Artifici mnemonici
Lina Bolzoni
Ci sono molte cose sulla memoria che abbiamo dimenticato;
fra queste, il ruolo essenziale che essa ha giocato per millenni nellesperienza
degli uomini, e il fatto che le tecniche per svilupparla, le riflessioni
teoriche che le hanno accompagnate e nutrite hanno costituito anche una
grande sperimentazione sul potere delle immagini, sui modi in cui le parole
si possono tradurre in immagini, e le immagini in parole. Proprio per
questo lantica tradizione dellarte della memoria è
per noi un fossile intellettuale e, insieme, qualcosa di attuale, paradossalmente
comprensibile. Oggi, infatti, siamo abituati a delegare ai libri, ai computer,
a Internet, a strumenti tecnologici sempre più sofisticati il compito
di conservare parole, immagini, suoni, conoscenze. Viviamo, daltra
parte, in uno spazio in cui, a ritmi del tutto sconosciuti al passato,
le immagini si muovono, si trasformano, si frantumano, si consumano rapidamente.
Si è enormemente dilatato quel cambiamento della percezione visiva
che Walter Benjamin aveva collegato alla nascita della moderna metropoli,
a Parigi per esempio, con la sua folla in movimento continuo. Ci sembra
dunque incredibile che per secoli gli uomini abbiano impiegato tempo ed
energie, abbiano praticato e insegnato tecniche, scritto libri, costruito
complessi sistemi filosofici, per aumentare le capacità naturali
della memoria.
Le parole
e le immagini
Oggi, quando si parla del problema della memoria, ci
si riferisce piuttosto ad alcuni contenuti, ai momenti più tragici
della storia del XX secolo per esempio, con i suoi campi di sterminio,
i suoi gulag, i suoi totalitarismi. Il problema della memoria diventa
allora lesigenza etica di non dimenticare, come atto di giustizia
e di responsabilità verso le vittime, come impegno a vigilare perché
orrori simili non si ripetano. Diverso è il problema per la tradizione
dellarte della memoria: si tratta qui di sviluppare delle facoltà
umane, di agire sui meccanismi naturali per cui ci ricordiamo o ci dimentichiamo
qualcosa. Si tratta dunque di un aspetto che investe le capacità,
piuttosto che i contenuti della memoria. Il che non toglie che anche questa
tradizione abbia connessioni con problemi etici e politici. Così,
per esempio, è stata usata in modo coercitivo e puramente passivo,
costringendo i discepoli a immagazzinare dati o idee. Per questo ha suscitato
la satira di umanisti come Erasmo, o di scrittori come François
Rabelais e Jonathan Swift, fino alle incursioni enciclopediche di Bouvard
e Pécuchet. Oppure è stata usata per allenare la mente al
gioco delle associazioni, e quindi per esercitare limmaginazione
e la creatività, per ordinare e controllare i frutti delle letture
e per usarli nella scrittura, oppure ancora ha alimentato, fra Cinque
e Seicento, nellEuropa dilaniata dalle guerre, sogni di palingenesi
e di pacificazione universale. Quella è lepoca del suo massimo
splendore: affascina filosofi e utopisti come Giordano Bruno e Tommaso
Campanella, fornisce gli strumenti per la ricerca di una lingua universale
e per generosi tentativi di innovazione pedagogica, come quello di Comenio.
Larte della memoria, tuttavia, si propone oggi alla nostra attenzione
anche per motivi che vanno al di là della storia culturale, del
recupero pure di grande fascino del ruolo che essa ha giocato
nella cultura europea, almeno fino al Seicento. E non si tratta nemmeno,
soltanto, dei punti di contatto che essa presenta con lintelligenza
artificiale (memoria artificiale era infatti uno dei termini usati per
indicarla), per cui in Internet si trovano per esempio diversi siti dedicati
al teatro della memoria di Camillo Giulio Delminio (1480-1544
ca.), a cui si chiede ispirazione per la creazione di motori di ricerca
controllabili dallutente, e insieme capaci di gestire la complessità
della rete.
Forse quello che oggi sentiamo più vicino, più stimolante,
è proprio la lunga sperimentazione che larte della memoria
ha compiuto sul potere delle immagini, sui modi in cui esse interagiscono
con le parole. Si dice spesso che la crisi della lettura che caratterizza
la nostra realtà, la difficoltà che i ragazzi hanno di capire
un testo, sono legati allo strapotere che le immagini esercitano nella
nostra vita quotidiana. Anche in questa ottica, ripercorrere la tradizione
dellarte della memoria può costituire una provocazione. Essa
ci permette non soltanto di vedere in azione collegamenti insospettati
tra letteratura e arti figurative, di recuperare modi di percepire e di
usare testi e immagini che sono per noi impensabili; ma essa costituisce
anche un esempio di come parole e immagini possono interagire, e sostenersi
a vicenda.
