchiamo dalle nostre “radici” possiamo scoprire che le nostre aspirazioni sono in conflitto con le aspettative dei nostri genitori. Questo è il motivo per cui uno dei più comuni disagi emotivi dell'adolescenza viene chiamato “crisi di identità”. E' un periodo di intensa preoccupazione, incentrata sul rapporto tra sé e gli altri intorno a lui. L'adolescente, anche se non ha un ruolo sociale ben definito, è molto importante in termini economici per la società. Esiste, infatti, un preciso gruppo di consumatori adolescenti. E' bene sottolinearlo che la quantità di denaro di cui dispongono i giovanissimi, al di là delle attuali previsioni catastrofiche, è aumentato in proporzione molto più rispetto agli adulti e questo, ovviamente, è stato sfruttato senza scrupoli a livello commerciale (… scooter, computer, CD, cosmetici, riviste, alcol, discoteca, ecc.). Gli adolescenti, inoltre, hanno specifici bisogni emotivi alla stessa stregua di quelli fisici, e la consapevolezza di questo rende comprensibile il loro comportamento altrimenti inspiegabile. Quelli che seguono sono alcuni di questi bisogni.
Il bisogno di avere delle “fondamenta” sicure da cui avviarsi alla maturazione. In termini emotivi questo significa innanzitutto un'esplicita assicurazione di affetto, di essere apprezzati ed accettati come singoli individui unici ed irripetibili (… e non quello si vorrebbe fossero). Secondariamente il giovane ha bisogno di sentire che c'è un futuro, e ancor più che in questo “tempo” c'è un posto per lui.
Il bisogno di limiti. I limiti implicano una struttura di contenimento, un quadro di riferimento entro cui l'adolescente può elaborare un'identità per sé. Deve esserci equilibrio, lealtà e comunicazione coerente. Se non ci sono limiti le norme non possono essere definite, e se non ci sono norme si corre continuamente il rischio di ledere l'autorità costituita.
Il bisogno di libertà entro questi limiti. I limiti definiscono gli estremi di azione e reazione. Entro questi limiti l'adolescente sente di dover avere libertà di scegliere da solo mentre esplora l'area delimitata e mentre fa le sue esperienze in modo autonomo. Non vuole accettare, per la sua “costituzione”, la verità come un dogma di autorità, vuole scoprirla da solo. Questo richiede pazienza e soprattutto malleabilità da parte di coloro che cercano di strutturare i limiti.
Il bisogno di contenere l'angoscia di base. Alcuni studiosi parlano di “angoscia esistenziale”, e con questo intendono l'angoscia che deriva dal non essere certi di se stessi e della propria posizione rispetto agli altri. L'adolescente si interroga continuamente sulla propria posizione nella società, sull'adeguatezza delle sue funzioni sessuali, sulla sua accettabilità tra i coetanei, se debba trovare un compromesso con le idee dei suoi genitori o se debba senz'altro rifiutarle. Si chiede chi è, perché esiste, e la sua mente è occupata in problemi di essere e non essere, e sul significato dell'essere. Questo è il motivo per cui tanti ragazzi passano attraverso una fase religiosa o si interessano alla meditazione e al misticismo. L'alternanza di euforia e depressione frutto di questa ricerca (… libertà, autonomia, identità, ecc.) è in gran parte responsabile della volubilità di umore di molti adolescenti.
Il bisogno di far fronte alle crisi di fiducia. In vari momenti del suo processo evolutivo l'adolescente perde fiducia in se stesso come persona in relazione a se stesso o come persona in rapporto ad altre persone. Ciò significa che cerca una rassicurazione ma allo stesso tempo si comporta in modo da rendere questa rassicurazione difficile.
Il bisogno di raggiungere degli obiettivi. L'adolescente tende all'indipendenza, a un'emancipazione nel vero senso della parola. Tenta di sviluppare controlli interni piuttosto che affidarsi al controllo imposta dall'esterno. Impara a scegliere cosa fare, e cosa non fare, secondo la sua volontà. E' in cerca di identità, specialmente nel ruolo sessuale nella scelta professionale.
