LA MORATTI CI RIPROVA

Il Ministro dell’Istruzione insiste! Dopo l’evidente fallimento della proposta Bertagna sulla riforma della scuola agli Stati Generali di dicembre e la bocciatura della sua nuova proposta nel recente Consiglio dei ministri la Moratti, determinata come sempre, ci riprova.

Gli sperati effetti mediatici dell’evento degli Stati Generali, sapientemente programmato, si sono rivelati inefficaci e, per le reazioni spontanee e consapevoli che hanno suscitato nel mondo della scuola e nella società civile, sicuramente controproducenti. La determinazione del ministro nel portare avanti la sua idea di scuola, però, non ha favorito quella doverosa e necessaria pausa di riflessione che era stata auspicata da più parti, ma ha prodotto, contando quasi esclusivamente sull’appoggio del premier, una nuova proposta che è stata presentata direttamente alla riunione del Consiglio dei Ministri di venerdì 11 gennaio scorso.

La bocciatura in quella assise poteva essere facilmente prevista non fosse altro perché, con molta ingenuità e forse anche con supponenza, la Moratti non aveva concesso a nessuno, neppure ai colleghi di Governo, il benché minimo lasso di tempo per esaminarla, ancorché in maniera superficiale. I nodi della riforma sono, comunque, venuti al pettine inducendo il Consiglio dei ministri ad optare per un più approfondito esame delle questioni sul tappeto e, dunque, per il rinvio del varo della riforma ad altra occasione.

Il pericolo, però, come è apparso subito ai più accorti addetti ai lavori, era stato soltanto rinviato e niente affatto scongiurato, anche perché si capiva benissimo che le maggiori critiche sollevate avrebbero avuto l’effetto di distruggere quel poco di accettabile che, con un grande sforzo di immaginazione e di volontà, si poteva intravedere nella nuova proposta.

Quali sono le critiche avanzate dai colleghi di Governo della Moratti? C’era quella del ministro dell’Economia Tremonti, che si preoccupava dei costi che la riforma avrebbe portato con sé, non solo per i prossimi tre anni, ma anche per gli anni avvenire quando essa sarebbe andata a regime; c’era la presa di posizione delle destre, diciamo così, più moderate della compagine governativa, il Ccd e il Cdu, che si preoccupavano della somiglianza con la riforma Berlinguer, soprattutto, nella scuola di base divisa in bienni e che finiva per interessare anche il primo anno del segmento scolastico della scuola media; c’era quella della Lega, che non poteva mandare giù l’idea che alle Regioni venisse affidata la competenza esclusiva soltanto in materia di formazione e istruzione professionale.

Se queste sono state le ragioni che hanno causato il rinvio della discussione sulla nuova proposta in quella riunione del Consiglio dei ministri non c’era proprio molto da osannare alla sconfitta della Moratti, perché la riforma della scuola che da lì a qualche settimana sarebbe stata riproposta nello stesso Consiglio sarebbe stata, ancora di più, inaccettabile, non condivisa da tutti coloro che credono nella funzione insostituibile della scuola pubblica nel nostro Paese e pericolosa per le future generazioni.

In questi giorni il ministro è di nuovo in fermento. Partecipa al Congresso della Uil scuola, manda un suo sottosegretario al Congresso della Gilda, lancia e fa lanciare, attraverso gli organi di stampa e le emittenti televisive pubbliche e private, altri proclami: la bocciatura ogni due anni, anche nella scuola di base, che si lascia intravedere nel nuovo regime dei “debiti formativi”, l’anticipo della scuola dell’infanzia a due anni e mezzo, l’introduzione, perciò, di nuove figure professionali nella scuola, l’anticipo della scuola primaria a cinque anni e mezzo, anche se in maniera graduale, con la conseguenza che ne deriva di dover riaprire i termini di iscrizione per l’anno scolastico 2002-2003, già con sofferenza fissati al 20 gennaio e il ritorno all’Università (?) dei docenti. Anche tali questioni meriterebbero maggiori approfondimenti, soprattutto, con i soggetti interessati e il mondo della cultura e non solo quelli probabilmente effettuati nelle stanze del Ministero.

Non è stato prudente osannare alla sconfitta della Moratti in quel Consiglio dei ministri perché era fin troppo evidente che il ministro e il suo staff ci avrebbero riprovato, tornando all’attacco con maggior virulenza e, evidentemente, con l’obiettivo di ricomporre la compagine governativa sul “problema scuola”.

Per quest’ultima ragione sono da prevedersi investimenti per la scuola pubblica sempre più contenuti, per accontentare il ministro Tremonti; investimenti insufficienti che finiranno per frapporre ulteriori barriere allo sviluppo qualitativo della stessa; sono da prevedersi discontinuità più accentuate tra scuola dell’infanzia e scuola elementare e tra questa e la scuola media, per accontentare Ccd e Cdu; tali discontinuità, già oggi, rappresentano le cause più rilevanti dell’insuccesso scolastico e della dispersione scolastica dei nostri ragazzi; è da prevedersi che lo Stato sia ulteriormente svuotato delle sue competenze sulle norme generali dell’istruzione e anche sugli standard delle prestazioni essenziali in materia di istruzione e di formazione professionale, per accontentare il ministro Bossi, concretizzando, così, il rischio evidente di intaccare la libertà d’insegnamento dei docenti, pilastro portante della scuola pubblica, che affonda le sue radici nel pluralismo delle idee.

Non è proprio, dunque, il momento di rallegrarsi per qualche battuta d’arresto che il ministro ha fatto registrare nel portare avanti la sua idea di scuola classista, soprattutto se si pensa al fatto che la nuova proposta della Moratti sembra non occuparsi affatto del principale fardello che porta con sé: la canalizzazione precoce delle scelte tra licei e formazione professionale delle future generazioni. Essa andrà a pesare come un macigno sulla loro formazione e sulla loro stessa vita di cittadini, insieme a tutti gli altri condizionamenti sociali, ancora oggi, non rimossi. Sarà così, anche se si vorrà porre la massima attenzione nel lasciare aperte tutte le possibilità per gli eventuali passaggi da un tipo di scuola all’altro e nel prevedere tutti gli interventi assistenziali possibili nel curare tali passaggi.

Per raccogliere le sfide del mondo in cui viviamo i nostri giovani hanno bisogno di una scuola pubblica che sia di qualità, che assicuri a tutti gli stessi standard minimi d’istruzione e di formazione, oltre che le stesse opportunità di approfondimenti specialistici, che offra a tutti la possibilità del continuo confronto tra culture diverse di fronte alle necessità che l’interculturalità porta con sé e che i giovani sentono come un problema che li riguarda direttamente; abbiamo bisogno di una scuola pubblica che sostenga le persone per tutto l’arco della loro vita, affinando continuamente le loro conoscenze e competenze di fronte al repentino sviluppo scientifico e tecnologico del quale ognuno possa sentirsi parte in causa e indispensabile protagonista; abbiamo bisogno di una scuola pubblica capace di costruire nelle persone quelle capacità che consentano loro di orientarsi nella complessità.

La Moratti non vuole questa scuola!                                                            

Brindisi lì 20/01/200

Articolo apparso su "Quotidiano" il 25/01/'02 col titolo "La Moratti cambia, ma in peggio"