Tempo scuola, flessibilità, autonomiaUna Costituzione
di marca sovietica?
Con
l'attuale legge di riforma e con il varo del suo primo decreto applicativo,
la prima osservazione da fare è che il tempo scuola
, quale noi siamo abituati a conoscere e a praticare, è fortemente
messo in discussione! Perché? Vediamone
le ragioni e, permettetemi, in apertura, alcune considerazioni tra l'amaro
e l'ironico! Ho
sempre avuto molti dubbi, da quando nel 1947 fu varata
la Costituzione repubblicana, circa la sua originalità, il suo innesto
sulla nostra storia e la nostra cultura! Nonostante ci fosse
stato l'illustre contributo di insigni uomini politici e costituzionalisti,
da De Gasperi a Togliatti, a De Nicola, Einaudi, Mortati, Terracini,
ho sempre temuto che in essa ci fosse. è difficile a dirsi. lo zampino
di Mosca!!! Ed il che, finalmente, mi è stato confermato
dal nostro Presidente del Consiglio dei ministri
che a "Porta a porta" di qualche sera fa ha detto testualmente che la
nostra Costituzione "è stata scritta sotto l'influsso del pensiero sovietico"! Ben
venga allora, una sua revisione, una sua rivisitazione
in termini assolutamente nuovi e, soprattutto, liberali! O.
liberisti? Una riscrittura si è già verificata, con il novellato Titolo
V, ma in funzione della prospettiva federalistica e della
attribuzione di maggiori poteri alle Regioni e alle comunità
locali! Il che non ha nulla a che fare con il liberismo classico! Però, in fatto di scuola, si è voluto andare oltre, o meglio,
tornare indietro, e si è voluto prefigurare un'altra Costituzione, per
un altro Paese, per un Paese che non c'è e che non vogliamo! Dell'eguaglianza
e della differenza
Ma, veniamo al dunque! Se andiamo a leggere le Indicazioni nazionali
per i Piani di studio personalizzati per la scuola primaria
e secondaria di primo grado, Indicazioni allegate al decreto legislativo
59, leggiamo testualmente. I corsivi sono miei. "(La scuola primaria) assicura obbligatoriamente a tutti i
fanciulli le condizioni culturali, relazionali, didattiche
e organizzative idonee a <<rimuovere
gli ostacoli di ordine economico e sociale>> che, limitando di fatto la libertà e la giustizia
dei cittadini, <<impediscono
il pieno sviluppo della persona umana>> indipendentemente dal sesso, dalla razza, dalla lingua, dalla
religione, dalle opinioni politiche e dalle condizioni personali e sociali
(art. 3 della Costituzione)". "(La scuola secondaria di primo grado) mira a <<rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale>> che,
limitando di fatto la libertà,
<<impediscono il pieno sviluppo
della persona umana>> indipendentemente dal sesso, dalla razza,
dalla lingua, dalla religione, dalle opinioni politiche e dalle condizioni
personali e sociali (art. 3 della Costituzione)". Dall'uso attento dei caporali, ci accorgiamo che l'estensore
del testo ha operato dei tagli! Ma, perché
l'articolo 3 della Costituzione non è stato citato nella sua interezza?