Orbene, se teniamo a mente questi bisogni emotivi alcuni degli aspetti disturbanti del comportamento adolescenziale divengono meno intricati, e cominciano a emergere alcuni possibili modi di aiutare i ragazzi. Gli umori imprevedibili, che oscillano da un estremo all'altro, hanno origine ovviamente da un angoscia di base e, soprattutto, dall'indecisione. L'intero organismo è in uno stato di squilibrio, e i meccanismi psicologici interni di controllo non sono ancora sviluppati e perfezionati. Gli adulti tendono a rispondere alla loro instabilità di umore con l'ostilità e il rifiuto, e queste reazioni fungono da feedback positivo e rendono peggiore lo stato d'animo del ragazzo. Molte risposte dell'adulto hanno solo l'effetto di rinforzare il senso di inadeguatezza. Riunirsi insieme in vari gruppi non costituisce solo una forma di protezione ma anche una forma di auto identificazione. “So chi sono perché appartengo al gruppo che guarda il telefilm ‘The O.C.', segue una ‘Donna per amico', ascolta quella band musicale, ecc”. Molte culture crescono su questa tendenza a riunirsi per sfogare le emozioni e gli atteggiamenti reciprocamente sentiti. Quando soggetti instabili, insicuri, si riuniscono in combriccola, emozioni più primitive vengono combinate ed espresse dando luogo ad atti antisociali e di violenza (… si vedano ad esempio gli ultimi episodi di violenza verificatisi in vari stadi italiani ed esteri). Inoltre, la moda nell'abbigliamento, lo stile delle pettinature e del linguaggio sono tutte dimostrazioni di appartenenza ad un gruppo chiuso che contesta tutti gli altri gruppi esterni. In breve, diventano una specie di uniforme attraverso cui identificarsi, comunicare reciprocamente e contestare “gli altri”, i grandi sconosciuti. Abbiamo visto come la nozione di adolescenza risponda ad un giudizio dato dagli altri e, nello stesso tempo, corrisponda ad alcune modificazioni biologiche e cambiamenti della personalità del soggetto. E' l'adolescenza, quindi, un periodo nel corso del quale accade qualcosa? E' veramente un periodo di sviluppo? E' una crisi nella storia dell'individuo? A volte, l'adolescenza è un po' considerata paradossalmente come malattia; si dice spesso “bisogna far passare la giovinezza” come se si parlasse di qualche malattia infettiva. Ma si parla più spesso di crisi dell'adolescenza, riferendosi con questa nozione di crisi ad una fase particolare dello sviluppo della personalità o di una crisi psicosociale. Ma quali sono veramente questi pericoli dell'adolescenza? Per quasi tutti i ragazzi, l'adolescenza significa soprattutto una sola cosa: dimostrare che non si è più “bambini”. Potremmo forse convincerli che per noi questo è un fatto scontato; se lo facessimo, la situazione perderebbe molto della sua tensione. Ma se il ragazzo ha la sensazione che deve dimostrarlo, è abbastanza naturale che cerchi di mettere esageratamente in evidenza questo fatto. Moltissime manifestazioni dell'adolescenza sono il risultato del desiderio di mostrare indipendenza, parità con gli adulti e virilità o femminilità. La direzione data a queste espressioni dipenderà dal significato che il ragazzo ha attribuito al fatto di essere “adulto”. Se essere “adulto” per lui significa essere libero da controlli, il ragazzo lotterà con tutte le sue forze contro queste restrizione. Molti di loro in questo periodo cominciano a fumare, a bestemmiare e stare fuori fino a tardi la sera. Alcuni rivelano un'ostilità inaspettata verso i propri genitori, e i genitori rimangono esterrefatti nel vedere che un ragazzo così, fino ad allora, obbediente possa essere diventato improvvisamente così disobbediente. Ma non si è verificato un reale cambiamento di atteggiamento, perché il ragazzo apparentemente obbediente era sempre stato ostile verso i genitori, ma è soltanto adesso, quando ha più libertà e più forza, che si sente in grado di proclamare il proprio disappunto. Nella maggior parte dei casi, durante l'adolescenza ai figli viene data una maggiore libertà e una maggiore indipendenza. I genitori sentono, in base ovviamente al proprio vissuto, di non avere più il diritto di sorvegliarli e proteggerli