Il testo che
viene qui proposto è la trascrizione dell'intervento di Gianna Di Caro alla
Giornata di studio promossa il 2 marzo 2000 dal Cidi di
Torino
Gianna Di
Caro
Premetto che le
considerazioni che farò hanno come premessa, come presupposto teorico
essenzialmente due fonti:
Gardner, in modo
particolare il testo “La comprensione educare al comprendere”. Gardner parla di
comprensione in generale ma poi rivolge il concetto di comprensione anche alla
comprensione storica; Gardner è uno psicologo e naturalmente utilizza per
elaborare il suo concetto di comprensione il lavoro degli
storici.
L’altro riferimento…è
tratto dai lavori di Clotilde Pontecorvo e del suo gruppo Zucchermaglio e
Girardet che a Roma hanno sperimentato tutta una serie di lavori volti proprio a
comprendere il modo di comprensione storica del
bambini.
Ha lavorato in una 4°
elementare in una scuola di borgata e queste cose sono pubblicate ….come
risultato di un lavoro che è partito se non ricordo male negli anni
’80.
Queste sono per quello
che mi riguarda e anche per quello che riguarda il lavoro fatto in passato, i
riferimenti che ho e che hanno ispirato una riflessione e una
metodologia.
Gardner ci dà una
definizione di comprensione generale ovviamente distinguendo il concetto di
comprensione dal concetto di conoscenza …Dice Gardner “noi siamo
in grado di comprendere qualcosa quando possiamo trasferire
quello che abbiamo imparato in termini di procedure, concetti-chiave…in
situazioni nuove. Faccio subito una premessa: questo non vuol dire che la
storia ci offre dei modelli di comprensione esportabili, buoni per tutte gli
usi…
In una prima
approssimazione potremmo chiarire meglio questo concetto di comprensione se
pensiamo a quello che accade in tutte le discipline: la comprensione è fonte di
competenza, la comprensione è ciò che porta alla competenza. Allora
quando noi diciamo che una persona è competente ad es. in latino non vogliamo
dire che ha una conoscenza di carattere morfosintattico e basta, ma vogliamo
dire che quella persona è in grado di applicare quella conoscenza per tradurre
dei testi latini.
Quando parliamo di
comprensione nel campo della fisica non vogliamo dire che il ragazzo sa ripetere
la formulazione delle leggi che ha trovato sul manuale ma vogliamo dire che ha
acquisito una mentalità scientifica che gli permette di ragionare e di spiegare
scientificamente i fatti oppure anche se non è in grado di spiegarli
scientificamente di sapere che cosa vuol dire di spiegarli
scientificamente.
Quindi la
comprensione è se così possiamo dire il livello più alto di conoscenza,
quello che bisogna raggiungere per essere competenti in un campo
disciplinare.
Detto questo, allora,
che cosa vuol dire nel nostro specifico la comprensione storica, e quindi che
cosa significa raggiungere un livello di competenza storica che ovviamente non è
commisurabile alla competenza dello storico professionista; parliamo della
competenza che la scuola deve dare al ragazzo, quindi non a livelli alti,
tenendo conto della competenza formata professionalmente,
no!
Il nostro problema
quindi è diverso: l’obiettivo non è quello di formare il piccolo storico, lo
storico in miniatura però è sempre una finalità di comprensione e mirata
alla competenza.
E allora cerchiamo di
analizzare in maniera un po’ più puntuale questo concetto di comprensione
storica.
Si può dire che gli elementi
di cui è composto (devo un poco scorporarlo per renderlo più chiaro) possono
essere indicati in questo modo:
1. Mi devo chiedere chi
sono i soggetti che agiscono. Nella storia ho sempre dei soggetti comunque definiti e anche in modo vario.
Possono essere dei soggetti collettivi, astratti, individuali: sono gli stati ma
anche gli statisti, sono i movimenti sociali ma sono anche le singole persone.