Leggiamolo allora nel suo testo originale. I corsivi sono miei. "E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona
umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione
politica, economica e sociale del Paese". In ambedue le versioni delle Indicazioni
la parola eguaglianza è stata cancellata! Per la scuola primaria è stata sostituita
con il termine giustizia
che, per come è collocato, non ha alcun significato
plausibile: certi ostacoli non limitano la giustizia dei cittadini, semmai rendono
difficile l'esercizio della giustizia per i cittadini! Per la scuola secondaria di primo grado la parola eguaglianza
non è stata sostituita affatto! A mio avviso, la soppressione del concetto di eguaglianza non è stata casuale, ma è conforme con la vocazione politica
degli uomini dell'attuale maggioranza e con la loro visione della società,
del servizio pubblico, dell'istruzione. Il loro pensiero in effetti è questo:
l'eguaglianza
è una "cosa"di sinistra! E' l'intrusione in
una Carta liberale - o liberista? - del pensiero sovietico! Secondo
la nostra destra, il concetto di eguaglianza,
forse, era funzionale ad una società di reietti che si battevano per
il pane, ma non ad una società tecnologicamente avanzata come la nostra
in cui acquista sempre più valore un nuovo concetto, quello della differenziazione! Della
differenziazione, ovvero della personalizzazione Tutti nasciamo eguali - sembrano
dire i pensatori della destra - e se, poi, ciascuno assumerà un ruolo
diverso nella società, ciò deriva dalla sua libera e personale scelta!
E' la teoria del liberismo più sfrontato! Quella per il quale le occasioni
di successo sociale ci sono per tutti, e ciascuno nella sua libertà
decisionale sceglie - se è capace di scegliere! - quelle che più ritiene
opportune! Così, ciascuno è causa della sua fortuna, come in egual misura ciascuno è causa della sua disgrazia! C'è chi si dà
da fare e riesce, e chi non si dà da fare e rimane emarginato! E' la
teoria dell'uomo che si fa da sé! Dell'uomo che è imprenditore
di se stesso! E, non a caso, l'imprenditorialità
è la terza delle tre I che dovrebbero caratterizzare
la politica scolastica del centro-destra! Ed
allora, in forza della teoria del saperci fare, la ricchezza
e la povertà sono soltanto l'esito dell'impegno o del disimpegno di
ciascuno di noi! E i condizionamenti sociali costituiscono solo uno sfondo!
Anzi, non esistono neanche come condizionamenti! Dalla teoria della differenziazione a quella della personalizzazione il passo è breve! Siccome ciascuno
è responsabile in assoluto delle sue scelte - sempre secondo la cultura
della destra, o per lo meno di questa destra nostrana! - ciascuno ha
diritto di scegliere ciò che gli è più congeniale,
in nome della sua "libera scelta"! Si tratta di una deduzione logica che, per quanto riguarda
soprattutto l'istruzione del primo ciclo, può provocare conseguenze
assolutamente deleterie! I
saperi essenziali di base come patrimonio comune Ma vediamo
il perché! Tutto l'impianto della riforma di questo governo di centro-destra
si fonda su questo principio: è la famiglia che sceglie il percorso
formativo del figlio in ordine alle sue personali
potenzialità, capacità, attitudini, vocazioni! E' la famiglia che "dice"
alla scuola quello che la scuola "deve fare"! Ciò costituisce un adagio costante delle esternazioni della
Moratti: secondo il ministro, fino ad oggi alunni e famiglie sono stati a servizio delle imposizioni della scuola e dei programmi
ministeriali: di una scuola, cioè, eguale per tutti e quindi ingiusta perché non rispettosa delle differenti esigenze e vocazioni di ciascuno; ora, invece - sempre secondo
la Moratti - è la scuola che deve essere a servizio delle esigenze degli
alunni; una scuola, quindi, che deve essere diseguale
per tutti, perché a ciascuno deve dare in
funzione delle sue personali ed ineludibili richieste! Si tratta di
una lettura del personalismo cattolico veramente singolare! Se non,
addirittura, di una sua mistificazione!? E - sempre
secondo la Moratti e la sua maggioranza - la scuola che questo governo
ha ereditato è la scuola che ha prodotto e produce soltanto tassi bassissimi
di conoscenze e competenze rispetto a quanto accade nei Paesi europei
più avanzati. Ma la Moratti non dice che la
nostra scuola obbligatoria è quella che da anni si è maggiormente preoccupata
di ridurre quei tassi di dispersione che, invece, in certi altri Paesi
sono più alti che da noi! E vanno fatte altre considerazioni: a) che la nostra scuola obbligatoria ottonale è molto più giovane
(la legge istitutiva è del '62!) delle analoghe scuole dei Paesi europei
più avanzati, nei quali opera da più anni; b) che in questi Paesi le istituzioni locali e il sistema dei
servizi diffusi sul territorio svolgono una azione
di decondizionamento che aiuta la scuola, mentre da noi questo compito
è affidato quasi esclusivamente alla scuola; c) che, se la nostra scuola dell'obbligo avesse seguito fin
dagli anni Sessanta la strada della personalizzazione, il divario con
certi Paesi in fatto di conoscenze di base essenziali sarebbe ancora
più ampio di quanto le ricerche testimoniano; d) e che è per questo insieme di ragioni che in altri Paesi
i tempi scuola sono più brevi che da noi, e che un insegnante europeo
mediamente ha a che fare con un numero di alunni più alto che da noi! Le affermazioni della Moratti sono deboli e la verità è un'altra!
