DOCUMENTO SUI NUOVI CURRICOLI DELL'AREA STORICO-GEOGRAFICO-SOCIALE[1]
Il 7.2.2001 è stata presentata la Sintesi dei gruppi di lavoro della Commissione di studio per il programma di riordino dei cicli di istruzione del Ministero della Pubblica Istruzione, che conteneva, fra l'altro, il Documento conclusivo del Gruppo di lavoro Aggregazione disciplinare storico-geografico-sociale.
In vari quotidiani, nei giorni
successivi, sono stati pubblicati diversi interventi di insegnanti, storici
e giornalisti; alcuni pacati anche se discutibili; altri preoccupanti per
l'ignoranza (a volte dichiarata) o la deformazione delle fonti, la demonizzazione
del Ministro, della Commissione e del Gruppo di lavoro, il rifiuto pregiudiziale
di qualsiasi prospettiva di riforma.
Nonostante alcuni difetti che si potrebbero correggere con alcuni chiarimenti, integrazioni ed emendamenti, il Documento conclusivo, fra tutte le posizioni finora pubblicizzate, rappresenta quella meno distante da quanto è emerso in decenni di ricerca didattica condotta da insegnanti e associazioni che si occupano competentemente di didattica delle discipline geostorico-sociali e di formazione dei docenti di storia delle scuole di ogni ordine e grado.
In particolare, ci sembrano irrinunciabili alcuni punti.
1. La proposta, lungo tutto l'arco degli studi, di una formazione storico-geografico-sociale, basata sull'equilibrio fra punti di partenza predisciplinari, approfondimenti disciplinari e sviluppi pluri- o inter-disciplinari (la 'area' storico-geografico-sociale; la storicità, la geo-graficità e l'educazione civico-sociale come dimensioni che attraversano anche altre aree disciplinari ecc.).
2. Un equilibrio, nella 'area' e nelle materie che la compongono, fra
- attenzione ai concreti soggetti sia dei processi storici, sia della formazione storica (con particolare attenzione alle differenze di genere), e tensione verso l'obiettività (metodologia della ricerca, basata, per esempio, sulla critica delle fonti ecc.);
- obiettivi cognitivi (operazioni cognitive, tematizzazioni di contenuti ecc.) e socioaffettivo-relazionali (es.: educazione civica, interculturale ecc.);
- diverse scale spaziali (locale, regionale, nazionale, planetaria), temporali (brevi durate degli avvenimenti, medie durate dei cicli o congiunture, lunghe durate delle strutture o persistenze, grandi trasformazioni) e sociali (individui, gruppi sociali primari e secondari, movimenti, istituzioni, società);
- dimensioni sincronica e diacronica.
3. Un curricolo unitario di storia, che prevede
- in ogni sua parte una differente forma di equilibrio fra costruzione di diversi tipi di quadri di riferimento generale e necessari approfondimenti concreti;
- un graduale passaggio
- dalle esperienze e dai concetti spontanei spaziotemporale-sociali degli allievi a una loro prima rielaborazione socioaffettivo-relazionale e cognitiva (primi due anni del ciclo di base, in stretto raccordo con la scuola per l'infanzia);
- da un primo approccio, a maglie larghe, ai principali 'quadri di società' (terzo e quarto anno) a un unico ciclo di 'nuova storia generale', sufficientemente lungo e conclusivo dell'obbligo scolastico (ultimi tre anni del ciclo di base e primi due anni della secondaria superiore), e ad un approccio che, pur dentro il consolidamento dei quadri di riferimento della storia generale, consenta degli approfondimenti tematico-problematici e storiografici, a mano a mano crescenti nel passaggio dai primi due agli ultimi tre anni della secondaria superiore.