Sono le istituzioni ma sono anche i popoli, le etnie. Quindi esiste nella
comprensione storica questa prima esigenza, di afferrare e di capire la
pluralità dei soggetti sapendo che la comprensione di ogni soggetto che agisce
richiede delle attenzioni, delle avvertenze. Non è la stessa cosa rendersi conto
dell’azione di un movimento, dell’azione di uno statista, dell’azione di uno
stato. Comunque sia ho sempre a che fare con azioni storiche e quindi mi devo
chiedere chi ha fatto X chi ha fatto questo,
2. … il secondo elemento è
questo: che tipo di azione è? perché è stata compiuta? quali piani, quali
strategie, quali progetti, quali scopi perseguivano i soggetti che hanno
compiuto quell’azione? E quindi potremmo dire che mettiamo in campo un primo
livello di spiegazione: X ha fatto questa cosa perché… Ma non siamo ancora
sul piano della comprensione storica se ci limitiamo a questo: se ci limitiamo a
individuare i piani strategici dei comportamenti, le scelte, le
motivazioni.
3. Dal momento che le
azioni avvengono sempre in un contesto che è un contesto culturale,
temporale, spaziale, quindi ogni tipo di azione chiunque la compia è
caratterizzata da una situazione in cui operano dei vincoli e delle possibilità
insieme, allora io devo capire l’intreccio che esiste tra le motivazioni e i
piani strategici di quell’attore storico e il contesto in cui quell’attore ha
agito. Ora questo contesto può essere indicato rapidamente con pochi tratti a
seconda del problema che debbo spiegare oppure può essere un contesto molto
ricco, molto articolato che devo descrivere, rappresentare come uno scenario
complesso. Se pensate che la storia che facciamo o dovremmo fare in termini più
attenti come il ‘900…pensate alla complessità degli scenari storici, delle
azioni che avvengono in questo secolo appena trascorso. Quindi il problema
dell’azione del soggetto e della sua struttura nell’ambito del contesto è un
problema importante nella comprensione storica. Non posso dire “il tale ha fatto
così” ma devo dire “ha fatto così in questa situazione, in questo contesto”
quindi mettere in evidenza i vincoli, le possibilità.
4. L’altro elemento è come
facciamo a sapere, perché possiamo dire che il piano strategico era questo?
perché possiamo dire che in quella situazione c’erano questi vincoli, queste
possibilità? Quindi perché possiamo dire che il contesto e culturale in senso
ampio o sociale oppure semplicemente spazio-temporale era questo? Quindi da dove
viene questa conoscenza?
Ovviamente quando
affrontiamo questo problema entriamo direttamente nel campo delle procedure
della ricerca storiografica perché affrontiamo il problema delle
fonti.
Quando parliamo quindi
di comprensione storica noi intendiamo dire questo.
…Voglio mettere subito
in chiaro che questo non significa che per ogni evento della storia passata i
nostri studenti debbano essere in grado di compiere questa complessità di
ragionamenti; avremmo delle attese nei confronti della scuola veramente
spropositate…potremmo dire che ci aspettiamo di formare degli storici in
miniatura.
Ma direi che questa
struttura che è alla base di una comprensione storica deve essere tenuta
presente perché è quella struttura esplicativa che permette a un individuo scolarizzato
di porsi con un atteggiamento un po’ più problematico e più critico di fronte
agli eventi collettivi, di fronte agli eventi anche del suo
presente.
Questo non significa
capire sempre (questo vale anche per gli adulti), ma significa essere un poco
vaccinati nei confronti del rischio di non mettere in atto quella attenzione,
quella misura, direi quella cautela di fronte a fatti altrimenti assunti come la
Verità. Quindi l’obiettivo della comprensione storica non è fare in questo
modo accurato tutto e sempre ma farlo il più possibile e quando è possibile in
modo che rimanga questa struttura esplicativa come
fondamento.
Ritornando sui modelli esplicativi: cercherò di dirli in
termini un po’ più chiari di questa prima approssimazione, e qui utilizzo
ugualmente Gardner e la Pontecorvo anche perché mi sembra interessante vedere la
convergenza di intellettuali, di ricercatori che hanno esperienze diverse, che
lavorano in contesti diversi e che arrivano a dire cose
analoghe.