Che la nostra scuola del primo ciclo, anche se deve
assolutamente migliorare in qualità, non può abbandonare un percorso
che da anni ormai ha avviato e persegue. Si tratta del percorso
che intraprese dopo la denuncia di Don Milani (la Lettera a
una professoressa è del '67) e dopo il movimento del '68, esattamente
dagli anni dei "decreti delegati" ('74), dei "nuovi" programmi della
scuola media ('79), dei "nuovi" programmi della scuola elementare ('85).
E' la strada che ha permesso di elevare la cultura generale del Paese
e di battere pressoché totalmente l'analfabetismo, anche se certe ricerche
denunciano che un analfabetismo di ritorno minaccia di colpire almeno
un terzo della nostra popolazione! Personalizzazione vs
dispersione? In altre parole, non possiamo assolutamente dire che abbiamo
già vinto una battaglia civile e culturale, in forza della quale sarebbe
oggi possibile che famiglie ed alunni possano scegliere liberamente
il corso degli studi e il tempo scuola. E ciò vale soprattutto per quanto
concerne il primo ciclo, che dovrebbe assicurare a tutti i cittadini
di raggiungere i livelli essenziali di quelle conoscenze e competenze
di base che sono a tutti comuni e che tutti debbono
possedere in egual
misura! Non è assolutamente vero che nel nostro contesto
socioeconomico e culturale, ancora estremamente fragile, una famiglia
e un bambino possano scegliere in assoluta libertà questo o quel percorso
formativo! Non possono farlo perché i condizionamenti che vietano di
fatto questa presunta libertà sono ancora molto forti
e pesano ancora su un gran numero di famiglie! Per non dire, poi, che
oggi nel nostro Paese ed in tutte le società ad alto sviluppo è
molto difficile definire che cosa sia esattamente la "famiglia"! Per
non dire, ancora, della presenza sempre più massiccia nel nostro Paese
di altre etnie, di altri modelli di famiglia
e di riferimenti socioculturali! Sono tutte realtà con cui i nostri
insegnanti si debbono misurare quotidianamente. Il compito della società e delle istituzioni, oggi, deve essere più decisivo che mai nella lotta contro i condizionamenti
socioeconomici e culturali. Non è con la personalizzazione
che si combatte e si abbatte la dispersione. Se
personalizzare significa dare a ciascuno ciò che chiede, la dispersione
è destinata ad aumentare! E, se questa battaglia deve proseguire per essere vinta, non
possiamo permettere che le famiglie abbiano un diritto prevalente di
scelta - come vuole il decreto 59 - in ordine a
contenuti ed obiettivi di insegnamento su cui lo Stato e il suo sistema
di istruzione debbono svolgere un ruolo primario! E' la scuola che legge e decodifica
le esigenze degli alunni e che costruisce i percorsi più idonei perché
questi, a livello di primo ciclo, possano raggiungere quelle competenze
che debbono essere a tutti comuni per accedere con consapevolezza alle
scelte ulteriori. E' soltanto a livello di secondo ciclo che può parlarsi di opzioni, di scelte differenziate, perché diversi e complessi
sono i saperi, le competenze, i profili professionali che una società
avanzata propone, e che diventano sempre più numerosi, ricchi, articolati:
l'incremento della ricerca scientifica e delle applicazioni tecnologiche
esprime un valore aggiunto sempre nuovo ai saperi, un valore che è assai
difficile prevedere e misurare con esattezza! A livello di primo ciclo, la scelta di una parte del tempo
scuola affidata alle famiglie, per di più accompagnata da una drastica riduzione del tempo scuola obbligatorio forte, provocherebbe
almeno due guasti! Da un lato le famiglie verrebbero
illuse di avere competenze e responsabilità nel campo della istruzione
e della formazione dei loro figli, che invece è di competenza primaria
