12. L'8 SETTEMBRE E LA RESISTENZA DELLE FORZE ARMATE IN ITALIA 12.1. Le forze italiane e tedesche alla data dell'armistizio Alla data dell'armistizio le Forze Armate italiane sul territorio nazionale rimangono ancora consistenti, 30 divisioni e sette brigate costiere, anche se scarsamente operative. In tutto circa un milione e mezzo di uomini. Possono infatti essere considerate efficienti solo sette divisioni, più due in corso di costituzione, di cui una corazzata. L'afflusso di truppe dalla Francia e dalla Croazia è solo all'inizio. Contro queste forze i tedeschi schierano due armate, la B in Italia del Nord e la A a sud dell'Appennino, comprendenti 17 divisioni, di cui 7 corazzate. A vantaggio dei tedeschi vi sono i carri armati, più pesanti e meglio armati, l'efficienza dei rifornimenti di carburante, dell'artiglieria e delle armi automatiche. Già nel mese di agosto, durante l'afflusso di truppe tedesche dalla Germania in Italia, vi sono episodi isolati, ma violenti, di scontri con i reparti italiani di stanza ai confini (a Gorizia, Tolmino e Caporetto). Tra il 2 e il 7 settembre, con la "Memoria 44", giungono ai comandi dipendenti dallo Stato Maggiore Esercito le istruzioni sul comportamento da tenere in caso di armistizio, esse però non danno indicazioni chiare ed univoche ai reparti in caso di conflitto con le truppe tedesche; la Memoria, inoltre, subordina la sua applicazione all'emanazione di un ordine successivo, che arriverà solo l'11 settembre, quando è ormai troppo tardi. Quando l'8 settembre giunge la notizia dell'armistizio, le truppe italiane sono impreparate ad affrontare lo scontro con i tedeschi e sono lasciate senza ordini dagli Alti Comandi. Alle 23.00 il generale Ambrosio chiede di avviare l'applicazione di quanto contenuto nella Memoria 44, ma Badoglio rifiuta, cosicché gli stessi ufficiali dello Stato Maggiore sono lasciati privi di disposizioni operative. La parte più efficiente delle divisioni italiane, al comando del generale Roatta, è posta a difesa di Roma e del Governo. Si tratta delle divisioni autotrasportate Piave e Piacenza e delle divisioni corazzate Ariete e Centauro, a cui si aggiungono reparti di granatieri e del Corpo d'armata Territoriale di Roma. I tedeschi possono schierare due divisioni "rinforzate", la 3^ corazzata di fanteria nella zona di Viterbo e la 2^ di paracadutisti, in via di costituzione, a Pratica a Mare, con circa 15.000 uomini. 12.2. L'esercito italiano dopo l'armistizio Nella notte tra l'8 e il 9 settembre, i paracadutisti tedeschi avanzano verso Roma e trovano l'accanita resistenza dei granatieri italiani sulla via Ostiense. Tra le 2.00 e le 4.00 di notte il Governo e lo Stato Maggiore decidono di lasciare Roma, abbandonando senza ordini le truppe al loro destino, col solo divieto, emanato dal Comando supremo, di difendere Roma. Inoltre viene imposto alla divisione Piave di ripiegare su Tivoli, per difendere la fuga del Re. E' solo dopo quest'ordine che inizia il confronto diretto tra il grosso delle truppe italiane e i tedeschi. Il comandante della divisione Piave decide in un primo momento di non eseguire gli ordini e di contrastare i tedeschi; ma poi deve abbandonare i granatieri e la popolazione, che comincia ad armarsi, alla loro sorte. Anche il generale Cadorna, comandante dell'Ariete, decide di impegnare i tedeschi, che vengono respinti con gravi perdite. I combattimenti sono ancora in corso quando giunge la notizia della firma della capitolazione, che costringe le truppe a consegnare le armi ai tedeschi e che dichiara "Roma città aperta". La mancanza di disposizioni precise e l'abitudine degli alti ufficiali all'obbedienza, impedisce comunque l'organizzazione di una risposta generalizzata all'attacco dei tedeschi. In tutta l'Italia del Nord, e soprattutto nelle grandi città, mancano direttive militari, oppure i comandi si accordano con i tedeschi per consegnare le armi; quasi mai vengono consegnate ai civili che le richiedono. Rari sono gli episodi di resistenza organizzata, con l'eccezione di La Spezia e di Piombino. La IV armata, che rientra dalla Francia, viene sorpresa al confine occidentale e sbaragliata. In