Una cultura
orale
Per capire come tutto questo si è sviluppato,
bisogna tornare alle origini. In una società orale, che non conosce
la scrittura, la memoria ha un ruolo assolutamente essenziale nellassicurare
la sopravvivenza e lidentità della comunità umana.
Per questo, nel mito greco, la memoria è una dea, Mnenosine, ed
è la madre delle Muse: memoria e poesia sono così strettamente
unite. Alcune caratteristiche dei poemi omerici sono state spiegate proprio
in relazione con le esigenze di una cultura orale. In essa il poeta ha
il compito di diffondere le conoscenze essenziali, di far ricordare il
passato in modo da trasmettere valori. Di vitale importanza diventa la
memorabilità del testo, la sua capacità di imprimersi facilmente
nella mente dellaedo che lo canta e del pubblico che lo vede e lo
sente. Proprio in funzione della memoria si spiegano allora le tecniche
della rappresentazione e alcune componenti del testo stesso, come luso
del dialogo, la forte visualizzazione delle immagini e soprattutto, in
collegamento con le scansioni metriche, la tecnica formulaica
, il cui carattere ripetitivo e prevedibile appare in questa ottica comprensibile
e funzionale.
Profondamente legato a una società orale, il problema della memoria
resta però ben vivo anche nelletà della scrittura,
dove trova anzi una sua precisa collocazione istituzionale. Da Aristotele
a Cicerone a Quintiliano larte della memoria diventa parte della
tecnica retorica. Insegna infatti a ricordare un discorso che, per essere
persuasivo, va detto in pubblico, quando non si può leggere e tutto
si gioca sulle risorse della actio, della recitazione, e, appunto, della
memoria. Di qui passerà alle artes praedicandi del Medioevo.
Proprio la scrittura, tuttavia, aveva intanto ricreato la mnemotecnica
a sua immagine e somiglianza. Le tecniche della memoria, ci dicono le
testimonianze più antiche, sono come quelle della scrittura: insegnano
a incidere stabilmente i ricordi sulla tabula della mente, collegandoli
con immagini, così come lo scriba incide sulla tavoletta di cera
i segni con cui vuole esprimere le parole. La scrittura, in altri termini,
contribuisce ad accreditare una concezione spazializzata della mente,
della memoria in particolare. Essa appare come uno spazio diviso in loci,
nei quali si depositano immagini sensibili che possono conservarsi o svanire.
SantAgostino parlerà delle caverne, dei palazzi, degli ampi
spazi della memoria, mentre altre immagini diffuse la rappresenteranno
come larca del tesoro, la borsa, larmadio. Petrarca parlerà
dello scrigno in cui lo studioso deposita i frutti del suo lungo lavoro
di studio, di ricerca, di meditazione; ma una piccola fessura si può
aprire nello scrigno, e così il contenuto prezioso può scivolare
via. Dante aveva descritto la sua memoria come un libro, in cui sono scritte,
e miniate, le vicende del suo amore per Beatrice. Si tratta dunque di
immagini diverse, di lunghissima durata, tutte accomunate dalla proiezione
della memoria nella dimensione dello spazio.
Losservazione del funzionamento naturale della memoria aveva dimostrato
che ci sono condizioni precise che agevolano il ricordo, e cioè
lordine e il gioco delle associazioni. Costruire un insieme ordinato
di loci e collocarvi imagines agentes, immagini cioè capaci di
emozionarci, di colpire la nostra attenzione e di farci ricordare cose
e parole attraverso la catena delle associazioni: questi saranno i cardini
della tradizione secolare dellarte della memoria, questi gli elementi
primi, costitutivi, che attraversano sia pratiche ripetitive e artigianali,
che sistemi complessi e innovativi. A essi si affiancherà il lato
più propriamente medico dellarte, quello che si propone di
rafforzare la memoria naturale con diete, consigli sul comportamento,
oltre che con medicine vere e proprie.
