La storia nelle
"indicazioni ministeriali": una questione di metodo Ivo Mattozzi (il contributo apparirà in "Cooperazione
educativa", n. 5, 2002, rivista del Movimento
di Cooperazione educativa. Essa riguarda le indicazione
del 24-07-2002 seguono le postille sulla versione del 6-11-2002) 1. Chi dovrebbe scrivere "indicazioni"
circa la storia? Ho l'impressione (ma bisognerebbe verificarla
con ricerche) che la vicenda dei programmi di storia entrati in vigore
sia piena di esempi di programmi elaborati
da singoli "esperti" o piccoli gruppi di "esperti"
incaricati da organi ministeriali di redigerli in tutta discrezionalità
e segretezza. Invece, nei pochi casi in cui le elaborazioni dei testi
sono state il frutto di un lavoro collettivo di gruppi numerosi e pubblici,
i programmi non sono arrivati all'approvazione: la discussione che si
è aperta su di essi e ne ha accompagnato la genesi e gli opposti, paralizzanti
pareri di "lobby" di questo o quel periodo storico hanno dato
buoni argomenti per non vararli. Fu questo il destino delle proposte
programmatiche prodotte dalla commissione cosiddetta Brocca dal nome
del sottosegretario che la presiedeva e poi del programma per la scuola
dell'obbligo redatto in seno alla commissione De Mauro. Invece gli estensori delle "indicazioni
ministeriali", pubblicate in piena estate
2002, sono anonimi, hanno lavorato alla chetichella e di buona lena,
non si sono dovuti sottomettere allo stress del confronto pubblico,
hanno visto il loro testo presto pubblicato e assunto dal Ministero
per le 250 scuole sperimentali (un centinaio delle quali private). Il problema di metodo diventa allora:
1. con quali criteri decidere chi debbano essere
gli esperti che possono interloquire tra loro con cognizione di causa?
come gestire la parte di dibattito pubblico
in modo che si possa tener conto di pareri discordanti? ma,
soprattutto, come individuare le fonti di ispirazione e di legittimazione
che potrebbero fornire criteri discriminanti tra le diverse soluzioni
pensabili? Ecco, il punto decisivo è quest'ultimo.
Io credo che le fonti di legittimazione della scelta degli esperti e della loro proposta debbano essere 1. la struttura della disciplina pensata in rapporto con i problemi
della formazione (l'epistemologia pratica), 2. le
elaborazioni della ricerca in didattica della disciplina, 3. le
migliori pratiche didattiche risultanti dalla ricerca applicata che
compiono le e gli insegnanti, 4. la psicologia
cognitivista e dell'apprendimento. Gli esperti
dovrebbero essere scelti in questi campi di studio e svolgere il loro
lavoro in una condizione di ricerca, con tempi adeguati sia per la lettura
e la messa a frutto della letteratura relativa alle questioni di fondo sia per la consultazione di
esperti su questioni specifiche. Un lavoro non frettoloso
e non contingente, ma metodico e di prospettiva lunga. Solo in
questo modo si potrebbe garantire un risultato, certamente non al riparo
da contestazioni, obiezioni ecc., ma accettabile
dalla maggioranza degli intenditori dei diversi campi disciplinari e
non soggetto agli umori politici delle maggioranze di governo. Nel caso delle "indicazioni",
non sappiamo quali siano stati gli esperti, non sappiamo quali riferimenti
epistemologici abbiano utilizzato, non sappiamo quali pratiche e prodotti
didattici abbiano avuto presenti, non sappiamo
che teorie psicologiche abbiano preso a riferimento. Siamo costretti a leggere nelle "indicazioni"
gli indizi per ipotizzare inferenze su tali questioni. Analizzerò in questa sede solo la questione
dei "contenuti". Non potrò prendere in esame gli obiettivi
e le raccomandazioni. Ma dirò come il diritto di interpretazione
dei testi programmatici e l'autonomia scolastica possano permettere
di gestire le "indicazioni" nel caso che diventassero cogenti. 2. Come analizzare un programma
già predisposto? Quali i punti di riferimento autorevoli
e non meramente soggettivi per criticare? Di nuovo io non ne conosco
altri che l'epistemologia, la psicologia, la didattica della storia,
le pratiche didattiche più prestigiose, la
cultura storica richiesta dal contesto attuale. Sulla base di tali riferimenti si può cogliere che le "indicazioni"
suscitano un problema di fattibilità, un problema di coerenza, un problema
di alternative possibili e migliori. Il problema della fattibilità Le indicazioni riguardano tre tipi di attività e di campi tematici nelle quali svolgerle: il primo è relativo all'avvio allo studio della storia e alla formazione
di competenze e concetti di base. Nel primo biennio (seconda e terza
classe) si raccomandano:
I riferimenti leggibili dietro tali
formulazioni sono nella ricerca didattica che ha proposto un avvicinamento
