l'ANDIS sulle misure del governo per la scuolaIl primo settembre i dirigenti scolastici delle scuole italiane hanno riunito i collegi dei docenti per le attività di progettazione dell'anno scolastico. Ma il susseguirsi di provvedimenti governativi emanati tra luglio e agosto, fino al decreto legge n. 137 del 1 settembre, rischia di stravolgere lo scenario del sistema formativo italiano e le stesse condizioni operative dell'insegnamento. Il "patto per la scuola" siglato alla vigilia delle elezioni politiche da tutte le associazioni professionali più significative che operano nel mondo della scuola, chiedeva al nuovo governo - da chiunque fosse costituito - che " le decisioni sul sistema educativo di istruzione e formazione debbano essere escluse, esplicitamente e in modo condiviso, dalla logica dello scontro politico che ha segnato questo decennio, con interventi di natura legislativa continui e contrapposti: prima di tutto, perché la formazione è un bene comune da salvaguardare e sviluppare; in secondo luogo, perché l'esperienza ha mostrato che gli effetti delle riforme sono visibili solo ben oltre l'arco di una legislatura. Per questi motivi occorre individuare punti di intesa sugli snodi fondamentali, e impegnarsi a raggiungere e mantenere l'accordo fino a che gli obiettivi siano stati raggiunti. I falliti tentativi di realizzare una riforma che modifichi l'intero assetto del sistema e lo determini sino ai minuti dettagli, suggeriscono di adottare una logica "leggera" di promozione delle innovazioni, con una cornice normativa organica ma flessibile, che fissi i punti essenziali e preveda la possibilità di modifiche successive. I primi passi del ministro Gelmini sembravano andare in questa direzione, con le gradite dichiarazioni di voler ascoltare associazioni e scuole prima di assumere decisioni e per questo erano stati valutati con rispetto ed attenzione. I recenti provvedimenti governativi, assunti unilateralmente e senza dibattito parlamentare, hanno ancora una volta sconvolto il sistema formativo del nostro paese. Sul piano economico, la pesantissima diminuzione di risorse previste dalla finanziaria triennale prescinde completamente da ogni ipotesi condivisa di riforma degli ordinamenti e punta sulla via più facile: il taglio degli organici e il ritorno al maestro unico nella scuola elementare (unico settore in cui l'Italia poteva collocarsi ai primi posti nelle classifiche internazionali). E' difficile non vedere un nesso profondo tra la convinzione che il settore su cui si può più risparmiare sia la scuola e un rimpianto tutto ideologico per i tempi in cui tutto era più facile: un maestro solo e rispettato, bambini obbedienti, voti chiari e non sempre convenientemente motivati, premi e medaglie per i migliori e orecchie d'asino per i somari, a prescindere dalla ragione delle difficoltà di apprendimento. L'Italia negli ultimi cinquant'anni è cambiata: scolarizzazione di massa, insorgenza di nuove potenti agenzie formative, diverse modalità di apprendimento connesse alla tecnologia della comunicazione, crisi della famiglia nucleare e problemi di relazione adulto-bambino che ne conseguono; l'offuscamento del senso morale (del bene e del male). I dirigenti scolastici, che hanno imparato nelle dure condizioni di questi ultimi anni il valore dell'autonomia e considerano la leadership educativa la loro connotazione culturale più forte, esternano il loro sconcerto di fronte a provvedimenti che prescindono dalla più recente e collaudata ricerca educativa che ha cercato di affrontare le emergenze formative di questo paese. L'ANDIS sa bene che c''è una preoccupazione diffusa sui modelli di comportamento, sulle regole, sui valori, sul senso del rispetto e del dovere. Ci si lamenta perché la scuola non è in grado di essere punto di riferimento valoriale "forte", salvo poi non riconoscere alla scuola questa funzione dando la stura ad una denigrazione reciproca tra genitori e insegnanti. Per questo la valutazione degli apprendimenti (e non solo della condotta) è un punto così importante e nel rapporto tra la scuola e la società, passa di lì un primo rapporto con le istituzioni (nel loro ruolo non autoritativo, ma autorevole sì), nel senso della giustizia riconosciuta. Ecco perché ci vuole una "buona" valutazione, ben strumentata. Ecco perché è ancora tempo di valutazione formativa, che aiuti a riconoscere, a capire, a decidere; che indaghi non solo i prodotti (il profitto), ma anche i processi che rendono possibili quei prodotti. I dirigenti scolastici non potranno, in quanto funzionari pubblici, non applicare le nuove norme, quali che esse siano, ma si impegnano da subito ad aprire una discussione seria e documentata con tutti quelli che hanno imparato a chiamare "portatori di interesse" (gli operatori, le famiglie, gli Enti Locali e l'ANCI, le imprese, l'associazionismo professionale e quello culturale e religioso, i centri di ricerca) sulle implicazioni dei recenti provvedimenti ministeriali e a richiedere al Ministro una reale disponibilità al confronto con quanto essi avranno da dire prima della discussione in aula per la conversione in legge del decreto. L'ANDIS invita le scuole ed i centri di ricerca educativa attivi nelle università a portare testimonianza e far valere il loro patrimonio di intelligenza e di buone pratiche. Roma, 4 settembre 2008
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