Il
Ministro presenta il programma politico
Il
Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della
Ricerca, Letizia Moratti, ha illustrato le linee
programmatiche del Ministero alla Commissione Cultura,
Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati
Roma, 18
luglio 2001, ore 14.30
Il
nostro impegno ha al centro i bisogni, gli interessi,
le aspirazioni, i sogni di realizzazione degli studenti,
le attese delle loro famiglie, il lavoro degli insegnanti.
Sono loro, i veri protagonisti della scuola, che
ispirano la nostra azione legata a due principi
fondamentali: solidarietà ed eccellenza.
In particolare nel delicato passaggio tra la scuola
e l'università, gli studenti sono soli. Noi dobbiamo
accompagnarli e aiutarli nella scelta dell'università,
perché questa scelta condiziona tutto il loro futuro.
Gli studenti sono soli anche dentro l'università.
Dobbiamo affiancarli e sostenerli in modo continuativo
in tutto il loro percorso di formazione superiore,
e aiutarli nella decisiva scelta del loro primo
inserimento nel mondo del lavoro.
Le cifre
dell'istruzione
I
dati di una recente indagine dell'OCSE condotta
nell'area dei paesi industriali denunciano, nonostante
il basso numero di alunni per docente (un insegnante
ogni dieci alunni contro la media OCSE di 1 su 15),
il fatto che il 65,5% della popolazione adulta non
supera il secondo livello alfabetico. L'Italia risulta
ventunesima nella preparazione scientifica dei suoi
studenti e ventitreesima in quella matematica.
Il costo per studente della scuola italiana è più
alto del 15% rispetto alla media europea. Eppure,
soltanto il 40% della popolazione adulta ha un diploma
di scuola secondaria, contro il 61% della Francia
e l'84% della Germania. In Italia i laureati sono
soltanto il 9% delle persone che lavorano mentre
in Francia i laureati sono il 19% e in Germania
il 22%. In Italia meno della metà di coloro che
frequentano la scuola superiore finisce regolarmente
gli studi, contro una media che nell'area dell'OCSE
è vicina al 70%. I tassi di dispersione universitaria
restano da noi i più alti d'Europa: in Italia si
laureano 38,5 matricole su cento, contro le 81 dell'Inghilterra,
le 72 della Germania e le 55 della Francia. Le statistiche
OCSE, come sapete, ci dicono che l'Italia, con il
36% di laureati sul totale degli iscritti all'università
è l'ultimo dei paesi industriali in questa graduatoria.
Negli ultimi 40 anni su quasi 10 milioni di giovani
che si sono rivolti all'università per un livello
di istruzione superiore, i laureati sono stati poco
meno di 3 milioni.
Cosa abbiamo
trovato
La
situazione che ereditiamo nella scuola, nell'università
e nella ricerca registra ancora un peso burocratico
e opprimente dello Stato.
In particolare si continua a governare le scuole
con una miriade di circolari e decreti.
Oggi siamo lontanissimi dall'avere i mezzi, i programmi,
le strutture per formare i giovani in modo tale
da consentire loro di affermarsi, realizzarsi in
qualunque paese del mondo e contribuire al progresso
generale.
La gravità di questa situazione, che parte dai livelli
primari di istruzione per estendersi sino alle frontiere
più avanzate della ricerca scientifica e dell'innovazione
tecnica, è nota da tempo. L'Italia, proprio in virtù
del suo più debole sistema educativo, formativo
e di ricerca, è a rischio di decadenza, esclusione
e marginalizzazione.
Quali sono i nostri valori
Nell'istruzione,
come in molti altri campi, lo Stato non può essere
l'unico promotore del valore del capitale umano
né essere custode esclusivo dei patrimoni di competenze
tecnico scientifiche.
Nell'istruzione lo Stato dovrà continuare a garantire
unitariamente i principi di eguaglianza e di equità
sociale, rafforzando il proprio ruolo di controllo
ed indirizzo.
Vivian Reding, responsabile del settore istruzione
e cultura della Commissione Europea, ha recentemente
riaffermato che è necessario adattare i sistemi
educativi non solo alle esigenze delle economie
ma anche soprattutto a quelle dello sviluppo, che
per noi significa soprattutto sviluppo della persona
nel contesto sociale.