dei bambini alla storia favorito da processi di apprendimento
adatti a formare le capacità cognitive di organizzazione delle informazioni. Si nota anche il
rapporto con le proposte dei programmi ministeriali del 1985. Le "indicazioni"
estendono ed articolano i cenni di quel testo e dicono con parole un
poco diverse quello che è formulato nei libri relativi
alla proposta del "curricolo delle operazioni cognitive"
nei seguenti termini: - le attività per favorire l'incontro dei bambini con la storia sono
le ricerche con le fonti che impegnano gli scolari nella ricostruzione
di "aspetti del passato immediato", di "aspetti del passato
personale", di "aspetti del passato familiare" (cioè
degli adulti prossimi), di aspetti del "passato sociale",
di aspetti del "passato locale".1 Tali proposte sono all'origine di molte
sperimentazioni e di produzione di materiali didattici (per la storia socio-locale). Esse hanno messo in evidenza
che le ricerche storico-didattiche richiedono
molto tempo, ma soprattutto richiedono tempi di maturazione delle competenze
cognitive e delle abilità strumentali degli scolari. In conclusione,
è impossibile svolgere tutte le esperienze indicate in seconda e in
terza classe: non è possibile che i bambini siano impegnati in ricerche
sul passato personale e su quello locale nel breve arco di un anno e
mezzo. Generalmente le ricerche storico-didattiche
sul passato locale possono essere efficaci
solo nella classe quarta. Dunque, le esperienze
degli insegnanti dimostrano la non fattibilità delle indicazioni. Ma
hanno alimentato anche riflessioni che hanno fatto evolvere le concezioni
curricolari: 1. le generiche indicazioni di tematizzare
aspetti del passato immediato si sono precisate nella
indicazione di ricostruire qualche processo di trasformazione
del passato della classe prima; 2. la storia personale è diventata "il passato della generazione dei bambini";
la storia "familiare-sociale" è diventata "il
passato della generazione degli adulti". Il senso di tali modificazioni
è che occorre conferire maggiore potere formativo alle esperienze di
apprendimento degli scolari rendendo possibile la costruzione
di conoscenze più significative in quanto generalizzabili e generalizzate
e utilizzabili per la comprensione del mondo e della generalizzazione
storica, senza limitarle ad essere una semplice palestra per l'esercizio
delle operazioni cognitive. Dunque, se gli estensori avessero avuto
maggiore attenzione alle esperienze degli insegnanti e allo sviluppo della ricerca didattica avrebbero potuto elaborare indicazioni più fattibili,
più interessanti, più capaci di orientare anche verso la soluzione del
problema delle conoscenze disciplinari. Infatti la seconda questione riguarda le conoscenze disciplinari. In terza
classe vengono indicate le seguenti:
L'insegnante che seguisse alla lettera le indicazioni vedrebbe ridurre il tempo per lericerche storico-didattiche sui
passati prossimi a poco più di un anno. Il che aggrava
la diagnosi di non fattibilità. Ma vediamo
che cosa comporta pretendere di far apprendere conoscenze storiograficamente
sensate sull'epoca preistorica. Presumo che le conoscenze debbano essere
coerenti con quelle elaborate dalla storiografia, che, dunque, non possano
essere ridotte a narrazioni banali e fantasiose, tanto per compiacere
la curiosità dei bambini e la loro voglia di racconti. Questi potrebbero
essere più pertinenti all'insegnamento dell'italiano. Le conoscenze
sono storiograficamente sensate se datate, se riferite a fatti, luoghi,
ambienti, e periodi precisati. Ciò comporta che i bambini di 8 anni
dovrebbero avere la padronanza della numerazione per 1000, dei numeri
negativi per comprendere il sistema cronologico basato sulla nascita
di Cristo, dovrebbero comprendere gli ambienti
e i luoghi di qualche fase del paleolitico, dovrebbero saper comprendere
le lunghissime durate. Inoltre dovrebbero poter
comprendere i modi di vita di gruppi umani di cacciatori e raccoglitori
in ambienti ben determinati e alcuni dei concetti correlati con tali
modi di vita e dovrebbero comprendere che cosa ha comportato per alcuni
gruppi e per alcuni ambienti (non per "l'uomo" generico) il
passaggio al modo di vita agricolo. Come possiamo pretendere tutto ciò da
bambini di 8 anni, la cui dotazione di requisiti è ancora da formare? Siamo di nuovo davanti all'impossibilità
di ottemperare con decenza scientifica alle indicazioni. Sussidiari
e insegnanti si contenteranno di propinare ai bambini degli stereotipi
senza senso. Ma le "indicazioni" funzionano
peggio per il secondo biennio, cioè per le
classi quarte e quinte:
L'estensore ha dovuto fare i conti con
il problema del curricolo continuativo e della
noiosa ripetitività del sistema di sapere attuale. Ha optato