Gardner dice “Che
cosa deve fare (tenete presente che G. utilizza qui dei lavori fatti da
altri, quindi alcune di queste cose sono il frutto di una ricerca compiuta anche
da teorici dell’apprendimento che hanno anche una competenza di natura storica)
un insegnante di storia competente?" – quindi ne delinea la figura.
1. Deve come prima cosa, di
fronte ad un tema storico che intende far capire presentare una sequenza
narrativa, ovviamente quella che si riferisce al tema in questione. Io
vorrei soffermarmi su questo punto perché la didattica della storia ha
conosciuto stagioni diverse e innamoramenti e rifiuti come tutte le forme
didattiche e c’è stato un periodo nella storia della scuola, nella storia della
didattica, in cui per carità la sequenza narrativa! Andiamo subito a costruire i
modelli: sociali, economici, strutturali, quindi abbiamo odiato – dico abbiamo
perché è stato un fenomeno molto diffuso e…io non dico che la sequenza narrativa
sia esaustiva e sia sempre e comunque necessaria. Dico che è importante. Ed è
importante proprio nella scuola perché il paradigma della narratività è il
primo paradigma che si costruisce nella mente del bambino: è successo questo
poi è successo quest’altro – quell’individuo ha fatto questo quindi è successo
quest’altro. Allora la struttura della narrazione nel tempo è il paradigma più
semplice, il primo che viene utilizzato fin dalla scuola elementare quindi non
si può buttare via, perché ci priviamo anche di una possibilità di
comprensione…da parte dei ragazzi. Può essere lo storico professionista che può
decidere che lui non ha bisogno di costruirsi la sequenza narrativa, anche se
credo che poi in tante ricerche la sequenza narrativa sia molto di più che una
semplice esposizione, sia proprio anche qualche cosa che contiene in sé un
modello esplicativo. In ogni caso l'ins. Competente costruisce una sequenza
narrativa.
2. L’altro elemento è
l’individuazione dei soggetti storici. Ci deve essere chiarezza sul
soggetto storico. E qui c’è un primo livello di categorizzazione, cioè devo non
dico saper definire ma devo sapere di che cosa sto parlando, del soggetto che è
protagonista, chiunque esso sia …
3. Poi (dico poi ma vanno
tenuti presenti insieme) c’è il problema dello scenario. Dal momento che
nella storia nessuno agisce da solo ma ogni azione è risposta o reazione ad
azioni di altri, in un contesto dato, quindi è molto importante lo scenario, la
ricostruzione degli altri attori che si muovono sulla scena, del fondale e dei
vari riferimenti.
4. Poi ci sono quelli che
Gardner chiama “i temi interpretativi di lungo periodo” e che noi siamo abituati
a chiamare i processi.
Esemplificando, un tema
interpretativo di lungo periodo può essere l’industrializzazione, che è un
processo che inizia in un determinato tempo, che si diffonde con modalità
diverse, che incontra anche caratterizzazioni diverse. Quindi questo è un
classico esempio di tematizzazione di medio/lungo periodo (qui il termine non è
usato alla Braudel, è usato in termini più divulgativi,
normali).
5. E poi ci sono i
metasistemi della storia ossia le procedure tipiche della ricerca
storiografica che hanno a che vedere con la lettura e l’interpretazione delle
fonti e quindi i problemi che sappiamo di attendibilità, di autenticità, di
modalità di interrogare le fonti e di rapporto tra le fonti…tutto quello che è
proprio il mestiere dello storico.
Una superficialissima
esemplificazione di questo tracciato, di che cosa può significare una
comprensione storica ve la posso fare prendendo l’argomento notissimo che è
affrontato credo in ogni tipo di scuola: la 1° guerra
mondiale.
