OROSCOPO
PER LA SCUOLA DELL’INFANZIA Legge
di riforma, anticipo…e dintorni
La legge di riforma della scuola (legge n. 53 del 28-3-2003) delinea le caratteristiche fondamentali della scuola dell’infanzia, mutuandole in gran parte dalla precedente legge di riordino dei cicli (lgge n. 30 del 10-2-2000), con l’innesto della tematica dell’anticipo, ma con alcune variazioni significative. Si percepisce, ad esempio, una pressante accentuazione delle tematiche valoriali (con l’inserimento delle dimensioni morali e religiose tra le finalità) e ritorna un leit-motiv “polemico” che sembrava ormai superato: quello del ruolo educativo primario dei genitori. Vediamo, innanzi
tutto, alcuni dettagli della legge di riforma. All’art. 2: e) la
scuola dell'infanzia, di durata triennale, concorre all'educazione
e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale, religioso
e sociale delle bambine e dei bambini promuovendone le potenzialità
di relazione, autonomia, creatività, apprendimento, e ad assicurare
un'effettiva eguaglianza delle opportunità educative; nel rispetto
della primaria responsabilità educativa dei genitori, essa contribuisce
alla formazione integrale delle bambine e dei bambini e, nella sua
autonomia e unitarietà didattica e pedagogica, realizza la continuità
educativa con il complesso dei servizi all'infanzia e con la scuola
primaria. È assicurata la generalizzazione dell'offerta formativa
e la possibilità di frequenza della scuola dell'infanzia; alla scuola
dell'infanzia possono essere iscritti secondo criteri di gradualità
e in forma di sperimentazione le bambine e i bambini che compiono
i 3 anni di età entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento,
anche in rapporto all'introduzione di nuove professionalità e modalità
organizzative; e ancora, allo stesso
art. 2: è previsto che alla scuola primaria si iscrivano le bambine e i bambini che compiono i sei anni di età entro il 31 agosto; possono iscriversi anche le bambine e i bambini che li compiono entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento; in via transitoria viene
stabilito che: 4. Per gli
anni scolastici 2003-2004, 2004-2005 e 2005-2006 possono iscriversi,
secondo criteri di gradualità e in forma di sperimentazione, compatibilmente
con la disponibilità dei posti e delle risorse finanziarie dei comuni,
secondo gli obblighi conferiti dall'ordinamento e nel rispetto dei
limiti posti alla finanza comunale dal patto di stabilità, al primo
anno della scuola dell'infanzia i bambini e le bambine che compiono
i tre anni di età entro il 28 febbraio 2004, ovvero entro date ulteriormente
anticipate, fino alla data del 30 aprile di cui all'articolo 2, comma
1, lettera e). Per l'anno
scolastico 2003-2004 possono iscriversi al primo anno della scuola
primaria, nei limiti delle risorse finanziarie di cui al comma 5,
i bambini e le bambine che compiono i sei anni di età entro il 28
febbraio 2004. Sulla controversa
questione dell’anticipo dell’età di accesso alla scuola elementare (a
5 anni e 4 mesi) ci piace qui riportare una scheda di sintesi elaborata
dagli insegnanti del Cidi di Forlì e pubblicata
sul giornale dell’associaizone “Scuolinfanzia/Cidi”, nella quale vengono riportate, con approccio controversistico, le principali tesi a favore e contro la
scelta dell’anticipo, sotto forma di promemoria utile per impostare
un confronto aperto con i genitori potenzialmente interessati. Un commento
a due voci
NELL’AGENDA
DELLA SCUOLA DELL’INFANZIA L’attuazione della legge di riforma
(53/2003) si connette con l’esigenza, affermata in numerosi documenti
ufficiali, di favorire una più ampia e qualificata presenza della scuola
dell’infanzia nelle politiche di innovazione della scuola. Non c’è solo
la questione dell’anticipo, che sembra catalizzare viceversa l’attenzione
prevalente dei mass-media e dell’opinione pubblica. La connessione tra
nuovi ordinamenti, sviluppo dell’autonomia organizzativa e didattica,
elaborazione di nuove indicazioni curricolari nazionali, nonché l’applicazione
della legge di parità (62/2000), configurano una vera e propria Agenda
per la scuola dell’infanzia, con numerosi impegni di natura legislativa,
amministrativa e professionale. ASPETTI CULTURALI L’identità
pedagogica e culturale della scuola dell’infanzia delineata nel testo
di riforma risulta “appesantita” da richiami valoriali che sembrano
incrinare l’aperto pluralismo ideale e pedagogico che caratterizzava
gli Orientamenti educativi del 1991. Sappiamo che nella scuola materna
esiste tuttora una diffusa condivisione dei principi che stavano alla
base del testo programmatico del 1991, come è stato dimostrato dalla
ampia Consultazione sulle linee di sviluppo svoltasi nel 1998-1999.