per una soluzione facile: la ripartizione del corso di storia fra scuola
elementare e scuola media. Poiché sa che è impossibile insegnare buone
conoscenze di storia generale scolastica nella scuola elementare, che
gli insegnanti della scuola media non sanno come programmare le conoscenze
dell'intero corso di storia, che gli alunni si annoiano a ripetere lo
stesso sistema di conoscenze, ha assegnato ai due anni della scuola
elementare ciò che attualmente si insegna in
prima media ed ha alleggerito il compito degli insegnanti medi proponendo
lo svolgimento di conoscenze dall'anno Mille fino al mondo attuale nei
tre anni della scuola media. Sembra una soluzione "equa"
e furba. E infatti anche in alcuni istituti
comprensivi insegnanti elementari e insegnanti medi si sono accordati
per una soluzione analoga, profittando dell'autonomia. Ma si tratta di una pensata che non tiene conto delle difficoltà che
la struttura del testo storico e del sistema di sapere storico oppongono
alle capacità di comprensione dei bambini. Rispetto a tale preoccupazione
contraddice in modo netto quel che ha affermato il prof. Bertagna
nel suo rapporto a proposito dell'opportunità di riservare all'ultimo
anno della elementare e poi alla scuola media il sapere sistematico
e che il ministro Letizia Brichetto ha assunto
negli ordinamenti. Bertagna si è espresso
così:
La Brichetto traspone il pensiero di Bertagna
così nel suo disegno: solo la scuola media «cura la dimensione sistematica delle discipline e sviluppa progressivamente le competenze e le
capacità di scelta individuali fornendo strumenti adeguati alla prosecuzione
delle attività di istruzione e di formazione.» Dunque, secondo le precedenti elaborazioni,
la scuola elementare non avrebbe dovuto avere la responsabilità di curare
la dimensione sistematica della disciplina storica e di fornire gli
strumenti adeguati alla prosecuzione delle attività di studio, se non
nell'ultimo anno. I quattro anni precedenti avrebbero dovuto servire
di avvicinamento al punto di partenza dello
studio disciplinare. Se il Bertagna e la Brichetto
hanno pensato che un’organizzazione del sapere
di tipo secondario non fosse adatta ai bambini fino alla V classe, perché l'estensore
delle "indicazioni" ha proposto un sistema di conoscenze identico, nella struttura, a quello della scuola media? È sensata tale scelta?
O era sensato l'eccesso di prudenza di Bertagna? Vediamolo. Le indicazioni pretendono che gli scolari
della scuola elementare studino il sistema di conoscenze tradizionalmente
costruito sull'asse cronologico lineare, centrato
sul modello narrativo di ricostruzione di processi di trasformazione,
limitato alla sola genealogia della civiltà occidentale. Quel che ispira
la scelta è il paradigma della storia generale scolastica così come
si è affermato nel corso dell'800 e del '900.
Probabilmente l'estensore delle indicazioni lo pensa inevitabile e insostituibile
in quanto lo ha introiettato attraverso
i suoi studi secondari, senza avere appreso la cultura storica per elaborare
riferimenti a paradigmi diversi e più efficaci. Se
si considera questa una struttura adatta per gli studenti della scuola
media (10-13 anni), con quale criterio si pensa che la stessa struttura
possa essere compresa dagli scolari di 8 e 9 anni? È evidente che la
soluzione è concepita non dalla parte dei bambini ma dalla parte degli
insegnanti, ai quali si vuole rendere meno gravoso il compito di "finire
il programma" – come dicono - cioè di
far studiare tutto il libro di testo. Ma quel sistema è difficile ed
è improduttivo di cultura storica: si tratta infatti di un sistema testuale attraverso il quale i bambini
dovrebbero navigare con molte capacità di compiere operazioni cognitive
(di tematizzazione, di organizzazione temporale
e spaziale, di classificazione delle informazioni per mutamenti, eventi,
permanenze, di relazioni esplicative, di organizzazione del discorso
descrittivo, narrativo, argomentativo…) e
di abilità (a costruire grafici temporali, a usare cartografia, a costruire
mappe concettuali…) e con molti concetti di base. Le esperienze di controllo
degli apprendimenti dimostrano che la maggior parte dei bambini imparano
confusamente le informazioni e che non riescono a mettere altro ordine
tra i fatti che non sia quello della successione, con buona pace del
dominio dei quadri cronologici. E dimostrano anche che quel tipo di
testi storici è deludente rispetto alle attese dei bambini e scoraggiante
rispetto alle motivazioni strutturali e non occasionali allo studio della storia.2 In sostanza, anche le "indicazioni"
riguardanti il sapere storico sono non fattibili
oppure fattibili a prezzo della inefficacia nella formazione storica.
