UNA
CERTA IDEA DI C.I.S. …
Su alcuni recenti sviluppi della
riforma dell’Amministrazione scolastica
di Giancarlo Cerini
1. Aspettando la "devolution"…
La riforma dell’amministrazione
scolastica è stata appena abbozzata (con il regolamento riportato
nel Dpr 6-11-2000, n. 347) che già affiorano dubbi e incertezze
sul suo effettivo decollo: in particolare, mentre sono già operative
le 18 Direzioni Regionali che hanno preso il posto delle sonnolenti
Sovrintendenze Scolastiche Regionali (dando buona prova di sé
durante il blitz estivo "morattiano" per le nomine del personale
docente) resta molto più vaga la futura articolazione sul territorio
regionale dei servizi di supporto tecnico ed amministrativo
di cui parla il medesimo decreto.
Tutti auspicano una svolta nello
stile dell'amministrazione: il nuovo snodo regionale dovrebbe
caratterizzarsi, appunto, per la sua capacità di governo "leggero"
e "strategico", cioè per azioni di impulso alla rete regionale
delle scuole autonome, anche attraverso l’ efficace inter-azione
con la realtà emergente dei nuovi poteri locali regionali. E'
altresì evidente il forte legame tra questo modello "leggero"
e le prospettive federaliste che contemplano il passaggio di
importanti funzioni (anche legislative) in materia scolastica
alle Regioni, sia nella versione soft della legislazione
"concorrente" (prevista dalla revisione della Costituzione approvata
dagli elettori con il referendum), sia nella versione hard
della "devolution" (preannunciata dal Ministro Bossi).
La presenza in ogni regione di
un Direttore scolastico regionale (che riassume i poteri di
rappresentanza e di decisione dello Stato in materia di istruzione)
e di un Presidente della Regione o, in sua vece, di un Assessore
regionale (che esprime le istanze di autogoverno del territorio
anche nelle politiche formative) semplifica notevolmente il
panorama istituzionale, ma apre immediati interrogativi sull'evoluzione
futura del sistema.
Fino a che punto potrà spingersi
questa "devolution" legislativa verso le singole Regioni,
senza mettere a repentaglio l'unitarietà del sistema formativo,
cioè la possibilità di garantire standard equivalenti del servizio
pubblico su tutto il territorio nazionale ? I diversi livelli
di governo/gestione del sistema dell'istruzione (nazionale,
regionale, della singola scuola) dovranno appunto garantire
il carattere unitario del servizio scolastico, mantenendo forme
di governo centrale (sugli ordinamenti, sui curricoli, sulla
qualificazione del personale, sul sistema degli esami e delle
certificazioni), certamente più "leggere" di quelle attuali,
ma più incisive (secondo il punto di equilibrio attestato nella
legge 59/97, ulteriormente accentuato dalle modifiche costituzionali
approvate nella primavera del 2001, confermate dagli elettori
con il referendum di ottobre).
Le funzioni di governo e di gestione
"intermedie" (regionali e territoriali) sono necessarie per
salvaguardare i contenuti di interesse generale, perché lo spostamento
di ampie funzioni alle scuole (Dpr 275/99) ed agli enti locali
(D.lvo 112/98) non può certamente giungere fino alla prevalenza
dei localismi, alla completa autarchia dei curricoli, alla privatizzazione
del servizio, pena un impoverimento assoluto delle finalità
culturali e "disinteressate" della scuola.
E se è giusta l'esigenza di contenere
e ridurre i livelli burocratici e formali nella gestione della
pubblica istruzione, tale "semplificazione" non può spingersi
fino alla più completa discrezionalità delle singole scuole
nel reclutamento del personale, nella scelta dei programmi didattici,
nel reperimento e nella gestione dei finanziamenti. Si tratta
di una eventualità che sposterebbe decisamente l'equilibrio
tra centro e periferia fissato nella legge 59/97, così come
è dettagliato nel regolamento (Dpr 275/99) di attuazione dell'autonomia
organizzativa e didattica, e riassunto nel fondamentale art.
8 sulle potestà in materia di curricolo (nazionale, locale,
elettivo, ecc.).
2. La "mission" della nuova
Amministrazione
In questa prospettiva, i poteri
dell'Ufficio Scolastico Regionale, ancorchè leggeri, dovranno
presidiare gangli vitali del sistema scolastico regionale, esercitando
funzioni di indirizzo e supervisione sui più importanti atti
di gestione della scuola (definizione degli organici del personale,
assegnazione delle risorse finanziarie, promozione e sostegno
dell'innovazione educativa, costruzione di regole di partenariato
con le comunità locali).