Andiamo a vedere che
cosa vuol dire…
-
Cominciamo con i
soggetti: sto parlando della 1° guerra come fatto europeo e mondiale e non come
riferito all’Italia o a un altro stato in modo specifico; quindi nella sua
generalità. Allora ho come soggetti gli Stati – e qui voglio aggiungere una cosa
però che è molto utile nell’insegnamento: gli stati ma anche gli uomini che
operano dentro e fuori degli stati e quindi lo statista, il ministro degli
esteri, il diplomatico, l’ambasciatore e se ho una documentazione per es. che mi
permette di entrare a questo livello, io posso anche identificare i soggetti
anche sotto questo aspetto; posso lavorare o sullo stato come ente, istituzione
oppure posso esemplificare in termini di scelte dell’individuo con riferimento a
coloro che sono dentro agli stati, che poi mettono in moto la macchina dello
stato.
-
Lo scenario: avrò un
occhio particolare ai patti di alleanza che stringono i vari stati alla vigilia
della guerra. Stati che sono oggetto di una relazione diplomatica, politica
anteriore. Ma ho anche la possibilità di costruire un processo come dire “più di
sfondo” oltre lo scenario che si riferisce ai protagonisti, ai soggetti, che va
a chiarire la conflittualità latente o palese (a seconda delle situazioni) che
coinvolge gli stati nell’età dell’imperialismo, quindi tra la fine dell’800 e i
primi del ‘900.
Un altro processo che coinvolge la
conflittualità degli stati è la tremenda, annosa questione balcanica.
Quindi ho come una
specie di struttura a diversi livelli: i soggetti – lo scenario in cui operano –
lo sfondo che mi è dato dai processi di lungo periodo.
Oppure le guerre di
religione in Francia nel ‘500: lì diventa fondamentale la questione del processo
di lungo periodo perché non capisco nulla di quelle guerre se non le situo nella
formazione dello stato moderno.
Allora a volte la
costruzione dei processi in cui un fenomeno viene inserito non è tanto la
fissazione dell’ins. di storia che vuole dire di più, ma vuole dire meglio per
far comprendere meglio. Bisogna evitare il di più che non serve e scegliere il
di più che serve…
Questo discorso può
portarci a questa 1°conclusione che vale per tutte le discipline: una
sola e pura conoscenza fattuale senza una quota di conoscenza procedurale non
serve alla comprensione storica. Questo è il primo dato! E guardate che
questa osservazione vale per tutte le discipline. Oppure in termini
linguistici – visto che gli ins. sono degli ottimi linguisti in genere: una
conoscenza puramente dichiarativa è insufficiente se non è accompagnata da
una conoscenza procedurale. Perché questo? perché la conoscenza fattuale può
essere dimenticata, quella procedurale no.
Una volta Vertecchi ad
un convegno…aveva detto una cosa interessante - Vertecchi è un pedagogista,
niente a che vedere con la comprensione storica - ma ha detto una cosa che può
valere anche per la comprensione storica: "finita la scuola superiore, tutti noi
dimentichiamo quasi tutto di quello che abbiamo imparato come contenuti e
discipline, ma l'avere frequentato la scuola è importante per quel
quasi".
Allora dobbiamo
chiederci: nel caso della storia qual è il "quasi"? Il "quasi" sono le
procedure esplicative, sono il rapporto con le modalità forti della
disciplina esattamente come accade con tutte le altre discipline. Ecco che
allora questo non è un appello a non fare i fatti - anche perché la conoscenza
fattuale è importantissima, se non altro perché poi le procedure le applico per
organizzare i fatti della storia, intendiamoci, le due cose non vanno separate,
è importante conoscere i fatti; non sono neanche ipotizzabili dei processi di
separazione (io non credo alla metodologia pura nella scuola) - però credo che
sia importante acquisire da parte degli insegnanti questa consapevolezza, la
necessità di far interagire la conoscenza fattuale, nei limiti in cui questo
è possibile, con la conoscenza procedurale.
Allora vediamo perché.
Io ho detto che è
importante perché così i ragazzi imparano la Storia.
Ma uno potrebbe dire "è
poi così importante che si impari la Storia? Nei curricoli scolastici non c'è
mica sempre stata la conoscenza storica, potrebbe anche succedere (io non me lo
auguro se no non saremmo qui) che si decidesse da qualche parte che non serve la
conoscenza storica, che ci sono delle conoscenze più utili, più pertinenti.
