Competenze vs conoscenze?
Il prossimo 3 aprile sarà presentato in Roma, a cura del MPI, nella prospettiva della revisione delle Indicazioni nazionali relative alle scuole dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, un documento elaborato da una commissione di esperti in cui viene tracciata "la cornice culturale di riferimento per gli indirizzi che, successivamente, verranno elaborati e messi a disposizione della scuola". Da tale iniziativa Gabriele Boselli ha tratto spunto per un articolata riflessione pubblicata su "Scuolaoggi" del 30 u. s. in cui sembra voler esorcizzare l'incombente minaccia "della revanche delle burocrazie berlingueriane e con esse del ritorno alla programmazione, agli obiettivi didattici, alla valutazione vertecchiana, etc.". L'autore si esercita in una lunga disamina sulla necessità che un curricolo pensato per una scuola della complessità debba avere precise caratteristiche, che elenca ed illustra succintamente. Si tratta di variabili che, a prescindere da una titolazione che oscilla tra il fantasioso e il bizzarro - leggiamo concetti come fondazione, indagine, inter-rogazione, cenno, passione, bellezza, tutela dell'eredità, apertura, ulteriorità - non si discostano molto dalle suggestioni di un Morin, che nel seminario del 3 aprile svolgerà la relazione introduttiva. Ormai tutti concordano sul fatto che un sistema di educazione, istruzione e formazione, oggi, in una società avanzata, post- o tardo-moderna che sia, o surmoderna, come piace a Marc Augé, complessa od iper-complessa, come piace a Boselli, non possa rinunciare a raggiungere tutti e per tutta la vita. E tutti concordano sul fatto che reali processi di insegnamento/apprendimento oggi non possano prescindere dal considerare che la "scuola senza mani" di un tempo, fatta solo per la testa, è assolutamente perdente, anche e soprattutto perché non c'è attività manuale in una società tecnologicamente avanzata che non richieda anche l'incremento continuo e costante di operazioni cognitive. E' impossibile ormai nel mondo del lavoro fare distinzioni nette tra la mano e la mente e, parafrasando per certi versi Morin, potremmo affermare che è giunto il tempo in cui dobbiamo pensare con le mani e fare con la testa ! Boselli sembra su una linea di questo tipo. I sette saperi dell'educazione di cui parla Morin possono essere estrapolati tutti dal suo scritto: le relazioni che corrono tra le parti e il tutto in un mondo complesso ; il legame che corre tra l'unità e la diversità di tutto ciò che è umano; la reciproca comprensione; l'educazione ad una nuova etica perché l'essere umano è allo stesso tempo individuo, parte di una società, parte di una specie, in funzione di una cittadinanza terrestre. Nonché l'ammonizione fondamentale di Morin: insegnare a navigare in un oceano di incertezze attraverso arcipelaghi di certezze . Non si comprende, allora, perché Boselli possa compiere un grosso scivolone quando auspica che si giunga ad "una revisione della struttura programmatica che miri non a semplici competenze (quelle per cui si stravedeva nei tristi curricula De Mauro del Febbraio 2001) ma introduca al conoscere". L'attenzione che oggi rivolgiamo alle competenze non è una invenzione di De Mauro, ma è la risultante di tutta una serie di analisi che la ricerca educativa nei Paesi ad alto sviluppo ha compiuto e continua a compiere e che ritroviamo in tutta la documentazione delle istituzioni europee che si occupano di educazione. Il dibattito dura ormai da più di un decennio ed è giunto in dirittura di arrivo con la Raccomandazione del Parlamento e del Consiglio europeo dello scorso dicembre che coinvolge tutti i Paesi membri impegnati in processi di innovazione delle istituzioni educative. La competenza non è altra cosa rispetto alle conoscenze né costituisce una loro riduzione. Costituisce invece - così si esprime la Raccomandazione relativa al quadro europeo delle qualifiche dello scorso settembre - " la capacità dimostrata di utilizzare le conoscenze, le abilità e le attitudini personali, sociali e/o metodologiche in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale. Le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia della persona". Di fatto conoscenze e competenze sono due facce della stessa medaglia. Possiamo dire che le conoscenze senza competenze sono cieche, le competenze senza conoscenze. semplicemente non esistono! La scuola tradizionale ha sempre puntato sulle conoscenze, per di più su quelle di un certo tipo, essenzialmente descrittive, riservate a pochi e che fungessero da discriminante rispetto a competenze in genere povere ed esclusivamente manuali. Il sistema educativo di un Paese avanzato oggi non può che essere fortemente inclusivo e deve puntare su conoscenze ad ampio spettro, sistemicamente strutturate e generative di ulteriori processi cognitivi. E proprio in questa valenza generatrice che la competenza assume una sua peculiarità. Indubbiamente si tratta di un discorso assolutamente nuovo per il nostro sistema educativo. Possiamo dire che la nostra scuola ha attraversato tre grandi periodi. Il primo è quello successivo all'Unità nazionale, fondato essenzialmente sui Programmi ministeriali e sui contenuti di apprendimento; il fascismo ovviamente ne ha fatto la sua bandiera e la scuola dei programmi ha resistito anche per molti anni della nostra storia repubblicana. Il secondo periodo è quello avviato negli anni Sessanta el secolo scorso: quello della scuola della Programmazione educativa e didattica, centrata sugli obiettivi di apprendimento. Il terzo è quello che si è avviato con l'autonomia e con la revisione costituzionale. Ed è in questo rinnovato contesto che emerge la centralità delle competenze. La scuola che un secolo fa era per pochi, in seguito è diventata per molti, oggi riguarda tutti e il suo spazio trascende il nostro Paese per misurarsi in una dimensione europea. Se non si colgono questi passaggi, se non si avverte che la competenza non è una singola performance , non è una semplice dimostrazione di una conoscenza acquisita, ma coinvolge non solo le conoscenze che la persona via via acquisisce ma anche tutte le variabili che costituiscono la persona stessa. Nel quadro europeo di cui alla Raccomandazione dello scorso settembre vengono largamente evidenziate tutte le tematiche che afferiscono alla persona. "Pensiero critico, creatività, spirito di iniziativa, capacità di risolvere i problemi, valutazione del rischio, assunzione di decisioni e capacità di costruire in modo costruttivo i sentimenti svolgono un ruolo importante per tutte le competenze chiave di cittadinanza", quelle che ciascun cittadino/persona deve possedere compiutamente. Costituisce un fattore di estrema importanza che il gruppo di lavoro che ha prodotto un primo documento sui contenuti e sulle finalità del progettato elevamento dell'obbligo di istruzione (pubblicato dal sito dell'Associazione Docenti Italiani, adiscuola.it), abbia centrato la sua attenzione proprio su queste competenze chiave di cittadinanza che ciascun cittadino italiano ed europeo uscito dall'istruzione di base deve assolutamente possedere. Puntare sulle competenze significa innescare nuova linfa nei processi di insegnamento/apprendimento per costruire risposte avanzate e congruenti con quella domanda implicita di sapere e di fare che i nostri giovani ci rappresentano quotidianamente, anche in quelle forme che testimoniano il loro profondo disagio.
Roma, 1 aprile 2007 Maurizio Tiriticco |
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