Nell'aprire questa giornata di lavoro dedicata al Congresso provinciale
del S.N.S. CGIL Brindisi il mio cordiale saluto e il mio sentito ringraziamento
per la partecipazione va ai signori invitati, alle compagne e compagni delegati
e naturalmente alla Segretaria generale della CGIL di Brindisi, compagna Concetta
Somma, Presidente di questo Congresso, e al Segretario del Coordinamento regionale
S.N.S. CGIL, compagno Gianni Milici, che ci hanno voluto gratificare con la
loro presenza.
Il nostro Congresso di categoria per il XIV Congresso della CGIL si è
articolato in 16 Congressi di base di ambito territoriale sub-comunale, comunale
e inter-comunale, convocati su tutto il territorio provinciale su delibera del
C.D.P. del S.N.S. CGIL Brindisi. In essi si è affrontata la discussione
sui due documenti varati dal C.D.N. della CGIL il 3 luglio scorso, attraverso
un dibattito al quale hanno partecipato poco più del 17% degli iscritti
al S.N.S. CGIL Brindisi. I Congressi di base si sono conclusi con l'elezione
di 70 delegati a questo Congresso provinciale, dei quali il 41.5% circa sono
RSU elette nelle scuole e poco più del 34% sono donne, e di 2 delegati
al Congresso provinciale della CGIL.
E', senz'altro, motivo di rammarico e di preoccupazione non essere riusciti
a coinvolgere nel dibattito una percentuale più elevata di lavoratori
della scuola iscritti; ciò, indubbiamente,dovrà costituire motivo
di analisi profonda ad ogni livello dell'Organizzazione, a partire da questo
Congresso, per comprendere a fondo le cause di questo risultato e per ricercare
i possibili rimedi per il futuro.
Ma è anche motivo di nostra soddisfazione essere riusciti, comunque,
a riportare al centro del dibattito politico nella scuola la discussione sui
problemi reali dei lavoratori occupati, dei pensionati, dei precari e dei disoccupati
e, segnatamente, sui temi dei diritti negati, di quelli già conquistati
e che sono rimessi oggi in discussione e di quelli che è ancora necessario
affermare per tutti; tra questi, in primo luogo, il diritto al lavoro. Tutto
ciò in una dimensione che non è più solo nazionale, ma
è ormai divenuta decisamente sovranazionale (europea e mondiale), e nella
quale il lavoro non va più solo inteso come fonte di reddito o di risorsa
economica, ma anche come attività che diventa occasione di formazione,
di relazione, di socializzazione e di sicurezza, come fattore di crescita e
di realizzazione della persona in generale e, in particolare, di quelle che
vivono nelle aree più depresse del nostro Paese e del mondo.
Da "Sindacato generale della Solidarietà e dei Diritti", come
fu definito al XII Congresso del 1991, a Sindacato che pone prepotentemente
al centro della sua strategia "Il valore e il ruolo del lavoro e l'obiettivo
della piena occupazione", XIII Congresso del 1996, la CGIL approda oggi
in questo XIV Congresso ad una forma di Sindacato che, in continuità
con i fitti anni del secolo della sua storia, vuole con determinazione affermare
la sua strategia. Tale strategia, non trascurando i valori che nel passato la
hanno caratterizzata (autonomia, pluralismo, confederalità, unità),
traguarda il nostro futuro di questi primi anni del terzo millennio sui temi
fondamentali dei diritti e del lavoro in Italia, in Europa e nel mondo.
Presidente, signori invitati, compagne e compagni delegati consentitemi l'auto-citazione
che segue, ricavata dalla relazione che presentai il 30 aprile del 1996 all'VIII
Congresso provinciale della CGIL Scuola di Brindisi; permettetemi di proporvela
per il contenuto di attualità che essa ha, in un momento in cui i venti
della politica hanno portato in Italia un governo di centro destra, che non
esiterei a definire senza mezzi termini delle destre, le cui scelte cominciano
ad addensarsi come nubi scure all'orizzonte del nostro Paese:
"Questo Sindacato, pur nel suo pluralismo interno, è categoricamente
antitetico ad ogni forza politica e sociale che si ispiri al modello di sviluppo
oggi prevalente in Europa e nel Mondo: il modello di sviluppo neo-liberista,
basato solo sul libero mercato e, di riflesso, sulla competitività e
sul rischio che inducono insicurezza, incertezza e paura del futuro tra i lavoratori,
i giovani e gli anziani.