La scelta dell'estensore delle "indicazioni" si configura,
dunque, come una retrocessione rispetto ai programmi del 1985, da una
parte, verso la ideologia eurocentrica
e, dall'altra, verso la negazione che ci possa essere un sapere specifico
a misura dei bambini. È una regressione che priva i bambini della possibilità
di costruire concetti di passato e di storia corretti, perché ricchi
di elementi informativi riguardanti anche altre civiltà che
non hanno contribuito alla genesi della civiltà europea. È una regressione
che li priva di conoscenze necessarie per pensare il mondo attuale.
È una retrocessione che priva gli scolari immigrati da ambienti non
europei dell'occasione di comprendere qualche conoscenza riguardante
quegli ambienti da cui provengono le loro famiglie. È la negazione della
ricerca sulla possibilità di Ma nei programmi dell'85 c'era anche l'apertura verso un altro sistema
di conoscenze più adatto alla scoperta della storia da parte dei bambini
in fase di prima alfabetizzazione storica: era il sistema di conoscenze costruito mediante i "quadri di civiltà"
e "il telaio cronologico a maglie larghe". Sono indicazioni
che gli editori di sussidiari e la maggioranza degli insegnanti non
hanno mai seguito, preferendo insistere - illegalmente - con il più
familiare modello cronologico lineare non prescritto dal testo del programma.
Ma sono proposte che hanno pur ispirato la ricerca di studiosi di didattica
e di insegnanti e che hanno un fondamento nella psicologia dell'apprendimento
e nei modelli storiografici che costruiscono conoscenze di civiltà e
della "vita quotidiana", piuttosto che di processi di trasformazione. Che fine fanno i "quadri di civiltà" secondo le "indicazioni"?
Non finiscono, ma anzi vengono valorizzati
attraverso l'esplicitazione molto chiara dei riferimenti. I quali, però,
finiscono per porre un problema di coerenza. Un problema di coerenza Nelle "indicazioni" per i piani
di studio personalizzati» i riferimenti ai quadri di civiltà sono numerosi. Tra
le «conoscenze e le abilità» da costruire nelle classi
quarta e quinta gli obiettivi raggiungibili mediante il lavoro
sui quadri di civiltà sono chiaramente enunciati: - «Indicatori che definiscono un quadro di civiltà (risorse del territorio ed economia, organizzazione
sociale e politica, cultura e religione) all'interno di un contesto
temporale e spaziale.» - «Collocare sulla linea del tempo in modo preciso
personaggi ed eventi di un quadro di civiltà.» - «Cogliere gli elementi di identificazione
della realtà storica: eventi, uomini, fattori geografici, culturali,
politici ed economici, individuando un quadro di civiltà.» - «Individuare gli elementi di contemporaneità, gli
elementi diacronici e gli elementi di durata nei quadri di civiltà.» - «Costruire grafici temporali a blocchi, mappe concettuali,
mappe spazio-temporali
dei quadri di civiltà e delle principali formazioni politiche fino al
Mille.» Ma anche altri obiettivi richiedono per
essere conseguiti il ricorso alla descrizione di quadri di civiltà: - «Concetti e lessico specifico
relativi a: città, stato, crisi, sviluppo, decadenza, nomadismo, sedentarizzazione, risorse, demografia, economia, società,
istituzioni e cultura materiale.» - «Rapporto spazi -ambienti
(micro-macro regioni, Medio Oriente, Mediterraneo, Europa, Asia).» [Qui credo che sia frutto di
una svista l'omissione dell'Africa che fu la sede della civiltà egizia
e dell'espansione della civiltà araba] In conclusione, rispetto alla trattazione
della storia sottoforma di quadri di civiltà si può interpretare il
testo delle "indicazioni" del 2002 come una
esplicitazione e una enfatizzazione del programma del 1985. E
come una proposta più stringente (anche se più limitativa) per orientare
la programmazione dei processi di insegnamento e di apprendimento del sapere storico nella
scuola elementare. La proposta è rafforzata dalle «raccomandazioni
per l'attuazione delle indicazioni» che includono riferimenti ai quadri
di civiltà sia per l'avvio allo studio della storia in terza sia per le classi successive: «In questa prospettiva, anche
impiegando opportune narrazioni desunte dalla mitologia, l’insegnante
sceglierà quadri di civiltà relativi alle società organizzate dall’uomo preistorico (caccia
e raccolta, agricola, ..) e ne metterà in evidenza le possibili caratteristiche
organizzative e sociali, rendendo l’allievo disponibile alla riflessione
comparativa tra il passato e il presente, senza dimenticare la riflessione
sulla componente spaziale e geografica che ha visto nascere l’uomo preistorico.» «A partire dalla classe quarta
si può avviare uno studio più sistematico e cronologico della storia
che introduca la distinzione tra l’avvenimento e la sua conoscenza,
che faccia riflettere sugli indicatori che definiscono
un quadro di civiltà all’interno di un contesto
temporale e spaziale e che fornisca le coordinate concettuali necessarie per comprendere i fenomeni che hanno scandito la storia dell’umanità. Può iniziare lo studio delle grandi civiltà che
hanno preceduto o accompagnato il dispiegarsi di quelle più significative
per la nostra tradizione, le civiltà greca, romana e ebraico-cristiana.