della scuola. Da un altro lato si frantumerebbero quei saperi essenziali
che, invece, debbono essere patrimonio comune di tutti i cittadini che escono
da una scuola obbligatoria di primo ciclo. In
difesa della Costituzione Quanto detto non significa che le famiglie non debbano essere
ascoltate dalla scuola! E' dagli anni Settanta che fanno parte integrante
degli organi collegiali che la governano! Ed è giusto che tale processo vada avanti e che, con l'autonomia,
le famiglie e le istituzioni territoriali ritrovino nuovi spazi, più
agibili e più incisivi per il miglioramento della qualità della scuola! Mai, però, in funzione di una confusione di ruoli! Del resto
la riscrittura del Titolo V della Costituzione, operata con la Legge
3/01, chiama in causa direttamente una maggiore partecipazione delle
istituzioni e dei cittadini nelle loro istanze
sociali e associative. Quell'articolo 3 della Costituzione del '47,
così manomesso dagli estensori delle Indicazioni nazionali, non viene
affatto messo in discussione dal Titolo V, anzi viene convenientemente
arricchito ed integrato! Nell'articolo 118 viene
introdotto il principio di differenziazione, ma questo viene
coniugato con quelli di sussidiarietà e di adeguatezza.
E nel 119 si afferma che è compito dello Stato
"promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà
sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire
l'effettivo esercizio dei diritti della persona". Nella misura in cui, nella prospettiva federalista,
si amplia l'area della democrazia e della partecipazione delle comunità
e dei cittadini, si fanno anche più rigorose le prerogative del potere
centrale nella "determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio nazionale" (articolo 117, lettera m). Ciò significa che non siamo il paese delle meraviglie!
E che non ci possiamo permettere di dare a ciascuno
quello che ciascuno può chiedere, ma che ancora - e chissà per quanto
tempo ancora! - dobbiamo dare a ciascuno quello
di cui ha effettivo bisogno! Non possiamo confondere i diritti di tutti
con i capricci di pochi! In tale scenario costituzionale, la scuola non può essere
un servizio alla persona tout court, di carattere privatistico,
ma una istituzione sociale impegnata a formare un cittadino preparato
e responsabile. Le indicazioni della Carta costituzionale non sono un
optional. Non possiamo essere d'accordo sulle finalità che la
Legge 53/03 assegna al sistema di istruzione,
laddove letteralmente si legge: "Sono promossi il conseguimento di una
formazione spirituale e morale, anche ispirata
ai principi della Costituzione, e lo sviluppo della coscienza storica
e di appartenenza alla comunità locale, alla comunità nazionale ed alla
civiltà europea". Mi preoccupa il richiamo alla formazione spirituale
e morale, stante l'estrema incertezza contenutistica e valoriale di
concetti che attengono più alla ricerca filosofica che all'esercizio
dell'insegnare e dell'apprendere. E mi preoccupa quell'anche, che ho reso in corsivo, perché sembra significare che la
Costituzione costituisca una semplice variabile in un processo di sviluppo/crescita
e apprendimento, ora e qui, in un'Italia repubblicana. Non vorrei - e non vorremmo - che quella scelta che ha ispirato
i programmi del rinnovamento nel '79 e nell'85
(sarebbe opportuno ricordare anche il '91, l'anno degli Orientamenti
della scuola dell'infanzia!), centrata su un preciso asse storico-scientifico,
per quanto attiene alle conoscenze, e civico-costituzionale, per quanto
attiene ai valori, venisse a poco a poco attenuato e svilito con il
procedere della riforma! Per
una riscrittura delle Indicazioni nazionali Mi preoccupa - e penso preoccupi qualunque uomo di scuola!