Secondo la tradizione, linventore dellarte della memoria è
Simonide di Ceo, poeta lirico delletà presocratica (556-467
a.C. ca.), famoso per la bellezza delle sue immagini. Le caratteristiche
del personaggio e i diversi miti di fondazione di cui è protagonista
ci introducono nel vivo della stretta connessione fra memoria, poesia
e immagini. Si racconta che Simonide, chiamato ad allietare con la sua
poesia un banchetto offerto da un nobile della Tessaglia, Scopa, inserisce
lelogio di Castore e Polluce nel carme in onore del padrone di casa.
Questi, irritato, gli dà solo metà del compenso pattuito;
laltra, gli dice, gliela daranno i due dei di cui ha cantato le
lodi. Simonide viene chiamato fuori dalla sala del banchetto: due giovani,
gli viene riferito, lo stanno aspettando. Il poeta esce e non trova nessuno;
in quellistante il tetto della sala crolla, travolgendo tutti i
presenti. Simonide permette il riconoscimento dei corpi, orrendamente
maciullati, perché si ricorda grazie allarte della
memoria, da lui inventata lordine in cui i convitati erano
seduti.
Il nesso fra arte della memoria e poesia, presente nel mito di Mnemosine
madre delle Muse, è presente anche qui, ma calato dal cielo sulla
Terra, nel mondo delle umane professioni. Simonide è infatti non
solo un poeta, ma, secondo la tradizione, è il primo a farsi pagare
per i suoi versi, ed è anche il primo a paragonare la poesia alla
pittura, dando così vita a un topos (ut pictura poesis, secondo
la formulazione dellArs poetica di Orazio) destinato a fortuna secolare.
Questa seconda informazione ci introduce nel vivo del problema cui si
faceva riferimento. È molto significativo, infatti, che proprio
linventore dellarte della memoria sottolinei che poesia e
pittura abbiano in comune la creazione delle immagini. Certo, per farsi
pagare il paragone era utile, in quanto aiutava a vedere la
poesia, cosa ben più difficile che vedere e quindi apprezzare
anche economicamente una pittura o una scultura. Ma significava
anche che scoprire la mnemotecnica voleva dire familiarizzarsi con lo
straordinario potere delle immagini mentali. Di qui veniva il riconoscimento
di un terreno in cui arti diverse come la pittura e la poesia
sincontrano.
Memoria
delle cose
Larte della memoria o memoria locale, o,
come si diceva, memoria artificiale si propone di far ricordare
i concetti, le idee da esprimere (è in questo caso memoria rerum,
memoria delle cose, e si lega strettamente alla inventio, alla capacità
cioè di trovare il materiale utile, i temi e le argomentazioni
che servono), oppure si propone il compito più difficile, e spesso
considerato secondario, di far ricordare le singole parole: è questa
la memoria verborum, quella che serve allattore, per esempio. Nello
sforzo di tradurre in immagini anche le parole che non hanno alcun corrispondente
visivo, la memoria verborum ricorre a varie tecniche, alcune simili a
quelle del rebus. In ogni caso molto si gioca sulla forza dellassociazione,
sul tipo di legame che si crea fra ciò che si vuole ricordare e
limmagine cui si affida il ricordo. È subito viva fin dallantichità
la consapevolezza che il ricordo non è puramente passivo, ma comporta
unattività della mente (oltre che, spesso, un coinvolgimento
emotivo). Bisogna andare alla caccia dei ricordi, creando reti, quasi
trappole per imprigionare ciò che sfugge. In un passo famoso della
sua operetta sui meccanismi della memoria (De memoria et reminiscentia,
451b), Aristotele sinterroga sui modi in cui, spontaneamente, la
nostra mente richiama alla memoria le cose che le sfuggono. Tutto procede,
egli dice, grazie alle associazioni: un ricordo ne richiama un altro,
limmagine di una cosa ne trascina con sé unaltra se
cè tra le due un rapporto di somiglianza, oppure di contrarietà,
oppure di contiguità. Su queste tre leggi di associazione ci si
può dunque basare per dilatare artificialmente le capacità
naturali della memoria. E sono gli stessi procedimenti, dirà sempre
Aristotele (De insomniis, 458b), che in alcuni guidano anche le visioni
che si hanno nei sogni.