La nostra azione sarà determinata da una visione
nuova dei processi educativi e formativi che tenderà
a coniugare le antiche contrapposizioni tra equità
e competizione, tra valori di giustizia sociale
e valori di merito, tra partecipazione e responsabilità;
principi che non devono essere contrapposti ma vanno
ricondotti a una visione unitaria e coerente: la
solidarietà e l'eccellenza .
Diritto allo studio e diritto all'eccellenza, dunque.
La giustizia educativa e la competitività sono entrambi
principi fondanti di un progetto che punterà ad
integrare le molteplicità dei poteri, delle funzioni
e dei soggetti che operano nel mondo dell'istruzione
e della formazione.
La pari condizione tra le famiglie è un principio
che in tutti gli altri paesi tutela da tempo il
diritto a scegliere i percorsi educativi più attinenti
ai valori individuali e agli obiettivi di realizzazione
personale degli studenti e attiene al principio
di un sistema integrato nelle sue componenti statali
e non, per un reale passaggio dalla scuola di Stato
alla scuola della società civile.
Che cosa
abbiamo già fatto
Il
Decreto legge che il Governo ha varato per l'avvio
dell'anno scolastico costituisce un primo passo
per avviare una non più procrastinabile inversione
di tendenza secondo cui l'amministrazione deve recuperare
la sua funzione di servizio rispetto alla organizzazione
scolastica, ponendo al centro le esigenze dello
studente e delle famiglie.
La stessa sospensione dell'avvio della riforma dei
cicli non è stata da noi voluta per bloccare il
processo riformatore. Al contrario, proprio da questo
primo atto abbiamo voluto dimostrare che le riforme
si fanno coinvolgendo gli attori principali del
processo e, quindi, studenti, famiglie, insegnanti.
Inoltre ho ottenuto già nella definizione del Documento
di Programmazione Economica e Finanziaria, politiche
di investimento che favoriscano un aumento della
scolarizzazione, che migliorino la qualificazione
professionale di giovani ed adulti, che valorizzino
le risorse umane impegnate, che sostengano la ricerca.
Vogliamo innescare un circolo virtuoso che consenta
ai giovani di "sapere, saper fare, saper essere".
Vogliamo che i giovani si formino come persone e
come cittadini per realizzare il loro progetto di
vita.
Qual
è la nostra missione per la scuola italiana
1)
Un sistema democratico, aperto, trasparente
Intendiamo ridefinire il ruolo dello stato centrale
modificando l'assetto gestionale ancora fortemente
statalista dell'Amministrazione. Serve un sistema
organizzato su tre livelli: nazionale, regionale
e dei singoli istituti, con un centro che indirizzi
e governi, ma senza più compiti di gestione.
Al centro va riservata la definizione dei curricoli
nazionali, il cui contenuto dovrà rispecchiare la
nostra cultura e la nostra tradizione, elementi
essenziali per la costruzione e la conservazione
dell'identità nazionale. I curricoli nazionali potranno
essere integrati dalle regioni e dagli Istituti
scolastici, e in questo modo sarà possibile l'apporto
delle diversità e delle ricchezze regionali e locali.
Serve, altresì, un centro che valuti il funzionamento
delle scuole e i livelli di apprendimento degli
studenti. Occorre per questo un servizio nazionale
di valutazione del sistema scolastico nel suo complesso,
autonomo e indipendente, che definisca gli standard
di qualità delle scuole e operi sui livelli finali
di preparazione degli studenti, al fine di migliorarli
costantemente ed in modo omogeneo nel Paese.
Gli investimenti sulla docenza vanno concentrati
sulla definizione di articolazioni delle funzioni,
che si concretizzino nel riconoscimento di un diverso
impegno professionale sia rispetto al tempo di lavoro
sia in relazione all'arricchimento del profilo professionale
con conseguenti riconoscimenti economici.
In questo senso, anche alla luce della riforma della
dirigenza scolastica, appare opportuno definire,
tempestivamente, una separata area contrattuale
per il personale docente ed un nuovo stato giuridico
coerente con la piena attuazione dell'autonomia
delle scuole.
Si intende inoltre realizzare, nel confronto con
le associazioni delle famiglie e con le organizzazioni
sindacali di categoria, codici deontologici flessibili,
che consentano alla categoria stessa di tutelare
quella dignità che ad essa compete.
Mezzi, strutture, risorse e personale vanno invece
indirizzati direttamente agli istituti scolastici.