- il fatto che, se si va ad una lettura comparata delle Indicazioni
nazionali con i programmi del '79 e dell'85, nonché
con gli Orientamenti del '91, emergono con chiarezza differenze enormi,
in ordine alle finalità, ai contenuti, agli obiettivi, ai metodi che
vengono descritti e suggeriti alle scuole! Alla compattezza ed alla solidità culturale e pedagogica dei
primi documenti si contrappone l'estrema pochezza delle Indicazioni.
Siamo tutti d'accordo sul fatto che, in un momento storico in cui così
rapidamente si evolvono vicende e concetti, è
opportuna una rivisitazione e una riscrittura di quei documenti, ma
sulla linea della continuità, non su quella del capovolgimento! Tanto
più che il capovolgimento è di una estrema
equivocità. Quei documenti avevano a monte -
ed hanno ancora - i fondamenti della ricerca educativa più avanzata,
anche a livello internazionale! Le teorie del curricolo e della programmazione
avevano ed hanno origini lontane, suffragate
da sperimentazioni e riflessioni di tutto rilievo. Nessuno nega che una lettura ed una applicazione
approssimate di tali indicazioni abbiano portato a volte a pratiche
troppo tecnicistiche, tanto da provocare addirittura il movimento dei
Postprogrammatori! D'altra parte, però, nessuno può negare che è da
quelle teorie che abbiamo imparato a rendere più flessibili ed efficaci
i percorsi formativi delle nostre scuole. E' con l'individualizzazione
degli insegnamenti che abbiamo imparato ad
analizzare la cosiddetta situazione iniziale, i livelli di partenza
degli alunni, per curvare e modulare i contenuti e gli obiettivi dei
programmi nazionali alle concrete realtà socioculturali con cui si operava.
Sono anni che non esiste più quella scuola rigida ed impositiva che
la Moratti sostiene di avere ereditato! A fronte dello spessore culturale (l'asse
storico-scientifico e costituzionale) e pedagogico-didattico
(la programmazione curricolare) dei programmi di allora, non corrisponde
nelle Indicazioni nazionali un impianto egualmente credibile e scientificamente
giustificato! Si dà per morto l'approccio curricolare, si
introduce il concetto di Unità di apprendimento che dovrebbe
sostituire quello di Unità didattica e, forse, quello di Modulo; ogni
tanto si accenna ad un fantomatico ologramma, ma non se ne dà alcun
conto né alcun referente scientifico! Per non dire poi del rapporto che dovrebbe correre tra Unità
di apprendimento
e Piani di studio personalizzati (un piano per ciascun alunno!?), un rapporto che si dà per
scontato ma che, forse, è solo nella mente dell'ignoto estensore delle
Indicazioni! Per non dire delle acrobazie a cui dovrebbero ricorrere gli
insegnanti quando dovranno estrapolare, dedurre, inventare, dalle due
colonnine delle conoscenze (che
poi conoscenze non sono, ma contenuti!) e delle abilità disciplinari, gli obiettivi formativi al fine di aiutare (ma che brutto verbo in materia di apprendimento!)
lo studente a costruire le sue personali competenze! Ma vi è
anche un altro punto dolente di tutta l'operazione Indicazioni! I programmi
di allora sono tutti debitamente firmati da disciplinaristi, pedagogisti,
esperti a diverso titolo, nominati dal ministro pro tempore
con formale decreto numerato, datato, argomentato e mirato. E
sono programmi sanzionati formalmente: o decreti ministeriali o dpr!