Allora bisogna motivare in qualche modo.
E ancora una volta la
motivazione ve la espongo, non è una motivazione pensata da me, ma verificata da
me sì, ed è la motivazione degli autori cui ho fatto riferimento fin
dall'inizio.
Loro dicono che "se
nell'apprendimento della storia non si ha attenzione da parte dell'insegnante
alla costruzione di un sapere procedurale che è quello che poi spiega
storicamente i fatti (perché è successo che cosa è successo) e ci si limita al
meccanismo tradizionale spiego-ripeto (l'80% della scuola lo fa!), il
meccanismo fisiologico dell'oblio - e meno male che c'è questo meccanismo -
distrugge i fatti.
Ma se non sono stati
evidenziati i meccanismi strutturali di collegamento che sono poi le
procedure esplicative di lettura delle fonti che sono tipiche dello storico,
quando quei fatti se ne vanno - ed
è normale, chi ricorda tutto è ammalato, è una patologia…ma non è un rischio che
corrono gli studenti e neanche noi -…chi dimentica tutto dei fatti e non ha
contemporaneamente percepito, evidenziato dei meccanismi esplicativi procedurali
della comprensione storica…quando i fatti se ne vanno, lasciano il
vuoto.
Ma il vuoto viene
riempito (ed è qui l'elemento interessante) da modelli esplicativi
(anche perché l'esigenza di spiegare le cose è naturale nell'uomo) che sono
tratti … da modelli intuitivi di natura infantile - che non sono mai
stati messi in discussione perché se non c'è stato mai un apprendimento dal
punto di vista esplicativo-metodologico corretto, si è creato quello che la
Pontecorvo chiama "il doppio curricolo": da una parte il curricolo "colto" della
scuola, dall'altra il curricolo "spontaneo" che è fatto delle procedure
esplicative che sono tipiche della mente dall'infanzia.
Allora quando accadono i
fatti, quei modelli esplicativi che stanno in noi fin dalla prima età, fin dalla
scuola dell'infanzia, modelli vecchi, consolidati, mai messi in crisi, prendono
il posto, occupano quel vuoto che la conoscenza fattuale ha lasciato.
Qui viene fuori - cito a
memoria Gardner perché mi è piaciuta molto quell'osservazione - uno dei
modelli più forti della spiegazione categoriale e valutativa che è il modello
dicotomico buono-cattivo che può essere anche risolto nel modello
civile-incivile e dicotomie analoghe. Questo modello dicotomico non è una
cosa da buttare via perché ha la sua forza nel preparare una forma di
educazione etico-civile che è quella della scelta. Quindi non sono critica
nei confronti di questo modello; l'idea è che questo modello deve essere
rafforzato, deve diventare più articolato, più ricco, più complesso nel
momento in cui lo utilizzo in un contesto più ricco che è quello che mi dà la
competenza storica.
In altre parole, vediamo
un uso semplificato del modello dicotomico
L'uso semplificato che
ritorna nell'adulto che ha dimenticato tutti i fatti e nel vuoto riproduce il
meccanismo primitivo intuitivo, porta a dire che le guerre ci sono perché c'è
un uomo cattivo che le vuole e Gardner si riferisce ai tempi recenti quando
(non nomina nessuno ma è chiaro il suo riferimento al 1991) … persone anche
colte hanno risolto il problema della guerra del Golfo dicendo che Saddam era
cattivo. Allora evidentemente questo modello è estremamente riduttivo perché
riconduce a un modello esplicativo infantile di
buono-cattivo.
E qui la cosa
straordinaria è che …se voi chiedete ad uno studente di spiegare le "cause" della 1^ guerra
mondiale nessuno studente dell'ultimo anno dirà che c'erano i buoni e i
cattivi. Quando quello studente avrà 30-40 anni e si trova di fronte ad una
situazione analoga sarà lui, se ha imparato la storia nel senso soltanto
dichiarativo, che cadrà in questo tipo di spiegazione. E noi diciamo "allora noi
non abbiamo fatto niente!".
