IPERTESTI: SIC ET NON |
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IPERTESTI: SIC ET NON
Questo testo è un omaggio
alla logica medioevale (e in particolare al maestro Abelardo), o meglio, alla
buona abitudine retorica di esplorare un ambito problematico attraverso una
contrapposizione di tesi e antitesi. Mi sembra che questa maniera espositiva,
oggi un po’ dimenticata, sia particolarmente consona alla “retorica
ipertestuale”, nella quale un concetto non è dato una volta per tutte come
fisso e immutabile, ma ha un significato diverso a seconda del punto di vista,
del percorso seguito e dell’esperienza del viaggiatore che lo incontra sul suo
cammino. Così
ho voluto presentare dieci tesi sugli ipertesti in forma di contrapposizione.
I temi sono questi: 1.
rapporto tra IT e
tecnologia digitale 2.
isomorfismo tra IT e
struttura della mente 3.
esigenze “grammaticali”
nello studio degli IT 4.
ruolo degli IT
nell’apprendimento 5.
IT e realtà virtuale
L’invito
non è però a prendere una posizione, ma a muoversi nello spazio creato
dall’opposizione.
1b. Non è possibile parlare di ipertesti a prescindere dalle nuove possibilità di attivazione del testo tipiche del computer: diverse vedute parallele di un corpus ipertestuale (finestre), registrazione e ripetizione delle operazioni svolte (percorsi), reperimento istantaneo di qualsiasi informazione nell'intero corpus (ricerca), etc.
2a. Gli ipertesti non sono semplicemente buoni strumenti cognitivi: sono "gli" strumenti cognitivi per eccellenza; funzionano perché sono isomorfi ai processi mentali: sono percorsi all'interno di reti di informazioni debolmente strutturate da legami associativi. La funzione precede lo strumento. 2b. Non sappiamo abbastanza del funzionamento della
mente per decidere pro o contro l'isomorfismo tra mente e ipertesto; possiamo
però utilizzare gli ipertesti come strumenti di apprendimento per nuove
modalità di pensiero "reticolari", nuove modalità di scrittura
non-lineari. Lo strumento viene prima della funzione.
3b. Non si può
stabilire nessuna regola per i legami: anzi, gli ipertesti rappresentano proprio
la rivincità della libertà di scrittura, la sfida al lettore nell'interpretazione
del collegamento, insomma il gioco a due dell'opera aperta.
4.
ruolo degli IT nell’apprendimento 4a. Gli ipertesti possono svolgere una funzione formativa solo in contesti in cui i soggetti sanno già cosa cercare, cioè sono dotati di una buona capacità di apprendimento (tipicamente, degli adulti). Altrimenti, generano solo superficialità, smarrimento, confusione. 4b. Gli ipertesti
sono ambienti di esplorazione che non richiedono nessuna conoscenza previa,
ma che presuppongono una modalità ingenua e aperta di interazione (tipica
dei bambini). Si appoggiano sulla curiosità del lettore, fanno affidamento
sulla sua intuizione, sulla facoltà di associazione "veloce".
5.
IT e realtà virtuale 5a. Gli ipertesti appartengono alla famiglia delle nuove tecnologie di rappresentazione dell'informazione. Tra ipertesti e realtà virtuale c'è solo una differenza di percentuale d'uso della lingua scritta come strumento di rappresentazione sintetica di informazioni. L'affermarsi di queste tecnologie implica l'affermarsi di una nuova teoria dell'apprendimento. 5b. Mentre gli
ipertesti sono strumenti di apprendimento, la realtà virtuale e in generale
le simulazioni al computer sono solo strumenti di intrattenimento. Non ha
senso richiedere al soggetto che esplora uno spazio virtuale di estrapolare
conoscenze per induzione, ripercorrendo ogni volta tutto il cammino della
scienza. 1a David Kolb
(intervista a Mediamente – RAI Educational) La nozione di ipertesto ha origini
antiche o medievali, nel senso che se si legge il Talmud o certi tipi di
manoscritti che contengono commenti sui
commenti, vi si intravede la possibilità di avere testi aperti, che rifiutano
di essere chiusi; si può prendere il manoscritto e scrivere
qualcosa a margine e, poi, qualcun altro può scrivere un altro commento accanto.
