Articoli su "cervello e memoria" scritti da Manzelli per il
progetto EUROPEO MINERVA LEFO, che richiede di realizzare anche un'ampia
divulgazione. I brevi articoli che ha scritto fino ad ora sono collezionati
nel sito LEFO Italia.
Parigi, il
23 settembre 2002
Uno
studio dellOCSE mostra che la ricerca sul cervello può
fornire un contributo
allelaborazione dei programmi pedagogici.
Secondo
una nuova pubblicazione dellOCSE, le tecniche moderne di risonanza
magnetica per immagini funzionali non invasive, rivelano nuovi elementi
sul funzionamento biochimico del cervello, in particolare sul modo in
cui il cervello produce la percezione, la memoria e il linguaggio. Lo
studio intitolato Understanding the Brain: Towards a New Learning
Science, presenta queste scoperta e mostra come le tecniche mediche
possono influire sia sul modo in cui gli educatori elaborano i programmi
pedagogici sia sullapproccio adottato dai responsabili dellelaborazione
delle politiche per valutare i sistemi scolastici.
Tre
anni fa, il Centro dellOCSE per la Ricerca e lInnovazione
nellInsegnamento (CERI) ha lanciato un progetto sulle scienze
dellapprendimento e la ricerca sul cervello destinato a
raccogliere tutte le informazioni disponibili sul funzionamento del
cervello e sulle condizioni ottimali di apprendimento e a integrare
i due campi di ricerca. I risultati della ricerca riguardano la capacità
del cervello a integrare nuovi apprendimenti lungo tutto larco
della vita, i meccanismi chimici concernenti la dislessia, il modo in
cui le emozioni incidono sullapprendimento o lefficacia
a varie tappe della vita dellapprendimento di una lingua straniera.
E
stato dimostrato che lacquisizione delle conoscenze modifica le
proprietà fisiche del cervello favorendo la crescita di nuove
connessioni tra neuroni, cellule che facilitano la comunicazione fra
il cervello e il resto dellorganismo. Tale scoperta è importante
per i responsabili delle politiche che devono prenderla in conto sia
per esaminare il finanziamento di progetti deducazione lungo tutto
larco della vita, sia per ricercare mezzi per facilitare lattività
lavorativa delle persone più anziane, tenendo conto dellinvecchiamento
della manodopera. Tali progressi nella conoscenza dei meccanismi del
cervello avranno probabilmente sviluppi interessanti per le possibilità
di cura della malattia dAlzheimer e della depressione.
Nello
stesso tempo, lo studio suggerisce la necessità di rimettere
in discussione lidea diffusa secondo la quale il cervello tende
a deteriorarsi con letà. Linvecchiamento provoca
una diminuzione del numero dei grossi neuroni ma, in compenso, con letà
il numero di piccoli neuroni aumenta e le cellule cerebrali non scompaiono
come si pensava prima. Tale processo può indubbiamente provocare
una diminuzione del numero di sinapsi, ossia le connessioni fra neuroni
e pertanto condurre ad un rallentamento del meccanismo del pensiero,
ma non incide sullintelligenza. Uno studio svolto presso adulti
fra 25 e 83 anni, non è riuscito a stabilire una correlazione
fra età e fluidità verbale, originalità del pensiero,
produttività o creatività.
I problemi di acquisizione del linguaggio e della lettura noti sotto
il nome di dislessia ne sono unaltra illustrazione. Recenti scoperte
hanno consentito dindividuare la piccola area del cervello responsabile
di tale disfunzionamento, ma hanno anche trovato un mezzo per correggerlo.
Ciò potrebbe avere un impatto sulla struttura delle classi dinsegnamento
specializzato e a termine sul miglioramento della cura della dislessia,
uno dei grandi successi della neuroscienza cognitiva in un prossimo
futuro.
I
giornalisti possono ottenere il rapporto in questione presso la Division
des relations avec les médias de l'OCDE (news.contact@oecd.org).
Per informazioni più dettagliate , sono invitati a rivolgersi
a Bruno Della-Chiesa (tel. [33] 1 45 24 9254 ou bruno.della-chiesa@oecd.org).