di continuo. Se però i genitori tentano di proseguire la loro sorveglianza, i ragazzi faranno sforzi ancora maggiori per sfuggire ai “controlli” più i genitori cercano di confermare loro che sono ancora bambini, più essi lotteranno per dimostrare l'opposto. Da questa lotta, per ovvie ragioni, si sviluppa un atteggiamento antagonistico, e abbiamo così il quadro tipico del “negativismo dell'adolescente”. In questa fase tutti gli organi del corpo crescono e si sviluppano, e a volte il coordinamento delle funzioni non si realizza facilmente. I ragazzi crescono di statura, le mani e i piedi diventano più grandi, e forse sono meno attivi e meno abili. Debbono riuscire a governare questo coordinamento; ma se durante tale processo vengono criticati e derisi, arriveranno a credere di essere goffi. Anche le ghiandole endocrine contribuiscono allo sviluppo del ragazzo, accrescendo le loro funzioni. Si badi bene che non si tratta di un cambiamento esclusivo e completo, perché le ghiandole endocrine erano attive persino nel periodo prenatale, ma ora le loro secrezioni sono maggiori, e i caratteri sessuali secondari diventano più evidenti. A un ragazzo comincerà a crescere la barba, e la sua voce cambierà la figura della ragazza si arrotonderà e diventare femminile in modo più evidente. Anche questi sono fatti che un adolescente può fraintendere ed essere fonte di sofferenza. Tutti i pericoli dell'adolescenza provengono dalla mancanza di un'adeguata preparazione e di un adeguato corredo di fronte ai tre problemi della vita. Se i ragazzi hanno paura dell'avvenire, è abbastanza naturale che cerchino di affrontarlo con metodi che richiedono il minimo sforzo. Queste strade facili, però, sono inutili. Più a un ragazzo di questo genere si rivolgono ordini, esortazioni e critiche, più forte diviene la sua impressione di trovarsi di fronte a un abisso. Più noi lo spingiamo avanti, più lui cerca di tirarsi indietro. A meno che non riusciamo ad incoraggiarlo (elogiarlo), ogni sforzo per aiutarlo sarà un errore e lo danneggerà ulteriormente. Finché è così pessimista e spaventato, non possiamo aspettarci che abbia la sensazione di potersi permettere degli sforzi supplementari. Un gran numero di adolescenti “sconfitti” proviene dalle file dei bambini “viziati”; ed è facile comprendere come l'avvicinarsi delle responsabilità da adulto crei una tensione particolare per dei bambini che sono stati abituati ad avere tutto “scodellato” dai genitori. Essi vogliono ancora mantenere quei “privilegi”, ma diventando più grandi scoprono di non essere più al centro dell'attenzione, e rimproverano la vita per averli ingannati e respinti. Sono stati allevati in un'atmosfera artificialmente calda e ,ora, l'aria esterna sembra loro dolorosamente fredda. E' in questa fase dello sviluppo che noi scopriamo capovolgimenti evidenti della tendenza a progredire: ragazzi da cui ci si aspettava di più cominciano a fallire negli studi o nel lavoro, mentre quelli che prima sembravano meno dotati cominciano a superarli e a rivelare capacità insospettate. Non c'è contraddizione con la loro storia precedente, adesso comincia forse a sentire il timore di deludere le aspettative di cui era stato sovraccaricato. Fino a che veniva aiutato e apprezzato, poteva andare avanti; ma quando arriva il momento di fare degli sforzi indipendenti, gli manca il coraggio e si ritrae. I bambini che si sono precedentemente sentiti poco stimati e trascurati, ora che instaurano rapporti più ampi con i loro compagni, concepiscono forse la speranza di poter essere apprezzati, e molti sono totalmente “infatuati” da questo ardente desiderio di apprezzamento. Se è già abbastanza pericoloso che un ragazzo vada soltanto in cerca di lodi, lo è molto di più per le femmine che hanno spesso anche minore fiducia in se stesse, e vedono nell'apprezzamento degli altri l'unico modo per provare il loro valore. Ragazze di questo genere diventano facilmente preda di uomini che sanno come lusingarle. Sia i ragazzi che le ragazze spesso nell'adolescenza sopravvalutano ed esagerano le relazioni sessuali: vogliono provare che sono diventati grandi, ed esagerano (… questa interpretazione non deve essere interpretata in senso moralistico, ma bensì come attività di compensazione). Se una ragazza, per esempio, è in conflitto con la madre e ritiene sempre di essere repressa, spesso, in segno di protesta, avrà un'attività sessuale con tutti gli uomini che incontra (… si sono sentite in una situazione di inferiorità, e possono concepire soltanto un modo per raggiungere una situazione sicura e di equilibrio). Molte ragazze che hanno vissuto nella “bambagia” non riescono ad adattarsi al loro ruolo femminile. Poiché nella nostra cultura, anche se ha fatto passi da gigante, si ha sempre l'impressione che gli uomini, in qualche modo, siano superiori alle donne, esse disdegnano l'idea di essere donne, e rivelano quella che molti studiosi chiamano “la protesta virile”. La protesta virile si può esprimere con molti e svariati tipi di comportamento. Ci sono ragazze che si limitano a disprezzare e a evitare gli uomini; altre a cui gli uomini piacciono, ma che con loro si trovano a disagio e non riescono a parlare. Queste ragazze, generalmente, si sentono a disagio di fronte ai problemi sessuali, e spesso sostengono di essere impazienti di sposarsi solo quando sono più avanti con l'età, ma poi non fanno niente per stabilire rapporti con membri dell'altro sesso né instaurano amicizie con essi. A volte noi troviamo che il disprezzo del ruolo femminile viene espresso e messo in risalto più intensamente negli anni dell'adolescenza. Le ragazze si comportano sempre più da maschi e vogliono imitare i ragazzi (… sarà più facile per loro imitarne i vizi). Non solo le ragazze però soffrono di “protesta virile”, ma anche tutti i ragazzi che sopravvalutano l'importanza di essere maschi considerano la virilità come un ideale, e dubitano di essere abbastanza forti da raggiungerlo. Così l'importanza data, nella nostra cultura, alla virilità, può creare difficoltà sia ai maschi che alle femmine, specialmente se non sono del tutto convinti del proprio ruolo sessuale. Concludendo, possiamo dire che esiste una superstiziosa credenza, quasi universale, che considera l'adolescenza come un periodo molto speciale e particolare. Generalmente ai vari periodi dello sviluppo umano viene dato un significato estremamente particolare, e li si considera come se provocassero dei cambiamenti totali. Questo, ad esempio, è l'atteggiamento di molte persone nei confronti della menopausa. Ma queste fasi non sono “cambiamenti”; sono solo la prosecuzione della vita, e i loro fenomeni non hanno un'importanza critica. Ciò che conta è quello che l'individuo si aspetta in tale fase, il significato che le dà, e il modo in cui è stato preparato ad affrontarla. Spesso la gente all'apparire dell'adolescenza si allarma, e si comporta come se avesse visto un fantasma. Ma se noi comprendiamo questa condizione nel modo giusto, vedremo che i ragazzi non sono affatto colpiti dal “vortice” dell'adolescenza, tranne che per il fatto che le condizioni sociali richiedono che si modifichi il loro stile di vita. Spesso, però, essi credono che l'adolescenza rappresenti la fine di tutto: tutto il loro merito e il loro valore è perduto. Non hanno più alcun diritto di cooperare e di contribuire: nessuno ha più bisogno di loro. E' da sentimenti del genere che si sviluppano tutte le difficoltà dell'adolescenza. Se il bambino è stato abituato a sentirsi membro uguale della società e a comprendere che il suo compito è quello di contribuire, e specialmente se è stato “allenato” a considerare i membri dell'altro sesso come compagni e uguali, l'adolescenza gli offrirà soltanto l'occasione per dare l'avvio alla propria soluzione creativa e indipendente dei problemi della vita adulta. Se si sente a un livello inferiore agli altri, se soffre di una visione errata della propria situazione, nell'adolescente si renderà evidente che egli non è adeguatamente preparato alla libertà. Se ci sarà sempre presente qualcuno per costringerlo a fare quello che è necessario, potrà farlo; ma se è lasciato a se stesso, sarà timido ed esitante e fallirà. Un ragazzo del genere sarebbe adatto per la schiavitù, ma nella libertà è perduto.