Si tratta di introdurle all’interno di un quadro complessivo che verrà
via via arricchito.» Gli obiettivi e le raccomandazioni che
riguardano i quadri di civiltà sono in linea
con la ricerca psicologica ed hanno una base di riferimento storiografico
non nelle narrazioni cronologico lineari dei processi, ma nelle descrizioni
di stati di cose. Esse sono più adatte per formare il primo sapere storico,
perché sono meno cariche di intrecci temporali
e di relazioni spaziali di molteplici serie di fatti e di implicazioni
esplicative e offrono ai bambini i tasselli di conoscenze con i quali
costruire la rete del sapere, iconicamente rappresentata dalla mappa spazio-temporale. Cioè stimolano una grande attività cognitiva nei bambini ma
non surdimensionata rispetto alle loro potenzialità. Tali indicazioni sono state anticipate
nelle proposte che vanno sotto il nome di "curricolo delle operazioni
cognitive" e - grazie alle esperienze di insegnanti
non timorosi davanti alle innovazioni - sono state ulteriormente sviluppate
in una didattica organica dei quadri di civiltà.3 Purtroppo le indicazioni circa le conoscenze
e quelle relative ai quadri di civiltà sono
dissonanti. Esse sono generate da fonti di ispirazione
diverse e sono incoerenti. Di tale incoerenza le spie sono tre: 1. se si esalta la conoscenza e la concettualizzazione del passato per quadri di civiltà, bisogna assumere un concetto non valutativo di civiltà e bisogna pensare che anche i gruppi umani preistorici sono descrivibili in un "quadro di civiltà".4 Infatti nelle raccomandazioni si invita gli insegnanti a «scegliere quadri di civiltà relativi alle società organizzate dall’uomo preistorico
(caccia e raccolta, agricola, ..)». Ma nell'elenco delle conoscenze, indicando
il «passaggio dall'uomo preistorico all'uomo storico
nelle civiltà antiche» si reintroduce implicitamente
la distinzione tra gruppi umani civili e gruppi umani incivili che torna
nella designazione di "barbari" per i popoli germanici. 2. Se si invita a costruire conoscenze rispetto
a «Fatti, personaggi, eventi ed istituzioni che caratterizzano dal punto di vista dell'organizzazione economica,
sociale, politica, culturale e religiosa» le civiltà, allora si introduce la visione
eventografica della storia ed essa entra in
conflitto con la visione per quadri di civiltà, e si finisce per reclamare
la prevalenza della narrazione contro la descrizione. 3. Se si esprimono le conoscenze in questi termini: «la civiltà greca dalle origini all'età alessandrina, la civiltà romana dalle origini alla crisi dell'impero. Origine della religione cristiana, elementi di peculiarità
ed influenza sull'integrazione tra Romani e popoli barbari…», allora si pretende che i "fanciulli"
possano comprendere le ricostruzioni di processi di trasformazione e
i relativi problemi e le relative spiegazioni e ciò è una illusione
deleteria, poiché ispira una cattiva storiografia scolastica e genera
un pessimo ra pporto iniziale con la storia. La distonia produce la impressione che le "indicazioni" sulla storia
siano state scritte da due mani: la prima di un patito della storia
generale scolastica tradizionale, la seconda di uno più attento a quello
che dall'85 in poi si è affermato come una possibilità di innovazione.
L'estensore delle "indicazioni" vorrebbe che la scuola elementare
nei due anni iniziali di studio della storia fosse capace di
costruire conoscenze di quadri di civiltà e di processi di trasformazione.
Non si rende conto che svolgere una buona didattica dei quadri di civiltà
richiede la formazione di competenze alla lettura e alla comprensione
dei testi, di abilità molteplici e lo svolgimento di processi di insegnamento
e di apprendimento lenti, necessitanti di tempi lunghi. Il problema
del tempo diventerà ancora più drammatico se le ore assegnate alla storia
diventeranno meno numerose in proporzione alla diminuzione del monte
ore di lezioni complessivo. Quali possono essere le conseguenze? Se prevale l'idea che siano prescrizioni
e non indicazioni da interpretare alla luce della psicologia, dei modelli
storiografici, della struttura disciplinare, ci sarà la maggioranza
degli insegnanti che continuerà a fare frettolosamente e malamente
la storia personale, aneddoticamente la storia dei nonni e bisnonni
e poi passerà ai primitivi, senza nessun beneficio formativo per i "fanciulli". Gli editori continueranno a sentirsi
autorizzati a riempire di sciocchezze storiche le 180 pagine dei sussidiari
oppure ad anticipare alla scuola elementare pari pari quello che ora i manuali ammanniscono agli studenti
di prima media. Gli insegnanti (nella maggioranza) continueranno a pensare
che i sussidiari siano interpreti autorizzati delle indicazioni e continueranno a volere svolgere e finire il programma, piuttosto
che aiutare gli allievi a sviluppare le conoscenze e le competenze.
