Documentazione e valutazione nella scuola dell’obbligo
Con riferimento alla didattica della scienza
Leonardo Barsantini
Il processo di documentare, prima ancora di valutare, è strettamente legato al tipo di lavoro che si imposta in classe.
Nella didattica tradizionale si può ricostruire il seguente schema:
In questa logica il lavoro dell’insegnante e quello degli studenti procedono per strade parallele con poche interazioni. Uno dei punti di contatto è quello delle prove di verifica che saranno poi utilizzate per la valutazione finale.
Nell’esprimere un giudizio l’insegnante non si basa soltanto sui compiti assegnati in classe ma tiene conto, talvolta inconsciamente, di altri elementi quali lo svolgimento regolare dei compiti assegnati a casa, lo studio costante, la capacità di ricordare, nonché il disturbo che l’alunno reca in classe, la capacità di stare seduto per ore, l’attenzione e l’interesse presente nello sguardo, le maniere educate.
Tutte queste notizie, più o meno indicative, finiscono per completare il giudizio sullo studente, ma l’impressione che si ha, come docenti, è che ci sfuggano elementi essenziali sui quali vorremmo poter esprimere le nostre opinioni. In breve, ci sfuggono “le strategie cognitive degli studenti”, vale a dire il modo con cui sono costruiti i pensieri, collegati fra loro e comunicati.
Seguire questa strada è sicuramente complesso, e forse non è neppure detto che sia completamente percorribile, certo è che in una didattica di tipo più tradizionale la possibilità di avvicinarsi ai modi con cui gli studenti costruiscono i loro concetti sembra preclusa fin dall’inizio, proprio per la scarsa interazione che si instaura fra insegnamento e apprendimento.
Per documentare e quindi avere a disposizione maggiori elementi sui quali fondare una valutazione più ragionata, non si può modificare soltanto il modo con cui si raccolgono le informazioni o si compongono le prove in oggettive, strutturate, semi - strutturate e cosi via, ma è necessario individuare una metodologia didattica alternativa a quella tradizionale.
E anche le sole competenze nell’ambito della valutazione non sono sufficienti, poiché queste acquistano un significato all’interno di una competenza più generale, indispensabile per ogni docente, che è quella necessaria a strutturare un curricolo. Quindi, l’incertezza nell’emettere giudizi può essere superata, o limitata, se il docente ha la padronanza del curricolo. Il seguente schema cerca di chiarire in quale ambito si situa il lavoro del docente interessato ad abbandonare la logica del programma in favore di quella del curricolo.
I processi di apprendimento devono prevedere tempi lunghi di attuazione, non esistono scorciatoie, ma questo vale anche per i processi di documentazione e valutazione che devono saldamente integrarsi con l’attività didattica e non essere relegati in un’appendice a seguire. In contrapposizione al primo schema presentato, relativo alla didattica tradizionale, si può individuare una valida alternativa, per la didattica delle scienze, nello schema che segue :
In questa proposta metodologica in cinque fasi l’interazione fra insegnamento e apprendimento è costante e ineliminabile: senza studenti svanisce anche l’insegnante. Nella didattica tradizionale, estremizzando, l’insegnante potrebbe anche non avere davanti a se nessuno e avere di fronte una telecamera; si ha, inoltre, una contrapposizione fra attivo e passivo: quando sono attivi gli studenti è passivo l’insegnante e viceversa. In questa ultima proposta nessuno è passivo, tutti hanno un compito da svolgere. Il lavoro dell’insegnante consiste, fra le altre cose, nell’andare a caccia di indizi, su tempi lunghi, per documentare e procedere a una valutazione distribuita nel tempo, “abbandonando un po’ gli studenti a se stessi”, ovviamente in un contesto opportuno, per vedere come se la cavano.
Metodologie sensate devono andare di pari passo con scelte altrettanto sensate degli argomenti da trattare, se gli argomenti sono “insensati” si possono valutare aspetti esteriori ma non elementi centrali in quanto gli alunni lavorano più in un ambiente mnemonico - addestrativo che creativo – costruttivo.
Nella “Metodologia delle cinque fasi” proposta, si sposta l’attenzione dal solo risultato finale al processo di apprendimento. Ad esempio, nella seconda fase della verbalizzazione individualizzata si richiede agli studenti di mettere in gioco la capacità di riflettere e di descrivere, strettamente collegata alle strategie utilizzate per l’osservazione nella prima fase e al livello di fedeltà con cui si ricostruisce quanto sperimentato, per proseguire poi il lavoro, nelle fasi successive, in ambiti di maggiore efficacia, ricchezza e sintesi, funzionali a una ricostruzione e a una comunicazione significative: siamo in presenza di un vero laboratorio mentale per lo sviluppo di concetti.
Lo studente non può limitarsi a ridire in bella forma ciò che ha sentito dal docente o ha letto sul libro, ma deve farsi carico delle spiegazioni costruendole, sviluppandole, elaborandole e affinandole. Deve collegare fatti con altri fatti ricercandone la coerenza con una correttezza terminologica che non è svincolata da un contesto di significatività.