Non è dato conoscere quale sia il valore scientifico
delle Indicazioni né la loro legittimità formale! Sono semplicemente
allegate al decreto! Molti provvedimenti legislativi contengono allegati,
ma si tratta di allegati tecnici! Le Indicazioni non possono essere considerate
un allegato tecnico, in quanto costituiscono
- o dovrebbero costituire - parte viva di quelle norme
generali sull'istruzione e di quei livelli
essenziali delle prestazioni concernenti
i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, di cui all'articolo 117 della Costituzione. Ed ancora: si afferma candidamente nel decreto (articoli 12,
13 e 14) che l'assetto pedagogico, didattico ed organizzativo di cui
ai quattro allegati (scuola dell'infanzia, scuola primaria, scuola secondaria
di primo grado, profilo di uscita del 14enne)
viene adottato in via transitoria fino all'emanazione dei relativi regolamenti
governativi! Quale livello di certezza concettuale e di sicurezza operativa
viene dato agli insegnanti che debbono attuare
la riforma, quando viene candidamente detto loro che debbono lavorare
sulla base di Indicazioni che hanno un carattere transitorio e provvisorio? Ma è una scelta seria questa adottata
dal Miur? Per
tutta questa serie di ragioni, che afferiscono alla Costituzione, alla
scientificità della ricerca educativa, alla legittimità formale, ritengo
che sia opportuno chiedere con forza che venga
istituita una commissione ad hoc, largamente rappresentativa
della cultura e della pedagogia nazionali, a cui sia affidato il compito
di riscrivere le Indicazioni nazionali! Tra i tanti tavoli che il ministro
ha allestito, ne crei uno che attenda seriamente a scrivere le norme generali sull'istruzione
per quanto attiene i primi tre gradi di scuola, tenendo conto sia dei
principi fondamentali che connotano la nostra Repubblica (art. Cos.
117) sia dei livelli essenziali delle prestazioni
che la scuola di base deve garantire per salvaguardare i diritti civili
e sociali dei cittadini (art. Cos. 117). L'autonomia
come garanzia per l'innovazione L'ultima edizione della circolare 29 che accompagna il decreto 59 contiene una premessa che non
figurava in una precedente redazione, ancora non ufficiale. Si tratta
di una serie articolata di considerazioni sull'autonomia e si afferma
esplicitamente - anche se con un pessimo ghirigoro sintattico - che
"con specifico riguardo all'autonomia scolastica si evidenzia che il
nuovo Titolo V della Costituzione attribuisce alla stessa, nell'ambito
e in funzione delle finalità del sistema scolastico nazionale, un riconoscimento
di rango primario". Indubbiamente, la pressione dei sindacati e dell'associazionismo
del personale della scuola nonché delle manifestazioni
degli ultimi giorni ha spinto l'amministrazione a considerare che l'autonomia
non è un optional! Si riconosce che spetta "alle istituzioni scolastiche autonome
il compito di dare efficace attuazione ai principi
fondamentali ed alle norme
generali definiti nel sistema di istruzione, secondo modalità e criteri ispirati alla più
ampia flessibilità, conformemente alle disposizioni di cui agli articoli
4 e 5 del DPR 275/99 sull'autonomia didattica e organizzativa". Fatto
sta che i principi fondamentali e le norme generali, di cui al decreto
59, hanno ancora carattere transitorio! E sono questi, semmai, che hanno
un carattere di optional! E' in questa situazione di estrema
carenza normativa che la scuola potrebbe correre il rischio di essere
esposta a più intrusioni eterogenee e contrapposte: da un lato le famiglie
che potrebbero rivendicare il loro ruolo di scelta prevalente in ordine
agli spezzatini di orario che il decreto propone; dall'altro l'amministrazione