Ma se troppo appesantita dalla
ordinaria gestione, la novella Direzione Regionale si esporrebbe
fatalmente a quelle accuse di burocratizzazione e di miopia
gestionale (con prevalente attenzione al dettaglio formale)
di cui c'è traccia anche nelle dichiarazioni programmatiche
al Parlamento del Ministro all'Istruzione del luglio 2001. Sappiamo
che dietro certe suggestioni antiburocratiche si cela troppo
spesso una spinta verso un "liberismo corsaro" sfrenato, un’insofferenza
per le regole, il richiamo alle virtù del libero mercato e della
competizione. Ma i rischi sono reali ed è necessario interrogarsi
a fondo sul modello istituzionale ed organizzativo previsto
dal Dpr 347 del 6-11-2000, cioè dal Regolamento di attuazione
della riforma del Ministero dell’Istruzione e delle successive
indicazioni attuative.
Un principio sembra incontrovertibile:
la preannunciata soppressione dei Provveditorati agli Studi
(a far tempo dal 1° gennaio 2002) non potrà essere surrogata
dalla sola presenza delle Direzioni regionali. In regioni di
medie dimensioni (pensiamo all'Emilia-Romagna) è impensabile
immaginare una forma di governo dell’intero sistema scolastico
regionale che si irradi da un unico punto centrale (il capoluogo
di regione) con una struttura amministrativa e tecnica che dovrebbe
rapportarsi con efficacia con oltre 600 istituzioni scolastiche
autonome, anche per gli affari "correnti" ed "ordinari".
Questa soluzione finirebbe per
trasformare una promettente e agile "gazzella" (la Direzione
regionale) in un appesantito e bolso "elefante" (come un antiquato,
anonimo, grigio Provveditorato agli Studi).
E’ vero che molte funzioni amministrative
sono oggi in via di "devoluzione" alle singole unità scolastiche
(secondo un lungo elenco tutto da esplorare contenuto nell’art.
14 del Regolamento per l’autonomia), ma non è scontato che questo
decentramento immediato (a prescindere da un forte rilancio
dei sistemi gestionali on line e in rete) finisca con il migliorare
la gestione amministrativa della scuola. Se poi le competenze
si riferissero prevalentemente alle operazioni sul personale,
sarebbe sacrificata l’attenzione "amministrativa" alla qualità
dell’offerta formativa e agli aspetti didattici. Comunque, il
decentramento di compiti amministrativi alle scuole comporta
un forte incremento di procedure amministrative e gestionali
e del relativo personale addetto presso gli uffici delle singole
scuole, come dimostrano le esperienze dei paesi che hanno scelto
la completa autonomia istituzionale delle scuole.
3. Le responsabilità intermedie
Per evitare la doppia "tenaglia"
di un Centro regionale appesantito dalla gestione capillare
delle risorse umane e finanziarie e di una Scuola appesantita
dai compiti di amministrazione del personale, occorre pensare
ad un ruolo significativo delle strutture intermedie, di carattere
provinciale o sub-provinciale (nelle grandi aree urbane), sia
per il supporto di carattere amministrativo sia per quello di
natura tecnica.
Questa richiesta non può essere
interpretata come ripristino dei Provveditorati agli Studi,
semmai come esigenza di una più precisa individuazione delle
funzioni da svolgere a livello territoriale (intermedio), in
modo da garantire il massimo di autonomia alle singole scuole
ed alle loro reti, ma nello stesso tempo di fornire quella sponda
istituzionale necessaria per far fronte a spinte localistiche
troppo ravvicinate.
Si tratta, da un lato, di assicurare
una corretta gestione delle risorse pubbliche destinate alle
scuole, in materia di organici del personale e di flussi finanziari,
attraverso un’adeguata conoscenza delle esigenze ed un’approfondita
istruttoria "locale" delle decisioni regionali. Su un altro
versante, vanno garantiti quei supporti di conoscenza, consulenza,
formazione, documentazione, che richiedono una competenza più
ampia di quella disponibile presso le singole unità scolastiche.
La costituzione di C.S.A. (Centri
di supporto amministrativo) e di C.I.S. (Centri servizi per
le istituzioni scolastiche) sarà il banco di prova per questo
necessario riequilibrio di funzioni, che sono contemporaneamente
di sostegno alle scuole e di garanzia di imparzialità. La concreta
definizione di questi nuovi strumenti richiede anche un diverso
rapporto tra personale amministrativo e personale tecnico all'interno
dei sistemi intermedi di supporto. Oggi possiamo stimare questo
rapporto nella misura di 1:7, cioè di un addetto ai servizi
tecnici (di formazione, ricerca, monitoraggio, consulenza, ecc.)
ogni 7 addetti ai servizi amministrativi (gestione reclutamento
del personale, organici, stato giuridico e mobilità, contabilità,
ecc.). Alcune ricerche indicano nel 3 per mille la dotazione
di personale necessaria per far funzionare i servizi di supporto
tecnico: in Italia significa disporre di circa 2000-2500 addetti
(prevalentemente insegnanti, ma anche dirigenti scolastici)
da "distaccare" per lo svolgimento di queste funzioni, a fronte
dell’attuale contingente di circa 500 comandati presso gli Uffici
studi dei Provveditorati e del Ministero e dei circa 500/600
ricercatori assegnati agli IRRE (Istituti Regionali di Ricerca
Educativa).
