Dalla parte della scuola, tra bipartisan
e spoil- system
Si era abituati, nelle decisioni importanti di politica scolastica, a
discussioni bipartisan. Nelle varie commissioni ministeriali dominava
il manuale Cencelli con rappresentanti dell'associazionismo laico e cattolico,
dei sindacati confederali e autonomi, dei genitori, delle varie categorie
di diverso orientamento. Discussioni e mediazioni, forse eccessive come
sempre nelle commissioni, ma di indubbio arricchimento e considerazione
reciproca. Così fino alle commissioni Berlinguer e De Mauro che
vedevano in primo piano anche tanti legati all'opposizione, G. Bertagna,
tanto per fare un nome, l'autore della riforma Moratti. Con il maggioritario e la vittoria del Polo, è cambiato lo stile.
Commissioni leggere e omogenee, poco spazio agli organismi intermedi di
rappresentanza del mondo della scuola, spoils-system nell'amministrazione
col pericolo che anche le scuole e le persone vengano valutate più
per i loro orientamenti che per la loro correttezza istituzionale. Non
è semplice pertanto parlare di scuola in un clima arroventato dalle
polemiche in un momento di delegittimazione reciproca dei due schieramenti
per cui il Polo ha avviato gli Stati Generali della Scuola con un "Punto
e a capo" rifiutando in blocco tutta l'elaborazione dell'Ulivo e
gli schieramenti si coprono con scudi di incomprensioni e conflittualità
permanente. L'impressione è che nelle dispute, il lavoro quotidiano di molti
nella scuola reale si faccia marginale quasi non appartenesse alle esperienze
stesse del sistema. Sciolte dalle pratiche dirette di chi vive nella scuola
le analisi e le proposte sembrano risultare astratte e suscitare un'adesione
o opposizione emotiva, non di effettivo confronto con la realtà.
Per altro è strisciante la remora ad esprimersi secondo quel che
si pensa realmente e secondo le proprie esperienze in un clima di schieramenti
netti, che non conduce a discussioni serene, esplicite e soprattutto propositive
per i rischi di etichettature e di perdita di posizioni. Il clima è questo e non fa bene alla scuola che si confronta ogni
giorno non con i massimi sistemi ma con i cambiamenti e il confronto con
la realtà. Non si richiede il bipartisan per compromessi al ribasso, ma una discussione
che non sia solo sul terreno dello scontro o della vittoria politica.
Tutti dovrebbero fare un passo indietro se si vuole fare il bene della
scuola con posizioni coraggiose che nascano senz'altro dal terreno ideale
di riferimento, senza tuttavia chiusure nette reciproche, cercando se
possibile, alcuni punti di convergenza soprattutto sul terrena della scuola
reale. Ma c'è possibilità di ascolto? - Emblematico il caso della sperimentazione
nella scuola dell'Infanzia ed Elementare, veloce, affannata, come per
altro molte proposte della sinistra alla fine della scorsa legislatura.
Dispiace tuttavia la fretta di sperimentare un'ipotesi di scuola che
ha trovato difficoltà nella stessa maggioranza, con riunioni di
fine agosto, con autocandidature dei dirigenti da ratificare nei collegi
di settembre, a costo zero, con indicazioni programmatiche di un gruppo
ristrettissimo che le scuole devono metabolizzare, con il pericolo che
corrano a sperimentare le scuole che hanno meno studenti e che sperano
di implementatre gli iscritti con i bambini più piccoli, che i
genitori corrano all'iscrizione verso la scuola in sperimentazione, in
una Autonomia disarticolata più che in un sistema di Autonomie
che faccia crescere la scuola tutta in una unitarietà, che se ad
alcuni pare appiattimento, ha costituito in molti casi un elevamento globale
della scuola. Anche qui ansie, fibrillazioni, minore serenità per chi lavora
bene e programma per tempo. E gli Osservatori - Nazionale e Regionale - sulla sperimentazione privilegeranno
processi e soggetti di effettiva validità di analisi esterna e
imparziale o saranno i luoghi di soggetti di appartenenza dell'Amministrazione
che dovrebbero supportare la scuola ed essere anch'essi oggetto di valutazione?