che vorrà monitorare e verificare come procede il processo riformatore;
da un altro ancora la difficoltà di dover realizzare sic et simpliciter
Indicazioni nazionali assai impasticciate! A mio avviso - ma penso ad avviso di tutti - occorre richiamarsi
con forza all'autonomia delle istituzioni scolastiche, che è norma costituzionale, quindi norma più che primaria! Occorre che le Istituzioni Scolastiche
Autonome, le ISA, eventualmente
anche collegate in reti ed in consorzi (art. 7 del DPR 275/99), propongano
in prima battuta al territorio, anche nel contesto/scenario
della programmazione territoriale (art. 3, comma 2, del DPR 275/99;
art. 138 del D. Lgs. 112/98, che conferisce alle Regioni la funzione
della programmazione dell'offerta formativa e della rete scolastica),
quei percorsi formativi per i quali dispongano delle
risorse e in forza dei quali garantiscano quell'apprendimento efficace
e quel successo formativo che debbono perseguire per norma. Le famiglie sceglieranno certamente, ma sulla
base di precise offerte avanzate dalle istituzioni scolastiche
nella loro autonomia. Afferma Silvio Criscuoli, DG per gli Ordinamenti
del Miur, in L'avvio della riforma su un recente numero di "Scuola
e Didattica": "Le Indicazioni nazionali riconoscono alle famiglie ed
agli alunni il diritto di usufruire di una quota oraria facoltativa/opzionale;
questo non significa però che le famiglie siano legittimate a richiedere
un qualsiasi incremento orario da 1 fino a 99 ore (primaria) e a 198
(secondaria di 1° grado). Sarebbe questa una visione errata dell'esercizio
del diritto, che non tiene conto del fatto che la scelta non si esercita
su quantità orarie vuote, ma su insegnamenti o attività strutturate
anche sotto il profilo orario". Inoltre, le famiglie dovrebbero essere consapevoli
che, se non scegliessero altro oltre le quote orarie obbligatorie (che
sono 891 annue per ambedue i gradi di scuola, a fronte delle 1000 ore
circa dei previdenti ordinamenti), sarebbe difficile garantire ai loro
figli quel livello di preparazione che giustamente si attendono dalla
scuola pubblica. Dovrebbero essere consapevoli che sarebbe molto difficile
per qualsiasi istituzione scolastica - soprattutto per quanto riguarda
la "nuova" scuola media -conciliare l'aumento delle materie con una
drastica riduzione degli orari di insegnamento/apprendimento.
E' noto che con l'orario obbligatorio sono penalizzate in termini orari
anche discipline fondamentali, come lettere, matematica, scienze, tecnologia,
lingue straniere. Per non dire che l'informatica - una delle famose
tre I - e l'Educazione alla Convivenza Civile vengono considerate attività trasversali, anche se nelle Indicazioni
si danno precisi riferimenti in ordine a contenuti e ad obiettivi specifici
di apprendimento. In conclusione, in forza del fatto che è l'autonomia ad avere
un preciso fondamento costituzionale a fronte di Indicazioni
che hanno un carattere transitorio, a mio vedere è necessario che dirigenti
ed insegnanti, singolarmente e nei loro organi collegiali, assumano
iniziative decise, responsabili, forti sotto il profilo educativo e
didattico, dando vita a proposte che tanto più saranno inattaccabili
quanto più saranno motivate e finalizzate sotto il profilo istituzionale
e formativo. Iniziative in tal senso potranno realizzare due importanti
obiettivi: quello di dare risposte costruttive alle attese del territorio
e degli alunni, e quello di dare indicazioni precise all'amministrazione
per un ripensamento sui nodi problematici della
innovazione e per una riscrittura delle Indicazioni nazionali. intervento di Maurizio Tiriticco alseminario sulla legge di riforma della UIL SCUOLA Come
cambierà la nostra scuola? Ascoli
Piceno, Cartiera papale, 12 marzo 2004 |