Il richiamo alle strutture esistenti
(Uffici Studi e IRRE) rende subito evidente l’esigenza di evitare
duplicazioni di funzioni. Gli Uffici studi dovranno essere "riposizionati"
all’interno dei nuovi servizi decentrati, ivi compresi gli Uffici
Educazione fisica (si tratta di un altro paio di centinaia di
comandi), soprattutto se questi ambiscono a dilatare il loro
intervento verso politiche educative più ampie dell’aspetto
strettamente disciplinare (ad esempio, verso la vasta gamma
delle politiche giovanili e studentesche).
Anche gli IRRE cambiano "mission":
il nuovo Regolamento (varato con il Dpr 6-3-2001, n. 190) prevede
che essi, pur nella loro autonomia scientifica e culturale,
si trasformino in enti di supporto alle politiche di ricerca
e innovazione delle Direzioni Regionali. Il fatto che perdano
dal loro precedente acronimo (IRRSAE) le voci "sperimentazione"
e "aggiornamento" li qualifica maggiormente come strutture di
alimentazione della ricerca, necessariamente di carattere regionale,
per consentire una più robusta collaborazione tra le scuole
e le sedi universitarie e scientifiche. Anch’essi dovranno dismettere
la minuta gestione delle attività di aggiornamento e di consulenza,
che vanno affidate alle nuove sedi locali (i Centri Integrati
Servizi ed i Laboratori territoriali), più vicine alle scuole.
Appare quindi non realistica
l’idea di un decentramento territoriale degli IRRE verso le
singole province, mentre sarebbe da auspicare la presenza nel
territorio dei ricercatori degli IRRE, che troverebbero nelle
nuove strutture locali la sede per una parte delle loro attività
(sportello di consulenza, rapporti con le scuole, coinvolgimento
nelle ricerche, ecc.). Si può ipotizzare che una parte del portfolio-servizi
di un Centro possa essere assicurata dagli operatori degli IRRE.
4. Il ruolo degli Enti locali
Analogamente occorre precisare
il rapporto tra le nascenti strutture dei C.I.S. e la realtà
dei Centri di Risorse, Centri di documentazione, ecc. che –a
vario titolo- sono state in questi anni promosse da molti enti
locali in alcune aree regionali (es.: Emilia-Romagna, Toscana,
Lombardia, ecc.). Si tratta di servizi che riguardano prevalentemente
ambiti tematici specifici (l’infanzia, l’handicap, l’ambiente,
le nuove tecnologie, i beni culturali) connessi alle competenze
riconosciute agli enti locali in determinate materie. In qualche
caso i centri sono di carattere generale (Centri di documentazione
educativa, Centri territoriali, ecc.), in molti altri sono strutture
o servizi che si rivolgono ad una utenza più ampia di quella
degli insegnanti, fino a sconfinare con gli ambiti dell’educazione
permanente o delle attività formative per gli stessi studenti.
Questa ricchezza non va perduta, perché aiuta anche gli insegnanti
ad uscire dalla logica dell’autoreferenzialità, quasi che esistesse
una cultura per gli insegnanti distinta da una cultura per la
società civile.
Oltre che costruire servizi professionali
ad hoc è necessario recuperare la mappa dei servizi culturali
già esistenti, per ampliare le opportunità di formazione e documentazione
a disposizione dei docenti. Un’apposita ricerca, a cura degli
IRRSAE e del Ministero dell’istruzione, dovrebbe fornire un
quadro aggiornato dei servizi professionali esistenti in ogni
territorio regionale e già utilizzati dalle scuole. Oggi questa
mappa è assai lacunosa, anche se pregevoli ricerche sono state
condotte in alcune regioni, come l’Emilia-Romagna e la Basilicata.
Il punto è di estrema delicatezza,
non solo per il recupero di tutte le risorse disponibili in
ogni territorio, ma anche per le necessarie intese interisituzionale
nella predisposizione dei servizi. Questa prospettiva, all’insegna
dell’integrazione, è stata raccomandato dalla Conferenza Stato-Regioni-Autonomie
locali del 19-4-2001 che ha approvato un documento di orientamento
circa i profili funzionali dei nuovi servizi. Un’improvvida
interpretazione del D.lvo 112/98 (che assegna agli Enti locali
notevoli competenze in materia di sostegno "qualitativo" alle
scuole su temi quali: orientamento, continuità, integrazione,
ecc.) potrebbe portare alla moltiplicazione nel territorio di
strutture e servizi, con il rischio evidente della dispersione
delle iniziative.
Un Centro Servizi non può pretendere
di "azzerare" la molteplicità delle iniziative in atto, che
devono rispondere anche ad altre esigenze di animazione culturale
del territorio e di presidio di importanti funzioni culturali
ed educative (biblioteche, musei, centri di ricerca, strutture
per l’educazione permanente, formazione professionale). Spetta
però ad un C.I.S. rendere disponibile questa ricchezza di opportunità
finalizzandola alle esigenze delle scuole e degli insegnanti,
organizzando l’incontro tra domanda ed offerta, attraverso l’informazione,
la documentazione, la messa in rete, la verifica, ecc.