A questo proposito costituiremo un Tavolo di semplificazione
destinato a razionalizzare e sburocratizzare in
maniera netta tutte le disposizioni di organizzazione
interna alla struttura scolastica. Dobbiamo infatti
superare l'attuale assetto dell'istruzione organizzato
in chiave autoreferenziale.
Una vera autonomia delle istituzioni scolastiche
comporta, peraltro, che si prevedano al più presto
organi di governo all'interno di ogni istituto.
Il Governo si appresta a presentare alle Camere
un disegno di legge di riforma degli organi collegiali
di istituto, ispirato a garantire la presenza degli
essenziali organi di governo, lasciando alla libertà
dei singoli istituti di prevedere le forme di partecipazione
e organizzazione ritenute più opportune.
Rispetto, invece, agli organi collegiali territoriali
si renderà necessaria una proroga alla loro costituzione,
prevista per il prossimo primo settembre, per una
indispensabile revisione che tenga conto sia della
riforma federalista dello Stato, sia di un necessario
cambiamento rispetto all'attuale struttura.
2) I cicli
Un gruppo di lavoro ristretto esaminerà di tutti
i nodi più urgenti da sciogliere, in vista dell'organizzazione
di una riunione più ampia che potremmo chiamare
Stati generali dell'Istruzione, composti da rappresentanti
delle famiglie, degli studenti, dei docenti e da
tecnici che sulla base dei rapporti di sintesi,
mi forniranno i concreti riscontri per un nuovo
piano di attuazione della riforma degli ordinamenti
e per le eventuali modifiche da apportare alla legge.
Il gruppo di lavoro, presieduto dal prof. Giuseppe
Bertagna dell'università di Bologna e Torino, è
costituito dai professori Giorgio Chiosso dell'università
di Torino, Michele Colasanto, Prorettore dell'Università
Cattolica ed ex Presidente dell'ISFOL, Silvano Tagliagambe
dell'università La Sapienza di Roma, Norberto Bottani,
ex ricercatore OCSE e Direttore del Dipartimento
Innovazione Educativa del Cantone di Ginevra e dal
prof. Ferdinando Montuschi, titolare della Cattedra
di Pedagogia speciale, Presidente della Formazione
primaria della III Università di Roma.
I punti cruciali da esaminare sembrano essere:
- se e in quale modo considerare la frequenza della
Scuola dell'infanzia triennale, che resta non obbligatoria
e curricolarmente unitaria come possibile credito
ai fini del soddisfacimento di almeno un anno dell'istruzione
obbligatoria;
- un'articolazione della scuola che valorizzi le
specificità dell'età evolutive, della fanciullezza
e della preadolescenza;
- la possibilità di curricula della scuola secondaria
in genere di elevata qualità con la possibilità
di prevedere una specializzazione;
- la natura pedagogica, l'identità curricolare e
la fisionomia istituzionale di un percorso graduale
e continuo di formazione professionale parallelo
a quello scolastico ed universitario dai 14 ai 21
anni;
- le modalità con cui dar corso ai punti precedenti
avvalorando l'autonomia delle istituzioni scolastiche
e dei centri per la formazione professionale, facendo
sempre prevalere, sia sul piano delle verifiche,
dell'apprendimento, sia su quello dell'obbligo formativo
a 18 anni, i vincoli di risultato, su quelli procedurali.
3) Gli insegnanti
Si è consolidato, in questo modo, nella maggior
parte del personale docente, un modello di lavoro
a volte privo di significato, di natura impiegatizia
non professionale.
Gli investimenti sulla docenza vanno concentrati
sulla definizione di articolazioni delle funzioni,
che si concretizzino nel riconoscimento di un diverso
impegno professionale sia rispetto al tempo di lavoro
sia in relazione all'arricchimento del profilo professionale
con conseguenti riconoscimenti economici.
In questo senso, anche alla luce della riforma della
dirigenza scolastica, appare opportuno definire,
tempestivamente, una separata area contrattuale
per il personale docente ed un nuovo stato giuridico
coerente con la piena attuazione dell'autonomia
delle scuole.
Il Governo sarà attento, altresì, alla questione
del primo contratto collettivo nazionale dei dirigenti
scolastici che attendono il riconoscimento sul piano
economico e giuridico delle nuove funzioni che ricoprono
dal primo settembre 2000 all'interno dell' impianto
autonomistico delle scuole.
Bandiremo al più presto il primo concorso, dopo
ormai dodici anni, per il reclutamento dei dirigenti
scolastici.
