Per un curricolo “discontinuo”Ottimo l’ultimo pezzo di Giancarlo Cerini in edscuola.it sulla necessità di muoversi concretamente verso la costruzione di un curricolo per la scuola obbligatoria di base che, pur nella sua continuità, rispetti tutte quelle discontinuità che caratterizzano lo sviluppo/crescita e l’apprendimento di un soggetto che, dai tre ai sedici anni, attraversa “mille” stadi sui quali non sempre l’attenzione dell’adulto è vigile e pronta a dare le risposte giuste ed a lanciare i giusti stimoli. Ottimo il richiamo a quel Bruno Ciari del ’69 – un anno prima della scomparsa, se non erro – che, molto prematuramente rispetto ai tempi, già ipotizzava un curricolo continuo/discontinuo dai tre ai sedici anni di età! Caro Giancarlo! Oggi questo percorso decennale lo abbiamo già, almeno sulla carta, perché con il dm 309/07 l’obbligo è stato innalzato di due anni! So bene che su questo provvedimento, da parte dell’attuale amministrazione, ci sono resistenze grosse come macigni: vedi il fallimento di quella commissione ministeriale che in un anno di lavoro non è stata in grado di varare una proposta di modello di certificazione, lasciando le scuole al fai da te o allo sbando; vedi quel maledetto comma 4 bis dell’art. 64 della legge 133/08 che ci ha riportato alla opzione della Moratti; vedi anche questa insistenza ministeriale sugli esami di terza media, considerati ancora “conclusivi” di chissaccheccosa, quando invece non concludono un bel niente; e vedi infine questa annunciata riforma del secondo ciclo in cui sul biennio obbligatorio si glissa e non solo si insiste sulle singole peculiarità dei percorsi, ma si tace su quell’equivalenza dei quattro assi culturali su cui, invece, il dm 309/07 si esprime con molta chiarezza! Tuttavia, tutto ciò non significa che non si debba insistere sulla proposta che tu così magistralmente ci illustri e, per certi versi, ci documenti. Da parte mia, avanzerei questi suggerimenti. Un percorso di sviluppo/crescita e apprendimento in un qualsiasi contesto sociale organizzato e acculturato deve sempre tener conto di due istanze, quella che grosso modo potremmo chiamare biologico-naturale e quella culturale e sociale. Sai meglio di me che la “natura” procede con cambiamenti molto lenti rispetto a quelli che, invece, sono prodotti dalla “cultura”: sono quelli a cui danno vita, generazione dopo generazione, in diverse situazioni spazio/temporali i diversi “gruppi associati”. Detto questo – anche se con eccessiva superficialità – a me sembra che le competenze culturali e di cittadinanza indicate dal citato dm 309 costituiscano un buon punto di riferimento per considerarle come quei prerequisiti minimi indispensabili per un giovane perché possa operare delle scelte per il suo futuro ed accedere a questa società degli anni 2000. Io e te sappiamo qualcosa di storia della scuola e, se comparassimo le diverse finalità perseguite dalla scuola elementare da Casati ai nostri giorni, constateremmo come gli standard terminali previsti – anche se per anni non si è mai parlato in questi termini, dato che si trattava di Programmi centrati su contenuti e non su obiettivi – erano pur sempre conformi all’evoluzione della “cultura” del Paese. Quelle competenze del dm 309, dunque, anche se potrebbero e dovrebbero essere rivisitate in quanto, per certi versi, risentono della fretta con cui sono state scritte, costituiscono pur sempre un punto di riferimento interessante per elaborare “a ritroso” quel curricolo verticale progressivo “continuo e discontinuo” cha parte dai tre anni di età e giunge fino ai sedici. La strategia “a ritroso” permetterebbe di coniugare le finalità culturali e di cittadinanza attese con la realtà bio-naturale – se mi permetti l’aggettivo – del nostro soggetto di tre anni di età. E’ un dato che tre anni di vita sono molti e “perderli” dal punto di vista dello sviluppo curricolare socioculturale costituisce indubbiamente un limite: danni tremendi possono essere effettuati, anche inconsapevolmente, in