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"[…] Internet può diventare tutto ciò che possiamo immaginare e programmare che diventi. E' come un'infrastruttura estremamente malleabile e suscettibile di evoluzione e, come il celebre ponte ologrammi delle navi stellari della nuova generazione di Star Trek, schiude davvero una frontiera sconfinata. In ogni dato momento, la rete è limitata solo dalla propria potenza e capacità di comunicazione, che tuttavia aumentano entrambe a ritmo sempre più rapido. Con una simile duttilità, l'importante è la concezione che abbiamo noi di Internet". Questo si legge nella premessa (p. 3) ad una raccolta di saggi (Internet Dreams. Archetipi, miti e metafore, Torino, UTET, 1997, edizione originale 1996) curata da Mark Stefik, il quale è certamente uno che se ne intende: opera infatti presso il PARC, il centro di ricerche avanzate della Xerox di Palo Alto (California) dove sono state messe a punto quelle che senza dubbio risultano le più fortunate metafore dell'intera vicenda storica del computer, le stesse che troviamo concretizzate nell'interfaccia della nostra macchina: il piano della scrivania, le icone/oggetto, le cartelle per i documenti, il cestino, ecc.


*    Internet e il futuro della comunicazione

Sociologi, filosofi, psicologi, economi, politici sono impegnati a studiare il fenomeno "Internet" per individuarne l’impatto sulla società, sui rapporti umani e sull’individuo. Talvolta azzardano ipotesi sugli scenari futuri di un mondo che sta cambiando velocemente grazie alla diffusione massiccia e ininterrotta delle informazioni. Enzensberger, descrivendo la situazione attuale della diffusione della cultura in relazione alla differenziazione delle classi sociali, afferma che "La cultura - o ciò che passa per esserlo - non corrisponde più affatto ai livelli di reddito o al tenore di vita. Si può dire che si siano costituite, in senso trasversale alle fasce economiche, nuove classi in relazione all’informazione, per le cui prospettive future non si può più fare riferimento a denominatori semplici". Nella società della rete sono cambiati anche i criteri per avere successo nel mondo della cultura e dell’economia. Quello che è richiesto è "… la virtù della flessibilità, immediatamente seguita dalla capacità di imporsi, dalla mobilità e dalla disponibilità ad apprendere rapidamente e per tutta la durata della vita. Chi non riesce a tenere il passo è condannato all’esclusione". Enzensberger, così, descrive la categoria destinata al successo (quella dei "camaleonti") come quella formata da persone estremamente attive e dinamiche che non hanno nulla a che fare con la produzione materiale. Si tratta di agenti, sensali, intermediari, avvocati, consulenti, addetti ai media, intrattenitori, manager della scienza, della finanza e dell’informazione. Sono persone che non trattano hardware, ma solo software. In questa categoria conta solo il Know how. Le altre categorie di persone, ma soprattutto l’ultima, quella definita dei "superflui", sono destinate all’esclusione. Il "capitalismo digitale" infatti impone standard e richiede competenze che la maggior parte della popolazione non ha e non può avere. Il fenomeno della esclusione, naturalmente, assume dimensioni ancora più drammatiche quando si guarda ai paesi del terzo mondo, che non potranno mai, in questo modo, inserirsi nel ciclo economico globale. Difficile dire quali saranno le conseguenze politiche ed economiche di questa gigantesca "esclusione". Di fronte a questa situazione difficilmente gestibile da chi fino ad oggi ha avuto il monopolio delle informazioni qualcuno pensa di risolvere il problema cercando di "imbrigliare" la Rete, o di limitarne in qualche modo le possibilità. Umberto Eco, da parte sua, sottolineando saggiamente la impossibilità di "fermare" la Rete, afferma che nessun capo di Stato, nessuna organizzazione potrebbe mai abolire Internet, così come nessuno l’ha potuta imporre. Riguardo agli scenari futuri invita a prepararsi per affrontarli realisticamente. In questo contesto egli prevede la possibilità di una snazionalizzazione del sapere causata dall’utilizzo della rete: "Si può pensare che gli stati nazionali nati nel secolo scorso siano destinati a scomparire a vantaggio di collegamenti virtuali tra città con interessi comuni. […] il modello del cittadino della società globale sarà San Paolo. Nato in Turchia da una famiglia ebrea di lingua greca, leggeva la Torah in ebraico; poi è vissuto a Gerusalemme, dove parlava l’aramaico. A chi gli chiedeva il passaporto, rispondeva in latino civis romanus sum. Un esempio interessante di globalizzazione, quello dell’impero romano, che ha imposto una lingua ufficiale sul suo territorio, ma lasciando sopravvivere lingue e culture diverse, ciascuna buona per una certa funzione. D’altra parte, Internet ormai non parla più soltanto inglese, sta diventando poliglotta". Riguardo ai rischi di questo probabile futuro Eco vede " … un universo alla Orwell, fondato su tre classi, non però in senso marxiano: la classe di coloro che interagiscono attivamente con la rete, che ricevono messaggi e ne emettono; la piccola borghesia degli utenti passivi (l’impiegato di una compagnia aerea che usa lo schermo per conoscere gli orari dei voli) e i prolet, che si limitano a vedere quello che passa la televisione. Ma dato che un bambino nato in una famiglia povera può imparare molto presto a usare Internet, la divisione tra le classi non sarà più fondata sul censo. Può darsi che il figlio di un miliardario diventi intellettualmente prolet, mentre Bezos, che ha creato dal nulla Amazon (la prima libreria on line, ndr) è già classe dirigente. Bill Gates, cinquant’anni fa, sarebbe forse diventato un impiegato qualsiasi. Per evitare la "tecno-esclusione" la soluzione va ricercata fuori da Internet, nella scuola. Per consentire a ogni bambino di arrivare a quest’aristocrazia di massa, la scuola deve insegnare a programmare, e non soltanto a utilizzare i programmi. […] Se si insegna a un bambino a programmare in qualche linguaggio informatico, questo esercizio logico lo renderà padrone e non schiavo del computer". La scuola dunque sembra avere un ruolo cardine nel processo dell’educazione all’uso delle nuove tecnologie al servizio di una cultura democratica, attenta e critica che formi i giovani ad acquisire la capacità di discriminare tra informazioni attendibili e non attendibili. Questo uso intelligente della Rete non potrà che giovare alla società intera e al progresso culturale di fasce sempre più ampie di utenti.

Alberto Amitrani, Raffaella Di Marzio "UN COMPUTER PER AMICO Percorsi multimediali" - Garamond

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