Il suddetto modello di sviluppo finalizza la sua azione principalmente al profitto
di impresa e ciò non può non cozzare con i principi della convivenza
civile e con quelli che abbiamo posto alla base della nostra stessa esistenza:
i principi della solidarietà tra i popoli e tra gli uomini, quelli della
salvaguardia e affermazione dei diritti di tutti, a partire dai più deboli
e bisognosi.".
Nei Congressi di base che abbiamo celebrato, a partire dal mese di ottobre,
si è sviluppato, pur con i limiti evidenziati sopra, tra le compagne
e i compagni un confronto sereno sui due documenti congressuali, che io non
esito a giudicare non nettamente alternativi: "Diritti e lavoro in Italia
e in Europa" e "Lavoro, Società - cambiare rotta". Un
dato fondamentale, infatti, mi pare comune e ampiamente unificante e chiaro:
la condivisione da parte di entrambe le opzioni di porre al centro del dibattito
congressuale della CGIL che il lavoro costituisce un diritto per tutti e che
la sua affermazione va perseguita con tutta la mobilitazione necessaria e nella
più ampia tutela possibile, nella convinzione che solo in un mondo dove
regna la pace si può avviare quel circolo virtuoso che porta all'emancipazione
dei popoli anche attraverso un equa redistribuzione delle risorse nel nostro
Paese e sull'intero pianeta.
Anche per queste ragioni, in costante tensione per lo sviluppo che gli avvenimenti
legati alla guerra contro il terrorismo in Afghanistan potrebbero avere e per
quanto già è accaduto e sta accadendo in queste ore, sono pienamente
d'accordo con il contenuto dell'ordine del giorno approvato all'unanimità
dal Comitato Direttivo della CGIL di Brindisi, tenutosi il 15 novembre u.s.,
che trovate in cartella.
I temi affrontati nella discussione che si è sviluppata nei Congressi
di base hanno riguardato:
· i fenomeni della globalizzazione e dell'immigrazione;
· l'autonomia e l'unità sindacale nel sistema bipolare;
· lo sviluppo del Mezzogiorno e delle aree deboli;
· il modello competitivo e la qualità del sistema produttivo;
· la precarietà e la flessibilità del lavoro e il controllo
degli orari, dei tempi e della sua organizzazione;
· la sicurezza sul lavoro;
· le politiche redistributive e il riequilibrio della pressione fiscale;
· le politiche rivendicative e i loro strumenti;
· lo Stato sociale e il suo carattere pubblico;
· la riforma degli ammortizzatori sociali e i sistemi previdenziali e
assistenziali;
· le rappresentanze sindacali.
Non poteva mancare nel dibattito che si è tenuto la discussione sul ruolo
determinante che l'istruzione, la formazione e la ricerca dovranno avere per
raggiungere l'obiettivo di uno sviluppo che non può che essere fondato
sulla qualità, in un mondo in cui si compete.
Uno sviluppo di questo tipo non può prescindere da azioni preparatorie
che valorizzino tutte le risorse umane, abbattendo gli ostacoli che naturalmente
lo impediscono; ciò può avvenire solo facendo in modo che il cittadino
acquisisca concrete capacità di governo delle conoscenze, a partire dall'infanzia
per continuare in tutto l'arco della sua vita, per metterlo in grado di utilizzarle
appieno evitando l'esclusione dai sistemi produttivi e sociali.