quei tre anni di vita quando la funzione che potremmo definire “assorbente” da parte del nuovo nato è indubbiamente più forte di quella “selettiva” tipica di un’età più matura. Ma so – e sai – che le nostre maestre della scuola dell’infanzia, per tanti versi migliori di tanti nostri insegnanti dei gradi successivi di istruzione, sono abbastanza agguerrite in materia e sanno come operare. Ovviamente, non potremmo neanche pretendere di affidare il neonato esclusivamente ad un nido non appena abbia emesso il primo vagito! Ci accuserebbero come attentatori della famiglia! E sappiamo benissimo quanto le cure parentali siano il più delle volte estremamente positive, anche se i “parenti” non hanno fatto studi di pedagogia, peraltro una disciplina aborrita, come sai, da parte dell’attuale maggioranza! E’ certo che la costruzione di un curricolo verticale 3/16 anni ed una sua corretta realizzazione permetterebbe all’intera nostra scuola di base di fare un netto balzo in avanti in materia di qualità, in primo luogo, di ordinamento e di organizzazione didattica, in seconda istanza. Ma il tuo e il mio discorso hanno molti avversari. In primo luogo ci sono coloro che non credono ad un’istruzione obbligatoria di dieci anni e che ti dicono che dopo la terza media bisogna pur sempre offrire una seconda opportunità a quegli alunni che “non ce la fanno”, che “non sono portati”… e tutte quelle amenità che facevano rabbrividire Don Lorenzo! E poi c’è l’apparato amministrativo che, tutto impegnato a giustificare tagli e a chiedere alleanze istituzionali contro Tar e Corte Costituzionale, continuerà a blandire i “professori”, o meglio le “professoresse” della scuola media illudendoli/le di adempiere ad un ruolo formativo “terminale” che nessuno oserebbe mai mettere in discussione! Guai se la scuola media perdesse il suo primo livello di secondarietà! Il timore di una pretesa elementarizzazione di questo grado di scuola è forte! Del resto, le corporazioni non si sono mai segnalate come motori dello sviluppo! Ignoranza educativa ed istituzionale sono i primi nemici silenziosi ed inconsapevoli di un curricolo verticale decennale. E non so se il sindacato – e Di Menna, Scrima e Pantaleo non mi perdoneranno – non abbia qualche responsabilità a questo riguardo! Insomma, caro Giancarlo, la vedo dura e lunga! Accenni giustamente ai risultati lusinghieri di tanti comprensivi! A quando una loro estensione e lo sviluppo di una coprehensive school tutta di base, tutta obbligatoria, tutta italiana e lanciata verso l’Europa? In cui la si pianti con inutili esami di licenza media e si certifichino veramente le competenze acquisite dai nostri sedicenni? Quelle che servono a crescere e a “sopravvivere” in una società che si fa sempre più difficile? Prima garantiamo loro la “cultura” di base, poi aiutiamoli nei percorsi triennali e successivi in cui gli indirizzi la facciano da padrone e liquidino per sempre quell’enciclopedismo di gentiliana memoria. Come sai, il nostro sistema di istruzione si è sviluppato per approssimazioni successive, con aggiunte di pezzi su pezzi, in verticale e in orizzontale (i gradi e gli ordini) a seconda delle esigenze dell’assetto socioeconomico. Il ragionare per curricoli, oggi, è tutt’altra cosa rispetto alla strategia del “pezzo dopo pezzo” Ma allora di curricolo neanche l’ombra! E la scuola era una variabile dipendente dal sociale. Oggi – lo scrivo dappertutto – è, o dovrebbe essere, una variabile indipendente, un motore dello sviluppo! Ma i primi a non crederci sono i nostri amministratori! E non so quanto ne siano convinti i politici migliori! Concludendo, al curricolo “discontinuo” dobbiamo lavorare e sodo, ma con la piena consapevolezza che non si tratta tanto e solo di una modifica degli ordinamenti, bensì di una battaglia politica a tutto tondo, di una battaglia della cultura dell’innovazione contro l’ignoranza della resistenza, ovviamente quella con la “r” minuscola!! Rimbocchiamoci le maniche! Maurizio Tiriticco |
---|