Gli alunni continueranno a non comprendere la storia e a pensare che
le cose studiate in fila si siano verificate tutte
l'una dopo l'altra in uno schema stereotipato di successione
che inibisce la visione delle contemporaneità, della sincronia dei processi,
della visione di stati delle cose compositi… Continuerà il disastro
della storia insegnata! Il problema di alternative
possibili e migliori Per tali timori io spero che le indicazioni
non diventino norma. Ma se ciò dovesse accadere, allora è il caso di indurre gli insegnanti
a pensare che si tratta di indicazioni e non di prescrizioni e che nell'incoerenza
che ho segnalato ci sono i varc hi per interpretazioni
più rispettose dei bambini e della conoscenza storica. Poiché le indicazioni
circa la progressione iniziale delle attività sono chiare, allora si dedichi tutto il tempo necessario alla
formazione di competenze e di concetti di base attraverso le ricerche
storico-didattiche. Poiché le indicazioni circa i quadri di civiltà sono sensate mentre quelle sulla storia antica
e altomedievale sono insensate, allora si
assumano le prime come ispiratrici della programmazione e della elaborazione
di piani di studio che, per essere personalizzati,
dovrebbero tener conto e dei limiti e delle potenzialità
dei bambini e della presenza di alunni provenienti da mondi diversi
da quello della civiltà occidentale. La didattica dei quadri di civiltà
può essere utilizzata anche per svolgere le conoscenze dalla preistoria
all'anno Mille: ad esempio, la civiltà romana
dalle origini alla crisi dell'impero può essere presentata con tre quadri
di civiltà - uno per il periodo delle origini, uno per il periodo repubblicano
e uno per il periodo imperiale - e stimolando il confronto tra i quadri
in modo che gli alunni si rendano conto dei mutamenti e delle persistenze.
Sulla scoperta di esse gli alunni possono formulare
questioni storiche, a cui dare risposte semplici senza le complicazioni
e le banalizzazione delle ricostruzioni di processi. È la scelta del
male minore. Ma finché non ci saranno indicazioni
ministeriali credibili e capaci di promuovere il rinnovamento della
storia insegnata, la creatività degli insegnanti e la ricercadidattica,
come fare a difendere la storia e la salute cognitiva degli alunni? ---------------------------------------------------- 1 I. Mattozzi (a cura di), Un
curricolo per la storia. Proposte teoriche e resoconti di esperienze, Cappelli (Nicola Milano), Bologna 1990. Id., Storia. Storia. Educazione temporale nella scuola elementare, Progetto di aggiornamento
a distanza, IRRSAE Lombardia, Milano 1991. Associazione Clio
'92 (a cura di), Oltre la solita. Nuovi orizzonti
curricolari, Polaris editrice, Faenza 2000, con articoli di A.
Brusa, M. Gusso, I. Mattozzi, F.
Marostica, G. Ghidotti,
G. Brioni, M. T. Rabitti,
C. Grazioli. 2 Sulle difficoltà di
apprendimento della storia manualistica cfr.
ora G. Petter, Ragionare e narrare. Aspetti psicologici
dell’insegnamento della storia, La Nuova Italia,
Firenze 2002. I. Mattozzi, Struttura della conoscenza
storica e didattica della storia nella scuola elementare, in P. Roseti (a cura di) Storia, Geografia, Studi sociali, “Quaderno dell’ IRRSAE Emilia Romagna”,
Nicola Milano editore, Bologna 1988. Id., Le parole del programma di storia e la riconversione dell’apparato
concettuale degli insegnanti, in Ibidem. 3 Id., Come analizzare e progettare
un programma in A. Brusa
(a cura di) World History.
Il racconto del mondo, Quaderno n. 13-14 de “I viaggi di Erodoto”,
Milano, Edizioni scolastiche Bruno Mondadori,
1998, pp. 27-45, ripubblicato in Oltre la solita storia, cit. Id., Novecento
elementare, in “La Vita Scolastica”, 15 giugno 2000, pp. 15-20. 4 F.
