LA SOLIDARIETA' NECESSARIA Di fronte alle stranezze del mondo, chi vive riflettendo sull'esperienza terrena dell'uomo non può fare a meno di fare una considerazione di senso, aldilà di quanto sapientemente è fissato nei trattati delle scienze sociali autonome. Un aspetto importante, spesso determinante, dell'esistenza di un uomo è che essa è caratterizzata dalla sua vocazione alla lotta: alla lotta contro sé stesso, prima, per affermare la sua personalità e alla lotta contro gli altri, poi, per affermare la sua volontà di supremazia. Così accade, quasi sempre, che più egli raggiunge risultati apprezzabili sul piano delle condizioni materiali personali e più stenta a controllare la sua voglia di potere e di sopraffazione nei confronti degli altri. Questa china si protrae fino a raggiungere parossismi che qualsiasi essere di buon senso (lo stesso mondo animale può fornire limpidi esempi) eviterebbe di raggiungere, non fosse altro che per l'istintivo spirito di conservazione connaturato in tutti gli esseri viventi. La storia dell'umanità ci ha, tra l'altro, insegnato che quanto più le classi dominanti di una determinata società raggiungono il benessere economico tanto più in quella società finiscono col prevalere sistemi di governo ispirati da linee di pensiero che si rifanno ad un certo liberalismo strisciante, da definirsi meglio individualismo economico o senz'altro liberismo se non si vuole offendere troppo l'idea liberale. Tali sistemi assumono forme diverse, ma tutte, sostanzialmente, hanno in comune la tendenza a minare le fondamenta dell'assetto statuale retto sui diritti delle persone. Tutto ciò si può toccare oggi con mano nella fase storica che il mondo attraversa. Tra queste forme ce ne sono alcune più moderate, come quelle che stanno prevalendo negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Italia e in Francia (solo per fare qualche esempio) ed altre, più tetre, che ormai non hanno più nulla del liberalismo e che declinano verso l'assolutismo come quelle già affermatesi in Israele con Sharon e in Austria con Haider e come quelle che ambiscono di affermarsi in Francia con Le Pen, in Inghilterra con Griffin e, perché no, in Italia con Bossi. Le forme di governo più moderate sopra richiamate hanno una caratteristica in comune: il welfare state va assumendo sempre più un profilo basso perché, ad esempio, la solidarietà anziché essere intesa come principio su cui fondare il sistema di tutele dei diritti fondamentali per ciascun cittadino, viene intesa, nella migliore delle ipotesi, come forma di carità, di solidarietà personale che non giova per nulla all'obiettivo che ogni Stato moderno deve porsi: compiere il massimo sforzo per l'emancipazione dei suoi singoli cittadini. Le altre forme, quelle più tetre, addirittura finiscono col negare il welfare state e, nella aberrante scala dei principi alla quale fanno riferimento, la solidarietà deve cedere il posto all'esclusione. La strada verso queste ultime forme è pericolosamente in discesa ed è molto facile oggi scivolare fino al fondo di essa se non si pone un freno cercando di affermare uno Stato sociale dal profilo alto. Si vuole qui portare un solo esempio, traendolo da un ambito significativo dell'organizzazione sociale, qual è quello dell'istruzione che spesso l'uomo ha trasformato in strumento per esercitare il suo potere. Don Lorenzo Milani, parroco di Barbiana e fondatore dell'omonima scuola, al quale il 19 maggio prossimo è dedicata una marcia pacifica per la qualificazione e il rilancio della scuola per tutti e per ciascuno, con partenza da Vicchio del Mugello (tra i promotori la CGIL Scuola), ci ha lasciato una ricca eredità di pensiero. Questa dovrebbe essere messa di più a frutto nella formazione iniziale ed in itinere degli insegnanti perché induce spunti di riflessione dei quali gli insegnanti e la scuola tutta, oggi, hanno bisogno più che mai, proprio per contribuire a contrastare le tendenze deleterie cui ho accennato sopra. La necessità di partire da una conoscenza reale, profonda e non di routine degli alunni, come persone, e del loro ambiente di vita, la necessità si sopperire a ciò che l'ambiente non può fornire loro con un tempo scuola più lungo, di colmare il divario tra chi possiede gli strumenti linguistici e chi non li possiede, la costante preoccupazione che deve avere l'insegnante di fornire le giuste motivazioni allo studio ed altre indicazioni ancora che scaturiscono dalle Sue lettere rappresentano acquisizioni del pensiero pedagogico che, ancora oggi, nonostante i lenti passi in avanti fatti in questi 50 anni, la scuola italiana non riesce a praticare compiutamente, anzi vengono rimessi continuamente in discussione. Don Milani insiste; nella sua celebre Lettera ad una professoressa: "La riforma che proponiamo - Perché il sogno dell'eguaglianza non resti un sogno vi proponiamo tre riforme. I- Non bocciare. II- A quelli che sembrano cretini dargli la scuola a pieno tempo. III- Agli svogliati basta dargli uno scopo." La riforma del sistema educativo proposta oggi dalle destre in Italia, oltre al confuso tentativo operato di strumentalizzazione anche della figura di questo grande intellettuale ed apostolo (nel documento Bertagna sembrava quasi che il pensiero di Don Milani, esplicitamente citato, fosse l'ispiratore della proposta) ha il chiaro intento di andare in una direzione completamente opposta a quella che aveva in mente il prete di Barbiana. Il ridimensionamento del sistema d'istruzione pubblico, la riaffermazione della frammentazione del sistema, la scelta precoce a tredici anni tra Licei, da un lato, e Istruzione e Formazione professionale dall'altro, il buono scuola, approdato da quest'anno anche in Puglia, in un'ottica di subdolo e preoccupante antistatalismo e tante altre ciliegine sparse qua e là nel progetto in discussione in questi giorni in VII Commissione Istruzione del Senato negano, di fatto, il principio della solidarietà, come sopra è stato esplicitato, ricacciando indietro nel ghetto delle loro condizioni socio-ambientali di partenza le giovani generazioni che si affidano alla scuola. Tutto ciò sembra essere funzionale solo al restringimento degli spazi di democrazia e alla riproduzione della classi dirigenti come accadde all'inizio del ventennio fascista. Certamente, questa non è la scuola che voleva Don Milani e, dunque, il desiderio di lanciare un appello sorge spontaneo nel cuore di chi crede nei valori diffusi dalla Sua opera e diventa bisogno di comunicazione: è necessario resistere! Mario Carolla Pubblicato il 3 maggio 2002
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