MATERIA
Le acquisizioni della scienza sono talmente
cresciute sul piano quantitativo, negli ultimi secoli, che, di fatto,
capita che troppi concetti e teorie scientifiche risultino dissociate
dall'attività scientifica che la ha elaborate e che le dovrebbe
ora continuare a sottoporre a vigile manutenzione critica. Non hanno
più il ricordo delle condizioni e dei modi con cui sono state
ottenute; quindi, anche dei loro limiti epistemologici. Hanno la tendenza
a debordare e a presentarsi come prodotti autosufficienti ed esistenti
in sé e per sé.
Gli "oggetti" scientifici,
in questa maniera, nati proprio per non essere "cose", si
"ri-cosificano", si "materializzano": assumono fattezze
materiali. È come se il pensato pretendesse di imporsi senza
più aver bisogno né del pensiero che l'ha pensato e che
lo pensa, né delle condizioni particolari in cui assume proprio
il significato che esprime. I concetti e le teorie delle diverse scienze,
in questa maniera, si trasformano in una dogmatica enciclopedica che
si può solo deglutire. Si presentano come "risultati"
dell'attività scientifica che sembrano non avere avuto "processi"
d'origine, prima, e di sviluppo, ora, e che appaiono immutabili ed autosufficienti:
al punto da valere in sé, sebbene non li si capisca affatto e
non dicano niente a chi li incontra proprio perché, alla fine,
non sono da lui "pensati".
Il rischio, allora, è quello del
contenutismo astratto: sacrificare l'allievo ai contenuti elaborati
dall'attività scientifica; ritenere che possa esistere un "pensato"
che possa esistere perfino senza "un pensiero che lo pensa".
Non è un caso che il linguaggio comune definisca l'insieme delle
conoscenze costruite nel tempo da una scienza, tuttavia presentate dimenticando
le dimensioni esistenziali, storiche ed epistemologiche da cui provengono
e a cui devono comunque pervenire in ogni soggetto, con il termine di
materia: qualcosa di pesante, di opaco, l'esatto contrario della leggerezza
e della trasparente chiarezza che aderisce a qualsiasi sapere che sia
pensiero, nostro pensiero.
Rischio, a dire il vero, molto alto se
si interpretassero le conoscenze (il sapere) e le abilità (il
sapere che accompagna il fare qualcosa con perizia) che costituiscono
gli obiettivi specifici di apprendimento presentati nelle Indicazioni
Nazionali come l'indice di una enciclopedia da imparare a memoria, invece
che come la carta topografica di tante attese di pensiero che deve maturare
autonomamente e personalmente nella mente e nella personalità
di ciascun allievo davanti alla sua esperienza e grazie alle sollecitazioni
educative dei docenti e della scuola.
*Da "Raccomandazioni per l'attuazione
delle Indicazioni Nazionali per i "Piani di Studio Personalizzati"
nella scuola primaria. Bozza del 24 luglio
2002"