Che cosa è
successo? Che il meccanismo
intuitivo non è stato mai messo a confronto con un meccanismo esplicativo
elaborato dallo storico, non è stato mai fatto un lavoro tale per cui la
semplicità rozza ma efficace del dividere il mondo in due parti buoni-cattivi
non è stato mai messo in crisi per far vedere che questa dicotomia nella storia
non mi fa capire le cose.
Allora io se voglio
capirle (poi posso dire questo è cattivo questo è buono scelgo, questo fa parte delle posizioni
etico-civili) ma nella comprensione storica devo avere un modello
esplicativo un tantino più raffinato, che va dall'elemento valutativo
come minimo all'elemento motivazionale all'elemento
contestuale.
Se noi non facciamo
questa operazione, il vuoto viene riempito, è come se non ci fosse stata nessuna
educazione di tipo storico, nessun apprendimento di carattere storico. Questo è
l'elemento: non è la dimenticanza che di per sé vuol dire poco -
dimentichiamo un sacco di cose tutti i giorni e meno male - ma è che…si verifica una
regressione.
I fenomeni di
regressione nella comprensione dei fatti umani rendono l'individuo fragile ed
esposto a tutti i meccanismi manipolativi questo poi è il
risultato!
Nel momento in cui
l'individuo non è stato mai abituato ad attrezzarsi ad usare procedure di
tipo storiografico e quindi ovviamente complesse, allora, siccome spiegare si
deve, …è sufficiente che ci sia una grossa capacità manipolativa in occasione di
determinati eventi, per cui passa
un determinato modello - può essere giusto sbagliato rozzo incompleto ma se
vogliamo che le persone siano più critiche, più avvertite, dobbiamo fornirgli
strumenti un tantino più elaborati.
Che cosa vuol dire
metodologicamente lavorare in questo modo per integrare conoscenze dichiarative
e conoscenze procedurali
Significa compiere delle
operazioni metodologiche nell'insegnamento della storia; significa anche partire
dalla necessità di avere a che fare con una molteplicità di strumenti;
significa anche capire che i bambini - e parlo appositamente di bambini per dire
che certi meccanismi interpretativi sono presenti fin dall'inizio, l'abbiamo
sperimentato. Devo capire quali sono i meccanismi esplicativi e
interpretativi che sono presenti nella mente, sia pure in forma
approssimativa e rozza.
Comincio da quest'ultimo
punto.
E' utile sapere (e qui
mi richiamo proprio al lavoro fatto da Pontecorvo e collaboratrici) che si
intrecciano - mi sembra che non si possa dire che sono in sequenza da quello che
abbiamo visto direi che si intrecciano, ma qui ci vuole molta ricerca e io spero
che questa ricerca ci sia anche a Torino -…sembra che si intreccino modelli
esplicativi di tipo valutativo, modelli esplicativi di tipo
motivazionale, modelli esplicativi di tipo contestuale: in ragazzi di
scuola media i tre modelli si intrecciano e si sovrappongono spesso anche
all'interno della stessa discussione, e parlo di modelli esplicativi di questo
tipo con un intervento dell'insegnante molto leggero (l'ins. si è limitata a
contestualizzare i testi, quindi ha dato un lavoro di contestualizzazione
storica). Questo vuol dire che i modelli esplicativi messi in atto dai ragazzi
sono modelli esplicativi di natura argomentativa naturale che la mente possiede,
prima che la scuola in qualche modo li abitui a dire quello che c'è sul libro e
basta…
Come vengono messe in moto queste
capacità?
Questa capacità di
spiegare utilizzando queste modalità vengono messe in moto se io utilizzo degli accorgimenti.
Innanzitutto devo
spiegare: la mia spiegazione ci deve essere, devo dare il tessuto narrativo,
devo dire quello che il manuale in altre forme dice; quindi i ragazzi devono
avere il manuale, è finita l'epoca "basta con i manuali facciamo ricerca", ormai
siamo vaccinati anche da queste tentazioni che hanno fatto il loro tempo. Quindi
la conoscenza fattuale, dove nell'esposizione fattuale sono impliciti i
meccanismi esplicativi e qualche volta sono evidenziati e messi a focus. Poi il
lavoro in classe.