Questa articolazione del curricolo avvicina l'Italia all'Europa, in cui da tempo è stata superata la
ripetizione ciclica della storia generale dell'umanità, che in Italia non solo non ha mai assicurato
un'adeguata formazione storica, nemmeno in funzione dell'università, ma è uno dei fattori della
perdita di significato dell'insegnamento/apprendimento della storia per le giovani generazioni e
delle difficoltà dei docenti, in particolare di quelli del secondo ciclo elementare e della scuola
media, costretti a insegnare a bambini e preadolescenti una storia generale compressa in tre soli
anni.
Anche la proposta che ha destato più scalpore, ossia quella di dedicare all'ultima parte della 'nuova storia generale' i primi due anni del ciclo della secondaria superiore, sembra accettabile, se non altro come male minore finché l'elevamento dell'obbligo scolastico (e non solo quello dell'obbligo formativo, già in vigore) non verrà esteso a 18 anni.
Fino ad allora, infatti, occorrerà affrontare un problema spinoso: la non coincidenza fra
- la cesura fra primo ciclo settennale di base e secondo ciclo quinquennale secondario;
- la cesura fra obbligo scolastico e post-obbligo.
L'unica soluzione accettabile ci sembra essere quella di un passaggio graduale, giocato sulla continuità/discontinuità positiva: i primi due anni del ciclo secondario, da una parte, possono completare, con l'obbligo scolastico, il percorso della 'nuova storia generale' avviato negli ultimi tre anni del ciclo di base, ma, dall'altra, fanno parte integrante del ciclo secondario perché anticipano i maggiori approfondimenti tematico-problematici e storiografici del triennio conclusivo sul terreno meno ostico per gli adolescenti, quello dell'età contemporanea.
Le altre proposte ventilate sarebbero dei mali di gran lunga peggiori.
Chi propone due cicli di storia generale (uno coincidente con tutti e sette o con gli ultimi cinque anni del ciclo di base; l'altro coincidente con la secondaria superiore) pare proprio non rendersi conto che
- in realtà, si tratta non di due cicli, ma di un ciclo e 2/5 e di una proposta discriminatoria per chi non spenderà l'obbligo formativo negli ultimi tre anni della secondaria superiore e potrà, quindi, studiare solo preistoria, storia antica e alto-medievale;
- l'esperienza delle elementari insegna che non si può iniziare troppo prematuramente (a otto o - peggio ancora! - a sei anni) lo studio sistematico della storia generale.
Il diritto di tutti i giovani a una formazione storica di base, su tutto l'arco storico, entro l'obbligo scolastico, è parte integrante del diritto allo studio.
Se è importante pensare agli studi storici all'università e al triennio che li precede, sacrificare su questo altare la formazione scolastica obbligatoria è come segare il ramo su cui si sta seduti.
Il Documento conclusivo è stato steso con il contributo di una cinquantina di esperti di didattica delle discipline geostorico-sociali (docenti delle scuole di ogni grado, dirigenti scolastici, professori universitari, rappresentanti delle associazioni disciplinari ecc.), all'interno di un'operazione rispettosa del pluralismo e della trasparenza.
Auspichiamo che nella delicata fase che porta alla formulazione definitiva dei nuovi curricoli si utilizzino bene le risorse costituite da tale Documento e dalle elaborazioni delle associazioni di didattica delle discipline geostorico-sociali, in una logica migliorativa, altrettanto pluralistica e trasparente.
Qualunque persona o associazione voglia sottoscrivere questo documento è pregata di inviare la propria adesione al presidente di Iris, prof. Maurizio Gusso - via Petrella, 7 - 20124 Milano - tel./fax: 02-29512889; e-mail: maurizio.gusso@rcm.inet.it
[1] Documento approvato dal Consiglio Direttivo di Iris (Insegnamento e ricerca interdisciplinare di storia, socio del Landis / Laboratorio nazionale per la didattica della storia) - formato dai proff. Bernardo Barra, Antonino Criscione, Maurizio Gusso, Marina Medi, Antonella Olivieri, Leonardo Rossi e Marilena Salvarezza - e inviato per e-mail al Ministro della Pubblica Istruzione, prof. Tullio De Mauro, e al Forum delle associazioni disciplinari della scuola.