La comunicazione circolare
Una caratteristica fondamentale della rete è quella di superare
gli schemi classici di trasmissione verticale dell'informazione, a favore di un modello comunicativo nel quale il
ruolo dei singoli partecipanti è molto più attivo – un modello che abbiamo caratterizzato coi termini di comunicazione circolare
o reticolare.
Cerchiamo di capire meglio
di cosa si tratti, e quali siano i tratti caratteristici dell'uso delle
reti con funzione comunicativa. Per farlo, torniamo ad esaminare un po'
più da vicino le caratteristiche comunicative di media diversi.
Un primo caso da considerare
è rappresentato dalla comunicazione diretta fra due persone. Supponiamo
ad esempio che essa avvenga, a distanza, attraverso l'uso del telefono.
In una telefonata, le persone che dialogano assumono, a turno, la funzione
di ascoltatore e di emittente; possono cioè sia ascoltare sia parlare.
Tuttavia, ad essere coinvolte in ogni singolo processo comunicativo, in
ogni singola telefonata, sono in genere solo due persone. Se aumentassimo
di molto il numero dei partecipanti, diventerebbe assai difficile garantire
a ciascuno la possibilità di intervenire attivamente nella conversazione.
La comunicazione telefonica è di norma da uno ad uno. I partecipanti
allo scambio informativo sono entrambi attivi (magari, alcuni sono più
attivi di altri: avrete certo anche voi amici che, quando cominciano a
parlare, non la finiscono più, e la cui torrenziale vena comunicativa
tende a trasformare l'interlocutore in un ascoltatore quasi passivo, e
comunque disperato…) e sono, almeno dal punto di vista astratto,
in condizioni di parità; anche per questo, come abbiamo visto,
si parla spesso a questo proposito di comunicazione orizzontale.
Giornali, radio, cinema,
televisione, permettono una comunicazione di tipo molto diverso, una comunicazione
alla quale partecipano contemporaneamente molte più persone. Quasi
tutte, però, vi partecipano da lettori, ascoltatori o spettatori,
insomma da destinatari e non da emittenti del messaggio. E' molto facile
ricevere, è molto più difficile trovarsi dietro la penna,
il microfono o la macchina da presa, e parlare. La comunicazione è
di norma da uno a molti, o quantomeno da pochi a molti, e l'asimmetria
di ruoli fra emittente e destinatario suggerisce l'idea di una comunicazione
verticale.
Anche per questo, la maggior
parte dei partecipanti a questo tipo di scambio informativo tende ad assumere
un ruolo almeno in parte passivo. Certo, possiamo scegliere quale giornale
leggere, quale radio ascoltare, quale film o programma televisivo vedere.
Ma la scelta resta comunque limitata, nonostante la moltiplicazione delle
'voci' resa possibile innanzitutto dalla libertà di stampa e dalla
creazione di un vero e proprio mercato culturale (avete mai riflettuto
sul fatto che la libertà di stampa e di espressione significa non
solo la libertà di esprimere liberamente le proprie idee, ma anche
la libertà di leggere o di ascoltare quello che più ci interessa?),
e in seguito dalla differenziazione dei media, dalla nascita delle radio
e televisioni private, e – più recentemente - dallo sviluppo
della televisione satellitare. Nonostante questi sviluppi, dunque, il
ruolo del lettore o del telespettatore resta fortemente asimmetrico rispetto
a quello dell'emittente, cioè di chi produce e diffonde l'informazione.
Nonostante la moltiplicazione dei canali, la televisione è finora
rimasta un medium basato sulla comunicazione verticale, da pochi a molti
Naturalmente, queste considerazioni
non devono farci dimenticare le forti differenze che esistono fra i diversi
media rispetto a questa caratteristica di 'verticalità'
della comunicazione. Paradossalmente, il medium più antico, il
libro, è da questo punto di vista quello che offre all'utente le
maggiori possibilità di selezione e di scelta: nessuna televisione
e nessuna radio potranno mai offrire – almeno attraverso le tecnologie
tradizionali - la stessa ampiezza di scelta fra offerte informative diverse
(su diversi argomenti) di quella offerta da una qualunque biblioteca pubblica.
In parte, questo dipende
da una differenza fondamentale esistente fra le trasmissioni radiotelevisive
e le pubblicazioni a stampa – una differenza certo ovvia, ma che
è bene tener sempre presente: una volta pubblicato, un libro, un
giornale, ma anche un disco o una videocassetta sono qualcosa che rimane,
un oggetto fisico (in genere disponibile in più copie) che può
essere utilizzato più volte e può essere raccolto in biblioteche
e videoteche. Si tratta, insomma, di tipici prodotti informativi a utilità
ripetuta, e questo consente, col tempo, un 'accumulo di voci' tra le quali
l'utente ha una vasta libertà di scelta. La trasmissione radiofonica
o televisiva è invece normalmente un evento informativo 'di
flusso', che nasce e muore in uno spazio di tempo prefissato:
i tempi della sua fruizione non dipendono dalle scelte del destinatario
ma da quelle dell'emittente, e l'asimmetria fra i due ruoli ne risulta
ulteriormente accresciuta.
Le nuove tecnologie della
comunicazione stanno tuttavia modificando, in maniera assai profonda,
questo quadro tradizionale. Già la disponibilità di strumenti
e supporti per la registrazione radiofonica e televisiva permette in qualche
misura anche al singolo utente di trasformare una 'trasmissione' in una
'pubblicazione'. Ma la vera, decisiva spallata a questa asimmetria viene
dalla rivoluzione digitale: nel momento in cui i bit diventano il linguaggio
usato sia per la trasmissione che per la pubblicazione di informazione,
e nel momento in cui le reti diventano il canale privilegiato sul quale
far circolare i bit, la differenza fra le due tipologie tende a scomparire.