La collaborazione tra nuove strutture
di supporto ed enti locali è indispensabile, se si vuole interpretare
con correttezza il carattere "territoriale" dei nuovi servizi.
Essa può andare dalla condivisione di operatori, strutture ed
iniziative fino alla definizione di sedi concertate di programmazione,
regia, decisione, per le quali appare più adatta la dimensione
provinciale.
5. Le scuole protagoniste
delle reti
Nella costruzione di un sistema
di centri di supporto il ruolo delle singole scuole non può
essere sottovalutato: non solo perché in questi anni molte di
esse sono state individuate quali strutture "polo" di numerosi
progetti (qualità, storia contemporanea, lingua straniera, ecc.)
ricevendo ed accumulando risorse anche per le altre scuole,
ma soprattutto perché con l’autonomia molti istituti hanno acquisito
conoscenze e know-how in settori rilevanti (es.: curricoli verticali,
flessibilità organizzativa, nuove tecnologie, formazione a distanza,
educazione degli adulti, ecc.) dando vita a circuiti di scuole
di eccellenza che ora vanno pienamente inseriti nel sistema
delle opportunità formative.
Questa giovane "tradizione" può
rappresentare la base di avvio per quelle esperienze di autonomia
cooperativa, di reti e consorzi tra scuole, che sono fortemente
sponsorizzate dalla normativa (art. 7 del Dpr 275/99), ma che
non possono essere date per scontate. Nel resto dell’Europa
l’autonomia ha portato ad una maggiore competizione tra le singole
scuole, ed anche i dati sul monitoraggio dell’autonomia rilevano
la scarsa propensione delle scuole italiane a mettersi in rete,
privilegiando –invece- il rapporto "punto a punto" con gli enti
locali di riferimento.
Riteniamo che l’ipotesi più praticabile
in fatto di servizi professionali sia quella di un doppio movimento:
- dall’alto verso il basso (top-down),
come processo di riorganizzazione dell’amministrazione scolastica,
che si decentra e riscopre le sue funzioni tecniche (così
come previsto dal Dpr 347/00);
- dal basso verso l’alto (bottom-up),
come processo di aggregazione tra scuole per dare vita a
nuovi servizi, ad imprese condivise, a laboratori di "ricerca,
formazione, documentazione, orientamento" (come recita il
Dpr 275/99).
Questo doppia legittimazione
può rispondere all’esigenza di riconoscere e rispettare l’autonomia
ed il protagonismo, rispettivamente delle scuole e degli enti
locali, senza trascurare le esigenze di "tenuta" istituzionale
del sistema della pubblica istruzione.
Un simile equilibrio richiede
la strutturazione di bacini di utenza non troppo ampi, né troppo
esigui, che potrebbero oscillare tra le 50 e le 70 unità scolastiche.
L’attuale articolazione provinciale dell’amministrazione non
risponde a questa esigenza di standardizzazione (si va da maxi-province
con oltre 800 istituzioni scolastiche a mini-province con poco
più di 30 istituzioni), ma rappresenta un riferimento assai
solido dal punto di vista istituzionale, non fosse altro per
l’interfaccia con l’Amministrazione provinciale (cui la normativa
più recente riconosce compiti di programmazione generale e di
intervento anche nel campo dell’istruzione) e le parallele articolazioni
delle altre amministrazioni dello Stato. Inoltre, la gestione
del personale scolastico, con i connessi livelli di negoziazioni
sindacali avviene su base provinciale. Sarebbe poco realistico
non tener conto di questi dati di partenza, nel ritagliare la
nuova configurazione delle strutture territoriali nel versante
amministrativo (C.S.A.) e tecnico (C.I.S.).
6. I servizi tecnici nel territorio:
tra C.I.S. e Laboratori
La presenza nel territorio di
una rete di centri risorse (di carattere sia generale, che specialistico)
può mettere a disposizione degli insegnanti e della scuola Servizi
permanenti per la formazione continua e la ricerca didattica.
Distingueremo, metodologicamente, i Centri di servizio di carattere
istituzionale (i C.I.S.) quali articolazioni funzionali dell’Amministrazione
dai Laboratori territoriali, quali strutture di erogazione di
servizi ed espressione della progettualità "a rete" delle scuole
o di altri organismi pubblici o privati.
6.1 - CIS: Il centro integrato
servizi di carattere provinciale o subprovinciale
Al CIS compete una funzione di
regia tecnica leggera (broker piuttosto che provider)
delle opportunità (ricerca, formazione, documentazione, monitoraggio,
ecc.) che i diversi soggetti possono mettere a disposizione,
se opportunamente incentivati a farlo. Si tratta di privilegiare
un lavoro di rete, che deve sapersi porre in posizione di ascolto
intelligente delle esigenze delle scuole e di organizzazione/personalizzazione
delle risposte.
