Il tutor d'aula


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Le funzioni emergenti nella formazione dei docenti

 

Il tutor d’aula

 

Patrizia Appari

 

“La qualità dell’istruzione dipende dalla qualità degli insegnanti, dal cui sostegno dipende il successo di ogni riforma.” (Rapporto OCSE, 1998)

 

Da qualche anno nella normativa relativa alle azioni di formazione destinate al personale della scuola si evince una nuova idea di

formazione in servizio, la quale:

- sostiene la necessità di finalizzare gli interventi formativi attraverso per­corsi completi che portano dall'anali­si dei bisogni, per giungere alla valuta­zione dei risultati;

- si preoccupa di diversificare le azio­ni rispetto alle differenti necessità di carattere organizzativo,specialisti­co/disciplinare o di settore;

- invita all'integrazione delle tecnologie della comunicazione e dell'informazione nei percorsi formativi;

- promuove nuove figure professionali nel campo della formazione.

 

IL DOCENTE PROFESSIONISTA

 

Si sta assistendo al passaggio da modelli di input basati sulle competenze degli insegnanti a modelli di output centrati sul docente inteso come:

- un professionista colto, il quale domina i nuclei fondanti delle discipline (conoscenze dichiarative: quadri concettuali, connessioni, linguaggi; conoscenze procedurali, metodologiche, immaginative, rappresentative);

- un professionista riflessivo, che ritorna periodicamente sulle esperienze quotidiane per cogliere relazioni, possibili rapporti, dinamiche profonde, conflitti, fantasie che animano gli studenti;

- un professionista creativo, in grado di combinare in modo originale le variabili delle situazioni educative, adattando le alle proprie strategie comunicative;

- un tecnico che dimostra padronanza delle strategie di trasmissione culturale, di informazione e comunicazione, di sviluppo della relazione educativa. La formazione continua è un processo in evoluzione che si proietta e si realizza nel tempo.

Le azioni formative devono svilupparsi attraverso programmazioni caratterizzate da continuità e sistematicità che permettano agli insegnanti di trasferire quanto appreso nella pratica educativa e didattica.

Nascono così nuove figure professionali destinate ad occuparsi di questi processi in modo continuativo e competente, come il tutor d'aula, già esistente nel sistema formativo aziendale e citato da qualche tempo anche nei documenti del MIUR che si occupano di formazione.

 

LE FUNZIONI DEL TUTOR D'AULA

 

Tale figura si inserisce nei processi di formazione per guidarli e gestirli, garantendo una presenza stabile, un punto di riferimento costante per i partecipanti a un percorso di formazione, siano essi adulti o studenti, con la funzione di facilitatore e mentore dei processi di apprendimento.

La funzione del tutor d'aula si definisce all'interno di una relazione di aiuto e permette una consapevolezza maggiore della problematica presa in considerazione consentendo così una scelta più accurata delle successive attività da intraprendere. È un aspetto decisivo nella pratica professionale formativa e risulta centrale nei processi di autopercezione, di autodeterminazione e autocontrollo.

Il tutor d'aula collabora con il direttore del corso, lo staff d'aggiornamento e i conduttori di gruppo alla realizzazione del progetto di formazione. Tale collaborazione assicura una visione d'insieme dell'intero processo, pur avendo ogni esperto il compito di gestire singole aree tematiche.

Il tutoring si differenzia dal counseling perché, sebbene si fondi su abilità di ascolto e di chiarificazione dei problemi esaminati, si può attivare sia nei confronti degli adulti che degli studenti, in funzione dei ruoli specifici assunti all'interno di un processo formativo e delle prospettive di sviluppo che è possibile attivare.

 

La sua azione investe la relazione educativa e si basa su un'impostazione non direttiva.

Ha come obiettivo la consapevolezza dei processi decisionali attraverso l'esame e l'esplicitazione delle motivazioni che muovono le scelte personali degli individui in formazione.

In un sistema formativo complesso l'attività di tutoring diventa un'operazione fondamentale per un orientamento alla formazione continua intesa come dimensione esistenziale garante di un apprendimento per tutta l'arco della vita.

 

I COMPITI PRINCIPALI

 

I compiti di questa figura nelle attività formative sana finalizzati alla realizzazione di anziani che si sottraggono a una prospettiva esclusivamente formale e acquisiscano. valenza formativa: conoscere i corsisti, essere più vicini alla loro realtà, alle loro difficoltà.

Nei percorsi formativi campiti del tu­tor d'aula sana l'accoglienza dei docenti, la rilevazione delle esigenze espresse dai corsisti di cui può farsi portavoce presso la docenza a l'intero staff formativo il monitoraggio e la valutazione delle attività dell'apprendimento. (vedi Scheda n. 1), del gradimento. e dell'interesse l'organizzazione della spazio. fisica dell'aula al fine di favorire un'interazione efficace ed efficiente tra i partecipanti al corso. e i relatori la gestione dei gruppi di lavoro l'analisi e l'intervento. sul "clima" d'aula.

In alcuni casi il tutor d'aula può affiancare il docente relatore stabilendo. nessi con i momenti formativi precedenti, fornendo chiarimenti e producendo. dispense a materiale documentario sugli argomenti trattati.

I tutor d'aula si presentano come figure integrate nel contesto formativo, rimangano. punta di riferimento stabile oltre la durata del corso per verifiche ed approfondimenti nel caso in cui il corso stesso necessiti di durata pluriennale.