Trentino, nella Venezia Giulia, in Friuli, le città vengono consegnate ai tedeschi senza combattere, con qualche eccezione, come a Trento, dove è la guarnigione a reagire. Nel Sud vi sono numerosi casi isolati di resistenza, sia di ufficiali che di soldati; in Puglia la reazione dell'esercito è più estesa, anche perché spera di contare sulle truppe alleate sbarcate nel frattempo a Taranto. E' soprattutto in Sardegna che l'esercito italiano mantiene una sua compattezza e riesce, seppure in ritardo, ad impegnare le truppe tedesche che stanno ritirandosi, costringendole ad abbandonare agli italiani un grosso quantitativo di armi e di mezzi. Dai corpi d'armata rimasti in Sardegna, Badoglio potrà ripartire per ricostituire un esercito del Regno del Sud. Se l'Aeronautica non manifesta particolari segni di resistenza, la Marina riesce a mantenere una compattezza e una funzionalità operativa, eseguendo l'ordine di abbandonare i porti di La Spezia e di Taranto, per consegnarsi agli alleati nel porto di Malta. Mentre la flotta di Taranto riesce nell'intento senza sostanziali perdite, quella di La Spezia, senza copertura aerea, viene attaccata da aerei tedeschi che colpiscono e affondano la corazzata Roma, mentre la corazzata Italia è solo danneggiata. Altre navi minori sono affondate. Alla data del 14 settembre, comunque, i tedeschi hanno messo fuori causa l'esercito italiano e detengono il controllo effettivo della penisola. Dei 2.400.000 soldati delle forze armate italiane, di cui 1.500.000 sul territorio nazionale, circa un milione si sbanda, abbandonando i reparti, rimangono però inquadrati 450.000 uomini, in Sardegna, in Corsica e in Italia meridionale, sotto il controllo anglo-americano. Una minoranza passa all'attività clandestina anche armata. 12.3. Le responsabilità della tragedia Tuttavia questa conclusione non è affatto scontata al momento dell'armistizio. Kesserling è rinchiuso nel suo comando di Frascati e all'alba del 9 settembre è convinto di avere poche carte da giocare. Si aspetta un attacco al suo quartier generale e che Badoglio faccia uso delle truppe a disposizione, oltre che ricorrere ai civili, da armare attraverso la mediazione dei politici antifascisti con cui il primo ministro si era incontrato nelle settimane precedenti. Dopo poche ore la situazione appare decisamente cambiata: le truppe italiane vanno sbandandosi rapidamente e solo pochi fuochi di resistenza sono presenti sul territorio italiano; il re e i comandi militari stanno abbandonando Roma, lasciando il Paese senza guida e senza indicazioni. Dal comando dell'Esercito italiano, nel frattempo, viene diramato un ordine del generale Gambara secondo il quale "Eventuali tentativi sedizione disordine et indisciplina siano immediatamente et radicalmente repressi", e questo mentre sono ancora in corso diversi episodi di resistenza, per lo più grazie a ufficiali inferiori, mentre la stragrande maggioranza degli alti ufficiali si è adoperata per consegnare i reparti ai tedeschi. Appare evidente, quindi, che dietro la disastrosa dissoluzione delle Forze Armate vi è stata una precisa volontà di Vittorio Emanuele III e di Badoglio. Vi è, probabilmente, la convinzione che i tedeschi non avrebbero comunque potuto resistere a lungo all'offensiva alleata e che l'assenza da Roma sarebbe stata breve. Quindi viene considerato più pericoloso il rischio di dar vita ad una resistenza su vasta scala all'occupazione tedesca, sia attivando ufficiali e soldati, sia armando consistenti settori di civili fuori del controllo della monarchia e del governo. La paura di vedersi sfuggire di mano la situazione politica e sociale è la maggiore preoccupazione del re subito dopo la destituzione di Mussolini, la stessa che lo guiderà nei mesi successivi, fin quando le condizioni obbiettive non si saranno modificate in senso decisamente sfavorevole alla monarchia e a vantaggio dei partiti antifascisti e della resistenza. Nel settembre del 1943, tuttavia, questa incapacità di uscire da una visione grettamente conservatrice finisce per avere un esito disastroso per l'Italia. |
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