E le sperimentazioni esistenti, l'ASCANIO, il progetto ALICE e QUASI,
gli istituti Comprensivi, interagiranno in una qualche misura? Con quali
relazioni? - Un altro elemento di riflessione riguarda l'Autonomia: Si pensava
che con il consolidarsi di un atteggiamento responsabile e di ricerca
nelle scuole dell'Autonomia, fosse finito il tempo delle sperimentazioni
a pacchetto chiuso come quelle degli anni Ottanta, le sperimentazioni
assistite che un ventennio fa avevano ancora una logica. Invece ancora
una volta il pacchetto chiuso, quando poteva essere offerta alle scuole
una possibilità di avvicinarsi alla sperimentazione in maniera
flessibile, aperta ed eventualmente anche parziale in raccordo con la
propria progettualità e le proprie risorse. Non si rischia una
cappa pedagogico amministrativa piuttosto che un confronto più
aperto? Si può chiedere di elaborare reti di scuole tra quelle che sperimentano
e quelle che non sperimentano la nuova proposta ma che hanno una ricchezza
di lavoro e di proposte che non hanno effetto mediatico? Si può
vedere di non fare sempre punto e a capo come se le scuole avessero lavorato
a vuoto, così come le trecento scuole, circa, che in tutta Italia
avevano sperimentato l'Organico Funzionale, con proposte di modularità
e flessibilità, spazzate via di colpo con l'eliminazione dell'Organico
Funzionale senza rendiconto alcuno. - Altro punto riguarda la sperimentazione nella scuola superiore,
le intese con la Formazione Professionale con percorsi paralleli a quelli
scolastici, firmata da regioni rette da Governatori della stessa linea
politica del governo, chiara nella logica politica con l'auspicio di un
impulso a una maggiore qualificazione della formazione professionale stessa.
E tuttavia, tra il ricorso al TAR dello SNALS contro la sperimentazione,
con i progetti che le agenzie di formazione professionale presenteranno
ad anno scolastico inoltrato, con il ruolo della scuola, gli Istituti
professionali soprattutto, ancora da definire, con una informazione ancora
mediatica per la maggior parte degli operatori scolastici, si rischia
forse di disorientare proprio gli studenti che avrebbero bisogno di un
orientamento più sicuro e meno confuso, con il rischio di una minore
affluenza degli studenti agli Istituti professionali, per la preoccupazione
delle famiglie che diventino una scuola con un percorso non definito,
come denuncia da Torino il preside Rattazzi, presidente dell'ASAPI, associazione
di molte scuole del Piemonte, molto composita politicamente, ma ferma
nel portare avanti le ragioni della Scuola. Limiti negli obiettivi, indeterminatezza
dei sistemi di verifica, scarsa riflessione sul rapporto con le aziende,
sono messe in evidenza anche da Norberto Bottani, uno degli estensori
della Riforma Moratti, insieme con l'apprezzamento per lo studio di nuove
modalità di formazione professionale. - E la nuova finanziaria, con il blocco delle assunzioni, il taglio
agli organici, l'innalzamento del rapporto alunni- classe, non deve prevedere
un confronto sulle possibili e reali possibilità di risparmio senza
ledere l'obiettivo richiamato dal presidente Ciampi di dare più
peso all'istruzione di qualità per tutti? - E gli Esami di Stato su cui non si fa un rapporto serio per
analizzare le incidenze sulla tenuta della scuola della nuova formula,
non richiedono forse maggiore riflessione per una modifica? Perché
l'INVALSI non ha ancora pubblicato un rapporto, mentre il CIDI nazionale
lavora per un esame attento di quanto è avvenuto e lo pubblicherà
sul prossimo numero della rivista " Insegnare"? - Ancora il caso ultimo della lista delle scuole a rischio dimensionamento,
portato a conoscenza con uno scoop estivo di alcuni organi di stampa. Non è forse necessario un immediato tavolo delle trattative e
una discussione seria e alla luce del sole ricordando i molti errori del
dimensionamento 2000, i campanilismi, gli istituti soppressi e resuscitati
e soprattutto le logiche del ridurre, accorpare, lasciando intatti gli
istituti con 2000 alunni. So bene che è più facile un piano
dirigistico senza le faticose mediazioni e che anche le opposizioni dovranno
cedere per situazioni insostenibili. Ma è uno scotto che bisogna
pagare con l'ottica non aziendalistica, perché i risparmi si facciano
altrove e meno nella scuola dove si deve spendere, meditatamente certo,
con la finalità tuttavia di costruire le condizioni per cui ogni
studente sia portato a competenze più alte anche con maggiori risorse,
e questo non venga considerato un danno economico ma un investimento - Quale poi il coinvolgimento di chi lavora nella scuola, mentre
si profilano Codici Deontologici per gli Insegnanti e Organi Collegiali
tutti da discutere? Tra lo spoils-system, con gli inevitabili appiattimenti e conformismi
indotti che possono appannare la correttezza istituzionale e il bipartisan
con i rischi di appiattimento compromissorio verso il basso, può
trovare la scuola una terza via di ascolto per la qualità del servizio
e il ruolo della formazione che gli insegnanti vogliono mantenere alto? Beatrice Mezzina |