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LA LEGISLAZIONE INTERNAZIONALE SUI DIRITTI DEI MINORILa storia La storia dei diritti dei minori è una storia recente e nasce da una evoluzione del concetto di bambino, del modo in cui gli adulti lo vedono, del ruolo che di volta in volta gli assegnano nella società. Oggi noi sappiamo che un bambino è portatore di diritti, ma se ripercorriamo per sommi capi la nostra storia sociale, ci accorgiamo che il posto occupato dai bambini è stato molto marginale, almeno fino al 19° secolo. Solo con la nascita della famiglia borghese e la rivoluzione industriale si forma una nuova cultura del bambino che, a poco a poco prende un posto centrale all'interno della famiglia, diventa oggetto primario dell'amore materno, destinatario di cure e attenzioni. La famiglia però è ancora l'unica sua garanzia. Infatti è solo nel 20° secolo che l'attenzione per il bambino si allarga allo stato e agli organismi sovranazionali. Il primo organismo internazionale che si occupi di bambini, il Comitato di Protezione per l'Infanzia, fu costituito dalla Società delle Nazioni nel 1919. Nel 1924 fu proclamata la prima Dichiarazione dei Diritti dell'Infanzia che precisa la responsabilità degli adulti nei confronti dei minori. Una data importante è quella del 1946 in cui nasce l'Unicef, una struttura creata dall'ONU, specializzata per l'infanzia, che nel 1953 diventa una organizzazione internazionale permanente. Nel 1959 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclama all'unanimità la Dichiarazione dei Diritti dell'Infanzia che in dieci principi precisa gli obiettivi da perseguire per proteggere e aiutare i bambini. E' un passo molto importante anche se ancora in questa il bambino è considerato oggetto di cure non soggetto di diritto. Questo salto avviene nel 1989 con la adozione da parte dell'Assemblea Generale dell'ONU della Convenzione internazionale sui Diritti dell'infanzia (Convention on the Rights of the Child), che oltre ad essere un punto di arrivo, ha costituito anche un punto di partenza, o meglio di riferimento, per tutta una serie di iniziative legislative e operative, interne agli stati o sovranazionali, a beneficio dell'infanzia. I suoi principi sono stati inseriti nel testo di 14 costituzioni nazionali, e sono stati immessi nei programmi di studio di vari paesi. Ad essa fanno esplicito riferimento la Convenzione europea sull'esercizio dei Diritti dell'Infanzia (1996) e la Carta africana sui diritti e il benessere dei bambini; la Convenzione dell'Aia per la tutela dei minori in materia di adozioni internazionali (1993), la Dichiarazione di Madrid sugli aiuti umanitari (1995); la Dichiarazione di Stoccolma contro lo sfruttamento sessuale dei bambini (1996) la Convenzione ILO n. 182 sulle peggiori forme di sfruttamento minorile (1999); la Risoluzione del Parlamento europeo sul traffico dei bambini (maggio 2001). Sono stati redatti poi recentemente i testi di due protocolli opzionali alla Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia che attualmente sono aperti alla ratifica degli stati dopo l'approvazione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 maggio 2000: il Protocollo sul coinvolgimento dei minori nei conflitti armati e il Protocollo sulla vendita dei minori, la prostituzione e la pornografia minorile. Convenzione: i contenutiE' formata da un preambolo e da 54 articoli, divisi in tre sezioni. La prima (art. 1-41) riguarda i diritti dei minori; la seconda (art.42-45) istituisce un comitato internazionale a cui tutti gli stati parti dovranno sottoporre un periodico rapporto sullo stato di implementazione della convenzione; la terza sezione indica gli adempimenti burocratici per la ratifica, le riserve o la proposta di emendamenti del documento. Tutti i diritti di cui la Convenzione parla sono da considerare globalmente: non se ne può fare una gerarchia e tutti devono rispettare i due principi generali del “miglior interesse per il bambino” e della “non discriminazione”. Come chiave per semplificarne la lettura e sintetizzare i vari diritti è stato proposto lo schema delle 3P, cioè Provision, protection, promotion. Il primo gruppo, provision, riguarda il diritto di nascere e crescere in modo sano, di aver assicurati tutti gli elementi base per la sopravvivenza. Il secondo, che tiene conto dello stato di minorità del bambino, riguarda tutti i diritti legati alla protezione (da abusi, sfruttamenti, negligenze). Il terzo contempla i diritti per la promozione del bambino come cittadino, quali il diritto all'espressione, alla partecipazione, alla libertà di pensiero e associazione. Il Protocollo opzionale sul coinvolgimento dei minori nei conflitti armatiL'articolo 38 della Convenzione prevede che nessuno di età inferiore ai 15 anni possa prendere parte attiva ad un conflitto armato. Questo articolo, l'unico su cui la commissione preparatoria del testo non aveva trovato l'unanimità , era stato frutto di un compromesso e, da subito, fu chiaro a tutti che, permettendo ai bambini di prendere parte alle guerre, contraddiceva lo spirito di fondo della Convenzione stessa. La possibilità di modificarlo si concretizzò solo nel 1994 quando fu costituito un gruppo di lavoro con lo scopo di redigere il testo di un protocollo facoltativo su questo argomento. Il lavoro di stesura non fu facile a dimostrazione di quanto alcuni stati tenessero alle loro modalità di reclutamento e non volessero metterle in discussione. Solo nel gennaio del 2000 il testo fu pronto e fu poi presentato all'Assemblea generale delle Nazioni Unite e approvato nel maggio successivo. Nel testo si proibisce agli stati il reclutamento coatto dei minori (inferiori quindi ai 18 anni) nelle loro forze armate; si lascia però aperta la possibilità di reclutare volontari dai 16 anni, ma in questo caso sono previste alcune garanzie per limitare gli abusi: si deve esser certi della volontarietà della recluta, della sua età, del consenso dei genitori. Ogni paese deve inoltre dichiarare da quale età (16 o 17) intende reclutare volontari. Il Protocollo prevede ancora che nessun minore, neanche volontario, debba prendere parte attiva ad un conflitto, ma la formula non è perentoria, infatti vi si legge che “ gli stati devono prendere tutte le misure possibili per assicurare che...”. Un altro articolo vieta agli eserciti di opposizione di arruolare e far combattere minori nelle loro milizie. Perché questo protocollo entri in vigore è necessario che abbia le ratifiche di dieci stati, ma dopo più di un anno dalla sua approvazione siamo ancora ben lontani da questo traguardo. Il Protocollo opzionale alla convenzione sui diritti dell'infanzia sulla vendita dei minori, la prostituzione e la pornografia minorile. La motivazione che sta alla base di questo documento va ricercata nell'incremento significativo durante gli ultimi anni del traffico internazionale per la vendita dei minori, del turismo sessuale, del materiale pornografico minorile sia tradizionale che reperibile via internet ed anche nella convinzione che una cooperazione internazionale nella lotta a questi fenomeni possa produrre effetti positivi. Dopo aver definito cosa si debba intendere per vendita, prostituzione e pornografia minorile, il protocollo chiede agli stati parte di proibirli nel proprio diritto penale. Gli stati potranno usare la loro giurisdizione sia quando il presunto criminale è proprio cittadino o abitualmente residente, sia quando lo è la vittima; negli altri casi è prevista l'estradizione. Importanti sono anche le garanzie previste per la tutela del minore durante le indagini, i processi, e in vista di un risarcimento: in ogni momento ogni atto deve essere guidato dal principio “dell'interesse superiore del fanciullo”. |
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