Talvolta si richiede l’esattezza terminologica in contesti che non sono assolutamente significativi per gli studenti. In un sussidiario della scuola elementare i test di verifica proposti sono, più o meno, di questo livello:
“Rispondi in modo completo sul quaderno e poi riporta ad alta voce: Che cosa sono gli ultrasuoni? L’uomo può percepirli? Perché? Come varia la velocità del suono nei solidi, nei liquidi e nei gas? Perché?”
Ogni commento pare superfluo, ad eccezione del ribadire che le informazioni fornite all’insegnante da questo tipo di verifiche sono assolutamente inutili. Non si documenta nessun processo. Di ben diverso livello sono le informazioni fornite all’insegnante dalla breve descrizione che fa uno studente della scuola media in un percorso sul galleggiamento:
“Il dinamometro misura la forza peso. Se appendo un oggetto al dinamometro sulla scala tarata leggo la forza peso. Se passo l’oggetto appeso al dinamometro in un liquido, esso sale tanto quanto il volume dell’oggetto e diminuisce il peso dell’oggetto. ”
L’esposizione non è raffinata ma l’insegnante ha elementi per documentare quanto appreso dallo studente in questa prima fase, e intervenire per proporre nuove situazioni che possano correggere o proporre nuove visioni dei fatti (ad esempio, lo studente pensa che un oggetto immerso in un liquido pesi meno). E’ comunque chiaro il contesto all’interno del quale lo studente si muove, le procedure che adotta e le conclusioni che ricava. Nei test proposti dal sussidiario mancano tutte queste informazioni, manca il contesto di riferimento, e, paradossalmente, le risposte corrette sono altrettanto preoccupanti di quelle errate (cosa può dire un bambino della scuola elementare sugli ultrasuoni?).
In ambito scientifico acquistano significato anche aspetti specifici come il toccare, versare, mescolare, misurare, saper scegliere gli oggetti giusti, il saper valutare le grandezze (ad esempio di un recipiente in funzione di ciò che deve contenere), senza trascurare l’attenzione posta nell’uso e nella conservazione degli oggetti, nonché il rispetto delle norme d’uso e di sicurezza. Qui le informazioni a disposizione dell’insegnante vanno ben al di là di un generico “dimostrata interesse e capacità nell’attività sperimentale”.
E’ il contesto che crea le occasioni di documentare, dove si valuta la pertinenza di certi comportamenti, atteggiamenti, decisioni e si segue lo sviluppo di un percorso senza separare l’apprendimento dalla valutazione. Il termine percorso integra allora sia la scansione dei materiali preparati dal docente sia l’attività, il cammino, che su queste basi intraprenderanno gli studenti. Al di fuori di questo ambito perde di significato la possibilità di documentare e di esprimere giudizi.
E’ ovvio che il lavoro che si fa a scuola deve anche servire ad acquisire delle conoscenze che hanno un immediato valore d’uso (un tempo si diceva: leggere, scrivere e far di conto), ma ciò che veramente ha importanza è la formazione di una cittadinanza consapevole. Questo dovrebbe far riflettere sulle valutazioni del sistema scolastico proposti da organismi nazionali o internazionali basati sulla presentazione di test standardizzati scollegati da un contesto di apprendimento e con i quali gli studenti devono interagire in tempi brevi.
Anche all’interno delle singole istituzioni scolastiche, nel contesto dell’autovalutazione, l’attenzione dovrebbe essere focalizzata sulla realizzazione di apprendimenti sempre più efficaci, ma per far ciò è necessario avere gli strumenti per documentare i processi e senza i quali non è possibile prendere decisioni consapevoli. Prima che a valutare dovremmo essere interessati a documentare. In assenza di queste informazioni, non si è in grado di formulare giusti giudizi e si resta sul piano della superficialità concentrando l’attenzione su aspetti (le strutture edilizie, gli orari, i trasporti pubblici, la mensa) che, anche se non sono da trascurare, sono funzionali alla realizzazione di un ambiente sereno all’interno del quale gli studenti trascorrono una parte della loro vita, ma non possono sostituirsi, nelle preoccupazioni degli addetti ai lavori, al ruolo primario della scuola.
Bibliografia
C. Fiorentini, Quali condizioni per il rinnovamento del curricolo di scienze, in L’arcipelago dei saperi, vol. 1, a cura di F. Cambi, Le Monnier, IRRSAE Toscana, Firenze, 2001.
C. Fiorentini, Formazione degli insegnanti e ricerca sul curricolo: due nodi fondamentali di una scuola di massa e di qualità, in L’arcipelago dei saperi, vol. 1, a cura di F. Cambi, Le Monnier, IRRSAE Toscana, Firenze, 2001.
L. Barsantini e C. Fiorentini (a cura di), L’insegnamento delle scienze verso un curricolo verticale, vol. 1, IRRSAE Abruzzo, L’Aquila, 2001.
G. Bagni, Il nodo della valutazione, Insegnare 3, 2002. |