Povera
scuola inutile "azienda"
L'articolo
su Repubblica del 26 novembre di Mario Pirani, a cui e' stata
inviata la lettera
Un
gruppo di insegnanti mi ha trasmesso in copia una letteraappello
a Letizia Moratti, ministro dell'Istruzione (non più pubblica),
perché sospenda il provvedimento, collegato alla Finanziaria
per dargli immediata esecutività, che prevede una commissione
composta da soli docenti interni per l'esame di Stato, cioè
per il momento di verifica più importante dell'intero percorso
di studi. Importanza, del resto, comprovata dal fatto che la stessa
Costituzione all'art.33 lo prescrive espressamente. Fino ad oggi
le commissioni di esame erano formate da tre membri interni, tre
esterni e un presidente, anche lui esterno. La presenza prevalente
di commissari esterni aveva lo scopo di garantire una verifica oggettiva
sul funzionamento formativo e selettivo di ogni singolo istituto,
il rispetto di alcuni parametri nazionali basilari, la serietà
dell'impegno anche delle scuole paritarie private nell'impartire
un insegnamento altrettanto valido di quello impartito nel settore
pubblico.
È
evidente che, se i commissari sono tutti interni, ogni elemento
di controllo e di comparazione viene automaticamente a cadere. Ogni
istituto vivrebbe in una logica autoreferenziale. I docenti interni,
già privati della possibilità di esercitare una selezione
preventiva, per l'affievolirsi dell'incidenza dei meccanismi intermedi,
non potranno che piegarsi del tutto alla imposizione dei presidimanager
di promuovere tutti, per far contenti i «clienti» della
scuolaazienda, che, in tal modo, risulterà ancor più
attraente e «concorrenziale». Con buona pace della stragrande
maggioranza delle famiglie che sembrano non aspirare altro che ad
avere figli soddisfatti e allegri, ancorché somari. Ma chi
officerà "Te Deum" di ringraziamento saranno soprattutto
preti e monache che gestiscono scuole private paritarie, i cui iscritti,
dal giorno dell'iscrizione e del pagamento della retta, saranno
sicuri che nessun occhio esterno verificherà l'attendibilità
del diploma.
Del
resto il disarmo degli insegnanti interni era già cosa fatta
con il venir meno, da tre anni a questa parte, della possibilità
di non ammettere alla maturità neanche quei pochissimi che
per i pessimi voti nella maggioranza delle materie apparivano del
tutto impreparati a sostenere l'esame. Con la riforma tutti sono
stati ammessi all'esame di Stato, anche se hanno tutti sei rossi
(e, cioè, quelle insufficienze pudicamente mascherate cambiando
un 4 in 6, scritto, però, con inchiostro rosso, forse per
la vergogna). Ora, con lo svilimento delle commissioni d'esame,
anche questo traguardo simbolico per gli studenti viene a cadere.
L'ipotesi, che già è stata affacciata, di ridurre,
in un futuro assai prossimo, anche quanto resisterebbe di questo
residuale ostacolo alle sole prove scritte (in gran parte test)
denota come ormai stia passando l'idea che la preparazione umanistica,
che si accompagna alla capacità della comunicazione orale,
appartenga ormai ad un passato inutilizzabil! ! e nel quadro della
sciagurata «aziendalizzazione» della scuola.
I
due argomenti che sorreggono la decisione di declassare l'esame
di Stato confermano questo giudizio. Il primo è, infatti,
puramente economico: abolendo i commissari esterni si risparmieranno
200 miliardi di trasferte e indennità. Peccato che questa
ansia sparagnina, che dovrebbe giustificare una così infausta
misura, abbia come corrispettivo i 200 miliardi di spesa aggiuntiva
che saranno stanziati per immettere in ruolo 13.000 insegnanti di
religione, vidimati personalmente dalle diocesi, fino ad oggi assunti
con contratti annuali assai meno onerosi e specifici alla particolare
materia (d'ora in poi saranno insegnanti a pieno titolo e potranno,
in taluni casi, anche senza laurea, accedere ad altre cattedre).
Il
secondo argomento è peggiore del primo: poiché il
96% dei candidati viene promosso già ora, tanto vale lasciar
perdere del tutto ogni criterio di selezione e risparmiare quei
soldi. Come dire: visto che la maggior parte dei reati resta impunito,
tanto vale risparmiare gli stanziamenti per le forze dell'ordine
e per la Giustizia. Paradossi a parte, questa misura appartiene
a quella stessa filosofia che portò il ministro D'Onofrio
ad abolire, al tempo del primo governo Berlusconi ma col voto unanime
del Parlamento, gli esami di riparazione. Speravamo che Letizia
Moratti, proprio perché è anche una manager intelligente,
non si lasciasse abbindolare dall'aziendalismo d'accatto che ha
purtroppo contaminato anche le idee riformistiche del centro sinistra.
Ci dia un segno che non avevamo del tutto torto: tolga quella sciagurata
decisione dalla Finanziaria.
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