In particolare, una struttura
di riferimento provinciale (o sub-provinciale) dovrebbe svolgere
le seguenti funzioni:
- garantire il pilotaggio del sistema di
opportunità professionali per i docenti, mettendo in relazione
domanda/offerta di formazione, in particolare sostenendo
lo sviluppo di una rete di laboratori territoriali;
- aprire canali di comunicazione reciproca
tra i numerosi soggetti (pubblici e privati) che ai vari
livelli interagiscono con le scuole (amministrazione scolastica,
Università, Irre, scuole, associazioni, enti locali), per
garantire la sinergia delle diverse azioni (consulenza,
ricerca, formazione, ecc.);
- valorizzare esperienze, progettualità,
risorse educative che si esprimono nelle scuole e nel territorio,
gestendo i flussi informativi (accessi a Internet, newsletter,
web-forum, ecc.);
- migliorare la progettazione e la gestione
delle attività di formazione, ricerca, documentazione, valutazione
(attraverso servizi di consulenza, sportelli informativi,
assistenza tecnica, ecc.);
- gestire direttamente iniziative di formazione
di secondo livello (per figure "strategiche) e/o di carattere
compensativo.
Per il rilievo "strategico" delle
azioni un tale Centro dovrebbe essere promosso e gestito direttamente
dall’Amministrazione scolastica (in connessione con le articolazioni
degli Enti locali). La specifica configurazione del Centro,
con la definizione di compiti e funzioni, si connette quindi
con le ipotesi di sviluppo e riforma della Pubblica Istruzione
a livello territoriale, secondo quanto previsto dal documento
di orientamento sottoscritto il 19 aprile 2001. Nell’esemplificazione
del port-folio servizi vengono presentate le seguenti ipotesi
funzionali:
"Il portafoglio
servizi di un C.I.S. è da ricercare all’interno delle
seguenti tematiche:
- servizi a supporto della
didattica (progettazione del POF, nuovi ordinamenti,
programmi scolastici, innovazione formativa,
ricerca e sviluppo, formazione docenti, sviluppo reti
di
scuole);
- sistemi di condivisione delle
conoscenze e esperienze e tecnologie didattiche (gestione
della documentazione, innovazione tecnologica);
- supporto alla pianificazione,
controllo e valutazione (pianificazione delle risorse
in ingresso, controllo dell’impiego delle risorse,
supporto alla costruzione e gestione delle relazioni
tra l’istituto e l’ambiente, supporto alla autovalutazione
d’istituto, sviluppo delle persone)"
|
Fonte: Linee di
articolazione degli uffici scolastici regionali, allegato all’accordo
del 19-4-2001 (Conferenza Unificata), in Gazz.Uff. n. 115 del
19-5-2001.
La concreta gestione delle iniziative
potrebbe essere affidata, in ossequio al principio di sussidiarietà,
a scuole, a laboratori e strutture di servizio specializzate
su specifici settori ed ambiti di intervento.
6.2 - I laboratori territoriali:
il consorzio tra scuole
I servizi territoriali di base
possono presentarsi in forme assai differenziate, in relazione
alle aree geografiche (collocazione e dimensionamento), agli
ambiti tematici (di carattere trasversale, disciplinare, di
interesse monografico, ecc.), alle azioni prevalenti (documentazione,
formazione, ricerca, ecc.), alle caratteristiche istituzionali
e gestionali (centri promossi direttamente dall’Amministrazione
scolastica periferica, da singole scuole polo o in rete, da
enti pubblici territoriali, da associazioni professionali, da
istituti di ricerca, da gruppi ecc.).
La varietà delle tipologie costituisce
un possibile motivo di arricchimento dell’offerta di servizi
(cfr. in tal senso la ricerca Regione-ER, IRRE-ER, Comune di
Modena-CDE, Obiettivo centro. Ricerca sui centri risorse
e formazione per la scuola in Emilia-Romagna, Bologna, 2001).
Va però favorita l’integrazione dei diversi soggetti, mediante
adeguati strumenti giuridici (convenzioni, accordi, protocolli,
ecc.), conferendo una più marcata visibilità ai servizi offerti
dai Centri.
Un laboratorio territoriale dovrebbe
presentare alcuni indicatori di funzionamento minimo, per poter
essere "accreditato" come servizio di interesse pubblico:
- una struttura organizzativa stabile (locali,
attrezzature, organi di gestione, ecc.);
- la presenza di personale che opera, anche
se a tempo parziale, nell’ambito del laboratorio;
- la disponibilità di risorse finanziarie,
di tecnologie, di documentazione libraria e non, di accessi
alla rete, ecc.;
- una produzione sufficientemente continua
di servizi (formazione, ricerca, ecc.);
- un sistema di rapporti esterni e "pubblici"
formali e informali;
- l’adozione di regole trasparenti verso
l’utenza (in fatto di attenzione ai bisogni, di informazione,
di verifica).
Tali criteri di analisi sono
stati assunti dalla rete dei servizi territoriali sostenuti
dal Ministero (v. schede 1 e 2).