Proprio qui, in questo procedimento costitutivo della mnemotecnica, nelle
tre leggi di associazione formulate da Aristotele, si coglie
la dimensione per così dire creativa della memoria, che va ben
al di là del puro immagazzinamento di dati. Possiamo infatti riconoscere
nelle leggi di associazione aristoteliche i due modelli che il linguista
Roman Jakobson ha individuato come costitutivi delle due figure retoriche
essenziali. Si può dire che le associazioni per somiglianza e per
contrarietà producono la metafora, e lassociazione per contiguità
produce la metonimia. Possiamo allora capire qualcosa che sempre più
sta venendo alla ribalta negli studi più recenti, il fatto cioè
che le tecniche mnemoniche non sono servite sempre e soltanto a ricordare
testi e immagini già prodotti, ma hanno contribuito a produrre
testi e immagini memorabili, capaci cioè di essere
agevolmente ricordati.
La predicazione
La tradizione medievale della predicazione costituisce,
da questo punto di vista, un osservatorio di straordinario interesse,
come ho potuto verificare in questi ultimi anni, nelle ricerche condotte
per il mio libro La rete delle immagini (Bolzoni 2002). Vediamo per esempio
cosa succede a Pisa. Qui, nel Camposanto monumentale, a partire dagli
anni Trenta del Trecento, viene realizzato il grande ciclo di affreschi
del Trionfo della Morte, che tra Sette e Ottocento sarebbe diventato tappa
obbligata e seducente del viaggio in Italia per generazioni di artisti
e di visitatori. Ci sono molti testi che ci restituiscono lo schermo ideale
attraverso cui gli osservatori trecenteschi erano invitati a guardare
le immagini: ci sono intanto le scritte, in volgare e in latino, che erano
disposte in diversi luoghi dellaffresco, e ci sono le parole dette
dai predicatori, che possiamo ricostruire grazie ai numerosi testi prodotti
a Pisa nel convento domenicano di Santa Caterina, un vivace centro di
vita culturale e artistica. Possiamo così studiare da vicino i
modi in cui le parole del predicatore guidano la ricezione delle immagini:
si tratta di una educazione dello sguardo che serve a trasmettere messaggi
via via più complicati, a seconda che losservatore sia analfabeta,
sappia leggere il volgare, oppure conosca anche il latino. Parole e immagini
rinviano le une alle altre per imprimere con forza nella mente di un grande
pubblico cittadino i contenuti (e le forti emozioni) di una cultura della
penitenza che proietta la vita quotidiana i suoi piaceri, i suoi
miti, i suoi protagonisti- nella dimensione inesorabile delleternità
e del giudizio divino. Nello stesso tempo come nel caso del grande
affresco della Cosmografia di Piero di Puccio, le dottrine relative alla
struttura del mondo vengono trasmesse e fissate nella memoria degli ascoltatori\spettatori,
insieme con il significato morale (qui per esempio il richiamo allordine
cosmico, politico e religioso), di cui sono portatrici.
Quello che è essenziale è che non si tratta soltanto di
una corrispondenza tematica tra la predicazione e gli affreschi del Camposanto.
Ad essere in azione è un codice comune, che punta a controllare
le immagini mentali, a influenzare lintelletto, la volontà,
la memoria. È molto significativo, in questottica, che proprio
i domenicani del Convento di Santa Caterina siano, nel Trecento, tra i
protagonisti del recupero, del volgarizzamento, del riuso delle tecniche
classiche dellarte della memoria.
Il predicatore che fa luso più ricco e spregiudicato di questa
tradizione è san Bernardino da Siena (1380-1444), il francescano
che ha un successo di pubblico travolgente e diventa un modello per i
predicatori delle generazioni successive. Egli fa più volte riferimento
alle pitture che i suoi ascoltatori potevano vedere nelle strade, nelle
chiese, nei palazzi della loro città, come per esempio, a Siena,
agli affreschi del Buono e Mal Governo nel Palazzo pubblico, o alla Annunciazione
che Simone Martini e Lippo Memmi avevano dipinto per laltare di
San Ansano nel Duomo. Ogni volta lo fa secondo una strategia precisa:
lo sguardo dello spettatore viene guidato in modo da costringerlo a percepire
limmagine secondo lottica che Bernardino costruisce. A questo
punto limmagine viene associata con qualcuno dei contenuti della
predica, o addirittura con lintera sua struttura. A fare da mediazione
può essere una connotazione emotiva (in genere la sottolineatura
di un gesto, associato a un sentimento), oppure uninterpretazione
morale, che trasforma limmagine in un exemplum, oppure ancora una
complessa lettura allegorica. Con strumenti diversi Bernardino si propone
un solo scopo: di guidare la ricezione delle immagini e insieme di condizionarla
anche in futuro, di creare una specie di automatismo nella risposta dellosservatore.