Hours, Le civiltà
del paleolitico, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1986. ---------------------------------------------------------------------------------------------- Dalle indicazioni del 24 luglio
2002 alle indicazioni del 6-11-2002. Postille al commento delle indicazioni del 24 luglio 2002 di Ivo Mattozzi [pubblicato in "Il
bollettino di Clio", rivista elettronica
di «CLIO '92. Associazione di insegnanti ricercatori
sui problemi dell'insegnamento della storia», n. 12, prelevabile da
tutti dal sito <www.clio92.it/areasoci/bollettino
] Qualcuno (chi? all'interno o all'esterno
della setta segreta e innominabile incaricata di scriverlo?) ha criticato
il testo apparso sul sito ministeriale il 24 luglio 2002 e l'estensore
delle indicazioni circa la storia ha dovuto riscriverle: abbiamo perciò
altri due testi, il secondo apparso in appendice ai decreti sulla sperimentazione
il 18-9-2002 e il terzo datato il 6-11-2002. I due ultimi testi sono
stati pubblicati sul web senza nessun avviso ai naviganti circa
le modifiche apportate. Mi limiterò a mettere a confronto la terza con la prima stesura,
lasciando da parte la seconda. Ma sarà conveniente - in altra occasione - ricostruire lo slittamento progressivo
verso il peggioramento del testo e analizzare l'epistemologia storica
che ha ispirato le indicazioni sulle conoscenze.Tra
la mano didattica e la mano storiografica dell'estensore è prevalsa
la seconda e gli effetti sono nella riduzione delle indicazioni che
avevano maggiore rilevanza didattica: 1. in classe prima è abrogato l'obiettivo « Rappresentare la sequenza narrativa
di semplici storie utilizzando grafici, linee temporali» 2. nel primo biennio (classi seconda e terza)
sono sparite le indicazioni esplicite rispetto alla progressione della conquista del senso del passato da parte degli alunni: - Percezione di sé nel tempo in relazione alla
propria storia personale. - I documenti e le testimonianze
necessarie per ricostruire la storia della famiglia e di persone prossime. - Dalla storia biografica alla memoria sociale: documenti e testimonianze
necessari per ricostruire la storia del proprio ambiente sociale di vita. Ora gli insegnanti che volessero organizzare sequenze di unità di apprendimento significative in conformità a tale progressione possono legittimamente
farlo, giustificandole con le generiche indicazioni: - Trasformazioni di uomini, oggetti, ambienti
connesse al trascorrere del tempo. - Concetto di periodizzazione. - Testimonianze di eventi, momenti, figure
significative presenti nel proprio territorio e caratterizzanti la storia
locale. e con le indicazioni relative alle fonti: - Osservare e confrontare oggetti e persone di oggi
con quelli del passato. - Distinguere e confrontare alcuni tipi di fonte storica orale e scritta. - Leggere ed interpretare le testimonianze del passato presenti sul
territorio. - Individuare nella storia di
persone diverse vissute nello stesso tempo e nello stesso luogo gli
elementi di costruzione di una memoria comune. Ma gli insegnanti che non hanno gli strumenti e le esperienze per
interpretare tali indicazioni in modo significativo
per gli alunni, seguiteranno ad impegnarli in banali
esercizi di ricostruzioni aneddotiche e cronachistiche.
E saranno incoraggiati all'interpretazione minimalista dalla omissione delle
indicazioni relative alle fonti che erano correlate con la progressione delle esperienze di ricerca storico-didattica: - Distinguere i vari tipi di
fonte storica interpretandoli e confrontandoli con l'aiuto dell'insegnante. - Reperire ed imparare a decodificare le testimonianze
relative alla propria storia personale: fotografie, certificati, testimonianze
orali. - Ricostruire la storia di una persona analizzando le fonti disponibili. - Individuare nella storia di persone diverse vissute nello stesso
tempo gli elementi di - costruzione di una memoria comune.» Anche la parte relativa alle conoscenze
ha ricevuto una revisione profonda: L'indicazione, non accettabile, ma leggera e storiograficamente corretta: - Esperienze umane nel tempo:
l'uomo preistorico. - La rivoluzione neolitica. - Passaggio dall'uomo preistorico
all'uomo storico nelle civiltà antiche. è aggravata nella nuova versione: - La terra prima dell’uomo e le esperienze umane preistoriche: la comparsa
dell’uomo, i cacciatori delle epoche glaciali, la rivoluzione neolitica
e l’agricoltura, lo sviluppo dell’artigianato e primi commerci. - Passaggio dall'uomo preistorico all'uomo storico nelle civiltà antiche. - Miti e leggende delle origini. Questa formulazione provoca oltre alle obiezioni meritate dalla prima
versione rispetto alla non fattibilità, altre relative
alla cattiva epistemologia storica dell'esperto prevalente: 1. la terra prima dell'uomo e la comparsa dell'uomo (cioè l'ominazione) non sono materia
di cui si occupino gli storici, ma altri scienziati; dunque non dovrebbero
apparire sotto la disciplina "storia"; 2. gli altri contenuti richiedono di trattare temi molto rilevanti,
che però gli alunni di terza non avranno la possibilità di comprendere
per difetto di preconoscenze e competenze requisite. Alcuni degli emendamenti sono dovuti al
fatto che l'estensore (o il critico) si è accorto che la formulazione
spesso non era coerente con la distinzione tra obiettivi relativi alle
conoscenze e obiettivi relativi alle abilità e che altri erano ridondanti
o mal formulati (ad esempio, «Classificare gli eventi utilizzando
sulla linea del tempo gli indicatori temporali».) Ma questo dimostra
che la fretta con la quale è stata scritta
la prima versione è stata cattiva consigliera. Altri, però, sembrano rispondere all'intento di ridurre l'ispirazione
didattica che sottostava alla prima stesura. Le modifiche più forti sono evidenti nel ridimensionamento delle
indicazioni relative al secondo biennio:
I cambiamenti più evidenti sono: 1. Fatti, personaggi caratterizzanti sono diventati «fatti e personaggi
esemplari evocativi di valori»; 2. l'Antico Vicino Oriente si è allargato
in Antico Oriente e si reclama la trattazione delle civiltà dell'India
e della Cina, con una riparazione rispetto all'esclusione precedente; 3. l'ampiezza della indicazione «le popolazioni
presenti sulle sponde del Mediterraneo» viene delimitata in «le civiltà
fenicie e giudaica»; 4. si elimina la formula così pretenziosa:
«origine della religione cristiana. Elementi di peculiarità
ed influenza sull'integrazione tra Romani e popoli barbari».