Cosa fare quando l'adolescente… disubbidisce. Non è possibile allevare un fanciullo senza che vi siano “crisi evolutive”, collere e capricci, ad ogni tappa della sua evoluzione, come abbiamo visto, egli attraversa momenti più o meno difficili di opposizione. In tal caso, è necessario richiamarlo all'ordine senza però drammatizzare. E soprattutto non bisogna mostrarsi vittime dei bruschi mutamenti di comportamento del fanciullo. Deve sentire che il suo comportamento può essere rivolto a proprio favore o a proprio sfavore, e non a favore dei genitori. I motivi di questo comportamento, continuo e deliberato, sono sicuramente diversi. Forse si hanno pretese eccessive per la sua età. E' sempre meglio proporre poche regole di comportamento (… facilmente realizzabili all'inizio) che deve assolutamente rispettare, piuttosto che manifestare inflessibilità su ogni aspetto della vita quotidiana. A volte, invece, disubbidisce volontariamente per affermare la propria autonomia ed individualità. Il linguaggio con cui vengono impartite le regole deve essere semplice e, soprattutto, alla portata dell'adolescente: deve comprendere perché sono state imposte e perché si pretende che le osservi. Di fronte a un bambino disubbidiente, è giusto chiedersi, in primo luogo, se non stiamo esigendo troppo da lui. Prendiamo poi in esame, ovviamente noi genitori, se abbiamo un'attività socialmente adattata, se svolgiamo nella società un ruolo che consideriamo positivo per noi e per la comunità. Se non riusciamo ad aiutare il fanciullo, ricorriamo allora ad una professionista qualificato. La continua disubbidienza è infatti un campanello d'allarme che nasconde difficoltà più profonde. Diciamoci pure che il bambino disubbidiente non è un bambino felice: in fin dei conti egli chiede solamente di essere amato, compreso, aiutato.
… usa il turpiloquio. Attraverso questa modalità linguistica (maschi e femmine) si sentono più grandi; questo diventa più facile se gli adulti del loro ambiente usano tali espressioni linguistiche. L'imitazione è contagiosa: c'è più probabilità di fare altrettanto se i propri amici usano parolacce; anche i mass media possono influire, imitando il personaggio preferito. Non ha alcun senso vietargli di usarle in tutte le occasioni, perché questo probabilmente rinforzerebbe e renderebbe ancora più eccitante l'idea di dirle quando sa che non lo si può udire (… l'adulto non può pretendere dal figlio di non dire parolocce quando lui stesso è il primo ad avere un vocabolario ben nutrito di improperi).
… ha l'umore instabile. Non bisogna sottovalutare la possibilità di natura organica (anemia, influenza, difficoltà di recuperare le forze, ecc.). Frequentemente l'umore è legato allo stress. Una situazione ansiogena prolungata: esami, interrogazioni, litigi, mancanza di autostima. Esami clinici sono sempre d'obbligo. Valutare attentamente se il dormire è sufficiente (… se legge, ascolta CD, vede la televisione fino a tarda notte). Cercare di capire tutto ciò che può aver creato stress in modo eccessivo, senza ovviamente fare un'indagine di terzo grado e soprattutto rispettando i suoi tempi senza assolutamente forzarlo.
… usa la provocazione. Anche questo comportamento può essere una reazione ad un evento estremamente stressante. Questa reazione istintiva può essere un modo per sondare fino a che punto può arrivare (… e se l'adulto fa sul serio); è una continua ricerca di libertà e di controllo di spazi sempre più in piena indipendenza. E' importante non farsi coinvolgere in discussioni irrealistiche e senza senso, ma si deve dire in modo chiaro cosa si vuole da lui. Dare man mano che crescono, in modo crescente, piccole dose di libertà sarà nei loro confronti una manifestazione di fiducia e di responsabilità. Tale considerazione svilupperà in loro sicurezza, rispetto e, sicuramente, le provocazioni diminuiranno gradualmente.
… se ruba. Questi comportamenti non devono mai essere sottovalutati, anche se la merce rubata è insignificante (… spesso sono adolescenti disorientati che non sanno più cosa inventare per farsi amare). Il taccheggio nell'adolescenza è un comportamento piuttosto comune. Le motivazioni spaziano dall'invidia, al desiderio di appartenere ad un gruppo ben preciso, fino al desiderio masochistico di essere beccato in flagranza per espiare eventualmente dei sensi di colpa. Deve comprendere, senza punizioni fisiche o umiliazioni, che non si intende tollerare i furti. Più i genitori si mostreranno giusti con lui, meglio comprenderà e più facilmente si sentirà a suo agio. Dimostrare in che cosa ha sbagliato è fondamentale e soprattutto fargli vedere come dovrà comportarsi in futuro.
Niente mezze misure, ma misure moderate. L'adulto in pratica deve essere più ragionevole dell'adolescente. Le grandi conquiste si realizzano giorno per giorno con la temperanza ed il rispetto umano, oltre che con l'affetto.