In un certo senso è la stampa che sembra aver delimitato la nozione di testo
nel senso divenuto oggi comune, e a cui si riferiscono i teorici dell'ipertesto. George Landow
(intervista a Mediamente – RAI Educational) Con questo intendo dire che sembra
del tutto ovvio che i lettori, all'inizio, leggano soltanto in un modo più
o meno lineare; a mano a mano che diventiamo più sofisticati, tendiamo ad
usare note a piè di pagina, glossari, e a lasciare il testo che stiamo leggendo
per consultarne un altro, e poi tornare al primo. Questo processo è molto
simile, ma non del tutto identico, all'esperienza della lettura di un ipertesto.
Naturalmente, ci sono testi che sono più ipertestuali di altri. I testi scolastici
che contengono note a piè di pagina o in fondo al libro, o glossari, sono
molto più ipertestuali di un semplice romanzo o di un racconto. D'altra parte,
le enciclopedie sono opere quasi del tutto ipertestuali. Stefano Penge
(Storia di un Ipertesto ) Niente ipertesti senza computer? Si
possono citare subito due casi quanto meno sospetti, tratti dalla letteratura:
la "Vita e opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo" di Sterne e
il "Finnegans Wake" di Joyce. 1b Stefano Penge (Storia di un Ipertesto) Anche senza sapere in anticipo che
cos'è, si può giurare che dove c'è un ipertesto, lì sotto c'è una macchina
particolare: un computer. Stranamente, questo requisito viene raramente preso
in considerazione, quasi costringesse il teorico puro a sporcarsi le mani con
la fuliggine della ferriera. Eppure, non esiste un singolo oggetto progettato,
descritto o venduto come ipertestuale che non si basi sulle capacità uniche dei
computer. Tre in particolare: a.
memorizzare dati in forma
indicizzata b. leggere e scrivere dati con
tecniche e tempi paragonabili c. rappresentare in un supporto unico
informazioni di tipo diverso 2a
Peppino Ortoleva (intervista a Mediamente
– RAI Educational) Ma che
cosa si vuole raggiungere con un ipertesto? Io credo che l'ipertesto abbia
delle potenzialità straordinarie di tipo mentale; il punto, l'elemento più
affascinante dell'ipertesto è la capacità di simulare processi associativi che
sono simili
ai processi della nostra mente. Eisenstein, grande regista russo, sosteneva
che il montaggio consisteva nell'associare, proprio come nella mente umana;
l'ipertesto è una macchina per combinare infinite possibilità di montaggio.
Dunque esso è una macchina potenzialmente molto simile alla mente umana, con
una capacità di stimolo straordinaria, purché sia costruita secondo queste
sue potenzialità. 2b Antonio Calvani, (Telèma n 12) Un manto di ingenue illusioni avvolge
in particolare l'ambito degli ipertesti. Si può parlare di "fallacia
omeopatica". Sinteticamente il ragionamento sotteso
sembra di questo tipo: tecnologie che assomigliano al funzionamento della
mente migliorano comprensione e conoscenza; gli ipertesti assomigliano alla
mente, in quanto il loro funzionamento è reticolare, simile alla mente; la
familiarità con ipertesti migliora dunque comprensione e conoscenza. 3a
Peppino Ortoleva (intervista a Mediamente – RAI Educational) Questo è un tema molto affascinante
e io credo che siamo ancora agli inizi, stiamo ancora andando a tentoni.