Ma l'infelice e arretrata qualifica di «barbari» é
spostata nelle raccomandazioni. 5. Si delimita l'arco temporale alla fine dell'impero romano e non
al Mille. Cadono tutte le indicazioni relative agli
obiettivi di abilità formulati con attenzione didattica e i riferimenti
ai quadri di civiltà sono ridotti al seguente: «Individuare elementi di contemporaneità,
di sviluppo nel tempo e di durata nei quadri storici di civiltà studiati.» dove il superfluo aggettivo "storici" sembra
dettato dalla smania di differenziare il linguaggio delle indicazioni
(terza versione) da quello dei programmi dell'85 e delle teorizzazioni
didattiche conseguenti, troppo contaminante nella prima redazione. Ma alcune di quelle indicazioni ricompaiono nelle
Raccomandazioni. Ed é nel testo delle raccomandazioni che
si possono leggere i riferimenti piú utilizzabili
per programmare sequenze di unità di apprendimento
di quadri di civiltà: «Nel corso della Scuola Primaria
la storia avvia i fanciulli ad interrogarsi
sui modi di vita degli uomini
nelle diverse epoche, a compararli a quelli attuali, bandendo giudizi
frettolosi e assoluti e
riducendo progressivamente le spiegazioni causali magiche, semplificatorie
e stereotipate. «L’insegnante sceglie quadri
relativi alle prime società organizzate e ne mette in evidenza
le caratteristiche organizzative e sociali rendendo l’allievo disponibile
alla riflessione comparativa tra il passato e il presente, senza mai
dimenticare la componente spaziale e geografica.» «A partire dalla classe IV della
Scuola Primaria si può avviare uno studio più sistematico e cronologico
che introduca la distinzione tra l’avvenimento e la sua conoscenza,
che faccia riflettere sugli indicatori che definiscono
un quadro di civiltà all’interno
di un contesto temporale e spaziale e che fornisca
le prime coordinate concettuali necessarie per comprendere i fenomeni
che hanno scandito la storia dell’umanità» «Può iniziare lo studio delle
grandi civiltà che hanno preceduto o accompagnato il dispiegarsi di
quelle più significative per la nostra tradizione,
le civiltà greca e romana. Si tratta di introdurle all’interno di un
quadro complessivo che verrà via via completato, avendo cura di definire
le categorie storiche di: durata, periodo, mutamento, permanenza; esse offrono, infatti, la possibilità di conoscere e coordinare
gli elementi temporali di un sistema politico (quanto dura, perché diventa
così potente, perché decade). Alla presentazione dei primi quadri di civiltà, il docente, avendo cura di sottolineare
costantemente l’incidenza del contesto temporale e spaziale, affiancherà
l’introduzione di indicatori come: le risorse del territorio e dell’
economia, l’organizzazione sociale e politica, la cultura e la religione.» Conclusione. Il testo più recente mi sembra più sensato per quanto
riguarda l'inclusione di alcune conoscenze,
ma per la formulazione di altre e per il minore peso dato alle indicazioni
d'ordine didattico segna un' ulteriore regressione verso la storia scolastica
tradizionalmente intesa. Tuttavia gli appigli per l'interpretazione innovativa sia nei primi tre anni sia nell'ultimo biennio ci sono e converrà
usarli per volgerli in favore della formazione storica fatta di competenze
cognitive e di conoscenze significative capaci di contribuire a quegli
elementi del «profilo terminale» cosi formulati: «… Orientarsi
nello spazio e nel tempo, operando confronti costruttivi fra realtà
geografiche e storiche diverse, per rendersi più consapevoli, da un lato, delle caratteristiche specifiche della civiltà europea
e, dall’altro, delle somiglianze e delle differenze tra la nostra e
le altre civiltà mondiali.…». |