Uguale attenzione andrà posta alla valorizzazione
dell'importante funzione del personale ausiliario,
tecnico e amministrativo, che sta dando un notevole
contributo al processo di riorganizzazione dell'amministrazione.
Proposte
per l'università
La
nostra azione si incentrerà sui tre seguenti obiettivi,
indicati da tempo e mai realizzati:
Aumentare il numero dei laureati portandolo ai
livelli europei;
Fare in modo che vengano ridotti i tempi effettivi
per il conseguimento dei titoli universitari;
Garantire gli sbocchi professionali anche attraverso
l'elevata qualità dei corsi.
Il Governo intende, pertanto, sostenere le università
che intendono attuare da subito la riforma, e, nello
stesso tempo, dare a coloro che ne sentono l'esigenza
la facoltà di differire l'inizio dei corsi di studio
all'anno accademico 2003/2004.
Una delle criticità del sistema universitario è
quella delle risorse, in particolare per quanto
riguarda il diritto allo studio, l'edilizia scolastica
e i fondi per la ricerca . Il nostro sistema è finanziato
per l'equivalente di 6.295 milioni di dollari, come
risulta dai dati OCSE relativi all'anno 1998, spesa
che è di molto inferiore a quella della Germania
(9.481) e dell'Inghilterra (9.699).
Invero, la riduzione delle previsioni di cassa ha
comportato nel corso degli ultimi anni un incremento
patologico della massa dei residui passivi e correlativamente
una sostanziale riduzione della liquidità degli
Atenei per far fronte agli impegni di competenza.
Si rende pertanto necessario, al fine di restituire
al sistema universitario la necessaria funzionalità,
di operare un progressivo riallineamento tra le
previsioni di competenza e la massa dei residui
e quella di cassa.
Il processo di completamento dell'autonomia universitaria,
inoltre, attuato attraverso la riforma della complessiva
offerta formativa, in linea con gli orientamenti
europei, rende improcrastinabile un incremento del
fondo di finanziamento ordinario.
Quanto alla ricerca di base, gli attuali stanziamenti
hanno subito negli ultimi tempi decurtazioni che
rappresentano un ostacolo al suo rilancio.
E' inoltre necessario l'avvio di azioni preordinate
all'adeguamento delle strutture edilizie e delle
correlate attrezzature didattiche e scientifiche,
attraverso un rilancio della politica degli investimenti
del settore dell'edilizia universitaria.
Per assicurare il concreto raggiungimento dei tre
obiettivi prima indicati, va costantemente monitorata
l'efficienza e l'efficacia della organizzazione
e della didattica. A tal fine, centrale è il Comitato
nazionale per la valutazione del sistema universitario,
che va potenziato e rafforzato.
La valutazione dovrà inoltre comprendere la definizione
di una griglia di requisiti minimi che una istituzione
universitaria deve possedere per offrire una formazione
nelle diverse classi di corsi di laurea. La definizione
di tali requisiti minimi consentirà di correlare
l'offerta formativa alle reali esigenze e di pervenire
ad un sistema di accreditamento dei corsi, necessario
per qualificare l'offerta formativa stessa. Occorre
quindi superare decisamente il sistema dei controlli
preventivi di tipo burocratico, attualmente affidati
alla struttura centrale del Ministero e il CUN che
rappresentano un forte vincolo all'esercizio effettivo
dell'autonomia e conservano rigidità con essa non
coerenti proprio con l'aspetto più delicato ed importante,
che è quello della definizione dei processi formativi.
Le risorse andranno complessivamente incrementate,
come prima ho chiarito, ma in modo strettamente
finalizzato al perseguimento degli obiettivi essenziali.
Sembra inoltre necessaria una riflessione sui docenti,
che affronti i temi della qualità della ricerca
e dell'insegnamento e della relativa valutazione.
Essenziale è il tema del reclutamento, che va disciplinato
in termini tali da consentire agli atenei di scegliere
docenti di qualità.
Sembra opportuno in ogni caso, in considerazione
della inefficacia dei meccanismi dei concorsi recentemente
riformati, segnalata dagli atenei, provvedere ad
una urgente azione di rettifica normativa recuperando
il sistema del vincitore unico in luogo del vigente
sistema dei due candidati idonei.
Una vera politica del diritto allo studio deve preoccuparsi
non solo di sostenere economicamente gli studenti
privi di mezzi, ma anche di valorizzare i talenti
migliori, indirizzandoli verso le università migliori.