McLuhan diceva che la prima fase dell'automobile era la carrozza senza cavalli. Direi che la fase dell'ipertesto sia
il cinema forse, addirittura la televisione senza Corrado o senza Maurizio
Costanzo, oppure senza carta; direi che la grande maggioranza degli ipertesti
in circolazione siano enciclopedie senza carta. [..] Quello che sto cercando
di dire è che, in sostanza, noi siamo ancora nella fase in cui si costruisce
un ipertesto per analogia con vecchie forme di costruzione intellettuale. David Kolb
(intervista a Mediamente – RAI Educational) Penso sia possibile fare buona letteratura
usando l'ipertesto; non penso, tuttavia, che per ora sappiamo ancora come
realizzarla. È come inventare un nuovo strumento musicale: per un po' di tempo
la gente esplora le possibilità dello strumento, il pianoforte, per esempio,
e poi arriva qualcuno che è capace di sfruttare queste possibilità per fare
grande musica. Penso che ora siamo nella fase di esplorazione dell'ipertesto
letterario, la sperimentazione sulla forma. 3b George Landow ((intervista a Mediamente – RAI Educational) Una cosa da fare è di rendere ben chiaro al lettore dove comincia il mio
testo e dove quello di qualcun altro comincia, si interrompe e riprende. Dove
sono i confini? Dobbiamo avere una retorica, in altri termini, dei confini
e dei limiti del documento. Questo
si mette in atto spesso nel WWW attraverso la creazione di uno stile unitario
all'interno di un sito, ad esempio attraverso l'uso di colori di sfondo, o
di immagini nell'intestazione o nel piè di pagina dei documenti; in questo
modo, una volta che Lei lascia il mio documento sa che ha trovato qualcos'altro,
e quando torna indietro sa dov'è. Stefano Penge (Storia di un Ipertesto) Il primo
obiettivo che ci poniamo è quello di analizzare una rete in termini di
configurazioni minime ricorrenti. In altre parole, vogliamo costruirci un'unità
di misura (la configurazione minima, appunto) che sia a metà strada tra le
unità di base (nodi e legami) e la rete nel suo complesso. Si tratta
insomma di una specie di studio grammaticale (nel senso tradizionale del termine)
delle reti ipertestuali. 4a Antonio
Calvani, (Telèma n 12) Analogamente, va sottolineato come
la "navigazione" ipermediale a scopo di apprendimento contenutistico
possa risultare dispersiva per studenti troppo piccoli e inesperti della materia,
tenendo conto delle difficoltà che l'ipertestualità come ambiente di studio
normalmente pone (vedi in proposito la tabella 2 ). L'impiego di libri multimediali
a fine di studio diventa perciò tanto più utile quanto più il soggetto conosce
già la materia e ha un buon controllo conoscitivo complessivo; allora può
usare l'ipertestualità come un modo per riattraversare il dominio secondo
altre ottiche e quindi padroneggiarlo ulteriormente. 4b Nicholas Negroponte (Telèma n 3) Finché non c'erano i computer, gli
strumenti e i giochi per fare queste esperienze erano pochi. Ricordo apparecchi
mirati a scopi specifici il cui uso era consentito soltanto sotto il controllo
e la disciplina della scuola (questa è stata la mia scusa per non studiare
la chimica). Il computer ha portato un cambiamento radicale. D'improvviso,
imparare dalle proprie azioni è diventato la norma. In altre parole: dal momento
che è ormai possibile simulare al computer quasi tutto, non c'è più bisogno
di sezionare una rana per capire come è fatta. Basta chiedere ai ragazzi di
costruire una rana, di assemblare cioè virtualmente un animale che si comporti
come una rana: per studiarne l'anatomia e il comportamento o solo per giocarci
insieme. Sherry Turkle (Telèma n 12) Con questo intende dire che, come nei
videogiochi, anche in SimLife si impara giocandoci. Non ci sono regolamenti
da leggere prima di cominciare né termini di cui cercare il significato. Tim
riesce a lavorare su una comprensione intuitiva di quel che potrebbe funzionare
giocando, anche senza avere prima capito le regole su cui si basa il comportamento
del gioco. La sua reazione a SimLife, cioè il fatto che ci gioca in modo disteso
anche senza capire granché del modello su cui si basa il gioco, è esattamente
ciò che preoccupa gli educatori: essi temono che gli studenti non imparino
granché quando usano i software educativi. 5a David Kolb (intervista a Mediamente – RAI Educational) Si può pensare, quindi, di usare la
realtà virtuale come mezzo di espressione e di comunicazione, magari non direttamente
come metodo di discussione ma come metodo di presentazione. Penso che sia
importante superare la visione della realtà virtuale come prodotto commerciale,
qualcosa che si assorbe semplicemente - vai in una realtà virtuale tipo Disney
o Hard Rock Café e sei completamente dominato da quello che ti vogliono vendere-
e pensare, piuttosto, alla realtà virtuale come alla possibilità di avere
mondi personalizzati che non sono però vie di fuga ma mezzi di comunicazione |