La repentina revisione degli Orientamenti, avvenuta nell’estate del
2002 senza un’adeguata partecipazione del mondo della scuola e della
ricerca) è apparsa a molti una vera e propria forzatura delle “regole”
che sono sempre stati alla base dei cambiamenti nei programmi.
·
Si pone il
problema di un effettivo monitoraggio dello stato di attuazione degli Orientamenti educativi nella scuola dell’infanzia
italiana, nei diversi territori, con la ricerca dei fattori di qualità
da generalizzare e delle innovazioni da apportare. La questione
“impropria” dell’anticipo accentua l’esigenza di un legame più esplicito
con la scuola primaria e con il complesso dei servizi educativi all’infanzia.
·
E’ auspicabile
avviare un piano di ricerca e di sperimentazione “guidata” sullo snodo
biennale che coinvolga bambini di 5-6 anni, con scambi di esperienze
e team integrati, là ove le condizioni strutturali lo consentono. Un
particolare impegno dovrebbe essere orientato a sostenere la progettualità integrata “in verticale” negli istituti comprensivi. La scuola
dell’infanzia deve partecipare al processo di elaborazione delle nuove
indicazioni curricolari per l’intero primo ciclo di istruzione.
·
E’ opportuno
che le risorse professionali migliori (di ricerca ed operative) della
scuola dell’infanzia possano partecipare ai momenti di ricerca, confronto
e approfondimento –che non dovrebbero mancare- che consentono di delineare
indicazioni curricolari coerenti, in un’ottica di continuità verticale,
per ambiti disciplinari e per livelli di scuola. Va salvaguardata una
specifica attenzione alle caratteristiche del curricolo dai 3 ai 6 anni
(priorità delle dimensioni relazionali, aspetti di contesto, qualità
delle situazioni di accoglienza e accompagnamento, ecc), senza scontate
“omologazioni” di linguaggio, lessico, contenuti. ASPETTI ISTITUZIONALI La legge
introduce il principio della frequenza generalizzata della scuola dell’infanzia
da assicurare e garantire a tutti i bambini e le bambine dai 3 ai 6
anni.
·
L’obiettivo
della generalizzazione richiede un preciso intervento delle istituzioni
pubbliche, per una analisi approfondita delle situazioni ambientali,
territoriali e culturali che determinano fenomeni di mancata scolarizzazione
e per la messa a disposizione delle necessarie risorse finanziarie.
Si suggerisce di inserire lo sviluppo della scuola dell’infanzia negli
impegni prioritari da sottoscrivere nei patti educativi territoriali. Le aree metropolitane
meridionali rappresentano i punti di maggiore disagio nelle politiche
di espansione della scolarizzazione per la scuola dell’infanzia.
·
E’ necessario
un piano speciale per il Sud, a partire da un impegno da sottoscrivere
nella Conferenza Stato-Regioni-Autonomie locali,
per il riorientamento dei finanziamenti relativi
al personale (organici), all’edilizia scolastica, ai servizi di supporto,
alla promozione culturale. L’espansione quantitativa del
servizio educativo va accompagnata dalla diffusione di standard qualitativi,
come presupposto ed incentivo alla integrazione dei servizi a diversa
gestione.
