IL GRANDE OPPOSITORE
Certamente,
in questa prima parte del 2002, intrisa di atti di governo che tradiscono
ad un'attenta lettura la natura di destra autoritaria dei partiti che
sostengono la maggioranza, Cofferati va assumendo, sempre più
nel nostro Paese, il ruolo di principale oppositore ad un possibile
nuovo regime.
Ciò è nelle cose e tutti gli osservatori politici di ogni
estrazione o appartenenza politica lo stanno molto bene evidenziando.
Appare del tutto evidente, infatti, che una figura come il leader della
CGIL, che assume la guida di un tenace schieramento di forze d'opposizione,
preoccupa molti; perciò, da più parti, spesso in maniera
subdola, si vuol far passare l'idea che Cofferati è la persona
che nuoce al riformismo perché ha sposato uno sterile massimalismo
di passata memoria.
Una tale idea, finché è espressa da esponenti del centro-destra,
appare del tutto coerente e naturale in quanto per loro Cofferati è,
a ragione, l'uomo da battere essendo stato capace con grande chiarezza
di scoprire tutte le carte del gioco che erano nelle mani del governo
di destra su fisco, sanità, previdenza, assistenza e scuola pubblica,
sul lavoro e sui diritti ad esso storicamente e umanamente connessi.
Quando, però, tale idea comincia a serpeggiare anche nelle file,
sempre numerose e costantemente divise, di esponenti del centro-sinistra,
allora non si può più stare a guardare ciò che
accade da semplici appassionati delle vicende politiche, ma occorre
scendere in campo con forza con un'opera di contrasto e di elaborazione
teorica, oltre che di necessaria informazione, come quella messa in
campo dai girotondi, dai no global e dalle associazioni culturali che
fioriscono come gemme, proprio come è per l'ultima in ordine
di tempo che è: "Aprile".
Ci troviamo di fronte ad un tentativo di cambiamento epocale delle radici
e della stessa organizzazione dello Stato Repubblicano, favorito dall'incalzare
degli effetti perversi di un capitalismo globalizzato sempre più
sfrenato e senza veli. Tale cambiamento, che qualcuno vuol far passare
per riformismo, si regge sulla rimessa in discussione indiscriminata
dei diritti fondamentali delle persone, lentamente conquistati nel corso
della storia, e sull'introduzione della più ampia flessibilità
dei rapporti di lavoro coniugata con la riduzione della protezione sociale
al fine di lasciare, sempre più, mano libera al privato perché
possa imporsi senza fatica nel dialogo sociale ampliando così
a dismisura la sua sfera di azione. Tutto ciò richiede un annientamento
della capacità di rappresentanza del sindacato dei lavoratori
e la conseguente sua trasformazione verso una forma di sindacato parastatale
e corporativo gestore di enti secondari.
A quest'idea Cofferati e con lui tutta la CGIL e milioni di lavoratori,
pensionati e persone di ogni estrazione non ci stanno come, invece hanno
fatto CISL e UIL firmando il cosiddetto "patto per l'Italia";
ma quella moltitudine di persone non ci sta neanche all'idea di voler
a tutti i costi, in nome del riformismo lungimirante di nuova maniera,
minimizzare i pericoli, che già appaiono sullo sfondo, d'instaurazione
di un vero regime di destra. Tali pericoli sembrano abbastanza sottovalutati
persino da esponenti di primo piano del centro-sinistra.
Si provi per un attimo a ragionare, lasciando da parte la questione
dei diritti fondamentali dei lavoratori e delle persone. Su di essi
possono sicuramente esserci punti di vista non omogenei, anche se, quando
si parla di diritti fondamentali tutti noi, di destra o di sinistra,
dovremmo tener presente che a nessuno è possibile prescindere
dal vizio quotidiano di mettere qualcosa sotto i denti. Ragionando,
dunque, si può ricordare la serie, ahimè ormai lunga,
di atti di governo e di comportamenti di esponenti dello stesso o della
maggioranza che lo sostiene che hanno evidenziando inequivocabilmente
la tendenza berlusconiana all'instaurazione di un regime di destra,
autoritario quanto basta, ancorché dal sorriso smagliante e ammantato
di "buonismo": il ministro della Giustizia che interferisce
con sempre maggiore frequenza nel lavoro dei magistrati, Previti che
giunge fino a chiedere di conoscere a quali correnti sindacali aderiscono
i magistrati dell'Associazione Nazionale Magistrati per alimentare le
già continue richieste dirette a ricusare giudici e inquirenti
nell'atto dello svolgimento dei loro compiti, la legge approvata in
gran fretta sulle rogatorie internazionali e quella sull'eliminazione
del reato di falso in bilancio, la legge sull'immigrazione, quella sul
conflitto d'interessi e quella che vedrà prossimamente la luce,
senza molto clamore, sulla sospensione di ogni indagine giudiziaria,
di ogni sentenza e quindi di ogni processo per reati comuni a carico
di esponenti di governo e di parlamentari, ecc.
Forse per queste ragioni Cofferati e tutti coloro che condividono le
sue idee e ne approvano le azioni devono essere tacciati di massimalismo?
Forse che tali ragioni non sono sufficienti per evitare che dirigenti
di primo piano dello stesso schieramento di centro-sinistra, in qualche
modo, continuino a commettere errori dietro errori? Sugli errori commessi
qualcuno può pure cercare di stendere veli pietosi, ma gli elettori
hanno già dimostrato di non gradire che ciò si faccia,
poiché hanno fatto mancare loro il consenso sufficiente in ben
tre elezioni: le europee, le regionali e le politiche.
Sembra proprio che tali ragioni non sono sufficienti. D'Alema, infatti,
a San Miniato ha la disinvoltura di ripetere di non ritenere che in
Italia si stia instaurando un regime, ma di pensare che quanto sta accadendo
è solo frutto di un "progetto riformista cosmopolita e mutualistico
che si fondi sull'innovazione sociale e sul trasferimento di poteri
all'Europa". Sembra proprio di no se l'intera direzione dei DS,
con l'eccezione di pochi, non riesce ad assumere una posizione chiara
e inequivocabile di sostegno nei confronti di Cofferati e della "questione"
che vi ruota attorno.
A D'Alema viene spontaneo chiedere quando sarà in grado di riconoscere
i regimi; forse quando accadrà ciò che accadde nel 19926
(allora si sancì il principio del partito unico, quello fascista,
e si procedette allo scioglimento di tutti gli altri partiti e organizzazioni
politiche)? Intanto, oggi, si è partiti con la messa all'indice
della CGIL e del suo segretario?
Ponga molta attenzione D'Alema ad una simile evenienza perché
così potrebbe essere cancellata anche la carica di Presidente
dei DS che la maggioranza del partito ha ritenuto di dovergli riconfermare
nell'ultimo Congresso.
Brindisi lì 17/07/2002
MARIO CAROLLA
(pubblicato
sul Quotidiano in data 26/7/2002 in Opinioni dal titolo: "Mettere
all'indice Cofferati? Un rischio per tutta la sinistra"