Quali sono le
condizioni del lavoro in classe? quindi il metodo dell'apprendimento del
lavoro in classe - le condizioni sono essenzialmente due (e ritorno alla
Pontecorvo - come vedete passo dalla Pontecorvo a Gardner, non ho proprio niente
di originale se non l'esperienza pratica didattica) …gli elementi metodologici
sono: un lavoro in classe di piccoli gruppi - sia nella scuola media che nella
secondaria, per le elementari è un po' diverso…- su dei testi, documenti di
tipologia variata, scelti in modo adeguato al livello di comprensione di quell'età,
facendo attenzione che delle conoscenze di sfondo, di scenario ci siano (non
dimentichiamo che non è lo storico professionista ma il ragazzo che deve
apprendere, quindi delle conoscenze di sfondo deve
averle).
Questo lavoro
metodologico funziona a due condizioni
-
che ci sia una
conoscenza condivisa dalla classe - e che si formi se non
c'è;
-
che ci sia un oggetto
problematico quello che la Pontecorvo chiama "l'oggetto problematico", quello
che lo storico può chiamare "il problema", il problema che mi spiega un
fatto.
Il termine oggetto
problematico è più generico, perché può andar bene per qualsiasi disciplina. Nel caso della storia è "un
problema". La complessità, il tipo di problema dipende dalla classe, dai
bambini, però ci deve essere il problema, perché senza il problema
non si discute, senza il
problema io non metto in atto le procedure esplicative, non metto in atto le
procedure argomentative, ed è quello che permette la messa in atto di queste
procedure.
Chi non mette in atto
queste procedure non le acquisisce.
Si acquisiscono
procedure se si mettono in atto; e lo proviamo su noi stessi, noi insegnanti:
quando ci troviamo di fronte al lavoro sulle fonti abbiamo la tentazione di
risolvere questo lavoro in chiave linguistica, perché l'ed. linguistica è
passata nella scuola - meno male dico - però deve passare anche l'educazione
metodologica dell'apprendimento storico e non si può trasformare l'apprendimento
storico in apprendimento linguistico; l'apprendimento linguistico serve ma
non è l'apprendimento storico.
Quindi allora …una
conoscenza condivisa e oggetto problematico… la
discussione…
Quindi la metodologia
diventa una procedura che prevede lezioni frontali, studio individuale, lettura,
lavoro su problemi (in classe), utilizzo di una varietà di fonti - di carattere
iconografico, scritto - sempre naturalmente preparate e modellate, una
esposizione di modelli interpretativi - devo anche fornire ai ragazzi dei
modelli esplicativi quando voglio alzare il tiro della loro
spiegazione.
Quindi una delle
caratteristiche metodologiche e anche di strumentazione dell'apprendimento
storico è questa; noi non possiamo più lavorare sulla storia con modelli
rigidi, programmati in modo tradizionale dove il parlare e il ripetere sia
l'asse portante dell'insegnamento: si discute, si osserva, si guarda si
legge si ascolta.
In altre parole: tutte
le attività intellettuali devono essere messe in campo. questo anche per una ragione se volete
semplice: in un'età in cui la competenza comunicativa è molto
elevata……
…il chiudersi in modelli
di comunicazione che spengono e annullano le potenzialità esplicative che sono
incluse nella disciplina. E' molto più forte un modello comunicativo
multimediale che non un modello comunicativo monotono e monomediale come la voce
(infatti ora smetto di parlare!), la trasmissione e la ripetizione di un sapere
orale.
In definitiva possiamo
sintetizzare in questo modo:
-
arricchire le modalità
comunicative dell'insegnamento apprendimento della storia;
-
arricchire la conoscenza
fattuale con le conoscenze procedurali e questo richiede una metodologia più
articolata e più complessa.
Che non è un rendere più
difficile la scuola, ma un rendere la scuola più facile per i ragazzi perché
imparano meglio; facciamo un poco più di fatica noi ma loro imparano
meglio.