·
Gli standard
vanno intesi come criteri “pubblici” di qualità cui ispirare i comportamenti
amministrativi, di gestione delle risorse, di investimento. Ciò richiede
l’adozione di un provvedimento nazionale circa gli standard di qualità
(che corrispondono ai livelli essenziali delle prestazioni in materia
di diritti civili e sociali), da assicurare per tutte le scuole del
sistema nazionale di istruzione. L’introduzione
progressiva di standard qualitativi dovrà essere accompagnata dal monitoraggio
delle azioni dei diversi soggetti: scuole, amministrazione scolastica,
enti locali, enti gestori di scuole.
·
La costituzione
di un Osservatorio nazionale per la qualità dei servizi educativi –un’authority
di elevato profilo scientifico e con rappresentanze pluralistiche- può
costituire una garanzia istituzionale per lo sviluppo della qualità
nella scuola dell’infanzia. Tale struttura dovrebbe raccordarsi con
l’Istituto Nazionale di Valutazione (ma essere funzionalmente distinta
da esso). L’integrazione
del sistema formativo prescolastico va accompagnato da incentivi finanziari
locali per progetti di sviluppo qualitativo integrato (formazione operatori;
progetti innovativi; legami con il territorio; ecc.) che devono riguardare
tutte le istituzioni scolastiche.
·
Le politiche
locali di integrazione vanno accompagnate dalla costituzione di Osservatori
locali –provinciali- per lo sviluppo del sistema integrato, in cui siano
rappresentati lo Stato, gli enti locali, le scuole a diversa gestione,
le competenze tecniche. ASPETTI DI ORDINAMENTOLa legge
di riforma invita a ridefinire gli assetti curricolari di ogni ordine
e grado di istruzione. Tale delega, da esercitarsi con un più esplicito
coinvolgimento della scuola e degli insegnanti (come è sempre avvenuto
nelle precedenti occasioni), deve raccordarsi con quanto previsto dall’art.8
del Dpr 275/99 (Regolamento autonomia) sulle prerogative della
scuola dell’autonomia e degli standard nazionali di riferimento.
·
Le regole
di costruzione del curricolo della scuola (quota oraria obbligatoria,
quota locale, quota facoltativa) vanno interpretate alla luce della
peculiare configurazione della scuola dell’infanzia, che non presenta
strutturazioni disciplinari e reclama una decisa attenzione ai fattori
impliciti del curricolo ed alla qualità dei contesti educativi. Nel caso
di anticipo dell’età di iscrizione alla scuole elementare, sarebbe saggio
“sperimentare” seriamente l’impatto di tale evento, attraverso progetti
didattici che salvaguardino le peculiari caratteristiche di apprendimento
e sviluppo dei bambini a questa età, qualificando di conseguenza l’organizzazione
dell’ambiente didattico (spazi, tempi, materiali, competenze dei docenti,
ecc.) e la definizione dei risultati formativi attesi.
La domanda
sociale ed educativa dei genitori dei bambini tra i due e i tre anni
dovrebbe essere affrontata con una variegata offerta di soluzioni (espansione
degli asili nido, progetto integrati 0-6 anni, sperimentazione di sezioni
“primavera” ad hoc per i bimbi di due anni), sapendo che il problema
va affrontato con appropriati strumenti pedagogici e con adeguate risorse
finanziarie.
ASPETTI ORGANIZZATIVI L’intreccio tra Riforma degli
ordinamenti e Regolamento dell’autonomia (Dpr
275/99) implica una strutturazione più flessibile dei modelli organizzativi
della scuola dell’infanzia, superando alcune rigidità tipiche dell’attuale
funzionamento della scuola materna statale (determinazione degli organici,
orari di funzionamento, ecc.)
·
Occorre procedere
alla definizione di alcuni standard di funzionamento delle istituzioni
scolastiche, con una più incisiva gestione dell’organico funzionale
di istituto che tenga in maggiore considerazione i fattori di disagio
(es. numero di alunni per sezione, ecc.), oltre che gli orari di funzionamento
del servizio. Il passaggio
nei ruoli dello Stato del personale non docente già di competenza degli
enti locali, determina l’esigenza di una riformulazione delle competenze
professionali esigibili, del numero degli addetti, della loro qualificazione.