I laboratori territoriali dovrebbero
svolgere i compiti di:
- consulenza per la progettazione delle
attività di formazione (modelli operativi, individuazione
esperti, riunioni di staff);
- gestione diretta o supporto ad attività
di formazione e a gruppi di lavoro/ricerca;
- supporto per le attività degli IRRE e
di altri organismi nelle scuole del territorio;
- luogo di incontro (anche informale) per
formatori, animatori, esperti, ricercatori;
- produzione, duplicazione e diffusione
di materiali didattici, elaborati da gruppi di ricerca,
insegnanti, associazioni, scuole;
- terminale telematico, per la gestione
della documentazione informatizzata (reti locali, interconnessioni
con reti nazionali, collegamenti con scuole ed enti, ecc.).
I diversi Laboratori/Centri dovrebbero
gradualmente consolidare il loro ruolo di supporto coordinato
alle scuole autonome, attraverso la stipula di convenzioni-accordi
con l’Amministrazione scolastica, l’IRRE, le Amministrazioni
Provinciali e Comunali di riferimento, per partecipare allo
sviluppo di un sistema regionale di Centri risorse. Le scuole
stesse dovrebbero partecipare, anche finanziariamente, alla
cogestione delle iniziative, diventando "azioniste" di riferimento
delle nuove strutture.
7. Come avviare concretamente
i Centri?
7.1 - Borse di ricerca, protocolli
di intesa, conferenze territoriali
La funzionalità di un Centro
Servizi dovrebbe essere garantita, anche con presenza part-time,
da "figure di sistema" (docenti comandati presso gli Uffici
Studi e/o impegnati su progetti, Ispettori tecnici, ricercatori
IRRE), con un essenziale nucleo di amministrativi, e la possibilità
di affidare incarichi, consulenze, prestazioni mirate, sfruttando
diversi canali normativi.
I problemi da affrontare per
l’avvio dei C.I.S. sono numerosi. I più importanti riguardano:
- la localizzazione "fisica" delle nuove
strutture (ove è da preferire una sede distinta da quella
dei Provveditorati, tendenzialmente in locali scolastici
autonomi);
- la dotazione di attrezzature (mobili
per uffici, collegamenti telefonici, internet, fax, intranet,
fotoriproduttori, stazione multimediale);
- la provvista di risorse finanziarie,
riunificando diversi cespiti oggi distribuiti tra Provveditorati,
Ufficio Scolastico Regionale, Enti locali, scuole, in particolare
per i progetti speciali, per la formazione in servizio,
per la gestione della legge 440/97, accrescendo i finanziamenti
aggiuntivi degli enti locali;
- l’assegnazione graduale di unità di personale
a tempo pieno specificamente preparato per i compiti dei
C.I.S., a partire dagli addetti agli Uffici Studi. Va comunque
salvaguardata la possibilità di utilizzo temporaneo e parziale
di insegnanti per progetti ad hoc;
- la definizione di un primo port-folio
di servizi ed iniziative che dovrà scaturire da una forte
capacità di interazione con le scuole, i dirigenti scolastici,
gli insegnanti.
7.2 - La valorizzazione della
cultura della scuola: ipotesi di borse di ricerca
L’avvio dei servizi territoriali
trova un forte ostacolo nella incertezza circa la disponibilità
di personale da destinare ai nuovi compiti. In tempi brevi non
è possibile ipotizzare l’utilizzazione nelle nuove strutture
di operatori provenienti dalle scuole, con esonero completo
dal servizio. Si dovrà fare riferimento a forme più flessibili
di incarico, mediante la stipula di contratti di ricerca con
insegnanti e dirigenti scolastici, evento che permetterebbe
anche di valorizzare tutte le risorse esistenti nella scuola.
Ad esempio, presso il Provveditorato agli studi di Forlì-Cesena
è allo studio una proposta di assegnazione di 8 borse di ricerca
annuali, dell’importo di £. 8.000.000 lordi ciascuna, ad altrettanti
operatori scolastici (in servizio o in quiescenza) per avviare
la progettazione, lo sviluppo e l’attuazione delle nuove strutture.
I ricercatori dovrebbero curare
alcune aree tematiche quali:
- Aspetti giuridici dell’autonomia scolastica.
- Integrazione dei sistemi di istruzione
e formazione.
- Gestione reti telematiche, sito web e
comunicazione pubblica.
- Interventi di contrasto al disagio e
alla dispersione, orientamento.
- Progettazione, flessibilità, modularità,
valutazione.
- Ricerca curricolare: area linguistica.
- Ricerca curricolare: area matematico-scientifica.
- Ricerca curricolare: area storico-antropologica.
Inoltre è possibile usufruire
di ulteriori risorse professionali ad hoc, su alcuni progetti
quali:
- handicap e diversità (mediante
incarico conferibile nell’ambito dei fondi per il funzionamento
del GLIP-Gruppo di Lavori interistituzionale provinciale, che
si sta sempre più trasfromando in una struttura tecnica di supporto
(cfr. L.C. 139/2001);
- insegnamento delle lingue straniere
(mediante incarico di consulenza, conferibile nell’ambito dei
fondi per il funzionamento dei Centri Risorse Territoriali –
cfr L.C. 134/2001).