Concetti quali quelli di video e audio on demand, che configurano una
sorta di 'trasmissione mirata' i cui tempi e contenuti sono scelti dal
destinatario e non più dall'emittente, scardinano la differenza
tradizionale fra trasmissione e pubblicazione, e le tecnologie digitali
rappresentano l'unica strada praticabile per una diffusione su larga scala
di video e audio on demand.
Informazione on-demand: la distinzione fra trasmissione e pubblicazione
tende a scomparire
Su tutto questo torneremo
ampiamente in seguito. Per ora, il nostro scopo era solo quello di sottolineare
come, pur tenendo presente le notevoli differenze esistenti fra i vari
strumenti di comunicazione di massa, l'asimmetria esistente fra emittente
e destinatario e la situazione che potremmo in qualche misura caratterizzare
come di 'maggior potere' da parte dei pochi emittenti rispetto ai molti
destinatari rimanessero comunque – almeno fino all'avvento delle
tecnologie digitali - dati di fatto difficilmente modificabili.
Rispetto ai modelli finora
considerati di comunicazione orizzontale da uno ad uno,
e di comunicazione verticale da uno a molti
o da pochi a molti, le reti telematiche permettono
qualcosa di completamente nuovo. In questo caso abbiamo a che fare con
un modello comunicativo in cui ciascuno può, per così dire,
realizzare il suo programma, scrivere e stampare il suo giornale: una
comunicazione non più orizzontale o verticale ma appunto reticolare,
da molti a molti.
Cosa vuol dire tutto questo?
Che in rete è estremamente facile passare dal ruolo spesso passivo
di 'destinatario' del messaggio, di 'ascoltatore', al ruolo attivo di
chi crea e diffonde un messaggio, al ruolo cioè di emittente.
Naturalmente la comunicazione
da molti a molti non è una novità assoluta; in una certa
misura, per fare solo qualche esempio, la radio si è già
prestata ad esperimenti del genere: pensate al periodo di maggior fortuna
delle radio libere, o alle trasmissioni 'a microfono aperto' alle quali
possono partecipare anche gli ascoltatori. E la comunicazione politica
ha spesso sperimentato modelli di diffusione circolare dei messaggi: pensate
alle assemblee, o a strumenti come i tazebao, i manifesti manoscritti
che hanno caratterizzato alcuni periodi della contestazione giovanile,
e che chiunque poteva scrivere ed affiggere. E' facile capire, tuttavia,
che la scala di questi esperimenti, e il tipo di circolarità che
essi permettevano, non sono paragonabili a ciò che è possibile
fare, su scala globale, attraverso le reti telematiche.
Quanto abbiamo detto finora
suggerirà probabilmente a molti dei nostri lettori l'idea che le
reti telematiche, proprio per il fatto di dare a tutti i partecipanti
la possibilità di diventare emittenti attivi di informazione in
un processo comunicativo su scala globale, siano in qualche misura 'intrinsecamente
democratiche'. Se questa considerazione non è priva di un qualche
fondamento, bisogna tuttavia guardarsi dal pensare che il modello comunicativo
di rete costituisca una sorta di panacea universale, capace di garantire
automaticamente la partecipazione di tutti 'ad armi pari' all'interno
del processo comunicativo.
Le cose, purtroppo, non
stanno così: innanzitutto perché sappiamo che Internet e
le reti telematiche sono - e presumibilmente resteranno ancora per parecchi
anni - un fenomeno per molti versi elitario, la cui diffusione generalizzata
è prevedibile a breve scadenza solo all'interno del mondo industrializzato,
e anche qui limitatamente alle classi economiche e sociali più
favorite, e alle fasce più giovani della popolazione.
Poi perché, proprio
come accade nel mondo reale, la rete tende a costruire gerarchie di visibilità,
di prestigio, e in definitiva di potere. Tutti possono scrivere, ma non
tutti hanno gli strumenti per scrivere in maniera egualmente efficace
e visibile. Questi strumenti sono tecnologici (occorre evidentemente disporre
di un computer collegato alla rete e in grado di svolgere i 'compiti comunicativi'
che intendiamo affidargli) ma sono anche, e forse soprattutto, culturali
ed economici. Pensate ad esempio alla importanza di una buona conoscenza
dell'inglese, che è un po' la 'lingua franca' della rete, o alla
necessità di disporre dell'alfabetizzazione telematica di base
necessaria a usare in maniera efficace gli strumenti informatici: per
poter diventare realmente, e non solo potenzialmente, emittenti di informazione,
occorre infatti saper preparare un documento per l'immissione in rete,
e disporre di un server che lo ospiti. E tenete anche presente che, se
è vero che inserire informazione in rete non è di per sé
eccessivamente costoso, farlo in modo 'professionale' lo è: servono
grafici e impaginatori abili, e occorre saper pubblicizzare adeguatamente
il proprio sito.
Insomma, l'idea che su
Internet tutte le voci siano uguali è un po' un mito - e proprio
per questo occorre adoperarsi perché le differenze e le difficoltà
di accesso che già esistono possano diminuire, anziché crescere,
col passare del tempo. Un compito, va detto, tutt'altro che facile.
mediamente.rai.it
|