Le nostre università devono inoltre saper attrarre
i migliori studenti stranieri. A questo fine sono
essenziali le politiche di mobilità degli studenti
sia tra le università italiane, sia e soprattutto
tra le nostre università e quelle europee, come
avviene già nei maggiori paesi dell'Unione. Valga
per tutti l'esempio delle università olandesi, che
scambiano stabilmente metà dei propri studenti con
quelli di differenti atenei europei.
Più ancora, è alla internazionalizzazione complessiva
delle nostre università che occorre dare massimo
impegno e attenzione, creando condizioni che favoriscano
gli scambi e i periodi all'estero, oltre che degli
studenti, anche dei professori e dei ricercatori.
Proposte
per la ricerca
Per
superare l'attuale insoddisfacente situazione, il
Governo intende porre in essere una molteplicità
delle azioni, che riguarderanno tutto l'articolato
e complesso arco del settore della ricerca. Tali
azioni, pur variamente posizionate nel tempo, verranno
opportunamente coordinate tra di loro, nella visione
del settore come macrosistema integrato.
In particolare:
· la spesa pubblica in ricerca verrà gradualmente
elevata nel quinquennio fino ad essere portata al
livello degli altri grandi Paesi europei (1% del
PIL); tale elevazione consentirà ai nostri ricercatori
di sfruttare pienamente le risorse messe a disposizione
nell'ambito del VI Programma Quadro di ricerca dell'Unione
Europea, risorse come è noto condizionate da pari
cofinanziamenti nazionali;
· verrà in generale potenziata nel comparto pubblico
la funzione di committente della ricerca o, se si
preferisce, la funzione di agenzia; dove possibile,
tale funzione verrà allargata ai compiti di tutoraggio
on-line dello svolgimento della ricerca e di verifica
dell'utilizzazione dei risultati di ricerca successivamente
alla sua conclusione; in quest'ambito sarà effettuata
una seria e generale analisi delle attuali destinazioni
dei fondi di ricerca pubblici, onde verificarne
l'opportunità e la validità;
· verranno introdotti nelle disposizioni che regolano
l'accesso ai fondi pubblici e la loro gestione tutte
le innovazioni necessarie a semplificare e velocizzare
gli adempimenti burocratici, nonché ad ottimizzare
l'utilizzo degli investimenti disponibili, attrarre
gli investimenti privati, rendere più imprenditoriale
la ricerca e accrescere infine la ricaduta economica
e sociale della ricerca;
· verranno poste in essere o facilitate tutte le
iniziative necessarie per la rivitalizzazione della
ricerca finanziata dalle imprese private; è questo
il punto nettamente più deficitario e critico del
settore della ricerca italiana e quello in cui è
più urgente e difficile catalizzare con l'intervento
pubblico un deciso cambiamento; un tipo di iniziativa
che il Governo ritiene molto interessante (anche
per il successo che ha già avuto all'estero) è quello
del consorzio specialistico avente la funzione di
incubatore di idee innovative nel campo specialistico
scelto, in modo da facilitarne la valorizzazione
industriale, consorzio che dovrebbe essere compartecipato
da università o altri enti pubblici, grandi aziende
italiane e multinazionali e società di venture
capital ; un altro tipo di iniziativa ritenuta
interessante nelle situazioni territoriali caratterizzate
da un lato da ricchezza di iniziative high tech
in un dato settore, dall'altro da debole coordinamento
tra tali iniziative, è quella del distretto high
tech, che sappia promuovere attraverso una adeguata
leadership un'aggregazione forte tra tutti
gli attori interessati finalizzata alla realizzazione
di un numero limitato di progetti importanti;
· sia nella gestione della ricerca a finanziamento
pubblico, sia nella promozione di iniziative di
ricerca a finanziamento principalmente privato,
il Governo faciliterà il più possibile l'instaurarsi
tra pubblico e privato di collaborazioni, sinergie,
trasferimenti di conoscenze e di ricercatori, ritenendo
che l'eccessiva separazione tra pubblico e privato
sia una delle attuali più gravi carenze della nostra
organizzazione della ricerca rispetto a quelle degli
altri Paesi industriali.
Con tutte le azioni che il Governo porrà in essere
nel quinquennio, la spesa complessiva italiana in
ricerca e sviluppo si allineerà agli standard quantitativi
e qualitativi dei principali paesi europei (2% del
PIL), venendo così a corrispondere agli indirizzi
formulati dal Parlamento Europeo