Nella Società della informazione e della conoscenza tutto questo non
può che avvenire nei luoghi propri dove la conoscenza si costruisce;
essi sono: la Scuola, l'Università, la Ricerca, la F.P., che devono essere
garantiti dal sistema pubblico, il solo, in grado di preservarli dai violenti
attacchi che le ideologie mai sopite e gli interessi mossi solo dalla accecante
chimera del profitto muovono sempre come piovre fameliche.
Il fatto che nel XIV Congresso della CGIL, per la prima volta, i temi dell'istruzione,
della formazione e della ricerca hanno conquistato il primo posto nei documenti
congressuali e sono stati già posti al centro della discussione che è
iniziata con i Congressi di base di tutte le categorie, ci riempie di orgoglio
(un po' di orgoglio di categoria non guasta neppure nel nostro Sindacato di
categoria anche se, per sua natura, sente profondamente di continuare ad ispirare
la sua azione alla confederalità), ma ci mette anche in guardia rispetto
al lavoro difficile che abbiamo da affrontare in questa complessa fase storica
che sta attraversando il nostro Paese, che vede la politica più bieca
delle destre riaffiorare e stendere le sue zampe sull'Istruzione, sulla Formazione
e sulla Ricerca pubbliche.
Giudico inammissibile e da combattere con grande energia il disegno del Governo
delle destre di destabilizzare il sistema pubblico di istruzione e di formazione
per sostituirlo con uno privato di qualità, relegando così il
primo in posizione di secondo piano e solo a funzioni subalterne; tale disegno
non ha bisogno di essere spiegato perché l'azione di governo di questi
primi mesi lo ha già fatto ampiamente, mettendo in pratica ciò
che era stato preannunziato e impedendo alle riforme già avviate di compiersi.
Il Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca il 18 luglio
scorso ha illustrato alla Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera
dei deputati le linee programmatiche del suo Dicastero e, partendo da una pedissequa
elencazione delle cifre dell'Istruzione, peraltro già note, ha fatto
discendere da esse un giudizio negativo sulla situazione ereditata dai governi
del centro sinistra.
Il Ministro della Pubblica Istruzione, Berlinguer, nella passata legislatura,
partì proprio da quei dati non positivi per avviare un processo riformatore
a tutto campo con l'obiettivo di risalire la china e di affermare ed attuare
principi costituzionali rimasti solo scritti sulla carta. Il Ministro dell'Istruzione
del primo governo della nuova legislatura parte dagli stessi dati per affermare
senza mezzi termini: "La situazione che ereditiamo nella scuola, nell'università
e nella ricerca registra ancora un peso burocratico ed opprimente dello Stato.".
Riferendo, poi, sui nuovi valori dei quali si sente portatrice, insieme alla
maggioranza delle destre, afferma: "Nell'istruzione, come in molti altri
campi, lo Stato non può essere l'unico promotore del valore del capitale
umano, né essere custode esclusivo dei patrimoni di competenze tecnico
scientifiche.".
Più avanti, infine, afferma senza alcun velo, ma senz'altro con un eccesso
di semplificazione, che la pari condizione tra le famiglie si deve concretizzare
nella tutela del diritto a scegliere i percorsi educativi che ognuno ritiene
più adeguati per sé e nella messa a punto di "un sistema
integrato nelle sue componenti statali e non, per un reale passaggio dalla scuola
di Stato alla scuola della società civile".
Come se non bastasse, in settembre, Letizia Moratti, fulgido esempio di ministro
autenticamente liberista, al Meeting di Comunione e liberazione dichiara senza
mezzi termini che il nostro sistema di istruzione non può restare "monopolio
della scuola statale".
Non possiamo rassegnarci a questo tentativo, preannunziato dal governo delle
destre, di delegittimazione della scuola pubblica che si potrà concretizzare
progressivamente con gli attentati, alcuni dei quali già messi in atto,
al suo funzionamento e alla possibilità di puntare alla qualità
(riduzione degli organici, delle risorse ecc.).
Questo XIV Congresso della CGIL dovrà con chiarezza fornire concreti
sbocchi strategici al fine di contrastare con la massima decisione gli obiettivi
delle destre nel campo dell'istruzione pubblica.