SAPERI ESSENZIALI
(a cura di Giancarlo Cerini)
Nei documenti ufficiali della scuola italiana, in particolare nei programmi
didattici della scuola dell'obbligo, troviamo una comune linea culturale
e pedagogica: la formazione dell'uomo e del cittadino (che promuove i
saperi di cittadinanza e di responsabilità) si realizza non con una generica
socializzazione dei ragazzi, o l'enfasi sui comportamenti personali e
sociali, ma attraverso l'incontro con la cultura, le conoscenze, le discipline.
Questa impostazione si trova attualizzata anche nei due documenti sui
"saperi essenziali" elaborati nel biennio 1997-1998 dalla Commissione
dei Saggi (presieduta da Roberto Maragliano). Il taglio culturale dei
documenti è imperniato sul valore della formazione alla conoscenza, sul
significato dell'incontro con i saperi disciplinari, interpretabili in
un'ottica che a noi piace definire bruneriana.
Il sapore "bruneriano" dei saperi
La formazione della intelligenza non avviene attraverso generici processi
mentali, ma grazie all'incontro intenzionale (questo succede a scuola)
con il patrimonio culturale accumulato da ogni società. E' l'incontro
con le scienze, la matematica, la lingua, l'arte, la musica, che consente
ad un soggetto in età evolutiva di crescere, di pensare, di comunicare,
di immaginare, di rappresentare, di agire. Infatti, ogni "sapere" offre
alla mente una forma, un linguaggio, degli strumenti, dei metodi, insomma
degli "amplificatori" che la potenziano sfruttando la sua naturale plasticità
ad espandersi. Anzi, come affermano gli studi più recenti sull'intelligenza,
questi diversi contesti di crescita culturale finiscono con il produrre
diverse dominanze (stili, interessi, propensioni) o, addirittura, diverse
intelligenze.
Sembrerà strano (ai molti che ritengono la scuola dell'infanzia il luogo
del gioco o, tutt'al più della socializzazione), ma il modello "gnoseologico"
sotteso al documento sui "saperi" è già ben evidenziato negli Orientamenti
per la scuola materna del 1991. L'incontro di un bambino con i sistemi
simbolico-culturali (i saperi della società dei "grandi") consente di
dare "forma" e "struttura" ai suoi modi di conoscere, poiché offre oggetti,
parole, idee, immagini alla sua disponibilità ad apprendere. Spetta dunque
alla scuola organizzare questo incontro, creare un'ambientazione favorevole
(un campo di esperienze) affinchè questo contatto lasci un segno, e contribuisca
allo sviluppo cognitivo e sociale di ogni bambino. Una simile impostazione,
fatte le debite proporzioni, può estendersi a tutti gli altri livelli
scolastici.
La qualità delle esperienze di apprendimento sarà dunque legata all'interpretazione
che ogni insegnante saprà dare del suo rapporto con le discipline: cosa
"vedere" in una disciplina è la prima operazione che viene suggerita dal
documento sui "saperi". Se la matematica rappresenta "un'affascinante
attività dl pensiero umano" (questo enunciazione è desunta dai Programmi
della scuola elementare, 1985), allora ne dovranno scaturire necessarie
conseguenze sul piano delle scelte metodologiche, sul modo di presentare
una disciplina in classe, sulla gestione del setting didattico.
Se il valore formativo della matematica apparirà soprattutto in occasione
di situazioni non-matematiche (se, ad esempio, per affrontare meglio una
ricerca sociale, saranno utilizzati strumenti, concetti, rappresentazioni
di carattere matematico) (Saperi, 1998), allora sarà quanto mai opportuno
costruire esperienze didattiche capaci di andare al di là delle tradizionali
compartimentazioni disciplinari. Meglio ancora, il problema della scuola
sarà proprio quello di garantire il valore aggiunto (in quanto a motivazioni
e formatività) delle esperienze integrate, senza perdere la forza cognitiva
delle specifiche discipline: una disciplina pone certamente dei "vincoli"
alla conoscenza, ma fornisce ad essa le indispensabile regole di sintassi
e lessico.
Contenuti fondamentali o competenze essenziali ?
Oggi il tema dei "saperi" essenziali deve misurarsi con il problema del
riordino dei cicli e con la prospettiva di un percorso formativo coerente,
che si snoda dai 3 ai 18 anni di età. L'idea di un curricolo verticale
pone in un'ottica diversa il problema dei contenuti. Infatti, la verticalità
non comporta solo una diversa dislocazione diacronica dei contenuti del
curricolo, con un effetto di semplificazione, ma sposta l'attenzione dalla
dimensione contenutistica a quella delle competenze, cioè dei guadagni
formativi che gli allievi possono realizzare nell'incontro con i saperi,
cioè con un'organizzazione progressivamente strutturata delle conoscenze.
Il documento sui "saperi" propone un deciso "alleggerimento dei contenuti
disciplinari", attraverso la selezione dei contenuti "irrinunciabili";
operazione che si reputa indispensabile di fronte al permanere di una
mentalità scolastica di tipo enciclopedico, che vede nelle discipline
esclusivamente dei repertori di conoscenze, di nozioni, di informazioni
da trasmettere agli allievi.