·
E’ necessario
definire alcuni standard minimi nella presenza del personale ausiliario,
per assicurare la funzionalità di servizi indispensabili per la fascia
di età 3-6 anni, che non può essere equiparata agli altri livelli scolastici
(si richiede dunque una più significativa presenza di personale, mirando
all’obiettivo di una unità per ogni sezione funzionante a tempo pieno). ASPETTI PROFESSIONALI Il rafforzamento
dell’identità culturale e progettuale della scuola dell’infanzia implica
lo sviluppo di adeguate politiche per lo sviluppo della professionalità
dei docenti.
·
Occorre abbandonare
l’idea di piani pluriennale
eterodiretti (siano essi in presenza o a distanza),
in favore della costruzione di
sistemi di opportunità formative personalizzate: periodi sabbatici
brevi, borse di ricerca didattica, partecipazione a stage qualificati,
scambi e gemellaggi tra istituzioni scolastiche, collaborazioni con
sedi universitarie e istituti di ricerca, incentivazione nella fruizione
di beni culturali e nuove tecnologie. La percezione
della professionalità docente nella scuola dell’infanzia è ancora debole
e marginale. Occorre incentivare la permanenza degli insegnanti migliori
nella scuola dell'infanzia, con opportunità di crescita professionale
e di sviluppi di carriera.
·
Nella scelta
delle funzioni obiettivo, nella costituzione di staff, ad esempio negli
istituti verticali, vanno garantite presenze qualificate di operatori
della scuola dell’infanzia. Gli istituti
comprensivi rappresentano, nel medio periodo, l’ambiente professionale
in cui avviare ed approfondire la ricerca sui nuovi curricoli verticali.
·
Nell’istituto
comprensivo va istituito uno staff pedagogico, in cui siano rappresentati
gli operatori scolastici della scuola dell’infanzia. In tal senso vanno
ridefinite i compiti degli insegnanti attualmente incaricati di “funzioni
obiettivo” LA FORMAZIONE INIZIALE DEI DOCENTINella definizione
dei nuovi modelli per la formazione universitaria dei docenti, occorre
garantire la valorizzazione della professione di insegnante di scuola
dell’infanzia.
·
Va riaffermata
l’unitarietà della funzione docente a prescindere dal ciclo scolastico
nel quale si insegna;
·
Va riconosciuta
la specificità della funzione docente, che non può essere assicurata
soltanto da una preparazione disciplinare di tipo specialistico;
·
Il curricolo
di studi non deve essere pensato come giustapposizione di insegnamenti
specialistico-disciplinari e insegnamenti
relativi alle scienze dell’educazione;
·
Occorre evitare
scelte rigide, attraverso un sistema di crediti formativi che consenta
agli insegnanti di modificare anche in itinere la scelta iniziale o
di integrare con più specializzazioni la formazione di base;
·
Va salvaguardata
una equa proporzione tra crediti relativi all’area degli insegnamenti
pedagogici, psicologici, didattici e l’area degli insegnamenti disciplinari,
fermo restando il tempo da dedicare ai laboratori ed al tirocinio. I
VALORI IN GIOCO Vorremmo concludere questa riflessione sulla scuola dell’infanzia, con una nota di ottimismo e di speranza per il futuro. La scuola non dipende dalle stagioni politiche, ma può essere favorita o ostacolata dalla politica. Le scelte o le non-scelte politiche possono mortificare tante esperienze reali di innovazione e confinare i docenti in un clima di attesa e di demotivante sospensione. Si rischia di rallentare anche le prime forme di autonomia organizzativa e didattica e di bloccare l’indispensabile azione di ricerca sul curricolo. Ecco perché la scuola dell’infanzia ci aiuta a parlare
di grandi valori, di società, di cultura, di educazione. Al di là delle
ingegnerie organizzative, che possono cambiare a seconda delle riforme
di volta in volta in discussione, la posta in gioco è assai più profonda.
E’ la scuola che vuole darsi un progetto, un “pensiero”, un’autonomia
culturale, come contributo alla costruzione di senso sul ruolo della
formazione e dell’educazione nella società della conoscenza e dell’incontro
tra generazioni e culture. |