 

Sintetizziamo così gli obiettivi perseguibili dal tutor d'aula:

a. ampliare il patrimonio informativo dei corsisti anche attraversa il moni­toraggio e la metacognizione del sa­pere;

b. fornire e ampliare un saper fare rivolto alla soluzione dei problemi specifici di ogni contesto attraverso la cultura del progetto;

c. produrre cambiamenti nel saper essere orientati alle necessità relazionali di tipo collaborativo.

 

LE COMPETENZE   NECESSARIE

 

Il tutor d'aula deve possedere competenze relative ai processi di apprendimento degli adulti, di valutazione, di gestione e di dinamiche dei gruppi. Al tutor è richiesta, inoltre, una preparazione culturale ampia e una preparazione specialistica relativa all'ambito formativo in cui opera. Deve infine possedere conoscenze approfondite delle tecniche di gestione d'aula e degli strumenti didattici principali: lezione frontale, lavoro di gruppo., simulazione, approcci cooperativi.

I meccanismi delle relazioni interpersonali e delle dinamiche gruppali diventano aggetto di studio e di riflessione nel contesto educativo. Esperti e corsisti sono insieme coinvolti, ognuna con i propri registri affettivi, emotivi, cognitivi. Feed-back e metacomunicazione sono strumenti e veicoli di ritorno sugli eventi della comunicazione per comprendere l'aspetto pragmatico e le possibili disfunzioni. È compito del tutor d'aula gestire le regole comunicative, tuttavia nella relazione con i membri del gruppo c'è alternanza tra simmetria e complementarità, pertanto, scopo finale è anche quello di rendere consapevole il gruppo dei meccanismi della comunicazione e delle dinamiche diadiche e gruppali.

Nonostante manchino. ancora definizioni univoche dei requisisti richiesti in ingresso per questa figura professionale, è certamente necessaria una preparazione universitaria nell'ambito delle scienze dell'educazione, associata ad una specializzazione post-laurea ed alla partecipazione a corsi di formazione per formatori. È inoltre essenziale il continuo aggiornamento e l'acquisizione di una solida esperienza professionale. Oltre a sviluppi di carriera nell'ambito della formazione degli adulti è auspicabile la mobilità orizzontale che conduca questa figura professionale a ricoprire il ruolo di docente a anche di valutatore della formazione.

 

APPRENDIMENTO E CAMBIAMENTO

 

"Il cambiamento in formazione è un incontro felice tra due esperienze culturali. quella del formatore che tecnicamente predispone la struttura dinamica in cui qualche processo di cambiamento ci si augura abbia luogo e quella di chi è mosso da un atteggiamento desideroso di novità." (D. Demetrio, 1990).

 

Nella formazione degli adulti è necessario privilegiare l'uso del termine cambiamento rispetto a quello di apprendimento: non può esserci apprendimento se non sono osservabili i segni di un mutamento. (cognitivo), relazionale, affettivo, fisico eccetera). L’adulto, durante il processo di formazione, organizza il suo habitus cognitivo, che è definito da M. Lesne come "un insieme stabile e trasferibile di schemi cognitivi, percettivi, attivi".

 

L'habitus, quindi è rappresentabile con un'idea di moto contrapposta ad una di stasi; ad esso si oppone il processo di formazione che ha come scopo quello di provocare cambiamenti e si distingue dalla semplice interazione.

Per M. Lesne la formazione può produrre risultati soltanto se si riproducono le condizioni che hanno costruito l'habitus, pertanto è indispensabile:

- analizzare le condizioni che hanno prodotto l'habitus, cioè ricercare i motivi pratici, materiali, simbolici che strutturano il modello cognitivo;

- analizzare la situazione in cui si svolgono le 'pratiche di riproduzione dell'habitus.

In questo caso, l’azione del tutor d'aula è finalizzato all'intervento sul luogo di produzione dell'habitus (condizioni di produzione, pratica dell'habitus, situazione).

Potremmo quindi definire la sua azione come il rapporto tra conoscenze e pratiche didattiche, dove la relazione formativa si configura, nel contesto dei vincoli e delle risorse dei processi formativi, come una struttura di tipo relazionale/comunicativo.

Il suo intervento non ci appare direttamente orientato a modificare "sul campo" i comportamenti professionali degli insegnanti, bensì come uno strumento per trasformare modalità di conoscenza e di relazione, rispetto alle nuove esigenze culturali poste dai dettati normativi che si avviano ad introdurre nella scuola pratiche formative avanzate.

 

 


 

SCHEDA 1 - Monitoraggio e valutazione dei percorsi formativi

 

1. Monitoraggio in itinere, durante lo svolgimento degli interventi formativi per controllare l'andamento e i risultati intermedi e finali: somministrazione all'inizio e alla fine dei corsi di questionari, test di profitto, al fine di autovalutare la metodologia utilizzata e il livello di apprendimento raggiunto.

2. Valutazione finale al termine dell'intervento, da realizzare come confronto fra le finalità e gli obiettivi dell'intervento e i risultati ottenuti per valutare la qualità delle attività svolte e dei prodotti, l'acquisizione di abilità, l'assunzione di nuovi atteggiamenti.

3. Valutazione degli effetti a lungo termine, per rilevare sia la permanenza e lo sviluppo dei risultati acquisiti al termine dell'intervento, sia la loro ricaduta sulla pratica professionale. La valutazione degli effetti a lungo termine richiede la raccolta di dati a distanza nel tempo per approfondire e valutare il trasferimento dell'appreso, nonché le ricadute nel lungo periodo.

 

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Articolo apparso su “L’educatore” n° 10-11 del 15/01/2004

 

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