Il titolo del documento ("I contenuti fondamentali per la formazione di
base") sembra preannunciare l'individuazione di un quadro di sintesi dei
contenuti fondamentali per la formazione di base. Tuttavia, nel testo
non si trova traccia di questi preannunciati "saperi irrinunciabili" (cioè
del nucleo di conoscenze che si reputa indispensabile consegnare alle
nuove generazioni); vengono piuttosto evidenziate le competenze che gli
allievi possono acquisire attraverso l'esperienza scolastica e l'incontro
con le discipline.
L'impostazione convince, ma lascia trasparire il rischio di una sottovalutazione
dell'importanza dei contenuti, cioè del patrimonio di conoscenze, contenuti,
informazioni, concetti, idee, che devono stare alla base dell'istruzione
scolastica.
La scuola, infatti, non è solo un laboratorio dove si affinano processi,
macchine cognitive, saperi procedurali; non è solo un setting di allenamento
alle strumentalità; è un luogo di cultura, dove si producono cultura,
memoria, identità. C'è dunque una piattaforma cognitiva nel documento
dei saggi, ma c'è anche una piattaforma valoriale (bruneriana la prima,
deweiana la seconda). Le discipline ci aiutano a comprendere il mondo
simbolico dell'uomo; ecco perché è importante una ricerca sui contenuti
fondamentali e sulla loro aggregazione in grandi aree di significato.
In un passaggio del testo si parla riduttivamente del curricolo come di
una serie "succinta" di temi e di contenuti. Simili affermazioni si prestano
effettivamente alle critiche, rivolte ai saggi, di un eccesso di metodologismo,
di uno spostamento del modello formativo verso i bisogni emotivi ed affettivi
dell'allievo, a scapito di un indispensabile e rigoroso tirocinio culturale.
Si tratta di critiche eccessive (in molti casi "accademiche"), che non
riescono a cogliere l'impianto cognitivo del progetto, la tensione verso
la ricerca dei "nuclei concettuali fondanti" delle diverse discipline.
L'obiettivo della formazione di base -secondo il documento- è infatti
quello di fornire "strutture culturali di base", intese come "capacità
di orientarsi", di "comprendere, costruire, criticare argomentazioni e
discorsi, dare significato alle proprie esperienze". Si registra certamente
uno spostamento dal prevalere di conoscenze dichiarative (tipico delle
attuali pratiche scolastiche) allo sviluppo di conoscenze procedurali,
immaginative, rappresentative, che nel loro integrarsi vanno a comporre
quello che, fino a poco tempo fa, si sarebbe definito un "buon metodo
di studio", una personale capacità di analisi e riflessione.
In questa prospettiva formativa i contenuti si faranno apprezzare anche
per il loro corredo di aspetti storico-epistemologici e tecnico-applicativi,
oltre che per essere visti in un'ottica multidisciplinare e di integrazione
dei saperi.
La parola alla scuola : dai saperi alle competenze
Nella scuola il dibattito culturale che abbiamo riferito si è prevalentemente
trasformato in attese professionali, circa la "traduzione concreta, nei
curricoli e nelle prassi didattiche, della riflessione sui saperi essenziali",
sia in senso sincronico (come scegliere i saperi essenziali evitando riduzionismi
?), sia in senso diacronico (come articolare e differenziare i saperi
lungo i diversi cicli dell'istruzione ?).
Si può ritenere condivisa nella scuola un'esigenza di "sobrietà" dei curricoli,
di maggiore flessibilità negli insegnamenti, di un curricolo non più enciclopedico
e ripetitivo. Inoltre, comincia a consolidarsi l'idea che il perno del
curricolo sia rappresentato dal concetto di competenza, come insieme di
conoscenze, abilità, padronanza di linguaggi, cioè di saperi"situati"
che scaturiscono da contesti di apprendimento stimolanti e motivanti.
Dovremo però interrogarci sulla natura delle competenze da promuovere,
sulla loro qualità "formativa", sul loro essere basate su un apprendimento
"non inerte", perché capace di interagire e rimettere in gioco tutta la
preistoria cognitiva di un allievo.
Le competenze sono interpretate in termini di:
conoscenze dichiarative (relative a contenuti, informazioni, dati, saperi,
ecc.);
conoscenze procedurali (relative al saper fare, a metodi e strumenti di
organizzazione del pensiero);
conoscenze immaginative (relative ai linguaggi, alle rappresentazioni,
ai modi di pensare e trasferire pensieri).
Siamo di fronte ad un insieme di abilità che nascono e si sviluppano in
uno specifico contesto disciplinare, ma che tendono a trasferirsi in altri
settori disciplinari. Ogni disciplina, se didatticamente ben ambientata,
sollecita il trasferimento delle abilità acquisite verso gli altri settori
disciplinari: in questo risiede la forza formativa dei SAPERI.
Sapere per
sapersi orientare
Torna
alla S Torna all'alfabeto
|