Gli addetti ad un centro servizi,
siano essi gli operatori già in servizio presso gli uffici studi,
oppure nuovi operatori assegnati ad hoc ai Centri, anche nella
formula dei ricercatori con contratto dovrebbero:
- Svolgere attività di ricerca, documentazione,
analisi dei bisogni, censimento delle risorse riferite all’area
tematica assegnata (con riferimento all’ambito territoriale
provinciale o sub-provinciale).
- Assicurare attività di consulenza alle
scuole sui temi affidati, sia sotto forma di sportello temporaneo
presso le strutture territoriali decentrate, sia sotto forma
di presenza nelle scuole richiedenti;
- Collaborare alla realizzazione delle
attività dei Centri, partecipando alle riunioni di staff,
alle attività progettuali, alle iniziative predisposte e
curando in particolare il potenziamento delle risorse documentarie,
con spiccato orientamento all’uso delle tecnologie.
7.3 - Le modalità di rapporto
con le scuole
Nell’attesa di una più compiuta
definizione normativa, la configurazione giuridica dei diversi
Laboratori/Centri-risorse dovrà essere di taglio "leggero",
come ipotesi di struttura di servizio, per lo svolgimento temporaneo
e limitato di funzioni, attività, presenze sul territorio. Andrà
prevista la costituzione di comitati consultivi e di comitati
tecnico-scientifici (con rappresentanze di capi di istituto,
Amministrazione scolastica, Enti Locali, Irrsae, associazionismo)
con compiti di raccordo e "auditing" continui verso le scuole.
Lo sviluppo dell’autonomia comporta
un "naturale" rafforzamento dell’identità progettuale ed operativa
delle singole unità scolastiche, che potrebbero vivere la nascita
dei C.I.S. come sovrastrutture limitanti le risorse e gli spazi
autonomi delle scuole. Per smentire queste preoccupazioni occorre
impiantare servizi realmente utili alle scuole ed ai docenti,
accompagnando la nascita dei C.I.S. con il parallelo sostegno
alle iniziative di rete delle scuole (presentando le due realtà
non come alternative, ma complementari).
L’avvio dei servizi dovrà essere
collegato strettamente alle esigenze dei territori, con capacità
di rispondere ai bisogni degli operatori scolastici. Il legame
potrà essere assicurato da frequenti incontri con i dirigenti
scolastici, con gli insegnanti incaricati di funzioni obiettivo,
con le associazioni professionali e sindacali, con le rappresentanze
delle scuole. E’ opportuno attivare gruppi di lavoro sui progetti
più significativi e di lunga durata, che assicurino le necessarie
collaborazioni e condivisioni.
L’attività del C.I.S. dovrebbe
essere presentata con apposite iniziative pubbliche, con i canali
postali e telematici (newsletter e mailing-list). Con le stesse
modalità dovrebbero essere raccolti riscontri circa il gradimento
e l’utilità dei servizi svolti.
Appendice
Scheda 1:
Alcuni seminari di riflessione
Il dibattito sui servizi professionali
è stato accompagnato, in questi ultimi anni, da numerose iniziative
seminariali ed incontri a livello nazionale promossi dal Ministero
(in particolare dal Coordinamento della Formazione Insegnanti,
la struttura che ha anticipato la Direzione Generale per la
Formazione) in partenariato con il sistema degli IRRSAE.
Due seminari interni furono realizzati
a Roma, presso il Ministero della Pubblica Istruzione, il 21
luglio 1998 e il 22 luglio 1999. L’obiettivo era quello di avviare
una riflessione prospettica su quanto era avvenuto nel passato,
di diffondere competenze e kow-how, ipotizzare una possibile
linea di sviluppo, facendo circolare e mettendo a disposizione
materiali utili. Dai seminari ha poi preso avvio uno specifico
progetto di studio e sostegno ad una rete di 23 strutture e
centri risorse, variamente presenti sul territorio nazionale,
che si sono dotate di un gruppo redazionale che gestisce un
sito di servizio sul tema: www.centririsorse.it.
Nella vicenda dei Centri risorse
un particolare ruolo ha svolto da sempre l’IRRSAE Emilia-Romagna
che, fin dall’inizio degli anni novanta, ha sviluppato la pratica
delle ricognizione dei servizi territoriali esistenti nella
regione. La rilevazione più recente ha dato luogo alla pubblicazione
di una specifica "mappa" dei servizi censiti in regione, oltre
280. L’iniziativa è stata curata tecnicamente dal Centro di
Documentazione Educativa del Comune di Modena, nell’ambito del
protocollo d’intesa tra Irrsae e Regione Emilia Romagna. Le
coordinate scientifiche e concettuali dell’iniziativa sono state
messe a punto in un apposito seminario svoltosi a Bologna nella
primavera del 1999. Gli esiti del seminario e il report del
censimento sono disponibili in due pubblicazioni a stampa.