In questo modo la predica potrà durare e operare ben al di là
del tempo effimero della predicazione: i percorsi cittadini, le pitture
che ne segnano i luoghi più significativi, si trasformeranno infatti
in un teatro della memoria degli insegnamenti che Bernardino ha trasmesso.
Lo sforzo di costruire immagini memorabili dei vizi e delle virtù
accomuna al di là, ovviamente, della diversa qualità
dei testi i predicatori e il Dante della Divina Commedia. Cè
infatti una lunga tradizione che predicatori e mistici come Jacopone da
Todi conoscono e praticano, una tradizione che punta alla creazione di
immagini interiori, depositate nella memoria, capaci di operare sulle
facoltà. Si tratta di un outillage retorico, logico, mentale di
uso comune, che noi abbiamo dimenticato: anche Dante, dunque, lo aveva
a disposizione, ed è difficile pensare che non labbia usato
nel momento in cui descrive un percorso, per luoghi e immagini, che è
anche un percorso di conoscenza dei vizi e delle virtù e di progressiva
trasformazione interiore, fino allincontro col divino; un percorso
che si può scrivere perché è depositato nella memoria,
e che a sua volta si vuole inscrivere, operativamente, nella memoria
e nel corpo del lettore.
Il teatro
della memoria
Si accennava sopra alla fortuna che il teatro della
memoria di Giulio Camillo oggi gode anche in Internet. Il progetto del
Camillo è per molti aspetti tipico dei miti e dei sogni faustiani
che alimentano, nel Rinascimento, larte della memoria. Ed è
nello stesso autore la riformulazione, in chiave ermetica e cabalistica,
della tradizione di lunga durata cui abbiamo fatto riferimento: una tradizione
che legava strettamente la memoria, le immagini dei pittori, le parole
delloratore e del poeta con la trasformazione interiore. Solo che
per Camillo quel che è in gioco è la possibilità
di arrivare a conoscere, e a ricordare, tutto, così da fare proprie
le caratteristiche della mente divina, fino a conquistare i poteri legati
alle tre arti trasmutatorie delle parole (leloquenza), delle cose
(lalchimia), dellanima (la deificazione). Egli chiama il suo
sistema di memoria teatro, o mens fenestrata (una mente dotata
di finestre), perché ritiene che esso renda visibili quelle immagini
universali che sono in genere nascoste entro le menti degli uomini. I
luoghi del suo teatro corrispondono a quelli di una specie di griglia
universale, entro la quale trova collocazione luniverso intero,
dai principii primi che sono alla base della creazione fino alle arti
e alle scienze umane. Le immagini che Camillo adotta per i diversi luoghi
sono significative della fiducia, che è propria della sua cultura,
nella capacità sintetica ed evocativa dellimmagine: sono
le immagini degli antichi dei, di miti spesso peregrini, e sono anche
le immagini dei geroglifici egizi, degli emblemi e delle imprese, e ancora
sono le immagini legate alle scoperte archeologiche e alle descrizioni
dei poeti. Purtroppo è andato perduto, bruciato nellincendio
della biblioteca del re di Spagna, quel manoscritto prezioso in cui, come
ci racconta il Vasari, Tiziano e Francesco Salviati avevano dipinto le
immagini del teatro della memoria del Camillo: un manoscritto che dava
corpo a un sogno raffinato e impossibile.
Bibliografia
Bolzoni Lina, La stanza della memoria. Modelli letterari
e iconografici nelletà della stampa, Torino,
Einaudi, 1995.
Bolzoni Lina, La rete delle immagini. Predicazione in
volgare dalle origini a Bernardino da Siena, Torino, Einaudi, 2002.
Camillo Giulio, Lidea del theatro, a cura di Lina
Bolzoni, Palermo, Sellerio, 1991 (1a ed. 1550).
Carruthers Mary, The Book of memory. A study of memory
in medieval culture, Cambridge, Cambridge University Press, 1990.
Carruthers Mary, The craft of thought. Meditation, rhetoric,
and the making of images, 400-1200, Cambridge, Cambridge University Press,
1998.
Rossi Paolo, Clavis universalis. Arti della memoria
e logica combinatoria da Lullo a Leibniz,Bologna, il Mulino, 2000.
Yates Frances, Larte della memoria, Torino, Einaudi,
1972 (ed. orig. 1966).
(Dal sito www.treccani.it/iteronline)
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