… è timido. Uno dei sintomi più visibili è il rossore che affiora sul suo volto, sul naso, sulle orecchie, alla prima occasione. A volte, presenta inoltre turbe del linguaggio piuttosto pronunciare: balbetta per la paura di non sapersi esprimere. Il suo “difetto” è soprattutto apparente e si manifesta di fronte alle persone di cui teme il giudizio, mentre con coloro che lo ascoltano (… senza esprimere giudizi di valore) con benevolenza gli accade di parlare normalmente. Alcuni professore si sono trovati in presenza di fanciulli così turbati dall'interrogazione che pretendevano di non aver “sentito” la domanda. A forza di insistere, scompare il ronzio alle orecchie che aveva impedito loro di sentire. Altri, invece, lamentano di avere un velo davanti agli occhi che impedisce loro di vedere l'interlocutore: utile distrazione per isolarsi dagli indiscreti. Il timido soffre di un senso di inferiorità che lo paralizza. Non ha fiducia nelle sue possibilità, che il più delle volte sottovaluta; si trova debole, mal preparato ad affrontare la vita, incapace di difendersi. Il suo atteggiamento maldestro, il timore della sfavorevole opinione del prossimo sono per lui causa di insuccessi che costituiscono una conferma alla sua esperienza. Egli si serve di questi insuccessi come pretesti per non agire più. Ma cosa rafforza la timidezza? Si dice spesso: “è una malattia di famiglia”. Il fanciullo percepisce infatti tutte le reazioni dell'ambiente in cui vive: sicurezza, paura, esitazione, mentre troppo frequentemente coloro che lo circondano lo considerano ancora un piccolo essere passivo e privo di sue capacità. In molte famiglie c'è la tendenza ad agire e parlare in presenza di un fanciullo come se non ci fosse, con il pretesto che è troppo piccolo per capire. Alcune madri troppo apprensive raggiungono una relativa tranquillità tenendo i figli vicino a sé con il pretesto di evitare delle catastrofi. Se il bambino sente che la madre grida quando si allontana da lei e se non è munito di un solido spirito di opposizione, si rassegna a scegliere giochi più tranquilli. La diffidenza comincia a covare nel suo intimo: “poiché i grandi hanno paura, devo avere paura anch'io e diffidare ancora di più”. I genitori inoltre troppo ambiziosi esigono dal figlio risultati brillanti sia che essi stessi li abbiano conseguiti, sia che, in seguito a un insuccesso personale, abbiano trasferito su di lui la loro ambizione delusa. Il bambino si scoraggia, soffre nel suo amor proprio e diventa “timido” nel senso che preferisce tacere e non agire piuttosto che non riuscire. Egli comunque può dubitare delle sue possibilità. Il bambino che non è sicuro di sé ricerca l'approvazione che gli permetterà di perseverare. Se scorge la critica o la presa in giro negli occhi di coloro che lo circondano, si lascia andare. Di fronte a un bambino timido è inutile attaccare frontalmente i sintomi. Il sintomo è solo una spia esterna del turbamento più profondo. L'incoraggiamento a parole non basta, perché non si convincerà delle proprie capacità in base ai complimenti e a lodi. La sua mancanza di fiducia in se stesso è molto profonda per essere scossa dalle adulazioni. Per poter credere a poco a poco nelle sue possibilità, deve conseguire risultati sensibili. Egli ha subito sconfitte su tutti gli itinerari che ha tentato di imboccare. Cerchiamo con lui sentieri nuovi lungo i quali possa acquistare con successo fiducia in se stesso. Nel suo intimo vi è spesso il desiderio di fare certe cose che non osa fare per timore di fallire o di dispiacere ai genitori. Bisogna che scopra in sé il talento che fino a quel momento non era stato incoraggiato; per esempio, al di fuori della scuola, uno sport o un hobby. I genitori devono aiutarlo a realizzarsi. Quando si sentirà forte in “qualcosa” egli penserà che, essendo in grado di fare qualcosa bene, nulla gli impedisce di riuscire anche negli altri campi. E' importante una riuscita, un successo, un progresso: anche uno solo. Attraverso il dispiegamento delle sue facoltà conculcate, noi restituiremo al timido l'equilibrio e la volontà di affrontare la vita. Il successo reca con sé la fine della timidezza.
(Bonipozzi dott. Claudio – Portomaggiore (FE) 0532.329012
mail: bonipozzi@libero.it - sito: http://digilander.libero.it/bonipozzi/Articoli/Adolescenza.htm )