Anche sulla base di questa esperienza
pilota ha preso avvio una ampia ricerca sui servizi territoriali
esistenti sul territorio nazionale, affidato dal Ministero alla
rete degli IRRE, nell’ambito delle azioni di monitoraggio sulla
formazione (Moniform 2). I primi esiti della ricerca dovrebbero
essere pronti nei primi mesi del 2002.
Un dibattito più ampio si è svolto
in due convegni di carattere nazionale, realizzati, a Cesena
(marzo 2000) e a Maratea (giugno 2001).
Il convegno di Cesena su "I servizi
territoriali per insegnanti", svoltosi nella primavera del 2000,
ha segnato una tappa significativa nel processo di ricerca sui
servizi professionali, mettendo a confronto ipotesi teoriche,
riflessioni di carattere istituzionale, modelli di funzionamento.
Ne è scaturito un quadro ricco di stimoli metodologici ed operativi,
che dispone già di un consistente pacchetto di esperienze già
in atto. Il convegno di Cesena ha cercato di chiarire i termini
di un dibattito che è tutt’ora in corso:
- quali le tipologie ed il portfolio
di servizi utili alle scuole ed agli insegnanti ?
- quali le ipotesi di decentramento dell’amministrazione
scolastica (Dpr 347/2000), ma anche di raccordo tra scuole
per dar vita ai Laboratori territoriali (Dpr 275/1999)
e con i centri risorse degli Enti locali (D.lvo 112/1998)
?
- quali i modelli di intervento, le strategie
di contatto con le scuole, le forme di verifica dei servizi
offerti ?
La ricca serie di esperienze
presentate durante il convegno (che sono ora disponibili nel
volume "I Servizi territoriali per i docenti", edito dalla Casa
editrice Tecnodid, per conto del Ministero PI) è già una pista
di lavoro utile per capire il senso della presenza di servizi
e centri nel territorio, che presentano portafogli di servizi
diversamente strutturati a supporto dell’autonomia, per lo sviluppo
della ricerca didattica e sul curricolo, a sostegno della formazione
in servizio, per l’integrazione dei sistemi formativi.
Il meeting di Cesena è stato
seguito dal convegno di Maratea (14-16 giugno 2001), organizzato
dall’IRRE Basilicata, d’intesa con il Ministero dell’Istruzione
(Direzione Generale per la Formazione). Il seminario ha permesso
lo scambio di esperienze promosse nelle regioni dell’Italia
meridionale e il confronto con iniziative e modelli di servizi
territoriali. Anche in questa occasione è stata presentata una
ricerca a stampa della ricognizione effettuata nella regione
Basilicata sui servizi culturali.
Le numerose occasioni di incontro,
non a caso dislocate in diversi contesti territoriali, hanno
lanciato un messaggio che non va disperso: la nascita di servizi
e strutture di supporto agli insegnanti deve scaturire da effettive
esigenze del mondo della scuola, vedere il diretto coinvolgimento
degli insegnanti, valorizzare competenze e "saperi" del territorio,
in definitiva deve consentire un’ulteriore crescita dell’autonomia
culturale e professionale della scuola e non tradursi nella
burocratica dislocazione di nuovi uffici e apparati.
Scheda 2
I criteri di analisi di un
centro-risorse
Scheda 3:
Indicazioni bibliografiche
- C. Buscherini-G. Cerini, La riforma
dell’Amministrazione. Ipotesi di centri servizi e di laboratori
territoriali, inserto in "Notizie della scuola" n. 17,
1-15 dicembre 2000, Tecnodid, Napoli.
- F. Butera, Il libro verde della pubblica
istruzione, Angeli, Milano, 1999.
- G. Cerini (a cura di) I servizi territoriali
per i docenti, MPI, Tecnodid, Napoli, 2001.
- D.Larocca, R.Santeramo, Risorse e
servizi per il territorio, Armeno, Napoli, 2001.
- IRRSAE ER, Regione ER, I centri di
documentazione e risorse per la scuola in Emilia-Romagna,
Bologna, 1994.
- MPI-CFI, I centri di risorse per gli
insegnanti. Miraggi e realtà, Tecnodid, Napoli 2000.
- MPI-IRRSAE, Dall’aggiornamento allo
sviluppo professionale. Linee essenziali per la lettura
dei rapporti regionali, Le Monnier, Firenze, 2001.
- Regione ER, IRRE ER, Comune di Modena-CDE,
Obiettivo centro, Bologna, 2001.
- P. Romei, L’organizzazione come trama,
Cedam, Padova, 2000.
- G.Sacchi (a cura di), I laboratori
territoriali, IRRSAE ER, Bologna, 2001.
Scheda 4:
Riferimenti normativi
-
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Direttiva 12/6/2000, n. 161 (Direttiva generale
dell’azione amministrativa).
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D.M.
30-1-2001 (Linee progettuali per la riorganizzazione
territoriale dell’amministrazione scolastica).
-
Accordo del 19/4/2001 (Documento della Conferenza
unificata Stato-Regioni, per l’esercizio integrato dei servizi).
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